Il Salone del Libro mi era mancato.
Mi è mancato ancor di più questa volta, sentirmi parte di un qualcosa,
di un progetto,
essere quel piccolo ingranaggio che fa parte di una macchina così importante per Torino.
Così mi sono ritrovato a girare senza una meta in mezzo, tra un mare di libri e a un fiume di persone,
poi, come se sentissi la necessità di isolarmi,
mi sono fermato davanti a uno dei pochi scaffali di libri davanti al quale, in quel momento, non c’era nessuno.
Sentivo una sensazione di malessere.
Ho cercato di respirare piú lentamente.
Tutto sembrava girarmi intorno.
Quante volte che avevo frequentato il Salone.
Quante volte avevo cercando di farmi conoscere, parlando a sconosciuti di un mio libro.
Quante volte non è sembrato abbastanza,
al punto da decidere di fare un passo indietro.
Fino a fermarmi del tutto.
Il malessere di era placato,
all’improvviso.
Ho messo a fuoco ciò che c’era davanti a me,
così ho capito perché proprio quello scaffale fosse così poco battuto dal pubblico.
Non c’era nessun bestseller,
nessun saggio di qualche filosofo idolatrato dalla critica,
nessun romanzo con qualche detective improvvisato,
né biografie di calciatori famosi.
Nulla di tutto questo.
C’erano solo libri di nautica.
Uno di questi ha catturato la mia attenzione.
Ripensandoci, tutto è iniziato da lì.
Dell’inventare un personaggio che guidava una barca in mezzo a una tempesta.
Così, l’unico libro che comprato al Salone è stato un manuale di vela.
E forse voi non ne sapete il motivo,
ma a volte le risposte che ti servono arrivano quando meno te lo aspetti.
In quello che sembra il momento più inadatto.
Il Salone mi é mancato,
ma forse mi ha indicato ancora una volta la rotta migliore da percorrere.
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