I lividi sulle braccia non le facevano male quanto l’umiliazione che si era sedimentata dentro.
Le parole le scivolavano addosso, come gocce silenziose.
E cos’è un insulto, se non un ammasso di lettere, si diceva.
Ma lei non ci credeva davvero.
Lei una felicità voleva viverla davvero.
Lei una via di fuga la pretendeva.
Così chiuse il diario, gettò la penna contro il muro con tutta la sua forza.
E ciò che le restava nell’anima, si guardò allo specchio.
I suoi occhi erano neri, anche fuori dalle iridi.
Promise a se stessa che sarebbe stata l’ultima volta.
Che non avrebbe più creduto alle scuse, alle promesse, ai sorrisi del giorno dopo.
Forse, non avrebbe amato mai più.
Probabilmente avrebbe imparato a odiare.
Ma sarebbe stato il giusto prezzo, per la libertà.
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