Recensione “Vida” degli Spasulati

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Gli Spasulati viaggiano in bilico tra musica popolare, pop e reagge, inventando miscele originali e ben costruite. Si sentono moltissime influenze musicali nei pezzi che il gruppo propone. Come un viaggio tra le note si riescono a scorgere echi lontani delle terre sconfinate arse dal sole d’agosto e il sapore degli inverni in cui il vento soffia e costringe a ripararsi per leccarsi le ferite della vita. Il primo pezzo si chiama appunto “Vida”, ed è ballabile e ritmato, ricco di passione, con un sound nato dalla musica popolare per evolversi in una musicalità attraente e contemporanea. Anche in “Vagabondi” si ascoltano le influenze tra metropoli e campagne assolate. “Paguec” richiama lontane sonorità hip hop, legate a doppia mandata a una base reagge, creando una piacevole miscela di suoni e atmosfere. “Adesso se puoi” è una traccia orecchiabile e ottimamente suonata, che mostra e regala una melodia molto gradevole. “U e TP” è una ballata molto gustosa e melodiosa. “Og e Yo” e “Waiting for my love” trascinano con un ritmo accattivante, mentre “Brucia” racconta la melodia con i fiati protagonisti e vivi, che sembrano ricordare le serate all’ombra della luna, bevendo birra e riflettendo sul cielo.  Il disco “Vida” è da ascoltare e da bere in un solo sorso. Nato da pulsioni ancestrali e costruito su sonorità reagge e melodie immortali, creando una musicalità che sa conquistare con naturalezza e semplicità. Gli Spasulati ci confermano che quando si segue la passione e il ritmo non si sbaglia mai.

Recensione “La sindrome dei panda” dei Violadimarte

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La musicalità espressa dai “Violadimarte” non arriva al primo ascolto. Bisogna lasciare che la musica entri lentamente, a piccoli passi. I testi sono ben costruiti e si sposano con melodie studiate e ottimamente suonate.

“Lacrime di vetro blu” è un bel pezzo, contemporaneo nella musica e nel testo, così come lo è “Alberi d’amianto”. In “Male di te” ci sono rock, ritmo e voglia di gridare. Da citare il pezzo “L’anestetico” che si presenta come una ballata soffusa e mistica. Il neologismo “Paragioia” è il titolo della canzone che ondeggia tra sentimenti contrastanti, imprevedibili e un testo complesso ma che si lascia ascoltare. “Madelaine” e “Il tempo non sente” sono ballate soffuse, immerse in una nuvola di fumo tiepido.

Il disco “La sindrome dei panda” contiene musica vera, suonata e interpretata con passione. Il rock e ballate intense sono il cuore di questo disco. Orecchiabile ma con testi profondi, aperto a brani più strumentali e ad altri più ricchi di parole. Il risultato è interessante. Le contaminazioni musicali sono molte e si svelano pezzo dopo pezzo, senza tuttavia condizionare lo stile finale dell’album. Tra chitarre elettriche, batterie indiavolate si snodano storie e atmosfere particolari, per creare una linea melodica attraente. Attendiamo i prossimi lavori di questa band.

Recensione concerto “Niente di importante” di Marco Masini 15 aprile 2012 @ Teatro Colosseo, Torino

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Marco Masini torna al Teatro Colosseo di Torino con uno spettacolo avvolgente che, come un viaggio tra note e parole, riesce a emozionare con storie e poesie in musica.

Entrando nel teatro non si può non constatare che il pubblico è composto da bambini, adolescenti, ragazzi e persone più mature. Tante generazioni e una sola voglia, quella di cantare le canzoni del cantautore toscano. Le immagini sul mega-screen e un eco lontano e ovattato di “Un piccolo Chopin” scandiscono il buio del palco. Le vibrazioni si fanno subito sentire quando Marco intona “Non ti amo più” e “Colpevole”, manifesti contemporanei del nuovo album “Niente di importante”, canzoni che legano il presente e il passato, che raccontano storie nuove e delicate. Poi inizia un viaggio che Marco ci racconta con “E ti amo”, “Cenerentola innamorata”, “Disperato” e “Il niente”. Nuovi arrangiamenti e le stesse sensazioni forti di un tempo. Il pubblico canta, si diverte, e diventa tutt’uno con l’artista e la band urlando “Caro babbo” e “Ci vorrebbe il mare”. Le interpretazioni sono toccanti. La scaletta prosegue con il pezzo che regala il nome al nuovo album, “Niente di importante” e ”L’amore si ricorda di te”. Gli arrangiamenti di “Cantano i ragazzi”, “Perché lo fai”, “T’innamorerai” tolgono il respiro. Masini accompagna i suoi fans con la sua voce graffiante in un mondo dove musica  e poesia si fondono e diventano tutt’uno con l’atmosfera che la sua musica crea. E quando si giunge al finale, la musica diventa ipnotica, come a ripercorrere i tempi passati che si rinnovano e rinascono pieni di vita. “Bella stronza”  e “Vaffanculo” regalano al pubblico la possibilità di urlare, gridare ed emozionarsi. La libertà di queste canzoni non conosce tempo, né confini, senza maschere e ipocrisie, ora come agli inizi del viaggio.

Gli intermezzi tratti da “Un Piccolo Chopin” e che scandiscono le diverse parti dello spettacolo si trasformano nel finale live della canzone, un’interpretazione vibrante, forte ed emozionante.

Dopo una piccola pausa la band rientra sul palco e Masini reinterpreta “Anna e Marco”, un tributo e un pensiero per Lucio Dalla. Quando lo spettacolo sembra volgere al termine con “L’uomo volante”, l’artista fiorentino regala un momento di autentica poesia, cantando la sua “Marco come me”, voce e pianoforte. Sensazioni che l’uomo Masini e l’Artista provano quando tutto finisce, quando le luci si spengono. Un bel concerto, momenti toccanti ed emozionanti.  Luci molto curate, arrangiamenti originali e poi le interpretazioni sempre impeccabili di Masini, insomma, tutto ciò che ci si può attendere da un artista che ha fatto e ancora fa la storia della musica italiana. Una voce che ha sempre fatto parlare di sé, nel bene e nel male, ma che mai ha fatto mancare pensieri, emozioni, sogni e storie a un pubblico che ama sentirsi vivo.

Recensione “Cu a capu vasciata” di Gianfranco De Franco”

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“Cu a capu vasciata”  di Gianfranco De Franco è un disco particolare. Contiene tracce che trasudano teatro, melodie armoniose e intermezzi poetici. Ogni pezzo è un viaggio, costruito con dovizia di particolari, intensità e trasporto. Non è facile rendere musica le parole, ma questo disco mostra un risultato importante. Nel teatro la musica è spesso una componente fondamentale, in grado di spiegare, di raccontare e di costruire atmosfere. Proprio queste caratteristiche sono riscontrabili in questo lavoro. “L’attesa spezzata” comunica sentimenti contrastanti, con un suono quasi straziante del sax e le parole ne rivelano l’entità profonda e il senso doloroso, ben spiegato anche nel libretto. “Pascalina e Vittoria” è una clessidra. Inesorabile. “Na matina” è uno spaccato di vita, una storia in musica, una bella colonna sonora. “Il si” è un racconto di un momento importante, condito con parole altrettanto toccanti che si specchiano nella musicalità che si muove come una trama oscura. “Ricordi” è un pezzo che sembra perdersi tra le sue stesse note, e in fondo è proprio ciò che racconta. Il senso anche in questo caso è ben spiegato tra le righe del libretto. Anche in “Sogno negato” di toccano temi difficili, duri. Ascoltando il disco viene indubbiamente voglia di vedere lo spettacolo dal quale queste musiche sono tratte. Tutto sembra creato per accompagnare chi ascolta e vede, seppur l’album sia audio, si riesce quasi a immaginare tutto quello che le note non possono regalare. “Volo infermo” chiude questo disco con una melodia tra agghiaccianti pensieri e involontari discorsi, metafore assuefatte dal tempo. Colori sfumati tra stelle che sembrano occhi persi nella nebbia. Un disco che contiene inquietudini, sensazioni contrastanti e dure da accettare. Da ascoltare, magari gustandosi l’opera teatrale che completa queste musiche.

Intervista a Celeste Gaia e recensione del suo album “Millimetro”

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Una voce soffice e ammaliante. Canzoni orecchiabili che, come fragili calici colmi di favole, conquistano gli ascoltatori. Questo è il cocktail che Celeste Gaia riesce a regalare con il suo primo album “Millimetro”. Si fondono ironia e melodia in tracce come “Io devo diventare una persona normale” e “Aspette”, sentimenti e abbandono in “Indirizzo nuovo” e la sognante “Biglia”, che sfociano nel sapore di favola in “Bianconiglio”. Come un jazz stravagante viaggiano “Hai ragione” e “Supermen”, con incedere divertente e spensierato. E come non citare la ormai famosissima “Carlo”, già ascoltata a SanRemo e in tutte le radio italiane, che ha la capacità di trascinare e fissarsi a doppia mandata nella memoria. Il genere che Celeste propone punta all’immediatezza di pezzi orecchiabili, ma che possiedono un’intelaiatura e una struttura musicale mai banale, con arrangiamenti studiati e puntuali. D’altro canto Celeste conosce molto bene la musica e con essa ha creato un ritratto di se stessa, timida e stravagante, ironica e raffinata. Dolce e affascinante, come si ascolta nella canzone che da il titolo all’album. “Millimetro” sembra infatti esprimere ciò che la cantautrice può ancora regalare, anche oltre le canzoni un po’ stralunate, giovani e fresche. Il primo album è un biglietto da visita importante ed esprime un potenziale che emerge e trasporta in un mondo incantato, a volte buffo, a volte alla ricerca degli occhi della gente, come nella traccia “Mi chiamo Alice”. Un mondo tra favola e realtà, tra i raggi di un sole che acceca. Come l’esplosione di una personalità certamente particolare, queste canzoni ci raccontano chi è Celeste. E non si può fare a meno di comprenderne sia la stranezza, sia la fragranza sincera e maliziosa spontaneità di una giovane cantautrice che ha appena intrapreso un viaggio tra le favole.

Celeste si è gentilmente concessa alle nostre domande che ci aiuteranno a entrare ancora di più nel suo mondo:

1 – Le tue canzoni sono semplici, raffinate e si percepisce l’attenzione per la musica. Quanto è importante la tua preparazione musicale nella creazione     dei tuoi pezzi? Hai degli artisti ai quali ti ispiri o li lasci trasportare dall’istinto dell’essere te stessa?

Quando scrivo viene fuori tutto quello che sono. Non penso a categorie o a generi, scrivo solo quello che sento e che sono felice di cantare, quello che mi rappresenta. Nella creazione musicale non so dire quanto sia importante la preparazione musicale.. Perché è un discorso diverso. Non ci sono regole o libri che ti spiegano come fare il cantautore. È una necessità che per ognuno è vissuta in modo differente.

2 – “Carlo” è un’entità desiderata e cercata quasi di nascosto, ma Celeste Gaia cosa cerca davvero nelle persone oltre gli sguardi?

Mi piacciono le persone che sanno ascoltare e capire. Quelle che mi fanno parlare ma che mi fanno anche stare in silenzio perché le parole a volte sono di troppo.

3 – Nelle tue canzoni racconti sentimenti puri e puliti, cantati con la una semplicità disarmante. La tua immagine sembra rappresentarti e calzarti a pennello come una dimensione fiabesca. Come ti immagini “da grande”?

Mmmm.. Da grande? Non ho un’idea precisa. L’unica cosa di cui sono sicura è che per me sarà un po’ inevitabile mantenere quella parte un po’ più scherzosa tipica dei bambini, perché mi aiuta a vedere tante cose del mondo senza pregiudizi e come se fosse un po’ la prima volta. Quella parte che mi fa venire voglia di scrivere.

4 –  L’ironia è una parte che ben si sposa con il tuo lato più profondo e in una delle canzoni canti “io devo diventare una persona normale”. Cos’è per te la normalità ?

Forse normale è ciò che sembra più giusto fare o essere in certi casi. Una categoria data un po’ dalle regole imposte della società e dal comune buon senso. Ma penso in realtà che alla fine non esista davvero.. O meglio penso che ognuno abbia la sua normalità, bisogna solo saperci convivere.


5 – La rete per te è stata molto importante, ritieni che l’esperimento “SanRemo Social” possa rappresentare il futuro della musica?

Internet è un mezzo fantastico perché offre grandissime opportunità per farsi conoscere. Abbatte molte barriere. Penso che in molti casi possa fare del bene alla musica. Non so se sarà il futuro della musica, per ora è un modo di diffusione molto vasto, ma sono ancora da vedere quali saranno le evoluzioni di questo grande canale che è la rete. Certo è che non potrà mai sostituire l’esperienza di vivere una performance musicale dal vivo come può essere un concerto.

6 – Il salto dalla musica classica a quella pop e orecchiabile è arduo e per molti “impossibile”, ma tu ci sei riuscita alla perfezione. E’ accaduto grazie al tuo dinamismo o c’è un filo che unisce tutta la musica?

Penso che ci sia un filo conduttore che unisce tutta la musica. Non l’ho mai vissuto come un distacco. Sono generi diversi è chiaro, ma fanno sempre parte di un flusso dinamico che continua a dialogare tra i vari modi di espressione musicale. Per me la situazione è più o meno cambiata quando ho iniziato a scrivere le mie canzoni e ho capito che nella vita avrei voluto continuare su quella strada.


7 – Ascoltando il tuo album “millimetro”, si scopre la dolcezza e la dimensione quasi irreale che si respira tra le tracce, come a disegnare un mondo tutto tuo ma nel quale hai lasciato entrare per un attimo chi ti ascolta. Che parole useresti per descrivere il tuo disco?

È un disco molto personale. L’ho chiamato Millimetro perché penso che le cose piccole sono quelle che fanno la differenza. Quindi è pieno di dettagli e di particolari. A volte anche solo una parola può farti sentire più tua la canzone, per questo ho cercato di non dare mai niente per scontato.


8 – Ci sveli quale sarà il tuo prossimo singolo?

Ehm.. Io vorrei, non vorrei.. Ma se volessi, non potrei comunque. Però appena lo saprò sarete tra i primi a saperlo, promesso!

Ringraziamo Celeste Gaia per disponibilità.

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Recensione romanzo “1Q84” di Murakami Hakuri

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Il romanzo “1Q84” dell’autore giapponese Murakami Hakuri è ipnotico, a tratti mistico. L’architettura della trama è complessa, intricata e attraente. Tuttavia il libro non è così facile da leggere, o meglio, potrebbe non piacere a tutti. Forse a causa della cultura giapponese o per scelta stilistica dell’autore, la narrazione contiene molti punti in cui l’autore ripete concetti, descrivendoli e approfondendoli sin nei minimi particolari. La forza della storia riesce però a calamitare l’attenzione del lettore, anche grazie alle figure forti dei personaggi come Tengo, Fukaeri e Aomane, tutti con caratteristiche particolari e molto ricercate. Tutto inizia con la scelta dell’editor Komatsu di pubblicare la bozza di un libro della giovane scrittrice Fukaeri. Per farlo chiede aiuto a Tengo per riscriverlo. Ben presto quella bozza diventa un romanzo vero. Un romanzo che nasconde un mondo. C’è intensità e profondità nelle parole dell’autore, che scava nella psiche dei personaggi e del lettore, fino a raggiungere un punto sconosciuto e indecifrabile. Leggendo questo libro si percepisce l’inquietudine e la tensione nascosta tra le parole, che avvicinano e allontanano dal succo della storia, facendo assaporare a volte piccoli assaggi, a volte bocconi un po’ più grandi, il tutto con un equilibrio maniacale. La tecnica di Murakami non rende “1Q84” un libro facile, ma stimola l’interesse del lettore che vuole capire cosa nasconde questa bella storia. Questo romanzo, edito da Einaudi, comprende il primo e il secondo libro ed è prevista l’uscita del terzo prossimamente. In Giappone i tre libri sono stati pubblicati in un unico romanzo, tuttavia la struttura dei primi due permette di entrare nella storia e garantiscono un finale ugualmente intrigante, tuttavia l’interesse per la terza parte c’è e non si potrà fare a meno di leggerla.

Recensione “Tutto è vanità” dei VeiveCura

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“Tutto è vanità” è un album con una forte matrice strumentale e lo si capisce sin dall’intro “L’alba, dentro”. Il secondo brano “Di roccia” ha un ritmo quasi epico con parole criptiche che scivolano tra poesia e pensieri, mentre “Cara Vana” sembra galleggiare su un tappeto di fragili inganni, leggiadri incantesimi e voci che sussurrano versi nascosti su una melodia morbida e ottimamente suonata. Fiati, percussioni assecondano un incedere poderoso della melodia, mai banale. “Correnti del nord vs correnti del sud” è una colonna sonora di istanti e momenti come pensieri naufraghi. Il suono del pianoforte è sempre una magia, e in “Ciuri” emerge come una sinfonia soffusa tra le parole in dialetto dei versi della canzone. Suoni allegri e spensierati imperversano in “Delfini” e si trasformano in un viaggio di note in “Delfino io, delfino tu”. L’album si conclude con “Le nuvole”, come un bel sogno in cui si riaprono gli occhi con l’arrivo dell’alba, come a concludere la notte, ancora un po’ addormentati. E tornare a guardare il sole che sale verso il cielo. Un disco orecchiabile ed emozionante, ricco di particolarità e che crea atmosfere sognanti e che si imprimono nella mente, difficilmente catalogabile in un genere musicale. Un po’ ambient, un po’ pop, ma ciò che conta è che si tratta di ottima musica, suonata con passione. Un disco da ascoltare.

Recensione spettacolo “Inferno Opera in Musica” degli Effetto Notte feat. Orchestra Giovanile Vianney @ Teatro Alfa, Torino

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Al Teatro Alfa di Torino il 2 e il 3 Marzo è andato in scena “L’inferno Opera in Musica” degli Effetto Notte, per la prima volta accompagnati dall’Orchestra Giovanile Vianney, diretta da Marco Raiteri. Il nuovo allestimento dello spettacolo ha unito ai momenti classici dello spettacolo nuovi spunti e rivisitazioni dei brani dell’opera. Assistendo alle prove e alla preparazione dello spettacolo si nota subito quanto lavoro ci sia stato dietro lo show e l’impegno che gli artisti ci hanno messo per metterlo in scena. L’immagine di una candela e un sibilo misterioso aprono lo spettacolo, poi il primo pezzo eseguito dall’orchestra giovanile Vianney crea un’atmosfera ipnotica, costruita con i suoni, con le immagini e l’impatto sul palcoscenico. Nella “Selva oscura” ci accompagnano i versi di Dante, ottimamente recitati da Filippo Losito e poi la musica degli Effetto Notte e dell’orchestra Vianney, che miscelano e intrecciano stili diversi ma che costruiscono una potente interpretazione di pezzi come “Caronte” e “Il portale”. Non mancano i due intermezzi più classici “Paolo e Francesca” e “Conte Ugolino”, con i magistrali assoli di chitarra classica di Andrea Pioli. Lo spettacolo sembra evolversi e cambiare faccia, passando da momenti di autentica poesia in musica, sfiorando il rock con gli assoli di chitarra elettrica di Giorgio “Josh” Angotti nella “Città di Dite” e “Ulisse”, per approdare a una musicalità a tre dimensioni, accompagnati dalle voci di Fabrizio Tonus, autore di gran parte dei pezzi con Mattia Bozzola, ed Elisa Paoletti. Ritmo della batteria suonata da Federico Silva e l’intensità delle interpretazione sono le protagoniste dei pezzi che portano al finale con “Lucifero” e al verso che scandisce il finale epico dello show: “..e uscimmo a rivedere le stelle”. “Inferno Opera in musica” è uno spettacolo che non tradisce mai le attese e in queste due serate lo conferma.

Fotografie: Simona Vacchieri

Recensione “Il giardino delle rose” di Chiara Ragnini e intervista all’artista

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La musica che Chiara Ragnini ci propone è fresca, orecchiabile ed emozionante. Le premesse per un disco interessante ci sono tutte e ascoltando le canzoni dell’album “Il giardino delle rose” se ne trova conferma. Sin dalla prima traccia si rimane attratti dalla musicalità che l’artista esprime, “Quello che ho” è infatti una ballata elegante e con ritmo intenso e passionale. “Gli scoiattoli del bosco” ci porta in una brillante favola in musica, esplorando un sentiero immerso in sentimenti che svaniscono con i colori del tramonto e nei suoi riflessi sul mare, mentre “Il giardino delle rose” regala chiavi di lettura nascoste nei versi che sembrano volare su una melodia accattivante. “Ogni mia poesia” è un dolce e soffuso soffio di vento rubato a una precoce primavera, mentre “Acqua da bere” incanta nel suo giro di chitarra e nell’avvolgente voce di Chiara. “Guardami” è come un sussurrato richiamo tra semplicità e abbandono a una passione tagliente,“Oltre le nuove” possiede un’inconsapevole coscienza che esprime serenità nel guardarsi dentro, oltre le luci di una nuova alba. “La neve non fa più rumore” è un pezzo soffice, che sembra viaggiare su un cuscino di note, così “Di terra e di mare” ci accompagna con la melodia sognante delle chitarre sulle quali si posano leggermente le parole di Chiara, che accarezza con la sua voce un ritornello orecchiabile  e sinuoso. Il disco si chiude con la ritmata “Aria”, che come un ballo in riva al mare ci fa sentire a una festa in spiaggia, tra parole che si rincorrono in questo passeggiare tra i ricordi, la dolce malinconia e le parole sussurrate a una poesia distratta. Ci si perde in una favola sincera ascoltando queste canzoni, leggere come piume, piacevoli, nelle quali sembra di sentire il sapore dell’estate, di percepire i colori di ogni singola nota che si perde nei brividi della voce intensa e passionale di Chiara Ragnini. Sicuramente “Il giardino delle rose” è un album da ascoltare e dal quale lasciarsi trasportare in un viaggio di sensazioni che rimette in pace col mondo. Un bel disco.

Vi abbiamo presentato il disco “Il giardino delle rose”, ora Chiara ci racconterà di lei, rispondendo alle domande che le abbiamo posto:

1. Le tue canzoni sembrano delle favole in musica, sono avvolgenti e intense. Quanto ti senti rappresentata dalla tua immagine di artista? Ci sono cose che nascondi alle tue canzoni?

La mia immagine come artista coincide con la persona che sono quotidianamente: solare, positiva, con una enorme curiosità e voglia di conoscere il mondo. Le mie canzoni rispecchiano stati d’animo che spesso tendo a nascondere alle persone che mi sono vicine, perciò ti direi che è più il contrario: tendo a riversare in musica emozioni e parole che da sola farei fatica a tirare fuori. La musica è per me un mezzo potentissimo per emozionarmi ed emozionare.

2. La tua musica sprigiona sensazioni e si sente la fragranza delle emozioni che ti animano, come pensi che i prodotti costruiti dai reality possano ostacolare chi come te esprime la propria anima costruendosi un’identità col sudore, i sacrifici e soprattutto suonando in giro?

Purtroppo il mercato attuale italiano vive un periodo particolare: si preferisce investire su prodotti facili, preconfezionati, omologati. Investire su idee nuove è un rischio e probabilmente al momento non ce lo si può permettere, fatto salve per poche eccezioni. Spero tanto di poter trovare chi possa affezionarsi al mio progetto al punto da volerci mettere la stessa passione che ho io, anche in termini economici.

3. La musica sta cambiando per rigenerarsi in icone spesso fasulle e coperte di paillettes. Secondo te c’è ancora spazio per l’essenza, per la verità e per la purezza delle emozioni?

Io credo di si.
Credo che l’appiattimento culturale, generale e non solo nello specifico della musica, debba per forza finire, prima o poi, implodendo su se stesso.
Nel frattempo, se i grossi canali mediatici e di comunicazione non offrono spazi adeguati, bisogna prendersene altri con le unghie e con i denti. E questo è il mio caso.

4. Nelle tue canzoni parli molto di natura, che rapporto hai con lei? Dove componi le tue canzoni e cosa ti ispira maggiormente?

Adoro stare in mezzo al verde, il mare e la campagna sono le mie dimensioni ideali. Da tre anni a questa parte vivo immersa negli ulivi dell’entroterra ponentino ligure e questo è stato e continua ad essere molto stimolante per la scrittura e la composizione. Anche se, in realtà, molte delle idee migliori nascono in macchina, tornando dal lavoro oppure durante i miei spostamenti da e verso Genova, la mia città natale. Trovo molto stimolante anche comporre testi e musiche con altre persone: l’esempio più recente è stata Due Castelli sulla Sabbia, scritta a quattro mani con Michele Savino, cantautore, compositore e grande amico, genovese come me; ma cito con grande piacere anche l’esperienza di Radar Talent Interceptor, condivisa con gli amici musicisti Subbuglio!, band del savonese, Claudia Loddo, cantautrice romana, Monica Criniti, cantautrice meneghina, e molti altri. In quell’occasione abbiamo fatto del vero e proprio brainstorming ed è nata una gran bella canzone, che spero sentirete presto. Occasioni come quella sono davvero molto, molto stimolanti per la creatività.

5. In “Ogni mia poesia” racconti una parte di te intima e intensa, quanto ti racconta davvero questa canzone?

Ogni mia poesia è una canzone d’amore, autobiografica, intima. Mi racconta appieno, dando un’idea molto precisa di cosa significhi per me amare una persona.

6. Tra le tue canzoni compaiono parole come Terra, Acqua e Aria e il tuo modo di cantare esprime il fuoco. Raccontaci qual è il tuo quinto elemento, quello che ti rende così viva e vivace, così come traspari nelle tue canzoni.

Sicuramente la passione, sempre alla base di tutto: senza di essa non avrei avuto la forza e la determinazione di arrivare dove sono arrivata e dove arriverò, piano piano e con fatica e sudore.

7. Qual è il momento più emozionante della tua vita musicale e che senti di raccontarci?

Ce ne sono tantissimi, sicuramente l’aver suonato la chitarra di Luigi Tenco è fra questi. L’occasione è stata quella del Restauro in Festival, curato da Pepi Morgia, l’estate scorsa qui in Liguria. Più in generale, suonare dal vivo è sempre l’emozione più grande, percepire l’attenzione e la curiosità negli occhi delle persone, il calore degli applausi e i complimenti sinceri, che quando arrivano si sentono, forti e chiari.

8. Il mondo della musica non è perfetto, c’è ancora molta ipocrisia, soprattutto quando si calcano palchi importanti come quelli sui quali ti sei esibita?

Per quanto possa sembrare strano, in realtà c’è molta più ipocrisia e invidia nei contesti piccoli che sui palchi importanti. Purtroppo nelle scene locali manca spesso la voglia di collaborare e supportarsi a vicenda, senza rendersi conto che cercare di pestarsi i piedi gratuitamente non è altro che una guerra fra poveri. Bisognerebbe imparare a mettere il becco fuori dall’uscio di casa propria, allargare i propri orizzonti, soprattutto mentali, e avere voglia di confrontarsi e condividere. D’altronde, la musica è principalmente condivisione. No?

Grazie Chiara per la tua disponibilità. In bocca al lupo per il tuo lavoro!

Recensione “Mr Thomas’s Travelogue Fantastic” dei Thomas

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Gli stili musicali che si intersecano in questo disco sono molti e l’effetto provocato è molto interessante. Il primo pezzo “Frenkin’Monsters” è ritmato, con influenze che viaggiano dal jazz al blues, senza dimenticare l’elettronica, mentre il secondo “Bee Hive” mostra un’atmosfera tra rock e musicalità che si perdono negli anni 70’. “43 sunset” possiede le potenzialità musicali del rock puro, anzi del Rock and Roll, per essere più precisi, anche in questo caso con contaminazioni della musica anni ’70. Il risultato è una sonorità moderna e accattivante. “Rollercoaster” si lancia in un periodo storico e musicale più recente: gli anni ’80 e lo si capisce si dalle prime note della canzone. Orecchiabile e affascinante, con un ritornello che si apre a sonorità degne della Discomusic. Parlavamo di anni ’70 ed eccoli esplodere in “Sunshine”, pezzo trascinante e ricco di richiami musicali da apprezzare e approfondire a ogni nota. “True Romance” suona moderna, elettronica quanto basta, trasposizione adatta alla musica club, originale e classica allo stesso tempo. Ottima miscela per un pezzo che sa farsi ascoltare. “Clogged” è una ballata lenta, ma ricca di sapori particolari e intriganti, c’è un’originalità che si esprime proprio nei continui richiami alle sonorità di tempi diversi. Questa miscela esplosiva genera pezzi particolarmente succosi. “Monolab” ci porta quasi alla musicalità dei “Beatles” con contaminazione elettroniche e non è una cosa facile da creare, considerata la tipologia dei pezzi precedenti. Ciò che emerge è un’estrema duttilità di questi musicisti, capaci di entrare in epoche diverse, come se viaggiassero sulla macchina del tempo. Come parlare dei Beatles senza citare anche i Rolling Stone? Ebbene “Hei!” in parte ci porta proprio all’altra faccia del rock, quella più “sporca”. Il disco termina con una ballata armoniosa, “Santhe”. Piacevole ascoltarla e gustarla, come per tutte le canzoni di questo album che racchiude tanti generi, emozioni e gusti diversi. E’ difficile decifrarne il contenuto fino in fonfo, poiché si presta molto alla soggettività dei vari ascoltatori. Si, perché è davvero un disco che è difficile non apprezzare, per l’intuito creativo e per la conoscenza della musica a 360 gradi. Ottimo sound, classico ma contemporaneo, diverso e tradizionale. Controsenso? Si, lo è, ma è controsenso assolutamente positivo. “Mr Thomas’s Travelogue Fantastic” è un bel disco.