Parliamo di: Sospetti sul lago, il romanzo d’esordio di Anna Serra

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Il romanzo “Sospetti sul lago” di Anna Serra è intenso, scorrevole e ricco di momenti evocativi. La protagonista è una psicologa, Rossella. La sua è una storia apparentemente non appassionante, a tratti noiosa, eppure racconta la vita di una donna nella sua interezza, nelle passioni perse, nei desideri di trasgredire a un sogno che non c’è più. Parla di un amore lontano, anche quando è vicino. Un dolore muto, che diventa quotidianità. Logorio di parole che non vanno da nessuna parte. Il vortice della solitudine che spinge a guardarsi dentro, forse cercando altrove. Rossella è una donna che con il suo lavoro aiuta gli altri, ma che si ritrova a doversi rialzare da un evento che cambierà la sua vita. Il sospetto travestito da paura. La paura celata negli occhi. “Sospetti sul lago” è una storia-non storia. E’ il racconto della vita stessa e della sua contraddizione. E’ l’amore-non amore. Il quadro che nasconde il contenuto alla sua stessa cornice. L’ambientazione è quella dei laghi di Avigliana, un luogo che porta con sé il mistero e la bellezza, la poesia e il silenzio. L’esordio nel panorama letterario di Anna Serra è senza dubbio positivo. Un romanzo che racconta l’ombra del sospetto, il sapore di un amore dalle due facce e l’incedere del cambiamento. Occhi che si coprono e si scoprono, capaci di tutto. Anche di tradirsi.

Recensione romanzo “Io uccido” di Giorgio Faletti

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Molte recensioni di questo libro premettono ciò che Giorgio Faletti è stato, io non lo farò. “Io uccido” è un romanzo d’esordio e che racconta senza ombra di dubbio una bella storia, e non è poco, in cui ci si può affezionare al protagonista Frank Ottobre con il suo passato burrascoso, al commissario Hulot e alle vittime, già, proprio a loro. Perché questa storia parla di omicidi efferati e particolari, firmati da una mente malata. Da un killer. E’ una corsa contro il tempo, veloce, alla ricerca delle tracce lasciate da un assassino non convenzionale. Tutto inizia con una telefonata in diretta alla trasmissione di successo di Radio Montecarlo “Voice”, condotta da Jean-Loup Verdier, e con quella voce che appare inquietante sin dalle prime scene che sussurra “io, uccido”. La trama è ben costruita e i colpi di scena ottimamente orchestrati. L’autore si sofferma molto sui particolari, ricostruendo gli ambienti minuziosamente, da un lato è un pregio, dall’altro rallenta un po’ la narrazione. In ogni caso le scene scivolano via fluide, verso un finale rocambolesco e pieno di sorprese. Come ogni storia che si rispetti, non possono mancare i sentimenti, la trasformazione di uomo, che alla fine di questo romanzo, appare come ritrovato e parlo del protagonista, l’eroe, Frank Ottobre. Si tratta di un thriller da leggere, piacevole e dinamico. Un ottimo esordio di questo autore, con una sceneggiature che ben si presterebbe alla realizzazione di una pellicola cinematografica.

Recensione album “Looking for truth” di Margherita Pirri

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L’album “Looking for truth” di Margherita Pirri è un viaggio appassionato nella musica vera, nelle melodie che arrivano all’anima e che sanno conquistare con la semplicità di un bel canto e di musiche che avvolgono. Il primi due brani sono “Say to me” e “Sinner”,  due ballate intense e delicate, emozionanti e cariche di immagini. Evocano pensieri, tormenti interiori. Viaggi. Il brano che regala il titolo all’intero album, “Looking for truth”, è una ballata a tratti struggente che entra nelle vene. Da brividi. “Here we are” è una ballata melodica e avvolgente, così come “La nuit et le jour”. Canzone elegante, dai toni profondi. Una leggera malinconia che accompagna parole importanti. “The bride” è un brano che evoca atmosfere epiche, con la raffinatezza di un brano classico. “Briciole di polvere” è un brano in italiano, il primo dell’album. Una canzone raffinata e ricca di sensazioni. “Un giorno di maggio” è un brano delicato. Un testo soffuso, con un sapore di incanto. Una scoperta di un volto, di un’anima. Di un ricordo. “Harmony” e “Rose in the desert” sono ballate intense e avvolgenti con atmosfere romantiche e incantevoli. Un gioco tra sentimento e mistero, tra sogno e rincorrersi. “Young sailor” è un incedere di note ed emozioni, un vortice di immagini, in suoni divini. Confini che superano se stessi. Come a trovarsi in un’altra dimensione, come la libertà. “Guiding hand” è un brano che racconta con leggiadria e intensità, volare nei propri pensieri. Senza limiti. “Blue Night” è una ballata raffinata ed elegante che accompagna mano nella mano nel riflettere di un giorno che diventa musica, pensiero. Come guardare una luna timida. E sognare di parlarle, e riuscire a trovare il coraggio di farlo. “Little Love” è un brano dal sapore internazionale, intensa e melodiosa. Il brano che chiude l’album è “Quando fuori piove”. Una ballata d’amore, un sentimento che sembra racchiuso tra le note che compongono questa canzone. Una prigione, da cui si sprigiona l’energia delle parole. E della musica. Un album ricco di immagini e di melodie intense. Melodie che avvolgono con suono classico e moderno allo stesso tempo. Un disco da ascoltare e capire, che fa compagnia e fa riflettere. E’ una luna da guardare, in una notte senza stelle. E Margherita Pirri è sicuramente una valida scoperta.

Recensione “Il Notaio – Playing Game” di Adolfo Conrado

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Girando per gli stand del Salone del Libro di Torino mi sono imbattuto in qualcosa che non era esattamente un libro, ma che possedeva tanti contenuti importanti e soprattutto utili per quella che é una vera e propria sfida. Imparare i concetti base della musica, e cosa assolutamente non trascurabile, divertendosi. “Il notaio – playing game” é infatti un metodo per apprendere le note, gli accordi e i misteri del solfeggio con un metodo intuitivo e immediato. Ho avuto la fortuna di conoscere l’ideatore de “Il notaio”, Adolfo Conrado, che mi ha raccontato come funziona e devo ammettere di aver trovato questo metodo decisamente affascinante e soprattutto semplice. Sicuramente è stata fondamentale l’esperienza nell’insegnamento della musica e la passione dell’autore per dare vita a questo prodotto. Due parole sul funzionamento de “Il notaio”. Si tratta di un gioco che permettere, appunto, di giocare con la teoria della musica. Cinque livelli di abilità per permettere ai ragazzi che vogliono entrare nel mondo della musica e ai musicisti che vogliono perfezionare la loro tecnica di comprendere la magia e i segreti delle settime e delle modalità antiche. Un puzzle che permette di costruire gli intervalli complementari di ottava e riconoscere i dodici semitoni. Si sistema la sfera bianca sul disco e si inizia a scoprire il mondo della musica e le sue sfumature. Si gioca con le note fino a costruire gli accordi, triadi e quadridi, ed entrare in tutte le sue dimensioni. Anche i concetti più complessi diventano con questo gioco accessibili e comprensibili anche a chi non ha mai avuto dimestichezza con i tasti bianchi e neri di un pianoforte. Un esercizio utile per imparare le scale, dalla maggiore, sino a quella napoletana. “Il notaio” é un’idea fantastica da regalare a un bimbo per insegnargli una strada nuova. Quella della musica. Quello che oggi é un gioco da tavolo diventerà prossimamente una app da installare sui pd, cellulari e tablet. Alzi la mano il musicista che non ha avuto difficoltà con il solfeggio, questa é l’idea per superarla e per lasciarsi coinvolgere in un nuovo metodo didattico, originale e ben studiato. Assolutamente consigliato.

Scemo chi legge

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Mi hanno colpito le parole di Umberto Eco, il quale ha dichiarato: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli”. Poi ho letto i vari commenti sprezzanti sul ritorno sulla Terra di Samantha Cristoforetti e ho capito che tutti i torti non li ha. Premesso che ho letto tardivamente “Il nome della Rosa” e l’ho trovato lento, pedante, e sovraccarico di informazioni inutili, con una scrittura lontana anni luce dai canoni della letteratura moderna, mi viene da pensare che ogni epoca abbia il suo codice di comunicazione. Detto questo, i social traboccano di parole a vanvera scritte da persone che si auto-definiscono poeti, scrittori, commentatori e che per tale diritto acquisito possano scrivere qualsiasi cosa. Qualcuno potrebbe obiettare, “hai appena scritto delle critiche su uno dei romanzi più importanti del mondo. Chi sei per farlo?”. La risposta é semplice. Sono uno che legge. E che facendo questo ha maturato la sensibilità di poter esprimere un pensiero. Analizzerei però quanto detto, dire che lo stile di Eco é spesso anacronistico, non vuol dire negare che sia un gran romanzo. “Il nome della rosa” rappresenta un’epoca, ed é stato lo scrittore stesso a scegliere di utilizzare una scrittura che richiamasse il modo di raccontare di quel momento storico. Da questo punto di vista il romanzo in questione é magnifico. Il tema é chi dice cosa. E soprattutto sulla base di che. Per esprimere un pensiero bisogna pensare. Ognuno lo fa a modo proprio e in base alla propria cultura ed esperienza. I social hanno aperto la strada a tante persone che non hanno di fatto le basi per commentare. Come se una persona che ha mai letto un solo libro si mettesse a scrivere recensioni. Semplicemente assurdo, almeno da un punto di vista tecnico. Ma facciamo un passo indietro. Chi critica la Cristoforetti sui social? Perché? Una donna italiana che sceglie di diventare astronauta e che coltiva il suo sogno impegnandosi, studiando e, alla fine, corona una parte del suo sogno (perché credo che per lei sia solo l’inizio) dovrebbe essere un esempio. É scomoda. Scatta foto dallo spazio e le propone sorridente. Spiega come si mangia nello spazio. É felice di ciò che sta facendo. Alla gente questo non piace. É un’eccellenza italiana. No, non va. Bisogna deriderla. Dire che c’è sotto qualcosa. Qualcuno. Che anche lei é come noi. E bisogna dirlo. Che palle questa, che avrà fatto mai per essere celebrata così tanto? Quanti pendolari tornano a casa e nessuno li acclama. Ma quello che però va chiarito é cosa sono i social. Non sono organi di stampa. Sono pagine. Poco più di un blog, in cui un individuo può esprimere e condividere un pensiero o un sentimento. Frustrazione? Anche. Perché no. Forse, chi pensa che la propria pagina, o meglio, il proprio account, sia tanto autorevole da potersi autolegittimare come poeta, scrittore o giornalista, non ha capito di cosa stiamo parlando. Così come credo non lo abbia capito nemmeno Eco. I social sono un mezzo di comunicazione, così come tanti. Non credo che Adn-Kronos tenga conto di un mio pensiero nella sua comunicazione, questo non mi vieta di esprimerlo. É democrazia. Ma sta a noi imparare a filtrare le notizie, le informazioni, a capire chi dice cosa. É difficile. Ma questa nuova epoca lo impone. Altrimenti nessuno di noi potrà distinguere un romanzo da un altro, un poeta dall’altro. Altrimenti rischiamo di mischiare il poetucolo di periferia che scrive senza metrica né rima da un Dante o un Leopardi. La cultura e la sensibilità ci servono a questo. Chi parla al bar prima lo faceva nella locanda, ora sui social. Quindi Eco, contestualizziamo, altrimenti stai dando dello scemo anche a chi legge.

Tornano i #Lyr con un live e un nuovo singolo: #Consapevole

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Tornano i Lyr con nuovi brani e una maturità che permette loro di mettere in scena uno spettacolo poetico e frizzante allo stesso tempo. Uno stile rinnovato e una nuova, appunto, consapevolezza di una nuova vita. Si chiama infatti “Consapevole” il nuovo singolo che racconta l’era di una nuova maturità, delle responsabilità che comporta ogni scelta. Raccontarsi non é mai facile e questo brano mette a nudo i pensieri dei componenti di questa band. Non mancano i brani più storici come “Dopo tre passi”, “A quest’ora della sera” e la magistrale “Ritratto”, tratti dall’album “Abracadabra”. Nota di colore e riflessione é quella regalata dal pezzo “Il fotografo di spose”. Completano lo spettacolo alcune cover importanti, come “Rimmel” e “Buonanotte fiorellino” del grande maestro Francesco De Gregori, brano proposti con una nuova luce e un ottimo arrangiamento. Chiudono la scaletta “TuTTa”, brano divertente e hot, e “Abc”. Un viaggio tra poesia e voglia di riscoprirsi, vivere e sognare. In una parola sola, i Lyr sono cresciuti. E con loro la loro musica.

Recensione live #MuovitiSvelto di Zibba e Almalibre @Hiroshima Torino

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I live di Zibba e gli Almalibre non tradiscono mai e non lo fa in particolare il concerto “Muoviti Svelto”. Una scaletta molto attuale, che presenta i brani del nuovo album con arrangiamenti semplici ed essenziali che mettono in risalto l’espressività delle interpretazioni e le parole, poetiche come sempre. Zibba presenta il nuovo singolo “Vengo da te”, una ballata ricca di emozioni e immagini. Una bella canzone che non può non farsi ascoltare. Bella anche la reinterpratazione del successo sanremese “Senza di te” e del brano “Senza pensare all’estate”. Non mancano alcune canzoni più vecchie come “Margherita” e la sempre bellissima “Anche se oggi piove”. Molto intensa anche “La medicina e il dolore” suonata con il featuring di Patrick Benifei, la cui voce rimane impressa per bellezza e intensità. Un duetto che sicuramente colpisce. Un concerto che mette in risalto i brani poetici del nuovo album e presenta sicuramente suoni nuovi e un nuovo punto di vista cantautoriale, in cui le parole sono le regine incontrastate e le emozioni l’impero da difendere. Molto bello anche il brano “Ovunque”, intenso, che entra dentro senza far rumore. Il racconto di un viaggio, e della vita stessa che porta a doversi muovere, per cantare e raccontarsi. Lasciare qualcosa, da qualche parte. Lasciare un po’ di sé, ovunque. Una delle canzoni che più mi ha colpito e che in questo caso ha aperto il concerto è “Farsi male”, cantata con Nicolò Fabi nell’album, ma interpretata in solitaria nel live. Una canzone che ferisce per la spietatezza, e che allo stesso tempo cura. Cicatrizzare le emozioni e parlare a un cuore che non smettere di parlare. Brividi che evocano ricordi in “Che ore sono”, una canzone molto intima e sicuramente sentita in cui Zibba racconta le parole come fosse uno spettacolo che si alimenta delle emozioni del viaggio della musica. Come quando il sangue gira per le vene, per arrivare al cuore. Melodie che girano, come in riva al mare, versi che si incastrano nel verso migliore che si chiama poesia, e che chiama la poesia in “Le distanze”, “Santaclara”. E “Il giorno dei santi”. Un bel concerto, che racconta un bel disco. Muoviti Svelto.

Note, a margine

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Note a margine.
Come l’argine di un fiume, quando l’acqua inizia a salire. Quando dormire, infondo non serve a niente. Scandire bene un nome, il proprio. E poi lasciare che quell’ultima lacrima inondi anche l’ultimo pensiero. É notte, e ho ancora voglia di camminare. E di sentire questo freddo che non capisco mai se viene da fuori, o da dentro. Note a margine, perché di pagine, ne ho già scritte tante. E ho paura, sí. Ho paura anche io. Di guardarmi dentro e di non trovarci più nulla. Come dopo un furto. Di scoprire che mi va bene tutto così. Che non voglio più lottare. Sí, ho paura. Del buio, ma non di quello in cui non si vede niente. Del buio dell’apparenza. Del buio che poi é un vuoto, dentro. Paura di rendermi conto di essermi perso. Di avere sbagliato strada. Noi, siamo la nostra stessa poesia. Senza la nostra anima, ma cosa scriviamo a fare? Siamo soli, certo. Ma chi non lo é, infondo? Note a margine, perché la voragine, é inconcludente. Quando l’argine si rompe, si dovrebbe saper piangere. Avere il coraggio di farlo. Quando anche l’ultima lacrima é cristallo, non resta che aspettare. Che ci sia ancora musica. Ancora note, a margine.