#Parliamodi “Isolde non c’è più”, il nuovo romanzo di Bianca Rita Cataldi

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Il romanzo “Isolde non c’è più” racconta la storia di un ragazzo, Golvan, e dei suoi pensieri più segreti. I sentimenti che si trasformano e che diventano da semplici a complessi. Golvan è innamorato di Gwenn, una ragazza irraggiungibile, perennemente innamorata di qualcun altro. Golvan vive delle sue amicizie che tali non sono davvero, per cercare di trovare se stesso attraverso un equilibrio che non c’è. Nella vita di questo giovane ragazzo c’è però una donna, un’amica fidata. Importante. Lei è più grande e, spesso, più matura, Isolde, appunto. Il rapporto che nasce tra Isolde e Golvan e intenso e completo. Si conoscono l’un l’altro come nessun altro. Sono complici, confidenti. Loro due sono dei veri amici. Ma qualcosa con il trascorrere del tempo cambia. Qualcosa dentro Golvan, cambia. Così la storia prende una strada inaspettata. Tutto si complica. Il mistero di un sentimento strano, che lega due mondi apparentemente lontani. E Isolde, all’improvviso, scompare. Per Golvan si apre la sfida più difficile della vita. Ritrovare quella donna per trovare se stesso. “Isolde non c’è più” è un viaggio nella mente di un ragazzo che sta diventando uomo e di una donna che sa di essere tale. E’ la storia degli addii e degli amori che non nascono, ma che si trasformano. E’ un intrecciarsi di emozioni e ricordi, di storie. Bianca Cataldi riesce anche questa volta a dare luce al mistero più profondo del rapporto tra le persone, a intrigare con una storia dalle radici semplici. La narrazione è fuida, veloce e mai banale. Una storia che è poi quella di tutti noi. Racconta le debolezze e le paure e allo stesso tempo anche la voglia di ricominciare, e di cominciare. L’amore. Perché è di questo che stiamo parlando. I sogni, il vortice e l’ossessione di cercarsi negli occhi di qualcun altro. Svelare la trama che si nasconde nei pensieri più astratti. E l’incanto delle parole che raccontano la storia di un protagonista, di quel ragazzo che si affaccia alla vita e alle sue contraddizioni, alle aspettative tradite. Quei sentimenti che però non muoiono, ma si alimentano e si mostrano come fumo che continua a uscire dalla cenere. Tutte le sensazioni di una vita, che Bianca narra con la consueta e ormai affermata maestria.

#Parliamodi #CapoScirocco di Emanuela Ersilia Abbadessa

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Il romanzo “Capo Scirocco” di Emanuela Ersilia Abbadessa è affascinante, intenso, passionale, intrigante. E’ una macchina del tempo che trascina il lettore in una Sicilia carica di sapori, pensieri e di una inconsapevole bellezza. L’autrice racconta con maestria i controsensi dell’amore e della vita stessa. La follia di un sentimento, del desiderio e il fascino perfido del successo. L’apice e il vortice. Il paradiso e l’inferno, nello stesso istante. “Capo Scirocco” è un romanzo con una forte componente teatrale, una tragedia moderna, uno specchio che costringe a guardarsi dentro. I personaggi sono l’essenza profonda dell’animo umano, nelle contraddizioni e nei particolari che diventano i veri protagonisti della storia. Della protagonista, Rita, non ci si può non innamorare. Trasuda fascino e personalità, il suo amore è carnale e spirituale, incantato e disincantato. La sua è un’anima a cui manca qualcosa, e la cerca nel teatro, poi negli occhi di Luigi, senza trovarlo mai. Luigi è un ragazzo, che cerca di essere uomo, senza diventarlo mai. Anna è una ragazza, che vuole sentirsi donna. E accetta di esserlo, proprio quando vorrebbe fermare il tempo. Mimì è il cinismo, che cela la lealtà. I profumi di una terra che sembrano raccontare le vite stesse dei protagonisti. Il mare che racconta. Il vento che narra. “Capo Scirocco” è una storia che racchiude la storia di ognuno di noi. Delle sue paure, delle ambizioni che spazzano via ogni cosa. Della resa e del ritorno. Del giorno che svela la notte. Il bacio rubato. Il bacio necessario. Ogni parola di questo romanzo è un racconto a sé. Uno stile moderno e classico, allo stesso tempo L’ossimoro che è l’anima stessa del romanzo. La luce e l’ombra. L’essenza. Un romanzo da non perdere.

Ma andiamo a conoscere l’autrice di “Capo Scirocco”:

Donna Rita è un personaggio controverso, una donna passionale e allo stesso tempo devota. Come è nata l’idea di questo personaggio?

Non credo che Rita sia molto diversa dalle donne che conosco. La devozione, nel caso del personaggio è un pretesto legato all’ambiente in cui vive: il vero dissidio è tra l’essere e il dover essere e in questo credo sia simile a molti, non solo alle donne. L’approccio passionale alla vita è tutto femminile ma le pressioni sociali sulle sue scelte penso possano riguardare un po’ tutti. Solo con la maturità si riesce a prendere le distanze da ciò che gli altri pensano di noi e Rita ha una maturazione complessa e incompleta che associo al fatto di non essere stata madre e di sentirsi sempre un po’ figlia di qualcuno. L’ho modellata sul tipo delle eroine dell’opera italiana, la fonte di ispirazione e il gioco che ho voluto inscenare è proprio il melodramma ottocentesco con amori a tinte forti.

Luigi nasconde molti dei lati negativi degli uomini, quasi un cieco egoismo che non gli consente di vedere la sofferenza che può provocare una sottile indifferenza, cosa ti ha spinta a disegnare quell’ombra di cinismo in questo personaggio?

Io amo i personaggi cinici in letteratura e in qualche modo anche nella vita perché spesso, non sviati dal filtro delle convenzioni sociali, arrivano al fondo delle cose. Ma Luigi più che cinico è semplicemente tronfio e ambizioso, il vero cinico è l’amico Mimì che io amo follemente, il solo cioè a vedere la realtà per ciò che è, e anche il solo a comprendere infatti il dramma che si sta consumando. Il problema di Luigi è simile a quello di Rita: anche lui è un immaturo, cresce fisicamente e nella scala sociale ma così in fretta da non avere il tempo di maturare all’interno una vera consapevolezza dei sentimenti.

Terzo e non meno importante protagonista della tua storia: Anna. Il suo candore si scontra con gli interessi e con un amore puro. Anche in questo caso c’è quella contraddizione, che spesso è la chiave dell’anima di tutti gli esseri umani. Scrivendo il libro hai mai davvero “tifato” perché rubasse lei il cuore di Luigi?

Anna è il più moderno dei personaggi, sa quello che vuole e quando si innamora lo fa con consapevolezza e con altrettanta consapevolezza comprende quando è il momento di lasciare la scena. Non ho mai tifato per lei perché sapevo già dall’inizio come sarebbe andata, i miei personaggi non fanno nulla che io non mi aspetti, a volte possono prendere strade più lunghe ma alla fine arrivano esattamente dove avevo previsto.

Si sente il sapore di una Sicilia caliente, pura e inconsapevole della sua bellezza. Come è cambiata dal periodo storico in cui hai ambientato il romanzo a oggi?

Credo che la Sicilia sia cambiata moltissimo sul piano sociale e quindi il giogo della chiesa e della famiglia adesso abbia lo stesso peso che ha in altre parti d’Italia o d’Europa. Non penso invece sia mutato l’approccio alla vita, la passionalità. L’idea di bellezza inconsapevole mi piace molto, grazie per avermici fatto pensare, e, sì, credo che la sola vera bellezza sia inconsapevole e in questo la Sicilia non credo sia cambiata così come è la stessa la fierezza antica che possiede e che rappresenta uno degli altri contrasti di cui abbiamo detto.

Emanuela Ersilia Abbadessa. Un’artista eclettica e comunicativa, una tecnica fine e affasciante, ma chi è davvero Emanuela? Cosa nasconde?

Nel mio cinquantesimo anno di vita ho deciso di cominciare a tatuarmi per una serie di lunghe e complesse ragioni che affondano nella mia infanzia e che ho raccontato in una pagina del mio blog. Quando pensai al primo tatuaggio non ebbi alcun dubbio: da adolescente, leggendo l’Antologia di Spoon River mi colpì molto l’epigrafe di Serepta Mason, soprattutto il verso che dice: “Voi non vedeste mai il mio lato in fiore”. Allora avevo risolto di volerlo sulla mia tomba e al momento di pensare al primo tatuaggio mi resi conto che quella frase mi corrispondeva ancora perfettamente e così ho deciso di farmela scrivere sulla pelle: “My flowering side you newer saw”. Perché io sono una donna trasparente, mi racconto senza filtri e senza pudori, chi mi conosce sa quanto riesca a consegnarmi a chi ho davanti ma in realtà esiste un lato di me nascosto che credo non potrà mai essere visto da nessuno. Quindi non è che io nasconda ma forse semplicemente ho l’esigenza di tenere qualcosa per me proprio per arginare questa smania di rivelarmi.

Leggendo il tuo libro ho pensato a una “tragedia moderna”, cosa c’è dello stile classico nel tuo romanzo?

Credo soprattutto la lingua. Il mio romanzo è scritto interamente in italiano senza alcuna concessione al dialetto siciliano (vezzo molto di moda ultimamente che non amo). Credo contenga due sole parole tratte dal mio idioma locale. Una è una “parola del cuore” per me, picciridda (il modo in cui mi chiamava mia nonna paterna e poi mio marito) e vastasi usata per indicare i trasportatori del pianoforte e dunque usata secondo l’etimologia greca, da bastazo, appunto. Per i popolani, ma non solo per loro perché anche donna Rita vi indulge, ho pensato a costruire alcune frasi secondo la sintassi siciliana e quindi col verbo alla fine della frase, oppure ho usato alcuni avverbi italiani nell’accezione squisitamente catanese. Ma davvero poca cosa. Io sono italiana perché parlo l’italiano e scrivo in italiano; le coloriture locali sono il massimo che credo possa avere cittadinanza nella mia scrittura e non discendono da un desiderio di realismo (l’iperealismo, che è altra cosa, l’ho riservato alle descrizioni) quanto piuttosto dalla possibilità di modellare la lingua pur restando aderente all’italiano.

Una forte componente religiosa è parte integrante della storia, che rapporto hai con la religione?

Ho avuto una formazione cattolica e sono stata cattolica, anche praticante, per molti anni ma non solo. Amo la teologia e ho approfondito la lettura delle Scritture e lo studio di alcune religioni, soprattutto quelle monoteiste. Sono passata poi dall’agnosticismo all’ateismo e tale mi ritengo adesso pur avendo rispetto per le fedi altrui.

L’amore. Angelo e demone in tutte le sfumature del tuo racconto. Come non chiederti qual è il tuo rapporto con l’amore.

Ottimo! Ho amato, amo e sono riamata, cosa potrei chiedere di meglio? Anche se a volte penso che l’amore si sopravvalutato. Mio marito diceva sempre che nulla è eterno e persino la Quinta Sinfoniadi Beethoven un giorno sparirà. E se è così per un capolavoro del genere figuriamoci se può essere eterno l’amore!

Teatro e musica. Il tuo romanzo trasuda passione per queste due cose. Dove nasce questa simbiosi che hai saputo creare nella tua storia con i tuoi personaggi?

Nasce dal mio lavoro. Io ho sempre lavorato con la musica e amo il melodramma quindi al momento di scrivere, volendo divertirmi con un genere che amo mi è sembrato naturale scegliere questa forma.La musica è parte integrante del romanzo ed è presente a tutti i livelli sia strutturalmente perché Capo Scirocco è costruito appunto come un melodramma ottocentesco, sia perché possiede una “colonna sonora” grazie alle Arie e ai brani che vengono eseguiti. Poi sono presenti Verdi e Wagner: ciascuno è associato a una delle due protagoniste. Verdi a Rita Agnello, vera eroina da melodramma; Wagner ad Anna Cucè, razionale e amante della musica d’Oltralpe. Il contrasto tra i due musicisti e tra le due donne ricalca la querelle che proprio alla fine dell’Ottocento si agitò in Italia sull’eccellenza di Verdi o di Wagner, una diatriba solo apparentemente musicale ma nei fatti legata alla questione dell’identità nazionale.

Sembra esserci un alone oscuro nella storia, tra le parole, nelle ambientazioni. Ben nascosto, ma sembra vivere come un’ombra fino al finale. Una leggera malinconia, come se il vero protagonista fosse un qualcosa o un qualcuno che non c’è. Una sensazione latente, eppure presente. È solo una sensazione?

Non è solo una sensazione e, anzi, tra le tante definizioni che ho letto quella che mi piace di più è di Mario Baudino e mette in rilievo il lato oscuro del mio romanzo: “Capo Scirocco è un romanzo di ombre”. In effetti si apre con una grande ombra e con la stessa ombra si chiude, forse un retaggio di un’altra delle mie grandi passioni che è il romanzo gotico.

Stai lavorando a un nuovo romanzo? Ci anticiperesti qualcosa, magari il titolo?

Ho già finito e consegnato all’editore il nuovo romanzo che uscirà nel 2016 ma proprio il titolo non posso dirlo perché… ancora non l’abbiamo deciso!

Ringrazio Emanuela per la gentile collaborazione e per il viaggio appassionato.

#Parliamo di Tentazioni di Argeta Brozi

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Oggi parliamo di uno dei romanzi del momento, si chiama “Tentazioni” ed é intenso, attraente e ben scritto. La protagonista é Ilenya, una ragazza scottata dai suoi precedenti amori e che non riesce a lasciarli alle spalle. É giovane, ciò nonostante non riesce più a credere di potersi ancora innamorare. Un po’ goffa e buffa, ma allo stesso tempo cinica e seducente, spesso inconsapevolmente. La sua amica é Lolly le chiede di aiutarla a mettere alla prova la fedeltà del suo fidanzato. Ilenya riesce a portare a termine la sua missione e seduce il ragazzo, smascherandolo di fronte agli occhi dell’amica. Nel frattempo Ilenya si scontra, letteralmente, con un ragazzo durante un vago tentativo di iniziare a correre. Lui é Brian e tra i due nasce da subito una simpatia, che presto diventa qualcosa di più. Così Ilenya, senza mai ammetterlo, torna a prendere in considerazione l’idea di potersi fidare. Proprio quando questo sta per accadere Brian svanisce nel nulla. Lei non aveva osato chiedergli il numero di telefono, lui nemmeno. Senza alcuna possibilità di contattarlo, Ilenya lo attende, preoccupata che qualcosa di grave possa avergli impedito di tornare da lei. Ma con il tempo la preoccupazione diventa ferocia, una forma di rancore verso gli uomini. Qualcosa dentro di lei é cambiato e si isola pian piano dalle sue amiche. Questo evento rende Ilenya ancora più inferocita nei confronti di tutti gli uomini e si ritrova sola. I genitori vedendola spenta e sofferente decidono di regalarle un viaggio verso la meta tanto sognata: New York. Lí ritrova la sua vecchia amica Tess e incontra suo fratello Davis. Con quest’ultimo nasce un’amicizia travagliata. Con Tess e altre ragazze riesce a sfruttare la sua capacità di smascherare gli uomini con la seduzione. Nasce così un vero e proprio servizio per fidanzate sospettose. Per mostrare alle altre collaboratrici come muoversi, Ilenya porta termine il primo caso e induce il ragazzo a baciarla proprio durante il suo addio al celibato e il matrimonio fallisce. Quel bacio però rompe l’equilibrio faticosamente ritrovato di Ilenya, così come il ritorno di Brian. “Tentazioni” é un romanzo che si legge d’un fiato, ricco di colpi di scena e di riflessioni, una lettura leggera che emoziona e che costringe il lettore a pensare al valore dell’amicizia, dell’amore e soprattutto a tutto ciò che lega entrambe le cose: la fiducia. Un libro sicuramente consigliato per intraprendere un viaggio nei sentimenti, oltre i dubbi e i pensieri che si nascono dietro ogni rapporto. L’autrice è Argeta Brozi, una giovane e talentuosa scrittrice con già molta esperienza alle spalle nel campo della letteratura. Il modo di scrivere é giovane, dinamico, espressivo e riesce a essere aggressivo, seducente e sensibile, proprio come la protagonista del romanzo. Ilenya, é infatti deliziosa, intraprendente e affascinante. Determinata e sensibile allo stesso tempo un mix letale che non può non sedurre il lettore. Ci innamora facilmente della storia raccontata da Argeta. Un romanzo assolutamente consigliato.

Ecco una breve intervista ad Argeta.

Come è nato il sentimento di sfiducia verso gli uomini che caratterizza il personaggio di Ylenia?

Ylenia è sempre stata una da storia seria, perché nella sua famiglia ha avuto come modelli due genitori che si amano moltissimo, nonostante gli anni, ma la sua vita sentimentale e il suo credo nell’amore viene spezzato da una relazione difficile e a tratti violenta, e successivamente da un’altra delusione con un ragazzo conosciuto in treno. Inoltre, la sua amica Lolly è l’emblema di come le coppie non siano fatte per restare insieme: infatti lei va di storia in storia, alla ricerca del “principe azzurro” che, però, non arriva mai. Ylenia, già delusa dal passato, cova dentro di sé maggiore rabbia quando vede andare male le relazioni dell’amica, che vorrebbe vedere felice… La rabbia si tramuta in sete di vendetta contro gli uomini.

Quanto c’è di te nella tua protagonista?

In ogni storia e in ogni personaggio sicuramente qualche caratteristica personale c’è, ma il romanzo è frutto di fantasia, così come gli intrighi e le relazioni tra i vari protagonisti.
Alcune caratteristiche in comune con Ylenia sono la sincerità che a volte rischia di farci perdere chi ci sta vicino (si sa, la verità fa male e sono davvero in pochi a volerla realmente sapere…) e l’ironia, così come anche la gaffes… Ad esempio, la figuraccia che lei fa con la borsa è successa a me personalmente 😉

Amicizia e amore sono i due temi del tuo romanzo, quanto contano per te?

Per me, e credo per tutti, tantissimo. La vita gira tutta attorno all’amore e all’amicizia, attorno alle relazioni con altre persone, ai sentimenti. Penso che in ogni romanzo, persino in quelli di genere horror e thriller, ci debba essere una parte “romantica”, perché tutto inizia e finisce con l’amore, amore che a volte si tramuta in odio… In ogni caso sono sentimenti e senza di quelli non si possono emozionare i lettori.

La fiducia, questa sconosciuta. Quanto conta secondo te in un rapporto?

Sei riuscito a strapparmi un sorriso con la frase “la fiducia, questa sconosciuta” 🙂 La fiducia è TUTTO. Il maiuscolo è fortemente voluto. Il problema sai qual è? Che a volte non ci si può fidare neppure di se stessi…

New York e Roma, due luoghi così diversi. Qual è il luogo che tu chiami casa?

Quando ho scritto questo romanzo non ero stata né a New York né a Roma, la prima versione del testo infatti presentava poche descrizioni dell’ambiente, successivamente sono andata a Roma ma non nei luoghi che ho descritto all’interno del libro. Roma mi ha sempre portato fortuna a livello lavorativo, per cui ho voluto inserirlo all’interno del romanzo, anche in vista del fatto che mi è più facile immedesimarmi in una storia ambientata in una città non mia, ma non sono ancora andata a New York… mi piacerebbe molto 🙂 New York l’ho scelto invece perché ho sempre voluto andare in America, inoltre è la città dove abita la mia amica Downing, presente nel libro sotto false vesti, perché la sua reale vita non ha nulla a che fare con ciò che ho descritto in Tentazioni. Qual è il luogo che chiamo casa? È il luogo dove ci sono le persone che amo. Non importa dove.

Nel tuo romanzo si parla molto del rapporto genitori figli, è importante per te la famiglia?

Ho una famiglia molto unita e credo nella famiglia, quindi sì, è un argomento a cui tengo. Nell’ultimo periodo si può notare come siano venuti a mancare certi valori che fino a qualche anno fa erano fondamentali… Si è diventati più superficiali, vediamo i genitori come dei nemici da combattere, delle persone da cui stare lontani dalla maggiore età in poi… Io sono una di quelle che si stupisce quando sente gli adolescenti criticare altri perché “escono ancora insieme ai genitori”! Non sia mai, che vergogna! E perché mai poi? Quando sono stati i genitori a darci alla vita, quando ci hanno accudito, protetto e voluto? Quando saranno quelli che non ci abbandoneranno mai (ovvio, parlo di Genitori e non di genitori… sappiamo bene che c’è chi non sa essere genitore e fa dei disastri… ma sono situazioni particolari) a dispetto di tutti? Gli amici se ne vanno, la famiglia resta.
La famiglia è il pilastro della nostra vita, rinnegare la sua importanza è come rinnegare se stessi.

Ci saranno nuove avventure di Ylenia? Quali sono i tuoi progetti a cui stai lavorando?

Tentazioni è nato come un romanzo autoconclusivo, ciò che di fatto è. Ma negli anni, i lettori sono state pietre preziose: così entusiasti della storia, emozionati e affezionati ai personaggi e grazie a loro Ylenia avrà una nuova vita, in un secondo volume. Sono stati così tanti i lettori che mi hanno chiesto un seguito, che… come si fa a non accontentarvi? 🙂 Il secondo romanzo vedrà come protagonisti sempre Ylenia e Brian, ma avranno più spazio alcuni personaggi che nel primo erano “secondari”… La storia l’ho già iniziata e ho in mente tutta la storia, sarà sempre autoconclusiva e si potrà leggere anche separatamente rispetto al primo libro, ma ad esempio chi ha letto il primo potrà capire meglio le varie relazioni tra i personaggi, visto che li ha già “incontrati” e magari saprà anche per chi tifare 😉 mentre per i nuovi lettori potrà sembrare un romanzo a parte.
Ti faccio una soffiata, uno scoop per chi lo ha già letto…

La vita di Ylenia procede a meraviglia, se non fosse che all’improvviso scopre che Eva in realtà… 😉

Eh eh eh… Vi lascio il link del libro, acqua in bocca, non posso svelare di più 😉 http://www.amazon.it/dp/B00ZVQ70T2/

Ringrazio molto Argeta per la gentilezza e la professionalità, oltre che per le emozioni regalate con il suo romanzo.

Oltre, gli occhi

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Parole, marchi a caldo di una sonorità segreta. Parlava, mentre quella strana brezza sporca le infreddoliva le guance. Tutto intorno esplodevano colori, suoni, intrecci di racconti sparsi per terra. Ma lei, parlava. E tra il rumore metallico dell’ultimo treno, delle frenate delle automobili, dei discorsi inutili, nessuno di accorse.
Che le si erano spenti gli occhi.

Entriamo nel mondo di Cristina Mosca, parliamo del suo nuovo lavoro “Loro non mi vedono”

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“Loro non mi vedono” di Cristina Mosca é una raccolta di racconti particolari, intensi e originali, uniti gli uni agli altri da un filo immaginario che costruisce una logica, una trama sospesa, in bilico tra la vita e le sue diverse sfumature. Il primo racconto si chiama “Dare un perché a ogni cosa” ed è un quadro toccante, carico di immagini e suggestioni. Il protagonista é un ragazzo che vede tutto, mentre nessuno può vedere lui. Nè i suoi genitori, né la sua ragazza. Ovvero, coloro che devono imparare a vivere senza di lui. Il protagonista può soltanto guardarli, nel suo silenzio, nascondendo quel sapore delle cose che non potrà più fare, mentre nei suoi familiari si materializza la necessità di cercarlo ancora, di non accettare che sia svanito per sempre e di dover iniziare a dimenticarlo. Il racconto successivo è “Liberi di stare”, una storia struggente, un amore tra una donna e un’altra donna. Una storia che nasce e che muore tra le pieghe di un sipario, tra gli scricchiolii del palco. É una storia che non deve esistere per gli altri, e che non esiste. Ma c’é. Due donne che vorrebbe amarsi alla luce del sole, oltre a quella dei riflettori. Poi d’improvviso, la guerra porta via una delle due, Barbara. E la protagonista resta sola con un fantasma che non c’é. Forse, per la paura di lasciarla andare. Forse, perché l’amore non muore mai davvero. Forse, perché amando troppo si rimane intrappolati per sempre, dietro le quinte di quell’amore. Nell’attesa di recitare, per l’ultima volta. La propria battuta. Il profumo” è invece il racconto di un uomo che veglia il sonno di sua moglie, che riposa nel letto. Racconta di come si sono conosciuti e di quanto ritenga impossibile vivere senza di lei. Veglia su di lei, le parla. Ma il loro amore è un fantasma di un amore svanito perché lei, é svanita. Anche se é lí accanto a lui. Un viaggio nel senso della vita e del suo contrario. Un sonno che é morte, e una morte che é sonno. É relatività. “Il segreto di Dio” racconta una storia agghiacciante, che nasconde diversi caratteri divenuti noti alle cronache. La protagonista é un’infermiera che si scopre morta in un incidente in ospedale, proprio mentre svolgeva il suo turno di notte. Sul suo reparto aleggiavano però dei dubbi su alcune morti sospette tra i pazienti. E lei, la protagonista, ne conosceva il motivo. Lei faceva bene il suo lavoro, e lei sapeva quando arrivava il loro momento e nessun medicinale sarebbe riuscito a salvarli. “La misura dei sogni” é la storia di un uomo, morto durante un incidente stradale. Quella sera il protagonista aveva rinunciato all’ultima birra, ma l’uomo che lo aveva travolto, no. Non aveva rinunciato. Era ubriaco. Svaniscono così i suoi sogni, la parola che avrebbe voluto dire a sua moglie, al bambino che non aveva conosciuto. Il mistero del perchè si trovi sul ciglio di quella strada. Da lontano vede arrivare una moto e ne diventa subito chiaro il motivo. É un racconto difficile da capire, eppure chiaro. Lampante. Fa riflettere su quanto la vita scorra via tra le dita, su quante cose vorremo ancora fare. Su quanto sia semplice, a volte, morire. É l’amore di un padre per un figlio, per una moglie. É la certezza che un figlio non potrai difenderlo da tutto, o forse, dal niente. “La cosa giusta da fare” é una storia complessa, pur nella sua semplicità. É una storia d’amore, con capolinea all’inferno. É la consapevolezza che spesso la cosa giusta é anche quella sbagliata. Che l’attimo di bellezza può trasformarsi nel male peggiore. Quello che uccide. Oggi, lo chiamano femminicidio, tempo fa lo chiamavano omicidio passionale. D’amore non c’è però niente, di passione, nemmeno. Ne resta il ricordo, la favola svanita di una donna, prigioniera del suo errore, che era la cosa giusta fare. “La promessa” é una storia struggente, come struggente é spesso la storia stessa. Una guerra. La guerra. Un uomo costretto a combattere per la patria, e a lasciare l’amore della propria vita con una promessa. Quella di tornare. Ma in guerra nulla é certo. E se alla fine ti chiedono se vuoi stare “con noi o con loro”, puoi non capire, ma puoi essere fedele a una parola, sia essa un si, o un no. E quando muori dopo aver sentito il freddo, l’odore putrido della morte. I lavori forzati. Tutto diventa silenzioso, come se non fossi più in grado di parlare, e quando ritrovano il tuo corpo in un luogo lontano e ti considerano un traditore, riesci a capire solo una cosa: che hai mantenuto la tua promessa. Che ti hanno finalmente trovato, e stai tornando a casa. Un punto di vista originale, nel racconto della storia dei soldati italiani alla fine del seconda guerra mondiale, un monito. Qual é la parte giusta? La verità” é un racconto commovente, racconta i pensieri di una bambina che non aprirà mai gli occhi. E si chiede se la mamma, con la sua scelta, se ne sia resa conto. Se avesse visto quante mamme piangono, perché quella bimba la vorrebbero. Straziante, come immaginare una voce che non ci sarà, una scelta dura di una donna, abbandonata dal suo uomo. Lui che non tornerà. E’ il racconto di una scelta di vita, che passa attraverso la morte. La bellezza” é la storia di un’anima bloccata. Di un uomo che ha cercato nelle donne, qualcosa che lo completasse. Ma la bellezza é futile. É un’arma a doppio taglio. Ora il protagonista é vittima del suo egoismo, mira, spara, ma non può più colpire. Costretto a veder fuggire le sue prede, che non lo temono. E non lo vedono. Il racconto che chiude la raccolta di chiama, appunto, “Loro non mi vedono”, e lo fa con spietatezza, quasi con rabbioso dolore. Con l’indifferenza ruggente di una società che esclude. É il racconto di un immigrato, visto con gli occhi di un immigrato. Le speranze che muoiono lentamente, giorno per giorno. Le scarpe consumate. La pelle, consumata. Le mani sporche. Il degrado di un uomo senza più dignità, che nessuno aiuta e che nessuno vede. Perso tra le vetrine stracolme di chiacchiere. Di indifferenza. “Loro non mi vedono” racconta la morte negli occhi di é ancora vivo, inconsapevolmente. La raccolta di racconti di Cristina Mosca é un viaggio in vite differenti, nella sofferenza, nell’indifferenza. É l’amore che svanisce, e nonostante tutto, resta. É il sogno che si infrange, pur rimanendo eterno. É la morte, dal punto di vista della vita. Ed é la vita, raccontata dopo la morte. É il male contro se stesso, e il male oltre, se stesso. Cristina racconta ciò che gli altri non vedono è lo fa con maestria e sensibilità, con una poesia delle parole che rendono affascinante anche il mondo che non si riesce a vedere. Da luce a occhi spenti. Fa sognare con la cruda realtà. E, alla fine del viaggio, fa riflettere sull’importanza della vita. Su quanto un attimo sia essere importante. É un libro che racchiude il senso della vita, dell’amore e di un domani da custodire con rispetto.

Abbiamo posto alcune domande a Cristina:

Loro non mi vedono” è il filo conduttore dei racconti di questo libro, cosa ti ha spinta a fare questa scelta?

A lungo questo titolo è stato indicato come provvisorio, ma alla fine è rimasto, evidentemente perché era proprio il suo 🙂

La frase “loro non mi vedono” è il filo conduttore perché è l’epifania con cui i personaggi realizzano che è avvenuto un grande cambiamento e, nonostante questo, continuano a condurre le loro esistenze come sono abituati a fare. Perché è così che reagiamo, davanti a qualcosa di nuovo che non sappiamo come gestire: continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto.

I racconti di questa tua raccolta spaziano su diversi temi, ce n’è uno in particolare al quale sei più legata?

Uno dei temi che mi sono più vari è quello dell’incontro, che, se andiamo a vedere, permea un po’ tutti i racconti. Certi incontri hanno del miracoloso: noi non abbiamo fatto nulla per meritarli, possiamo solo imparare a proteggerli.

Sei riuscita a far sembrare la morte qualcosa di vero, che quasi di riesce a vedere. A toccare. Qual è la genesi di questo punto di vista?

È un punto di vista mio, molto personale, maturato insieme a me, ma di cui non parlo mai perché non può rischiare di sembrare un gioco. Con questo libro, in un certo senso, faccio “coming out” su un modo molto personale di vedere la vita. (sì, la vita, più che la morte) 🙂

Dalla guerra, all’aborto, fino all’amore negato. Temi diversi e spesso lontani anni luce. Un’unica chiave di lettura. L’architettura perfetta per far riflettere sull’importanza della vita stessa. Cos’è per te la vita?

La vita dev’essere amore: non so immaginarne una diversa. L’amore è il massimo comune denominatore nei dieci racconti: i temi trattati possono, è vero, sembrare lontani anni luce, ma diventano in realtà archetipi dell’amore di un genitore, di un figlio, l’amore pieno di promesse, quello pieno di buone intenzioni e di futuro. L’amore per la bellezza, l’amore non corrisposto, l’amore per quello che si fa. Il più bello è l’amore diffuso, quello quotidiano, verso le piccole cose e le piccole abitudini, nascosto “nella convalescenza, nella barba lunga, nel letto disfatto” (autocit. 😉 ). Se il mio libro fosse un fiume e se usassimo un setaccio per leggerlo, sarebbero queste le pepite a rimanere in superficie.

Scrivere i racconti di “Loro non mi vedono” non deve essere stato facile, cosa ti ha dato la forza e la determinazione per portare a termine questo lavoro?

L’ascolto.

Stai lavorando a un nuovo libro? Ci sveli qualcosa?

Ho sposato uno sportivo e confesso che sono diventata molto scaramantica… 😉 Continuo a lavorare su storie e materiali con la stessa fiducia speranzosa con cui, da adolescente, inviavo i miei manoscritti ai concorsi letterari (che a volte vincevo anche) 🙂

Cristina Mosca è una blogger, una giornalista. Una scrittrice. Chi è davvero Cristina?
Preferisco definirmi un essere scrivente 🙂 Ogni espressione in cui sia prevista la parola mi fa sentire a mio agio. Il mio cervello è come fatto di muscoli, mi piace esercitarli tutti 🙂

Ringrazio Cristina per la disponibilità e la gentilezza, nonché per la grande professionalità.

Non riesco a farti innamorare

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Oggi vi mostro il video intero della mia interpretazione di “Non riesco a farti innamorare” di Sal Da Vinci. Un’esperienza sicuramente emozionante, anche perchè segna il ritorno sul palco dopo tanto tempo. Era la mia prima vera interpretazione e posso dire di esserne soddisfatto Un ringraziamento va al Vocal Coach Max Corfini che è riuscito a farmi mettere in scena un brano difficile e intenso e Etrusca Di Galante per i validi consigli.