Scacco matto in tre mosse

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Una volta lo spettro che meglio intimoriva il popolo e lo spingeva a credere alle peggiori menzogne era “la fine del mondo” ai giorni nostri questo timore non c’è più ed è nata così  la necessità di inventare nuovi strumenti per tenere le redini del mondo. Molto riterranno un pensiero come questo come allarmistico e figlio di una cultura retrograda e poco moderna. Come tutte le provocazioni penso possa stimolare più riflessioni e come tutte le teorie più o meno complottistiche ha delle motivazioni e dei ragionamenti a monte. Ma in questo caso è la storia stessa a venirci in soccorso, poiché è sufficiente dare un raffronto con periodi storici come il medioevo per capire che la tassa, l’imposta venissero giustificate con motivazioni che richiamavano alla giustizia, alla difesa, allo stringersi per superare i momenti di carestia, pestilenza e foraggiare con il lavoro e il sudore del popolo la tanto famigerata ricrescita. La storia ci ha anche insegnato che in genere quel sudore e quel lavoro ad altro non serve se non a rendere più o meno forte il potere. Un Re era considerato più forte quante più terre, uomini alle sue dipendenze, denaro, castelli avesse, mentre ora..ora il meccanismo resta lo stesso. Le guerre tra una città e l’altra ora si trasmutano in un mercato oscuro, nascosto agli occhi e in cui nessuno di arma di spade ma di codici, strategia di investimento e alleanze. Perché il cosiddetto affare non nasce come colpo di fortuna ma viene costruito e per essere tale ha bisogno di un habitat e di una situazione perfetta. Così quello che un tempo venivano chiamato “Vassalli” lavorano in segreto per portare il proprio principe alla guerra definiva che porta quindi denaro, immobili e quindi potere. Il mercato è davvero libero? La cronaca ci dimostra il contrario, il mercato è come una grande grigia in cui gli spazi neri e bianchi si alternano e in cui i giocatori pensano e pianificano le mosse successive. Se questo gioco venisse regolato da un sistema nuovo o semplicemente diverso potrebbe avvenire uno scacco matto in tre mosse? In parole meno sibilline la crisi vera mondiale è davvero possibile? In un meccanismo perverso che ha la sua forza nel debito c’è una corrente nuova che chiede il pareggio dei bilanci e il tutto per scongiurare questa crisi (termine ricorrente in tutte le epoche), in che modo il gioco sta cambiando? Non posso e non saprei fornire risposte a un pensiero che mi pare davvero da complotto globale eppure quel che è così assurdo e non dimostrabile sembra sempre seguire delle regole ben precise e in cui il Re cerca di essere protetto dagli altri pezzi del gioco. Chi sia questo Re è un mistero, forse il Re è il sistema stesso ed è difeso da chi ne fa parte. La storia ci dimostra un’altra cosa e che c’è un giocare che spesso non sa di essere tale: il popolo. Spesso ci si dimentica di riflettere, di pensare e ci si lascia andare alla rassegnazione fino a smettere di gridare e accettare ciò che vediamo senza più lottare. Forse non esiste alcun complotto globale, forse il grande accordo è tra tutti quelli che non si ribellano a un sistema diventato sicuro per molti, anche quando questo gli vieta la libertà. Anche qui molti storceranno il naso eppure solo il figlio del Re diventava Re. E’ una legge semplice e forse semplicistica, banale. Scontata. Ma è pur sempre un dato di fatto, il meccanismo feudale prevedeva delle regole e i passaggi in verticale venivano semplicemente vietati o ostacolati. Rendere il popolo alla fame equivale a renderlo arrabbiato si, ma mansueto con chi può dargli da mangiare, da chi può negargli la scodella di minestra calda e chi ha fame non ha il tempo di pensare, di riflettere, deve solo lavorare per il padrone. La storia è ciclica, continua e spesso sadica. Si diverte a farci capire quanto siamo ingenui e sognatori, spesso stupidi, nell’illuderci che ci sia una soluzione e che votando un padrone o l’altro qualcosa cambia, beh, non è così, in fondo anche questo è un pensiero banale, me ne rendo conto ma è giusto farlo. Il mondo è pieno di Re, alfieri, cavalieri e tutte le partite migliori iniziano sempre con una prima mossa, quasi sempre il primo a doversi muovere, è il pedone.

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Penombra

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Trovai la gemma vestita d’argento

e insana sputava il veleno

tra gocce di rugiada e cemento

 

che poi leggere  scendono sul suo seno

e mentre lei dorme e non s’accorge

che di speranza se ne fa a meno

 

 e radiosa nel silenzio che sorge

come un sole lentamente muore

e al buio la sua ani ma le porge

 

s’in frange sul petalo di un fiore.

Recensione “Scaccomatto” di Emanuele Barbati

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Il disco che Emanuele Barbati è orecchiabile, ben suonato con ritmiche accattivanti e un sound interessante. “Scaccomatto” fonde una musicalità rock con un suono che richiama il jazz. “Di nuovo lei” possiede un ritmo colorato e avvolgente, mentre in “Tramonti e speranze” si sente un approccio riflessivo incastrato tra belle chitarre e ottimo sound. “Defaillance” è una ballata ariosa e divertente. “Come sempre” è un pezzo parlato e con un ritmo che incanta e “Giulia” racchiude, come nei pezzi precedenti, interessanti spunti dal punto di vista musicale con un testo tutto sommato semplice e diretto. “Ragazza pazza” è una canzone con un testo leggero e collocato su una struttura musicale particolare. In generale Emanuele Barbati propone pezzi semplici almeno dal punto di vista dei contenuti ma con un sound molto attraente e che si lascia ascoltare. L’effetto è decisamente gradevole e intrigante ma sarebbe altrettanto interessante saggiare l’indubbia bravura dell’artista con testi più complessi e articolati. Speriamo nella completa maturazione di Emanuele e chissà che non possa davvero stupirci con effetti speciali al prossimo disco. Disco interessante ma anostro avviso  possiamo attenderci ancora molto.

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Recensione “Caravansaray” dei Legendary Kid Combo

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Il gruppo “The legendary Kid Combo propongono una musica esplosiva e ballabile. Dinamite allo stato puro e lo si sente sin dal primo pezzo “Mustapha” con il suo ritmo incalzante e trascinante, mentre “Hangman” ha il sapore dell’America dei saloon, della polvere e del fumo. “Sultan’s way” è una canzone urlata quanto energica con un ritmo che è difficile da definire ma che si muove bene tra il rock e il folk. “Fight for your rights” trascina in questo viaggio nella musica più indiavolata e “Signorina” fa quasi venir voglia di salire sui tavoli e ballare ed è quel che capita ascoltando tutti i brani di questo disco. “My medicine” è anch’essa una bomba di musica e sensazioni che lasciano il segno, come un perfetto meccanismo a orologeria si trasforma in una colonna sonora adattissima a un lungo viaggio lungo le strade americane come in quelle della Puglia.”Mentirosa” sembra addirittura aggressiva nel suo incedere. In queste canzoni si sentono profumi, suoni, sensazioni che trasudano vita, sogno, ballo sfrenato e ottima musica. Cosa cercare di più in un disco se non questo? Si tratta di un’opera che vale senz’altro la pena di ascoltare fino all’ultima traccia, canzoni in grado di restare a lungo nella mente sia per l’orecchiabilità che per l’energia che regalano. Tra rock e vita, tra polvere e rabbia, come una sfida alla noia a suon di ritmi instancabili. Ottimo disco.

Ferite d’orgoglio

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Le vele gelate

pure immagini di una tormenta

vele svanite

veste di donna che s’addormenta

Le ossa incantate

gesta divine dimenticate nel vino

Istinto e rancore

Istinto è rancore mai dimenticato

Spaventarsi

Perdersi e rinsavirsi senza colpo ferire

Ferite l’orgoglio

L’ultima volta

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Hanno portato via tutto

le scorte per una vita intera

il lutto, e delusa è la stella

e la sera? Raccoglie imbrogli

Ne cogli il profumo?

C’è umidità stanotte

e quante domande;

Parlavo alla luna

Dimmi tu il perchè.

Senza lode ne infamia

Incantarsi, incontrarsi

Scontrarsi per capirsi

hanno portato via tutto

dai banchi dell’essere

Sta per piovere ancora

Sta per piovere

L’ultima volta

Recensione “Ciò che non posso avere” di Barbara Gobbi

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Il disco “Ciò che non posso avere” di Barbara Gobbi è ricco di spunti interessanti. I pezzi suonano come un rock melodico, aggressivo e suadente. Sin dalla prima canzone “Abban(dono)” si sente una decisione in uno stile dolcemente duro. In “Di passi neanche l’ombra” emerge una forte malinconia che si presta a un’accusa amaramente urlata.”Certezze e cemento” è una ballata con un ritmo intenso, un testo riflessivo e coinvolgente, mentre “Afa circonda” esprime un’ottima musicalità ben miscelata a un testo introspettivo e particolare. Un’istantanea sul ruolo di una donna di successo è ben dipinta in “Donna manager”, anche in questo caso su sonorità rock. “Intrigante” è il titolo che descrive la metrica di questa canzone nel suono delle chitarre e nel ritmo che esplode con un’amarezza a tratti contorta ma sempre forte e decisa. Come un inno contro l’ipocrisia si erge “Le tue maschere” sempre semplice nella tua complessità e senza cadere mai nel banale. “Il mio bell’attimo” possiede una bella melodia che si sposa con un ritornello accattivante. E’ acqua che si adegua “In sostanza”, potente e scatenata come l’onda travolgente. In “La lieta notizia” si sente una piccola influenza di Carmen Consoli (ma si sente anche in altri pezzi) in un’interpretazione anche in questo caso duramente insolente. Questo disco rappresenta un buon lavoro, testi semplici e melodie attraenti sono gli ingredienti della ricetta musicale di Barbara Gobbi,  sperando di poter sentire ancora parlare di lei in un prossimo futuro. Un bel disco.

Non avrai altro dio all’infuori di me

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Claudia riapre gli occhi e ogni arto è intorpidito. Mentre la vista le ritorna nitida si accorge che al posto delle mani e dei piedi ha dei monconi. Prova ad alzarsi ma è legata a un tavolo. Intorno vede persone incappucciate vestite con tuniche nere. Una voce intona una nenia che le sembra in latino. Quelle inquietanti figure le si avvicinano. Lei urla mentre le toccano il corpo nudo.   

Uno di loro inizia a penetrarla, ignorando le grida, le lacrime e il rivolo di sangue che scivola sul tavolo. Lo guarda dritto negli occhi, e lo riconosce. Lancia un gemito, soffocato. Le aveva parlato tante volte delle sette sataniche, dei loro riti di purificazione.

Quell’uomo, suo zio, il giorno prima l’aveva portata a visitare una chiesa di Torino, la Gran Madre. Le torna in mente la domanda che lui le aveva fatto sul sagrato: “Claudia, ma tu, sei ancora vergine?”. “Ma che domande mi fai? Comunque sì”, aveva risposto, arrossendo. “Molto bene”, aveva risposto lui, celando un ghigno con la mano.

Quella era l’ultima cosa che ricordava.  

La cera bollente che le versano addosso la riporta alla realtà. Il canto degli adepti sale d’intensità e nella sala entra un uomo vestito con una tunica rossa. Regge un vassoio. Lo appoggia sull’altare a pochi metri da Claudia. Lei guarda con orrore e urla. Non sembra neanche una voce umana. Lui prende con avidità, dal vassoio, la mano della ragazza, e inizia a sbranarla sputando ossa e nervi. Al banchetto si uniscono anche gli altri: i suoi arti vengono mangiati in pochi minuti. Lo stupro riprende. Claudia ormai non urla più. Guarda un angelo raffigurato in un affresco e, per la prima volta nella vita, prega. Bisogna credere in qualcosa, le diceva sempre lo zio. I suoi occhi si spengono mentre guarda l’immagine di Satana sull’altare e una lama le trafigge il corpo per asportarle il cuore: al maestro piace mangiarlo ancora caldo.

Ancora sangue in Afghanistan

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Ancora sangue italiano in Afghanistan, ancora un militare ucciso dalla follia di una guerra senza quartiere.  Questa volta è accaduto a Bakwa, nella parte meridionale del settore ovest. Ancora non si sono placate le polemiche in Italia, mosse dalla Lega Nord, per interrompere le missioni che avviene l’ennesima tragedia che in quei luoghi è soltanto, e purtroppo, l’ordine del giorno. Che si tratti di una guerra vinta o persa è un fiume di sangue, un intento leggiadro e che vanifica le attese di una pace che qualche dio un giorno riconoscerà, tuttavia oggi siamo ancora in guerra. Lo siamo e forse lo saremo sempre, schiavi della disinformazione, della paura del diverso, della non comprensione di quello che davvero vogliamo. Le notti trascorrono al suono dei mortai che noi non sentiamo mai davvero, come se la guerra fosse un giocattolo. Qualcosa che si può spegnere quando vogliamo, quella melodia che possiamo bloccare per andare a dormire tranquilli. Non è così. Il sangue continua a sgorgare mentre prendiamo un caffè, mentre parliamo per strada e quando ci illudiamo di essere capaci di esportare la pace, dietro gli schermi della nostra ipocrisia, dentro le nostre banche in perenne crisi etica, nelle parole di politici venduti che vogliono regalarci un mondo migliore. La guerra per i soldi non finirà mai, non basteranno barricate, bandiere e illusioni. Forse quando ci saremo resi conti che non siamo così belli come ci dipingiamo, allora ci renderemo conto che è il caso di fare un passo indietro e che non è detto che chi non ci somiglia sia poi così cattivo. Se fossimo noi quelli di cui avere paura?

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Lager

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nuda e informe massa
ondeggia a passi veloci
in tondo
sempre più forte
colpi puntati addosso
paura di esistere
passi a logor la pelle
l’inizio come la fine
aria che aria non è
libertà che vita non è

un furto dei giorni
sciolti come l’oro del domani
sarà l’anetto del niente
sarà la pelle morta sulle mani

parole di nascosto a me che muoio
di nascosto a ronde di pedine anonime

ora sono cenere che vada nel cielo
lontano è quel fuoco di vita
ardeva in atrui cuore che in me si perdeva
lontano dal  domani rubato