Caccia al voto sinistroide

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E’ ufficialmente iniziato il pre-riscaldamento dei politici per le prossime elezioni. Tentativi di alleanze e improbabili unioni, così la politica circense si prepara al ritorno. Di Pietro, etichettato come “troppo populista”, e il Sel di Vendola che flerta con il Pd sono i temi più attuali, ma il sottobosco degno del peggior “calciomercato” è fitto e denso di spunti. Tante cose passano e dipendono dalla legge elettorale, che cerca e cercherà di dare più peso alle compagini più numerose che, teoricamente, consentono maggior stabilità di governo, almeno a livello teorico. Quello che sembra chiara e lampante è la paura del Movimento Cinque Stelle. Grillo attende e continua la sua opera di sensibilizzazione tramite il suo blog e i suoi banchetti, così come dovrebbe fare ogni partito, mentre i suoi contendenti sono già in giro per le varie televisioni a mostrare i sorrisi di parata e promesse (tagli delle tasse e benessere per tutti). Sembra un periodo di transizione. L’impressione è che siano tutti in attesa che tutto torni come prima, che ci sia ancora modo di “spartirsi la torta”, di fare alleanze parafulmine, ma dal’altra parte continua a soffiare un vento che per molti è fastidioso. Quello di rinnovamento. Si, perché il problema dei voti dell’Idv, Sel e Grillo passa attraverso un fattore comune: chi sono gli elettori di queste realtà sinistroidi? E bene, sono in tanti che vorrebbero davvero un’Italia diversa, una politica pulita. Purtroppo nel tempo questi voti spesso sono andati dispersi. Tanti elettori si sono ritrovati a dover cominciare tutto da capo perchè quello o l’altro partito altro non erano se non l’ennesima illusione. Ma ora il rischi è più grande, con il pericolo alle porte dell’astensionismo dilagante terrorizza e quei voti sinistroidi diventano fondamentali. Eppure la storia è cambiata, molti di noi sono cambiati e in tutto questo sono spariti partiti come Rifondazione Comunista, Verdi (che in Europa sono ancora fortissimi), per dar spazio a partiti banderuola, mutanti, adatti all’occasione. Forse sarebbe giusto chiarire che quei voti non sono comprabili, tantomeno illudibili. Certamente i potenziali elettori sinistroidi sono stanchi di promesse che hanno portato il sistema al collasso. Ora ci vorrebbero fatti concreti e voglia di tornare a lottare per idee, valori, spazi e lavoro, non solo come promessa elettorale. Per farlo bisogna tirarsi su le maniche (non solo nei manifesti elettorali). I politici che da decine di anni siedono in parlamento potranno mai farlo? Dubito. Ma se la legge elettorale, nuova o vecchia che sia, non permetterà a realtà nuove di entrare in parlamento e dire la propria, tutto resterà uguale, immutato e la protesta si sentirà, certo. Ma saranno sempre i soliti a farla e a portarla avanti. Quelli che non sono ancora contenti dei favori ricevuti dalle amministrazioni, dal governo, dai sindacati. E questa sarebbe ancora la prima repubblica, quella portata avanti da Casini con il suo scudo crociato che, guarda caso, rischia di essere l’ago della bilancia delle prossime elezioni, con buona pace dei voti sinistroidi.

Intervista a Rossella Rasulo, autrice del romanzo “Mi piace vederti felice”

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Rossella Rasulo, autrice del romanzo “Mi piace vederti felice”, edito da Mondadori, mi ha gentilmente concesso un’intervista, con la quale si racconta e ci parla del suo ultimo successo editoriale:

1. Cosa hai provato scrivendo questo libro?

Difficile raccontare tutte le emozioni che ho provato. Riassumendo potrei dire di essermi chiusa in una grande tristezza, specie nello scrivere le lettere della nonna di Aura. Ogni parola mi riportava al vissuto con i miei nonni che non ci sono più. Non è stato semplice. Ho pianto spesso.

2. Hai descritto i luoghi di “Mi piace vederti felice” con passione, intensità e trasporto. Sembra tu ne sia molto legata. E’ così?

Non sento un legame profondo con l’isola d’Elba, lo ammetto. In generale difficilmente mi lego ai luoghi, anche se appartengono alla mia infanzia o alla mia adolescenza. Tengo a costruire legami con i ricordi, con le persone, con le esperienze. L’unica città che riesce in qualche modo a insinuarsi sotto la mia pelle è Roma. Ma credo che sia una questione di DNA.

3. L’amicizia è un tema fondamentale nel tuo romanzo, quanto sono stati importanti i tuoi amici per continuare a credere nei tuoi sogni e per realizzarti, come donna e come scrittrice?

Per me l’amicizia è una delle cose più importanti della vita. A volte la sento più concreta dell’amore. Non che io non creda nell’amore (progetto di invecchiare con mio marito), ma l’amicizia, una profonda amicizia, resta sempre nonostante gli imprevisti della vita. L’amore non sempre sopravvive con la stessa tenacia alle stesse sfide.
I miei amici sono la mia memoria e le mie colonne portanti.
Ma quello che provo per loro lo si intuisce dalle parole che ho lasciato nei ringraziamenti.

4. Possiedi un diario segreto in cui racconti ciò che non diresti mai a nessuno?

No. Il mio diario per molti anni è stato il mio blog, ma era tutto tranne che segreto. Per un periodo ho tenuto degli appunti in codice sulla mia agenda, ma non è durato molto.
Adoro l’analisi e credo che sviscerare quello che non diremmo a nessuno sia un modo per conoscersi meglio. Ma per quello non ho bisogno di un diario segreto. Mi basta una chiacchierata con mio marito o con la mia migliore amica.

5. “La vita senza te non è vita. E’ solo l’attesa di incontrarti ancora”, è una delle tante frasi che mi sono rimaste impresse. Nel libro racconti una grande passione e tanti amori, hai mai avuto paura, o anche solo un dubbio, che l’amore che descrivi sui tuoi testi non esista davvero?

Il fatto è che non è possibile definire l’amore. È un concetto che raggruppa in sé miliardi di sfaccettature, di sentimenti che si intrecciano, di paure, di aspettative, di progetti, di complicità.
Quell’amore esiste, sicuramente. L’ho visto, ma non l’ho vissuto. Fortunatamente non mi è capitato di perdere la persona che amo. E spero di non doverlo scoprire mai.

6. Che analogia c’è tra i tuoi scatti fotografici e le immagini che crei scrivendo?

Adoro la fotografia. Non sono brava e non mi ci sono mai messa d’impegno, ma fotografare lo sento affine allo scrivere.
Si lasciano da parte le parole e si affida a delle immagini il nostro racconto.
Non so se ci sia un’analogia tra il mio modo di scrivere e il mio modo di fotografare, ma so che entrambe le cose per me sono in piena evoluzione.

7. L’amore rende folli, almeno a volte è così. Dove posizioneresti il confine tra amore e follia?

Il confine tra amore e follia è spesso impercettibile. È per amore che si fanno le cose più sciocche. È sempre per amore cheaccantoniamo la logica e la razionalità.
Spesso ho pensato che una vita senza grandi emozioni fosse più semplice e più pratica da gestire. Ma come si fa a rinunciare a quella morsa che non ti permette di pensare ad altro?

8. Sei certamente un’importante esponente della “scrittura sul web”, come dimostrano i tuoi importanti blog del passato e la tua predilezione per i “social cosi”, come li chiami tu, tanti sono quelli che hanno la presunzione di definirsi “scrittori”, tu cosa pensi riguardo a questa tendenza? Chi è lo scrittore, e chi il blogger?

Il fatto è che anche io, con due romanzi editi da Mondadori e un lavoro che si basa esclusivamente sulle parole, faccio fatica a definirmi scrittrice.
Non basta un blog, nemmeno se si producono le venti righe più belle del creato, per definirsi scrittore. Ma è un fenomeno strano. Anche chi non scrive e si limita a leggere pensa sempre di poter fare meglio di te.
Ma tra un romanzo e un post c’è un oceano di tecnica, di studio e di dedizione in mezzo. Tutti tendono a scordare questa cosa.

9. Tornando a “Mi piace vederti felice”, cosa c’è di te in Aura? Esiste una “tua” Paola?

Aura di me non ha niente se non qualche riflessione su quello che osserva intorno a sé. Questa volta, al contrario di quello che ho fatto con “Ti voglio vivere”, il mio primo romanzo, non ho saccheggiato le personalità dei miei amici.
La mia migliore amica non si sentirà derubata nel leggere di Paola. Almeno spero.

10. C’è qualcosa che secondo te accomuna Lorenzo e Daniele, due personaggi chiave del tuo romanzo?

A parte l’età direi niente. Sono due opposti.
Daniele rappresenta l’amore che si logora e che si trasforma in un’ossessione malata, mentre Lorenzo rappresenta in qualche modo la parte sana dell’amore, quella che tutti vorremmo sperimentare.
Li ho creati in questo modo proprio per cercare di riflettere sulle tante sfumature dell’amore.

Ringrazio Rossella per la sua gentilezza e disponibilità e per averci regalato questa istantanea su di lei e sul suo nuovo romanzo “Mi piace vederti felice”.

Se perdessi tutto questo

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Ho letto “Mi piace vederti felice” e ho intervistato l’autrice Rossella Rasulo, e ne sono molto felice. Prima di tutto perché il romanzo è molto bello e l’ho letto tutto d’un fiato. Mi è molto piaciuto il finale, semplice e che mi ha davvero emozionato. Stile avvolgente, semplice, diretto. Che volere di più da un libro? Le risposte che Rossella alle domande dell’intervista sono state un’ulteriore conferma del fatto che si tratti di un’autrice affascinante ed eccentrica al punto giusto, ma, cosa forse più importante, che vuole scrivere, che vive di scrittura e che si sente la sua stessa scrittura. Che è tutt’uno con le parole che scrive. In ogni sua parola si sente che ha creato i suoi personaggi, disegnato i loro discorsi, sentito le loro emozioni. Essere scrittori non credo sia una cosa facile, come lei stessa racconta bisogna studiare, lavorare e dare tutto se stessi. E’ un piacere quando qualcuno riesce a farlo con tanta semplicità, seppur credo che le sofferenze e le delusioni non possano essere descritte in un’intervista. In ogni caso penso che la protagonista del romanzo, Aura, non si possa dimenticare facilmente, perché in tutti noi c’è un Aura, in tutti noi c’è la voglia di credere negli amici, nei sentimenti e tutti abbiamo paura di perdere quel che abbiamo, che, in fondo, è parte di ciò che siamo. Non c’è sempre solo l’anima, ma anche il mondo che ci circonda, chi ci vuole bene. Che succederebbe se da un giorno all’altro perdessimo tutto questo? Beh, Rossella Rasulo lo ha raccontato in questo romanzo e ora posso anche dirlo, sono orgoglioso di averla intervistata, perché lei è una scrittrice vera.

Recensione romanzo “Mi piace vederti felice” di Rossella Rasulo

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Il romanzo “Mi piace vederti felice” è intenso, profondo e allo stesso tempo semplice e scorrevole. Permette al lettore non solo di immedesimarsi nella protagonista Aura, ma di vivere con lei il rapporto con i suoi tre compagni di viaggio e amici: Paola, Alessio e Lorenzo. Anche il lettore inizia pian piano a far parte del gruppo e vive in prima persona le scoperte della protagonista, di cui si innamora presto.

“Mi piace vederti felice” è un libro che riesce a far compagnia, come fosse un essere umano,  un amico e questo è possibile grazie all’abilità nella scrittura e alla tecnica dell’autrice Rossella Rasulo, che crea personaggi semplici e magistrali allo stesso tempo. La storia riesce a scavare nell’anima del lettore, mettendo in luce i suoi lati oscuri. Riesce a riportare a galla sentimenti che sembrano dimenticati sul fondo di un mare, che poi è la vita di tutti i giorni. E’ un viaggio, una vacanza, ma principalmente la scoperta di una nuova Aura, che, suo malgrado, rinasce, svelando a poco a poco una verità che la cambierà per sempre.  Il ritmo della narrazione è veloce, dinamico, ricco di sfumature che rendono il romanzo attraente. Il linguaggio dei personaggi è diretto, a tal punto da riuscire a materializzarli nella propria immaginazione, fino ad avere l’impressione di poter parlare con loro.

Non è mai facile descrivere i pensieri dei ragazzi, le loro complessità e le contraddizioni, ma Rossella Rasulo ci riesce e colpisce nel segno.

Aura accompagna il lettore nella sua trasformazione e a tratti sembra lo osservi per chiedergli consigli. Lo rende partecipe di un profondo stravolgimento della sua realtà e dei pensieri. Come ogni storia d’amore coinvolge e trascina via come un fiume in piena, ma “Mi piace vederti felice” non è solo una storia d’amore: è molto di più. Ci sono sentimenti forti, intrecci, a volte paura, una miscela di ingredienti che rendono questo romanzo bello e dinamico. Ed emoziona, e lo fa in modo violento, come se quei sentimenti e quei pensieri esplodessero in un solo istante. Rossella crea un temporale con lampi, tuoni e  pioggia come lacrime, o lacrime come pioggia, e con la stessa mano dipinge un arcobaleno. Una bella storia, un bel libro. Una bravissima autrice.

Recensione “Benvenuti nel mio regno” di Regina

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L’hip Hop al femminile è una missione difficile. R.e.g.i.n.a. propone una musicalità interessante e canzoni costruite per regalare contenuti. C’è infatti in molte canzoni uno scopo sociale e di denuncia, ma senza rabbia eccessiva. Lo si sente già dal primo pezzo “Ape operaia” che ha un testo amaro, che mette in risalto la desolazione di una società moderna, a volte allo sbando. “Tu di me non sai” è un pezzo orecchiabile che racconta la vita e la musica dell’autrice, mentre in “E’ guerra” si può guardare un’istantanea che mostra una gioventù persa, una musica che racconta un mondo sconosciuto, politica messa in piazza nei suoi luoghi e lati oscuri spiattellati senza timore. ”Vaticano Spa” è una canzone denuncia che viaggia su una bella base. Soldi e religione, un intrigo raccontato con parole crude. “Regina” parla di una femminilità messa al servizio della musica, in particolare dell’hip hop. Tra parole forti e volontà di riuscire, R.e.g.i.n.a. racconta la sua realtà. “E’ tutto passato” è un pezzo le cui parole raccontano di una vita tra studio e musica alla ricerca di un’identità. E dopo tanti pezzi tutto sommato duri, ecco una canzone d’amore: “Un giorno che nasce”. “Una vita di club e feste” è un ritratto psichedelico, un viaggio nell’ipocrisia del momento. ”Il Mondo ragiona con Caxxo” è invece un grido di indignazione per una  laurea che non serve e un sedere che porta più risultati nella società moderna. “La mosca” parla di un viaggio tra Martini e rapporti sociali disordinati, persi nella musica ad alto volume. L’idea di base dell’album è buona, bisogna ancora lavorare sulla musicalità, per diversificare di più i pezzi. Le basi sono costruite bene, quindi migliorando i ritornelli sarebbe già possibile fare un ulteriore passo in avanti. I contenuti ci sono e la voglia di andare avanti pure. Restiamo quindi in attesa dei prossimi lavori di questa rapper al femminile.

Recensione romanzo “Promettimi che sarai libero” di Jorge Molist

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Il romanzo di Jorge Molist racconta la storia John Serra. Il protagonista è appena un ragazzino quando una galea di corsari approda sulla spiaggia del piccolo villaggio di pescatori in cui vive con i suoi genitori e i suoi fratelli. In quell’agguato John perde la sua famiglia, il suo amato padre Ramon, mentre la madre Eulalia e la sorella Maria vengono rapite dai “mori”. John e il fratello più piccolo Gabriel riescono a salvarsi, ma sono costretti a trasferirsi in una Barcellona del quattrocento, ormai in decadenza. Grazie al mercante  Bartomeu Sastre vengono accolti nel convento di San’Anna. Il protagonista ha promesso al padre di essere libero, e trova nei libri la sua passione. Poi incontra Anna e se ne innamora perdutamente. Lotterà per la libertà e l’amore in una dura battaglia con se stesso e la sua voglia di vendetta. Lo stile dell’autore è coinvolgente e molto veloce. La storia è ricca di personaggi interessanti, molto curata anche dal punto di vista storico. Un romanzo che scorre via veloce e che si inerpica con colpi di scena improvvisi e personaggi a volte troppo “provvidenziali”, fino a giungere a un finale che certamente coglie di sorpresa e che fa riflettere. Il viaggio di un eroe, certo, ma che dà l’impressione di rimanere alla fine in bilico. Questo non va assolutamente a ledere la bontà dello scritto e la potenza del romanzo che mantiene in tutto il suo svolgimento una suspance degna di un thriller. Sentiremo ancora parlare di questo autore in futuro, che in Spagna ha già venduto molte copie, di questo romanzo e dei precedenti.

A volte ritornano

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A volte ritornano. E a volte sarebbe meglio non ritornassero. Silvio Berlusconi ha annunciato il suo “ritorno in campo”, sostenuto, dice lui, dagli industriali. Forse ritiene che i suoi elettori abbiano la memoria corta quando omette che la stessa Confindustria aveva smesso da tempo di appoggiarlo, a causa delle scelte politica discutibili e che non hanno mai favorito davvero l’attività imprenditoriale. Forse non ricorda che l’Europa ha smesso da tempo di appoggiare la sua attività politica, le bravate, le bugie raccontate come solo uno studente che non ha studiato può fare con il professore che lo vuole interrogare. E’ vero, non dovrebbe esistere alcun rapporto di sudditanza dell’Italia nei confronti della Germania, ma nemmeno un atteggiamento pressappochista, che nasconde l’immondizia sotto i tappeti. E’ ancora, e quando mai come adesso, necessaria la serietà. Contestabile o meno l’attività dell’attuale governo è servita per aumentare il peso politico dell’Italia in Europa, e certamente la crisi non è ancora alle spalle. Non può servire, ma può invece risultare dannosissimo, annunciare tagli delle tasse quando obbiettivamente è impossibile farne. Sarebbe invece auspicabile intervenire nella gestione delle entrate, applicando reali tagli alla spesa pubblica senza eliminare o peggiorare i servizi, già spesso carenti. Le frottole raccontate negli anni hanno portato gli italiani allo sconforto, alla paura del domani, alla fine delle speranze di un futuro migliore. Non è solo colpa di Berlusconi, ma a lui va la colpa di averla illusa e non glielo si può perdonare. Ormai conosciamo la sua politica e conosciamo il suo modo di vivere poco rassicurante e, soprattutto, il suo egoismo e l’attenzione maniacale per i propri interessi. Ed è il momento di smetterla, o, perlomeno, di non ricominciare. L’idea di Berlusconi di inserire il presidenzialismo è chiaramente solo una manovra per estromettere parlamentari con idee diversa dalle sue da ogni tipo di decisione, che, nella sua fantasia, spetterebbe solo a lui. Questa non è l’idea di democrazia che gli italiani vogliono. C’è bisogno di gente nuova e di idee nuove, se perché queste nascano devono morire realtà come Pdl e Lega (con i loro nuovi possibili futuri nomi), che muoiano in fretta e senza fare ulteriori danni. Forse la sinistra non sarà la soluzione a tutto, ma si può iniziare dalla gente onesta e che crede ancora in qualcosa.

Recensione “Come il suono dei passi sulla neve” di Zibba e gli Almalibre

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Un sound attraente che unisce sapientemente le atmosfere popolari liguri, suoni contemporanei in immagini musicali e poesie tridimensionali, ricche di sapori e fragranze che sanno distinguersi nel panorama musicale attuale, questo è ciò che riecheggia tra le note del nuovo disco di Zibba e gli Almalibre “Come il suono dei passi sulla neve”.

Momenti di svago e di autentica poesia si alternano già dal primo pezzo, nonchè singolo in rotazione radiofonica, “Nancy”, che si fregia del featuring di Roy Paci.

“Come il suono dei passi sulla neve”, la canzone che regala il titolo all’album, è malinconica e poetica, immersa in parole sussurrate e sottili, leggere e allo stesso tempo calde. Altra collaborazione importante, quella di Eugenio Finardi, la si può ascoltare in “Asti Est”. Il nome di un casello dell’autostrada che racchiude tutto un mondo da raccontare e da vivere con il ritmo, la musicalità e le parole infondibili di Zibba. Ed è il ritmo travolgente caro al cantautore ligure che si libera in “Sei metri sopra la città”, in cui l’artista Zibba ci racconta l’uomo Zibba, le sue facce e le sue impressioni, tra sapori di buon vino assaporato in un locale tra fumo e discorsi alla luna, mentre fuori sta per nascere il sole.

“Prima di partire” è cantata da Zibba e Carlot-ta in un duetto soffuso e sussurrato. Una ballata intensa e profonda, incantata, con parole che si appoggiano leggiadre su una melodia ricca di suoni elettronici, sulla quale vola il suono del violino sognante.“fanculo alla morte e ai giostrai..”, racconta questo pezzo, e lo fa con passione e musica pura, viscerale.

Si riesce a sentire la fragranza tiepida e inconfondibile del mare in “Aria di Levante”, persi tra le parole di Zibba, disegnate sulle nuvole bianche su un cielo colorato.

“Almeno il tempo” è un quadro, un’istantanea tra le passioni di un inverno e della vita nella sua interezza, di un giorno, di un momento, tra le pareti dipinte sui muri delle strade di Milano. Esistono poi canzoni che si sposano con il mare, che forse sono il mare. E’ il caso di “O Mæ Mâ”, una ballata intensa e profonda, che fa vibrare le corde dell’anima. Che emoziona. Cantata in dialetto ligure da Zibba e Vittorio De Scalzi, riesce a risuonare senza fretta, lentamente, tra i colori dei sentimenti nascosti, che riemergono solo di fronte al mare. Ascoltandola sembra di vedere Genova, la sua passione, i suoi vicoli e il suo mare in un ritratto magico e appassionato.

Un’onda fatta di parole alla ricerca dell’intensità della musica e della vita dei musicisti è impressa a fuoco tra le note di “Anche di Lunedì”, mentre “Dove i sognatori son librai” è una ballata che trascina i pensieri, come il vento una barca, tra le onde soffuse di un mare appena mosso, dai respiri di un uomo che non riesce a dormire e sogna, muta nei suoi pensieri e diventa parte di quel paesaggio. E’ Poetica e impetuosa, dolce e forte, una canzone nel vero senso della parola.

Si percepisce malinconia, in un ritratto rassegnato nei pensieri di un giorno qualunque che è il pezzo “Salva”. Parole taglienti che riescono ad assegnare la giusta importanza all’essenza delle cose che devono, appunto, essere salvate.

Oltre alle canzoni che questo disco regala non si possono non citare i momenti di poesia pura, recitata in “poesia d’amore” da Silvia Giulia Mendola, da Zibba in “Come il suono dei passi sulla neve” di Adolfo Margiotta.

“Come il suono dei passi sulla neve” è un disco completo, sia dal punto di vista musicale che dei testi. I tempi sono scanditi da ritmi che variano e si intrecciano, che corrono fino all’anima, per poi rallentare e cercare gli spazi giusti per sussurrare parole, creare mondi paralleli e incantare dolcemente. Le collaborazioni importanti arricchiscono i già ottimi contenuti di questo lavoro. Ascoltando queste canzoni e facendo attenzione ai testi, si riesce a percepire un’ulteriore maturazione artistica di Zibba, che è certamente un nome importante della musica cantautoriale italiana di oggi. Un ottimo disco.

Recensione dei “Canti bellicosi” de I Cosi

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Scrivere canzoni nuove è sempre difficile, così come lo è ricercare l’originalità. I canti bellicosi giocano con le parole e la musica per cercare un equilibrio nuovo, seppur a volte instabile. Cercano nel passato della musica, pensando tra ciò che è rimasto scolpito nella memoria della musica. In molti pezzi si sentono richiami alla musica degli anni 60′ e 70′, abilmente inseriti in melodie e arrangiamenti attuali. Il pezzo che apre l’album è “Canti bellicosi”, una canzone che presenta sonorità forse note, ma che si prestano bene a questo tipo di musicalità, legata a doppia mandata con la musica leggera più classica. In “Cerco dentro me” si sente il richiamo a un rock melodico che cerca spazio tra le emozioni più sconosciute e imprevedibili. La canzone “Universo” è un richiamo al passato e ai sentimenti dimenticati in echi lontani, nascosti tra le parole e le scie melodiche che nascono da un mondo musicale che ha lasciato il segno in ognuno di noi. “Settimana enigmistica” e “Romanticamore” sono ballate con un ritmo ipnonico e in cui si percepisce l’abile ricerca nella realizzazione del testo. Con “L’assedio” si fa strada un rock primordiale, miscelato alle sonorità antiche e sempre gradevoli e che rinascono regalando una musicalità accattivante. “Le ragioni degli altri” possiede un linguaggio criptico che a tratti si apre, musicando punti di vista chiari e obbiettivi.

“Se non” è un pezzo lento con un incedere soffuso e leggero, incantato, quasi ovattato. “Fotografia” propone accordi semplici e parole che scivolano come gocce di pioggia. Nubi dissolte e pensieri a lume di candela, tra presa di coscienza e ricordo. Chiude l’album “Quello che so”, una ballata sottovoce, in cui le parole sembrano affondare lentamente nella melodia di questo pezzo.

L’album “Canti bellicosi” sa farsi ascoltare ed è chiara la volontà di unire la tradizione musicale italiana e internazionale in un nuovo stile che potrà un giorno diventare unico. C’è ancora da lavorare, ma l’inizio è certamente degno di attenzione. Creativi e malinconici, talvolta struggenti e determinati. Un’ottima miscela da cui partire per creare pezzi che restino nella storia della musica italiana.

Recensione del disco “Boomerang” di Daniel Mendoza

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L’Hip Hop è un genere musicale difficile da decifrare. I valori in campo sono spesso sfumature impercettibili e soggettive, ma ciò che realmente conta è ciò la musica riesce a trasmettere. Ed è per questo che Daniele Mendoza merita di essere ascoltato con attenzione. Non si tratta dell’Hip Hop commerciale e spoglio di valori che ultimamente va di moda in radio o su Mtv, ma di un’evoluzione e per certi versi una sperimentazione del genere. Nel singolo “L’Italia non è” si sente perfettamente la voglia di raccontare una nazione, una cultura e regala la spinta per una vera rinascita. Lo stesso spirito lo si ritrova anche in “Quando sognavamo”, tra nostalgia, malinconia e la volontà di battersi nonostante le avversità, il tutto raccontando semplicemente i propri sogni.

In “Non ti perdi un granchè” emergono valori e principi importanti, in una chiave di lettura dura e viva della vita. Nessuno sconto, ma una chiara rappresentazione della realtà, spietata forse, ma giusta e obbiettiva. “L’arte di adattarsi” è allo stesso modo un quadro rappresentativo della nostra società, senza mezzi termini o giri di parole, con versi forti e tesi. “La porta dell’inferno” è un pezzo diabolico e spietato ma con un’anima pura, ben celata tra le rime, mai banali, ben costruite e sempre fluide. C’è amarezza in “Yellow Rose”, un melodico abbandono e un grido che vuole essere ascoltato. Una rabbia che diventa musica, lo spirito perfetto dell’Hip Hop. “Indie Revolution” racconta le difficoltà della musica moderna, del mondo sommerso dalla discografia “più grande”, ma la certezza che qualcosa si muove ancora e che ha voglia di emergere. “Trendadue perché” è un pezzo orecchiabile e intenso, mentre “Un patto d’amore” è una canzone d’amore dedicata all’hip hop, con le doverose citazioni agli Articolo e ai Sottotono. Si sente la speranza di continuare il viaggio senza lasciarsi trascinare dall’ipocrisia della musica di oggi che spesso vive solo di immagine. “L’altro domani”, è un urlo di speranza, un punto sulla società moderna e sul futuro.

“Boomerang” è un album ricco di contenuti, sia sociali che sentimentali e soprattutto di speranza. L’hip hop vero racconta tutto questo ed è anche per questo motivo che Daniel Mendoza merita palchi importanti. Ammiriamo la volontà di richiamare la musicalità dell’hip hop vero (suoni analogici) e di dare veramente peso alle parole. Abbiamo assistito per tanto tempo a spettacoli di rapper che si sentono gangster ma che non lo sono e che parlano di vite che non conoscono e che quindi inventano. Non ci piacciono. Daniel Mendoza racconta una storia vera, la sua, senza mitizzarsi, ma semplicemente per ciò che è. Il suo “Boomerang” è un disco vero, con un sound puro e deciso.

Un sentito grazie a chi crede ancora in questo genere e lo porta avanti con così tanta passione e dedizione.