Recensione concerto di Zibba @ Fiumana – Parco Michelotti (Torino)

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Ci sono cantautori e cantautori. Zibba sa inventare una realtà capace di unire la tradizione della musica leggera italiana con la novità, regalando sempre emozioni pulite, vere e appassionate. Quando i versi sono la miscela esplosiva che si avventura nella ricerca di un amore che si cela dietro il chieder niente in cambio, nella ribellione di una gioventù moderna che non riesce a trovare una propria identità, fino all’ironia del rapporto che unisce carnalmente un uomo a una donna, c’è l’essenza della poesia di questo artista e dei suoi musicisti. Questo idillio di note colorate di vita lo si può ascoltare nei pezzi che dal vivo rendono la propria anima agli ascoltatori senza condizioni. Lo spettacolo inizia con “Nella notte che verrà”, tratto dall’album “Senza smettere di far rumore” e prosegue con molte canzoni tratte invece dell’ultimo album “Una cura per il freddo”, come “Bonvojage”,  “Una parola illumina”, la travolgente “Ammami” e la dolcissima e intensa “Ordine e gioia”. Zibba sa scrivere testi con la penna intinta in inchiostro di nubi colme di pioggia e stelle appena nate. Le emozioni nel suo concerto si susseguono senza tregua come con la struggente interpretazione di “Anche se oggi piove” e nella ritmica di “Tutto è casa mia”. Quando le note sembrano accompagnare al termine di questo piccolo teatro della poesia si sentono brividi nell’aria con “Nelle sere di inverno”, “L’odore dei treni”, poi voglia di gridare e ballare con “Mahllamore” e “Margherita”, energica e vitale come sempre. Ma c’è una canzone che è sempre capace di portar fuori una lacrima impressa nei ricordi e nascosta tra i tasti bianchi e neri del pianoforte ed è “In una notte con solo due stelle”, forse la canzone che ogni cantautore vorrebbe scrivere. Ma come dicevo, ci sono cantautori e cantautori e Zibba in questo ha una marcia in più e sono proprio le sue note a descriverlo. Un concerto forse breve, ma ricco di sensazioni che è impossibile dimenticare. Bravissimo come sempre.

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Recensione “Tora Tora Tora” dei Rock’n Roll Kamikazes

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Quello dei Rock’n Roll Kamikazes è rock viscerale, con forti radici nella musicalità americana e italiana degli anni ’70. Il ritmo travolgente che questo gruppo ci fa ascoltare toglie quasi il respiro, nel rincorrersi del suono delle chitarre elettriche e del basso, che, come un fiume in piena, ci fa viaggiare lungo strade assolate dei giorni nostri. I musicisti dimostrano talento e passione nel mostrare, come fossero dipinti, questi pezzi ricchi di sensazioni. Questi ragazzi sanno come riproporre la musica rock degli anni 70’ con le sue emozioni. Lo fanno in chiave più moderna e aggiornata ai suoni di oggi, senza tralasciare né nascondere l’ambizione di riprendere e continuare quelle tradizioni e intravedo la forza e la determinazione per farlo. Canzoni come “Black Cat”, “Roll Roll Roll” e “Lost in Austin” rappresentano molto bene la tradizione Rock’n Roll con un ritmo feroce che le chitarre elettriche, basso e un’infiammata batteria sanno rappresentare. Altri pezzi come “Fridgelinght becomes you” e “Sister moon” rivelano inoltre un carattere che si presta al blues fino a giungere al jazz. Certamente siamo di fronte a un bel disco, classico e tradizionale nella sua esecuzione ma che porta con sé le influenze di sonorità moderne miscelandole con altre mai dimenticate. Il rock è sanguigno e passionale, duro a volte, ma pur sempre vivo e vero e in questo i “Rock’n Roll Kamikazes” non fanno difetto. Si sente scorrere il sangue e le emozioni che ben si esprimono con queste canzoni ottimamente suonate e interpretate. Bel lavoro.

Recensione “Scaccomatto” di Emanuele Barbati

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Il disco che Emanuele Barbati è orecchiabile, ben suonato con ritmiche accattivanti e un sound interessante. “Scaccomatto” fonde una musicalità rock con un suono che richiama il jazz. “Di nuovo lei” possiede un ritmo colorato e avvolgente, mentre in “Tramonti e speranze” si sente un approccio riflessivo incastrato tra belle chitarre e ottimo sound. “Defaillance” è una ballata ariosa e divertente. “Come sempre” è un pezzo parlato e con un ritmo che incanta e “Giulia” racchiude, come nei pezzi precedenti, interessanti spunti dal punto di vista musicale con un testo tutto sommato semplice e diretto. “Ragazza pazza” è una canzone con un testo leggero e collocato su una struttura musicale particolare. In generale Emanuele Barbati propone pezzi semplici almeno dal punto di vista dei contenuti ma con un sound molto attraente e che si lascia ascoltare. L’effetto è decisamente gradevole e intrigante ma sarebbe altrettanto interessante saggiare l’indubbia bravura dell’artista con testi più complessi e articolati. Speriamo nella completa maturazione di Emanuele e chissà che non possa davvero stupirci con effetti speciali al prossimo disco. Disco interessante ma anostro avviso  possiamo attenderci ancora molto.

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Recensione “Caravansaray” dei Legendary Kid Combo

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Il gruppo “The legendary Kid Combo propongono una musica esplosiva e ballabile. Dinamite allo stato puro e lo si sente sin dal primo pezzo “Mustapha” con il suo ritmo incalzante e trascinante, mentre “Hangman” ha il sapore dell’America dei saloon, della polvere e del fumo. “Sultan’s way” è una canzone urlata quanto energica con un ritmo che è difficile da definire ma che si muove bene tra il rock e il folk. “Fight for your rights” trascina in questo viaggio nella musica più indiavolata e “Signorina” fa quasi venir voglia di salire sui tavoli e ballare ed è quel che capita ascoltando tutti i brani di questo disco. “My medicine” è anch’essa una bomba di musica e sensazioni che lasciano il segno, come un perfetto meccanismo a orologeria si trasforma in una colonna sonora adattissima a un lungo viaggio lungo le strade americane come in quelle della Puglia.”Mentirosa” sembra addirittura aggressiva nel suo incedere. In queste canzoni si sentono profumi, suoni, sensazioni che trasudano vita, sogno, ballo sfrenato e ottima musica. Cosa cercare di più in un disco se non questo? Si tratta di un’opera che vale senz’altro la pena di ascoltare fino all’ultima traccia, canzoni in grado di restare a lungo nella mente sia per l’orecchiabilità che per l’energia che regalano. Tra rock e vita, tra polvere e rabbia, come una sfida alla noia a suon di ritmi instancabili. Ottimo disco.

Recensione “Ciò che non posso avere” di Barbara Gobbi

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Il disco “Ciò che non posso avere” di Barbara Gobbi è ricco di spunti interessanti. I pezzi suonano come un rock melodico, aggressivo e suadente. Sin dalla prima canzone “Abban(dono)” si sente una decisione in uno stile dolcemente duro. In “Di passi neanche l’ombra” emerge una forte malinconia che si presta a un’accusa amaramente urlata.”Certezze e cemento” è una ballata con un ritmo intenso, un testo riflessivo e coinvolgente, mentre “Afa circonda” esprime un’ottima musicalità ben miscelata a un testo introspettivo e particolare. Un’istantanea sul ruolo di una donna di successo è ben dipinta in “Donna manager”, anche in questo caso su sonorità rock. “Intrigante” è il titolo che descrive la metrica di questa canzone nel suono delle chitarre e nel ritmo che esplode con un’amarezza a tratti contorta ma sempre forte e decisa. Come un inno contro l’ipocrisia si erge “Le tue maschere” sempre semplice nella tua complessità e senza cadere mai nel banale. “Il mio bell’attimo” possiede una bella melodia che si sposa con un ritornello accattivante. E’ acqua che si adegua “In sostanza”, potente e scatenata come l’onda travolgente. In “La lieta notizia” si sente una piccola influenza di Carmen Consoli (ma si sente anche in altri pezzi) in un’interpretazione anche in questo caso duramente insolente. Questo disco rappresenta un buon lavoro, testi semplici e melodie attraenti sono gli ingredienti della ricetta musicale di Barbara Gobbi,  sperando di poter sentire ancora parlare di lei in un prossimo futuro. Un bel disco.

Recensione “Fuori dal Comune” di Davide Geddo

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L’album di Davide Geddo “Fuori dal comune” si apre con una canzone da brividi che si chiama “Genova”, un’autentica perla di musica e poesia che sa far sognare.”Ti Voglio” è pezzo orecchiabile, molto radiofonico, e con un testo frizzante.”In ogni angolo della notte” ha un retrogusto jazz con una vocalità riflessiva e intensa, mentre  “Innocenza” è una canzone che ha un qualcosa di geniale che seppur nella sua semplicità colpisce per la sua profondità. Non mancano le ballate sognanti come “Il limite” e “1000 cose” che accompagnano l’ascoltatore verso un mondo di poesia e intensità. L’amara e coinvolgente “Marylin” sembra quasi essere divertente nel suo incedere tagliente. “Lo sguardo del cantautore”, con il featuring dell’ottimo Zibba, è dissacrante e ironica e che spezza e arricchisce il contenuto di questo album. “Meg” è dinamica, sarcastica e con un testo ricco di poesia intrecciata a una realtà che sa di fumo di un pub di periferia. “Oltre” e “Cuore” sono due canzoni d’amore o forse sono qualcosa di più. Quel che lasciano è un sapore, quasi un profumo, fragrante che completa degnamente un album ricco di poesia, musica, intensità e che quindi racchiude un senso ancora più sublime in un finale emozionante. Un bell’album. 

 

Recensione “Lo Specchio” di Francesca Romana

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L’album “Lo specchio” di Francesca Romana contiene pezzi pop melodici, alcuni dei quali particolarmente raffinati. Lo si denota sin dalla prima canzone “Il tuo nome e il veleno” in cui alcuni tratti del testo spiccano per originalità mentre altri si rifanno a una cultura melodica italiana più classica. “Giovanna la pazza” è particolarmente orecchiabile e in alcuni tratti avrebbe bisogno di maggior incisività per renderlo di qualità ancora superiore. “Canzone blu” è anch’essa molto appetibile all’orecchio. “Io e Biancaneve” è originale nella sua composizione e nella fusione tra un testo complesso all’apparenza e la melodia molto ariosa. “L’estranea” è una ballata lenta con una vocazione intimista e sussurrata, mentre “Il poeta”, pur essendo anch’essa una ballata, possiede un’architettura più raffinata del testo e dell’interpretazione. “Storia clandestina” sembra una favola raccontata nelle sere d’estate quando il sole è tramontato da poco. Ne “Il lago” si sente l’eco dell’influenza di Carmen Consoli con una struggente passionalità regalata all’ascoltatore. “Mad Maria” invece è particolare e affronta una tematica difficile e ricca di ostacoli, forse spingendosi ancora oltre colpirebbe in maniera più forte e decisa. Francesca Romana ha delle indubbie qualità canore e una grande capacità di intrecciare le parole per creare atmosfere avvolgenti. Con ancora più spregiudicatezza nei testi potrebbe creare testi in grado di fare ancor di più la differenza. Quello che si può dire dell’album “Lo Specchio” è che contiene molte canzoni interessanti, alcune molto orecchiabili, altre con un tono più poetico e altre con una struttura melodia e voce intrigante e che lo rende attraente. C’è molta sostanza e tecnica in questo disco e speriamo di riascoltare Francesca con altre canzoni.