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Recensione “I giorni della fionda” di Denis Guerini

Un sound che nasce dal teatro e si evolve in una forma diversa. Canzoni che racchiudono suoni  e immagini. In “Luisa sente le voci” emerge una voce intensa e un suono incantevole di chitarra, per dar vita a un racconto enigmatico e trasparente che diventa canzone. “Le persiane del centro” inventa un’atmosfera ovattata, con suoni che scivolano tra le ombre, che si ingarbugliano tra i pensieri. “Caffè amaro” è teatrale e sognante, Jazz e melodica, questo pezzo è tratto da uno spettacolo teatro-canzone e si sente, sia dal sound che dall’arrangiamento. “Mi piace questo giorno” è un incedere di divagazioni e immagini di  un giorno qualsiasi, immerso tra le sensazioni passeggere, come di fronte al finestrino di un treno. “Questione di abitudine” è viva, con un’anima jazz e colori accesi che sembra rincorrersi tra le note e i versi, come tratti da un racconto di periferia. “La normalità” raccoglie pensieri che girano intorno al concetto che regala il nome alla canzone e alla necessità di sentirsi necessariamente diversi, non normali, chiedendosi quale sia davvero l’equilibrio giusto per vivere senza essere giudicati, appunto, “normali”. “La donna del viale” è un’istantanea che racconta di un attimo, di una donna, degli sguardi che la scrutano. Parole che cercano il senso dell’immagine, il senso dell’essenza, difficile da raccontare. In questo racconto però si riesce quasi a percepire la presenza di questa donna, e si riesce quasi a sentirne il profumo. “Il timido” è un personaggio in cui molti possono immedesimarsi, ricercare la propria anima. E’ un concetto, astratto in parte, molto reale nella sua essenza. E’ parte di noi. “La vacanza” è una bolla che è anche un luogo, fantastico e reale allo stesso tempo. Tra luogo comune e immaginario, questo pezzo si fa ascoltare col suo ritmo e la passione che traspare dalle sue parole. Nel pezzo “L’ipocondriaco” emerge un nuovo personaggio folkloristico, protagonista e fragile, incantato e impaurito.

In questo disco vengono raccontati numerosi personaggi, che parlano di se stessi, delle loro paure, delle fobie e dei sogni. Uno spettacolo tra musiche jazz e parole, versi e suoni incantati. Nel silenzio di una platea che ascolta, queste canzoni si rincorrono dal primo all’ultimo pezzo. Si sentono, in alcuni casi troppo, i richiami a De Andrè e Gaber.

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