Recensione “Tutto è vanità” dei VeiveCura

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“Tutto è vanità” è un album con una forte matrice strumentale e lo si capisce sin dall’intro “L’alba, dentro”. Il secondo brano “Di roccia” ha un ritmo quasi epico con parole criptiche che scivolano tra poesia e pensieri, mentre “Cara Vana” sembra galleggiare su un tappeto di fragili inganni, leggiadri incantesimi e voci che sussurrano versi nascosti su una melodia morbida e ottimamente suonata. Fiati, percussioni assecondano un incedere poderoso della melodia, mai banale. “Correnti del nord vs correnti del sud” è una colonna sonora di istanti e momenti come pensieri naufraghi. Il suono del pianoforte è sempre una magia, e in “Ciuri” emerge come una sinfonia soffusa tra le parole in dialetto dei versi della canzone. Suoni allegri e spensierati imperversano in “Delfini” e si trasformano in un viaggio di note in “Delfino io, delfino tu”. L’album si conclude con “Le nuvole”, come un bel sogno in cui si riaprono gli occhi con l’arrivo dell’alba, come a concludere la notte, ancora un po’ addormentati. E tornare a guardare il sole che sale verso il cielo. Un disco orecchiabile ed emozionante, ricco di particolarità e che crea atmosfere sognanti e che si imprimono nella mente, difficilmente catalogabile in un genere musicale. Un po’ ambient, un po’ pop, ma ciò che conta è che si tratta di ottima musica, suonata con passione. Un disco da ascoltare.

Recensione spettacolo “Inferno Opera in Musica” degli Effetto Notte feat. Orchestra Giovanile Vianney @ Teatro Alfa, Torino

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Al Teatro Alfa di Torino il 2 e il 3 Marzo è andato in scena “L’inferno Opera in Musica” degli Effetto Notte, per la prima volta accompagnati dall’Orchestra Giovanile Vianney, diretta da Marco Raiteri. Il nuovo allestimento dello spettacolo ha unito ai momenti classici dello spettacolo nuovi spunti e rivisitazioni dei brani dell’opera. Assistendo alle prove e alla preparazione dello spettacolo si nota subito quanto lavoro ci sia stato dietro lo show e l’impegno che gli artisti ci hanno messo per metterlo in scena. L’immagine di una candela e un sibilo misterioso aprono lo spettacolo, poi il primo pezzo eseguito dall’orchestra giovanile Vianney crea un’atmosfera ipnotica, costruita con i suoni, con le immagini e l’impatto sul palcoscenico. Nella “Selva oscura” ci accompagnano i versi di Dante, ottimamente recitati da Filippo Losito e poi la musica degli Effetto Notte e dell’orchestra Vianney, che miscelano e intrecciano stili diversi ma che costruiscono una potente interpretazione di pezzi come “Caronte” e “Il portale”. Non mancano i due intermezzi più classici “Paolo e Francesca” e “Conte Ugolino”, con i magistrali assoli di chitarra classica di Andrea Pioli. Lo spettacolo sembra evolversi e cambiare faccia, passando da momenti di autentica poesia in musica, sfiorando il rock con gli assoli di chitarra elettrica di Giorgio “Josh” Angotti nella “Città di Dite” e “Ulisse”, per approdare a una musicalità a tre dimensioni, accompagnati dalle voci di Fabrizio Tonus, autore di gran parte dei pezzi con Mattia Bozzola, ed Elisa Paoletti. Ritmo della batteria suonata da Federico Silva e l’intensità delle interpretazione sono le protagoniste dei pezzi che portano al finale con “Lucifero” e al verso che scandisce il finale epico dello show: “..e uscimmo a rivedere le stelle”. “Inferno Opera in musica” è uno spettacolo che non tradisce mai le attese e in queste due serate lo conferma.

Fotografie: Simona Vacchieri

Recensione “Il giardino delle rose” di Chiara Ragnini e intervista all’artista

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La musica che Chiara Ragnini ci propone è fresca, orecchiabile ed emozionante. Le premesse per un disco interessante ci sono tutte e ascoltando le canzoni dell’album “Il giardino delle rose” se ne trova conferma. Sin dalla prima traccia si rimane attratti dalla musicalità che l’artista esprime, “Quello che ho” è infatti una ballata elegante e con ritmo intenso e passionale. “Gli scoiattoli del bosco” ci porta in una brillante favola in musica, esplorando un sentiero immerso in sentimenti che svaniscono con i colori del tramonto e nei suoi riflessi sul mare, mentre “Il giardino delle rose” regala chiavi di lettura nascoste nei versi che sembrano volare su una melodia accattivante. “Ogni mia poesia” è un dolce e soffuso soffio di vento rubato a una precoce primavera, mentre “Acqua da bere” incanta nel suo giro di chitarra e nell’avvolgente voce di Chiara. “Guardami” è come un sussurrato richiamo tra semplicità e abbandono a una passione tagliente,“Oltre le nuove” possiede un’inconsapevole coscienza che esprime serenità nel guardarsi dentro, oltre le luci di una nuova alba. “La neve non fa più rumore” è un pezzo soffice, che sembra viaggiare su un cuscino di note, così “Di terra e di mare” ci accompagna con la melodia sognante delle chitarre sulle quali si posano leggermente le parole di Chiara, che accarezza con la sua voce un ritornello orecchiabile  e sinuoso. Il disco si chiude con la ritmata “Aria”, che come un ballo in riva al mare ci fa sentire a una festa in spiaggia, tra parole che si rincorrono in questo passeggiare tra i ricordi, la dolce malinconia e le parole sussurrate a una poesia distratta. Ci si perde in una favola sincera ascoltando queste canzoni, leggere come piume, piacevoli, nelle quali sembra di sentire il sapore dell’estate, di percepire i colori di ogni singola nota che si perde nei brividi della voce intensa e passionale di Chiara Ragnini. Sicuramente “Il giardino delle rose” è un album da ascoltare e dal quale lasciarsi trasportare in un viaggio di sensazioni che rimette in pace col mondo. Un bel disco.

Vi abbiamo presentato il disco “Il giardino delle rose”, ora Chiara ci racconterà di lei, rispondendo alle domande che le abbiamo posto:

1. Le tue canzoni sembrano delle favole in musica, sono avvolgenti e intense. Quanto ti senti rappresentata dalla tua immagine di artista? Ci sono cose che nascondi alle tue canzoni?

La mia immagine come artista coincide con la persona che sono quotidianamente: solare, positiva, con una enorme curiosità e voglia di conoscere il mondo. Le mie canzoni rispecchiano stati d’animo che spesso tendo a nascondere alle persone che mi sono vicine, perciò ti direi che è più il contrario: tendo a riversare in musica emozioni e parole che da sola farei fatica a tirare fuori. La musica è per me un mezzo potentissimo per emozionarmi ed emozionare.

2. La tua musica sprigiona sensazioni e si sente la fragranza delle emozioni che ti animano, come pensi che i prodotti costruiti dai reality possano ostacolare chi come te esprime la propria anima costruendosi un’identità col sudore, i sacrifici e soprattutto suonando in giro?

Purtroppo il mercato attuale italiano vive un periodo particolare: si preferisce investire su prodotti facili, preconfezionati, omologati. Investire su idee nuove è un rischio e probabilmente al momento non ce lo si può permettere, fatto salve per poche eccezioni. Spero tanto di poter trovare chi possa affezionarsi al mio progetto al punto da volerci mettere la stessa passione che ho io, anche in termini economici.

3. La musica sta cambiando per rigenerarsi in icone spesso fasulle e coperte di paillettes. Secondo te c’è ancora spazio per l’essenza, per la verità e per la purezza delle emozioni?

Io credo di si.
Credo che l’appiattimento culturale, generale e non solo nello specifico della musica, debba per forza finire, prima o poi, implodendo su se stesso.
Nel frattempo, se i grossi canali mediatici e di comunicazione non offrono spazi adeguati, bisogna prendersene altri con le unghie e con i denti. E questo è il mio caso.

4. Nelle tue canzoni parli molto di natura, che rapporto hai con lei? Dove componi le tue canzoni e cosa ti ispira maggiormente?

Adoro stare in mezzo al verde, il mare e la campagna sono le mie dimensioni ideali. Da tre anni a questa parte vivo immersa negli ulivi dell’entroterra ponentino ligure e questo è stato e continua ad essere molto stimolante per la scrittura e la composizione. Anche se, in realtà, molte delle idee migliori nascono in macchina, tornando dal lavoro oppure durante i miei spostamenti da e verso Genova, la mia città natale. Trovo molto stimolante anche comporre testi e musiche con altre persone: l’esempio più recente è stata Due Castelli sulla Sabbia, scritta a quattro mani con Michele Savino, cantautore, compositore e grande amico, genovese come me; ma cito con grande piacere anche l’esperienza di Radar Talent Interceptor, condivisa con gli amici musicisti Subbuglio!, band del savonese, Claudia Loddo, cantautrice romana, Monica Criniti, cantautrice meneghina, e molti altri. In quell’occasione abbiamo fatto del vero e proprio brainstorming ed è nata una gran bella canzone, che spero sentirete presto. Occasioni come quella sono davvero molto, molto stimolanti per la creatività.

5. In “Ogni mia poesia” racconti una parte di te intima e intensa, quanto ti racconta davvero questa canzone?

Ogni mia poesia è una canzone d’amore, autobiografica, intima. Mi racconta appieno, dando un’idea molto precisa di cosa significhi per me amare una persona.

6. Tra le tue canzoni compaiono parole come Terra, Acqua e Aria e il tuo modo di cantare esprime il fuoco. Raccontaci qual è il tuo quinto elemento, quello che ti rende così viva e vivace, così come traspari nelle tue canzoni.

Sicuramente la passione, sempre alla base di tutto: senza di essa non avrei avuto la forza e la determinazione di arrivare dove sono arrivata e dove arriverò, piano piano e con fatica e sudore.

7. Qual è il momento più emozionante della tua vita musicale e che senti di raccontarci?

Ce ne sono tantissimi, sicuramente l’aver suonato la chitarra di Luigi Tenco è fra questi. L’occasione è stata quella del Restauro in Festival, curato da Pepi Morgia, l’estate scorsa qui in Liguria. Più in generale, suonare dal vivo è sempre l’emozione più grande, percepire l’attenzione e la curiosità negli occhi delle persone, il calore degli applausi e i complimenti sinceri, che quando arrivano si sentono, forti e chiari.

8. Il mondo della musica non è perfetto, c’è ancora molta ipocrisia, soprattutto quando si calcano palchi importanti come quelli sui quali ti sei esibita?

Per quanto possa sembrare strano, in realtà c’è molta più ipocrisia e invidia nei contesti piccoli che sui palchi importanti. Purtroppo nelle scene locali manca spesso la voglia di collaborare e supportarsi a vicenda, senza rendersi conto che cercare di pestarsi i piedi gratuitamente non è altro che una guerra fra poveri. Bisognerebbe imparare a mettere il becco fuori dall’uscio di casa propria, allargare i propri orizzonti, soprattutto mentali, e avere voglia di confrontarsi e condividere. D’altronde, la musica è principalmente condivisione. No?

Grazie Chiara per la tua disponibilità. In bocca al lupo per il tuo lavoro!

Recensione “Mr Thomas’s Travelogue Fantastic” dei Thomas

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Gli stili musicali che si intersecano in questo disco sono molti e l’effetto provocato è molto interessante. Il primo pezzo “Frenkin’Monsters” è ritmato, con influenze che viaggiano dal jazz al blues, senza dimenticare l’elettronica, mentre il secondo “Bee Hive” mostra un’atmosfera tra rock e musicalità che si perdono negli anni 70’. “43 sunset” possiede le potenzialità musicali del rock puro, anzi del Rock and Roll, per essere più precisi, anche in questo caso con contaminazioni della musica anni ’70. Il risultato è una sonorità moderna e accattivante. “Rollercoaster” si lancia in un periodo storico e musicale più recente: gli anni ’80 e lo si capisce si dalle prime note della canzone. Orecchiabile e affascinante, con un ritornello che si apre a sonorità degne della Discomusic. Parlavamo di anni ’70 ed eccoli esplodere in “Sunshine”, pezzo trascinante e ricco di richiami musicali da apprezzare e approfondire a ogni nota. “True Romance” suona moderna, elettronica quanto basta, trasposizione adatta alla musica club, originale e classica allo stesso tempo. Ottima miscela per un pezzo che sa farsi ascoltare. “Clogged” è una ballata lenta, ma ricca di sapori particolari e intriganti, c’è un’originalità che si esprime proprio nei continui richiami alle sonorità di tempi diversi. Questa miscela esplosiva genera pezzi particolarmente succosi. “Monolab” ci porta quasi alla musicalità dei “Beatles” con contaminazione elettroniche e non è una cosa facile da creare, considerata la tipologia dei pezzi precedenti. Ciò che emerge è un’estrema duttilità di questi musicisti, capaci di entrare in epoche diverse, come se viaggiassero sulla macchina del tempo. Come parlare dei Beatles senza citare anche i Rolling Stone? Ebbene “Hei!” in parte ci porta proprio all’altra faccia del rock, quella più “sporca”. Il disco termina con una ballata armoniosa, “Santhe”. Piacevole ascoltarla e gustarla, come per tutte le canzoni di questo album che racchiude tanti generi, emozioni e gusti diversi. E’ difficile decifrarne il contenuto fino in fonfo, poiché si presta molto alla soggettività dei vari ascoltatori. Si, perché è davvero un disco che è difficile non apprezzare, per l’intuito creativo e per la conoscenza della musica a 360 gradi. Ottimo sound, classico ma contemporaneo, diverso e tradizionale. Controsenso? Si, lo è, ma è controsenso assolutamente positivo. “Mr Thomas’s Travelogue Fantastic” è un bel disco.

Recensione “Fuggire e ritornare” di Riccardo D’avino

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Il cantautore piemontese Riccardo D’Avino ci presenta il suo primo singolo “Fuggire e ritornare”. Il sound melodico e allo stesso tempo rock è orecchiabile e ben suonato, con canzoni che non si discostano troppo dal pop classico. I richiamo alla musica italiana, come quella di Ligabue, sono tanti. I testi sono semplici, ma si prestano bene alle programmazioni radiofoniche. “Due o tre cose che so di te” è una ballata pop sentimentale con una buona linea melodica. “Angeli distratti” è una canzone più introspettiva in cui l’autore cerca qualcosa in se stesso, mentre “Così felice” è un pezzo più veloce e dinamico che richiama la musicalità italiana. In equilibrio tra racconto e sogno è “Questa realtà”, anche in questo caso con un sound orecchiabile e radiofonico. In generale si può dire che Riccardo possa ambire a un pubblico giovane e sensibile, in grado quindi di apprezzare al meglio le sue proposte musicali. Nelle canzoni presentate manca un tocco di originalità che potrebbe renderle più accattivanti e intriganti, tuttavia questo Ep si propone come biglietto da visita per il mercato e l’accesso al panorama radiofonico è fondamentale. Da questo punto di vista le canzoni funzionano e sono direttamente fruibili. Rimaniamo in attesa dell’album, che ci fornirà sicuramente maggior informazioni per capire la personalità e la maturità di Riccardo D’Avino.

Recensione romanzo “Il Marchio del diavolo” di Gleen Cooper

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Il thriller deve necessariamente avere dei punti fermi: velocità, suspence e una bella storia da raccontare. Green Cooper li conosce molto bene e sa come orchestrare una linea narrativa con colpi di scena, snocciolando avvenimenti che hanno luogo in tempi differenti. Questa storia infatti corre parallelamente tra l’epoca di Nerone e quella attuale. La protagonista, Elisabetta, è una giovane archeologa che riesce capire l’importanza di alcune raffigurazioni astrali, rappresentate in una tomba romana (San Callisto) e chiede di approfondire le ricerca, cosa che le viene impedito. A seguito dell’omicidio del fidanzato Marco da parte di due malviventi, lei decide di diventare suora. Ma il passato torna misteriosamente nella sua vita, conducendola ancora una volta in nella tomba di San Callisto. La storia che Cooper racconta è ricca di intrighi e colpi di scena, inseguimenti e scoperte, costruendo una realtà alternativa che fa riflettere. Struttura ben solida e una semplicità nel raccontarla sono le caratteristiche della tecnica  narrativa di questo autore, balzato alle cronache dopo il successo del suo romanzo “La biblioteca dei morti”. In genere si può dire che “Il Marchio del diavolo” sia un bel thriller, ma non si può negare che il respiro ricalca terreni già esplorati da altri scrittori, soprattutto per quanto riguarda l’intrigo in vaticano durante l’elezione del nuovo pontefice, ma sono tuttavia sottigliezze, il libro si legge bene, è veloce e attrae dall’inizio alla fine. Ottimamente costruiti i personaggi e le loro storie, compresa la figura di Cristopher Marlowe che spicca nel conflitto tra protestanti e papisti.

Recensione concerto dei Ri-Cover @Cortile del Maglio, Torino

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Ci sono cose che possono essere definite soltanto con un nome e quello che può descrivere la musica dei Ri-Cover è uno: rock. La nuova formazione del gruppo propone una musica trascinante e ritmata, che parte dalle canzoni italiane degli anni ’60 e le trasforma in qualcosa di diverso, di esplosivo, così “Nessuno mi può giudicare”, “Cuore matto”, “Amore disperato”, “Eppur mi sono scordato di te” e “Se bruciasse la città” , che sono di per sé la storia della musica italiana, diventano bombe di musica, facendo cantare, gridare e ballare. Questa è la forza dei Ri-Cover. Parliamo ora dei musicisti di questa band. Spicca il ritmo indiavolato del batterista Alex Nicoli, preciso e determinato, e del basso di Seba, attento e puntale. Come non citare l’eleganza graffiante e il tocco magico del chitarrista Giorgio Josh Angotti. C’è anche una voce? Eccome se c’è, ed è quella diClaudia Salvalaggio, artista poliedrica che sa regalare sprint e ironia, divertendo con siparietti con siparietti surreali con Josh e gli altri musicisti. Claudia grida, sussurra, ammalia. Direi che senza ombra di dubbio i componenti della band hanno la musica nel sangue e un’energia che esplode nella potenza del suo incedere. Non è mai facile ri-arrangiare pezzi italiani e si corre sempre il rischio di intraprendere strade sbagliate, ma i Ri-Cover hanno trovato quella giusta, stravolgendo canzoni e arricchendole di sonorità moderne, con variazioni intriganti e affascinanti, il tutto con un’attenzione che deriva dalla passione per la musica, che si sente in ogni nota suonata dai quattro artisti. Spero di poterli ascoltare ancora, poiché questa prima esibizione è stata convincente e ha mostrato capacità musicali non indifferenti e una miscela di bella musica, potenza e fantasia. Da riascoltare molto volentieri.

Recensione romanzo “Agent 6” di Tom Rob Smith

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Il terzo capitolo della trilogia ideata da Tom Rob Smith “Agent 6” si differenzia molto dai due romanzi precedenti “Bambino 44”“Il Rapporto Segreto”. Il protagonista è ancora una volta Leo Deminov, personaggio complesso, articolato ed enigmatico. Tutto inizia con l’organizzazione del concerto della pace, organizzato a New York dalla moglie di Leo, Raisa, e al quale parteciperanno le due figlie Elena e Zoja. Complicazioni burocratiche impediranno a Leo di partecipare alla manifestazione. L’evento nasce per migliorare i rapporti tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica nel bel mezzo della guerra fredda, ma si trasforma in un intrigo internazionale, in cui spie e personaggi ambigui diventano la chiave dell’enigma contro il quale Leo dovrà confrontarsi: chi è Agent 6? Chi è colui che ha distrutto ciò che amava di più al mondo? Leo deve affrontare forse la peggiore delle sfide, ritrovare se stesso, salvare la sua famiglia e vendicarsi. Per farlo dovrà raggiungere gli Stati Uniti, cosa molto difficile per un ex agente del Kgb. Per farlo sarà disposto a fare ogni cosa, anche a ritornare a essere un agente del Kgb.

“Agent 6” è un romanzo introspettivo, che non rinunciare all’azione e alla sfida, il tutto costruito egregiamente, con un’ambientazione storica ben studiata e ricca di particolari. Il finale di questa storia chiude la trilogia nel miglior modo possibile, regalando l’emozione che ogni lettore cerca in un libro. La scrittura veloce e dinamica dell’autore si rivela azzeccata anche in questo nuovo lavoro, che a tratti risulta però più lenta, ma è lecito quando si deve affrontare una crisi interiore, che distrugge dentro il personaggio e ciò in cui crede. La bella moglie Raisa svolge un ruolo chiave nella trilogia di Leo Deminov, così come lo sono le due figlie Elena e Zoja, che mettono a nudo la vera anima del protagonista che, anche in questo caso, si rivela un eroe imperfetto e umano. Un libro da leggere, così come i primi due romanzi di Tom Rob Smith.

Recensione “Nella stanza degli specchi” di Valentina Amandolese

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Le sue canzoni sono rock e melodica poesia ammaliante che come unghie taglienti lasciano il segno. Valentina aggredisce con la sua voce roca, dura e accattivante che vola su una musicalità suadente densa di sapori. C’è una miscela strana in questi pezzi, che viaggiano tra la tradizione e l’innovazione, tra giorno e notte più scura. Come due identità che si uniscono in una sola realtà Valentina riesce a raggiungere un equilibrio che le consente di far ascoltare delle canzoni originali e intriganti. “Cosmico blu” è un pezzo ritmato e graffiante, ottimamente suonato. “Stringi i denti Valentina” si rivela invece una canzone che parla all’autrice come da un luogo distante, misterioso, in bilico tra identità e dimensioni diverse. Molto bello il finale quasi mistico. In “Imago” Valentina quasi balla tra le parole e la musica, come nutrita da una leggera insolenza, che rende la canzone avvolgente, in una metrica particolare e intrecci di parole ben studiati, così come accade in “Osmosi”. La cover di Jimi Hendrix “Bold as love” ha un sapore internazionale, non solo per la lingua, ma per il suono delle chitarre e dell’atmosfera che con la voce di Valentina riescono a creare. Partire, cambiare, tornare alla vera anima è ciò che si percepisce ascoltando “Nessun biglietto per il mare”. Come lo specchio che tradisce difetti, come l’immagine sfocata disegna l’essenza della sua verità in “In terza persona” l’autrice scruta luoghi sconosciuti o forse conosciuti troppo bene per poterli capire davvero. “Lo stesso viaggio” è criptica e ipnotica, un canzone che fa riflettere e soffermarsi sui più piccoli dettagli. “Nella stanza degli specchi” è indubbiamente un album interessante, ricco di sfumature e lati da scoprire. Si percepisce personalità, forza e determinazione. Carisma. E’ un album che merita di essere ascoltato con pazienza, che ha bisogno di arrivare in fondo. Un bel disco.

Recensione romanzo “Il rapporto segreto” di Tom Rob Smith

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“Il rapporto segreto” di Tom Rob Smith è un romanzo intrigante che fa luce nell’animo più profondo e inconscio dei nostri pensieri, delle nostre idee, il tutto catapultando il protagonista, ancora una volta Leo Demidov (come in Bambino 44), nella realtà svelata del periodo storico che segue la morte di Stalin. Il protagonista avrà poco tempo per salvare sua figlia, Zoja, che ha adottato tempo prima insieme alla sorellina Elena, orfane dei genitori uccisi a causa di un suo arresto. La storia di Leo si intreccia con un nemico che viene dal passato, da una donna che gli chiederà di riportarle il marito Lazar, che lui stesso aveva arrestato. Così Leo affronterà l’inferno nel quale aveva mandato tanti sospettati, arrestati e processati con accusa costruite ad arte, il gulag, mettendolo di fronte ai loro occhi e alla loro sete di vendetta. Il conflitto di un uomo, della sua famiglia e di un intero stato sono tra gli ingredienti migliori di questo romanzo, che non smette di stupire e di attrarre come un magnete di carta e inchiostro. Tra spystory, thriller e romanzo di avventura, Tom Rob Smith si destreggia bene con colpi di scena ben congegnati e scene ad alto livello adrenalinico, senza tralasciare l’aspetto storico, fondamentale nel racconto di un’Unione Sovietica che sta cambiando. Leo deve difendere se stesso, la sua famiglia e quel che resta delle sue speranze di giustizia. Forse quello presentato da Tom Rob Smith è l’eroe perfetto, anzi imperfetto. Quello in cui è facile identificarsi. Un eroe con una storia difficile e un futuro non scritto, con difetti e pregi che a volte nemmeno lui conosce. In fondo Leo è una persona che scopre se stessa, ed è quello che maggiormente cattura nella lettura di questo libro che consiglio caldamente, magari abbinato al capitolo precedente “Bambino 44”.