L’amarezza, talvolta, fa vedere le cose con più chiarezza. Luna se lo ripeteva tra sé e sé, distratta dalla vibrazione del telefono che teneva nella borsa. Lo aveva pensato la prima volta quando il suo ormai ex ragazzo l’aveva tradita con la sua migliore amica. Un cliché. Ma da quel momento in poi si era sentita lei stessa un cliché. Una figura ordinaria che in qualsiasi spettacolo avrebbe ricoperto solo il ruolo della comparsa. Prima o poi avrebbe prenotato una visita da un terapeuta che le svelasse ciò che lei sapeva benissimo. Che era frustrata, nervosa, vittima delle angherie dei suoi genitori che avevano riposto in lei tonnellate di speranze. Ma lei non era diventata un famoso medico come suo padre, nemmeno una grande attrice come sua madre. Era rimasta lì in mezzo, con un lavoro ordinario, una pettinatura ordinaria, un modo di pensare ordinario. Luna, però, aveva imparato a vivere. A lasciarsi alle spalle quei dispiaceri pur senza volerli davvero rimuovere, analizzare, comprendere, superare. E questo semplicemente perché i nostri errori, le nostre paure, le nostre frustrazioni, in fondo fanno parte di noi. Ci siamo abituati che tutto può essere corretto. Uno zigomo, una voce, una pancia troppo gonfia, persino un carattere. Ma lei si sentiva comunque completa, nonostante gli sguardi di commiserazione di chi non la reputava all’altezza degli standard. E poi l’amarezza è un concetto astratto, che sí, a volte fa male, ma permette di maturare, di guardare le cose con una diversa prospettiva. Se lei non avesse sbagliato e quindi imparato, non l’avrebbe mai provata sulla sua pelle. E non avrebbe avuto il coraggio di vedere le cose con la chiarezza necessaria. Proprio ora che sul cellulare lampeggiava il nome del suo ex. Proprio ora che stava decidendo di interrompere la chiamata, bloccare il numero e di trascorrere un bel weekend al mare. Da sola. Un cliché.
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Text by Daniele