Recensione “Troppo rumore” di Steby

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L’album “Troppo rumore” di Steby è orecchiabile e ricco di contaminazioni musicali molto curate, miscelate con una componente pop molto forte. Il brano “Sabato sera qui” possiede un’anima rock e un suono pop, regalando una miscela avvolgente e molto orecchiabile. “Briciole di noi” è una canzone melodica, in equilibrio tra pop e funk, arricchita dalla voce intensa di Steby. In “Troppo rumore” i sentimenti cercano il loro completamento, tra amarezza e durezza, su una musicalità intrigante. “Due soldi di te” è una ballata dolce ed elegante, dove i brividi e le note si cercano, come amanti. “Quello che non ho” ha un’anima soul persa in una ballata che parla di poesia e d’amore. “Anche la luna” è un brano che parte lento, con contaminazioni jazz, e viaggia tra passione e sogni, in modalità introspezione. Una bella canzone d’amore. “Inequivocabilmente” è ricca di giochi di parole, specchi d’amore, e poi di ritmo e di una dura presa di posizione. Un ritornello che colpisce. “Per amarti” è una canzone dove i sentimenti sono lame, con un sound pop, ritmico ed esplosivo. “Aria di te” è una ballata avvolgente, soul, che sembra fluttuare sui pensieri, con un ritornello che incanta. “Se fosse amore” è un brano leggero e orecchiabile, mentre in “Re dei girasoli” sembra di vedere il sole che si affaccia, con suono caldo, con la voce che cambia di tono, come il cambiare di stagione. Con semplicità e naturalezza. Con “Mille bolle” il disco chiude come si è aperto, con venature rock immerse in una intelaiatura pop e orecchiabile.

“Troppo rumore” è un disco che sa farsi ascoltare, grazie alla  voce suadente, dolce e melodiosa di Steby, si percepisce una grande cultura musicale, messa al servizio di canzoni sia da fischiettare, che da urlare. Un disco da scoprire.

Recensione “Five” di Anonimo Italiano

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Il nuovo disco di Anonimo Italiano si chiama “Five” ed è, appunto, il quinto disco di questo cantautore che ha raggiunto il successo con il singolo “Anche questa è vita”, uscito nel 1995 e che raggiunto la testa delle classifiche di vendita. L’esordio fu un caso mediatico importante, legato alla maschera che l’artista indossava e alla sua voce, che a molti ricordò quella di Claudio Baglioni. Si sono susseguiti diversi album, e le canzoni d’amore di Anonimo Italiano hanno conquistato un pubblico affezionato e fedele. Questo nuovo disco sembra ripercorrere la storia e guardare oltre l’orizzonte. Il primo brano è “Oggi è lunedì” racconta di un amore finito, delle scorie che ha lasciato dentro, ma anche della voglia di rinascere, di superare il senso d’amarezza e di vuoto. Una nuova luce, che emerge dalle note di una bella canzone. In “L’odio diventa amore” ci sono sentimenti contrastanti, sogni specchiati in pensieri non celano il retrogusto amaro di un addio. Sogni naufraghi, stelle che si perdono. “Per te farei di tutto” è un pezzo lento e crudo, come cercare una donna persa e smarrirsi nei labirinti dei ricordi. Cancellare quel senso di vuoto, provarci, almeno. Una rappresentazione teatrale di un amore negato. “Tu mira al cuore” è un colpo secco, un dolore improvviso. Necessario. Imprevedibile. E’ un sogno lasciato a metà, tra alibi e realtà. Nella canzone “Non aprire quella porta” si sente l’eco di sguardi in fiamme, che si spengono. Un amore che svanisce, istante dopo istante. Una clessidra che frantuma sogni e illude certezze. E’ la fine. “Dal cuore in bilico” in luoghi misteriosi e dimenticati. Dove i passi solitari, sanno di ricordi. Perdersi, provare a ritrovarsi, nei giorni che si accavallano, lenti e inesorabili. Una melodia attraente e orecchiabile. “E tu lo chiamo amore” è il segno tagliente di un amore impossibile, gli ultimi scampoli di un sogno che si infrange. Come onde distrutte su scogli, come dolci appigli, che saprai che moriranno un attimo dopo. Il male che si cerca di consolare, sapendo che è impossibile farlo. Le ferite resteranno. Il pezzo più struggente dell’album è certamente “L’abito di scena” , come una lama che taglia la pelle, e arriva fino all’anima. E’ un urlo. Uno sfogo, ma anche una richiesta d’aiuto, una denuncia, una risposta. Bella e coinvolgente. Parla del passato, cerca di lasciarlo alle spalle. Ma i ricordi sono sbarre, il pubblico un guardiano. Attento e pronto a non farti sfuggire. E’ un segnale forte, che l’artista racconta con sincerità, in un ritratto e un autoritratto emozionante e graffiante, un pezzo che fa riflettere sulla ferocia del mercato discografico, che calpesta e travolge, quando non si è più utili. “Io vivo” è un soffio di luce, un’immagine che racconta un amore, vero, sincero. La ricerca di un volto, di due pensieri che si fondono per diventare una cosa sola. Il brano “L’aquilone” è un duetto di Anonimo Italiano e Amedeo Minghi in un brano malinconico e struggente, una vena di amarezza, che diventa un volo, una ricerca di un orizzonte nuovo, perso tra le parole di una poesia. L’album “Five” è un bel disco, ricco di poesia e sentimenti, arricchita dalla voce di Roberto Scozzi, che riesce ancora a far vibrare le corde oscure dell’anima.

Recensione “You vs me” dei Kingshouters

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Un suono rock accattivante, brani intensi con un ritmo che coinvolge. Sin dal primo pezzo, “Friend”, si rimane attratti dal sound delle chitarre elettriche, un impatto quasi psichedelico. “Jane” è un’esplosione di energia, di musica che riempie l’aria. “Dance” è ritmo, suono, vibrazioni. Un vortice di passione che si espande tra note e sensazioni forti. “All i know about you” splende con un muro di suono che lascia senza fiato, melodie avvolgenti come sogni. Il brano “Not Tomorrow” è inquieto, nervoso, lascia trasparire spazi di riemersione dalle paure, oltre l’anima. “Levels” è un pezzo che racchiude un’anima rock a un suono orecchiabile che entra dentro, e si fa ascoltare senza sosta. Ottimo sound radiofonico. “You vs me” è una canzone che appare più lenta delle altre, forse per evidenziare il tono che sembra più intenso, ma come gli altri pezzi è ritmo puro ed energia. “Sometimes i can’t sleep” è intensa, quasi mistica, un sound evocativo di atmosfere lontane e intoccabili. “The last Emperor’s day” è il brano che chiude l’album, e come le altre canzoni non tradisce le aspettative. Un fluido di note colorate e ottimamente progettate per farsi ascoltare. Un suono che esplode nelle orecchie, sino in fondo all’anima. L’album “You vs me” è un disco che racchiude ottimi arrangiamenti, musica coinvolgente, pezzi orecchiabili, ma allo stesso tempo intensi e ricchi di spunti interessanti. Un disco da ascoltare e riascoltare per farsi coinvolgere in un viaggio interiore, in sogni che diventano musica, e viceversa.

Recensione “Schiavo dei sogni” di Dydo

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Il disco “Schiavo di sogni” di Dydo è ricco di sentimenti sinceri e concetti semplici e diretti. Una musica adatta a un pubblico adolescente. Il brano “Sul ciglio del precipizio” scivola tra hip hop e sentimenti, con parole che raccontano un amore. Pop orecchiabile e diretto. “Buon compleanno” ha come tema l’odio come specchio di un amore, il male che si concede a sentimenti contrastanti. “Lo confesso a te” mostra parole dedicate a un padre, contrasti e sogni mancati. Rabbia celata dietro a sentimenti dimenticati. Orecchiabile e amara. “Un sogno più grande” parla di sogni, di sacrifici per raggiungerli. La forza e la volontà da trovare per lottare ancora. “Black Coffee and solitude” si muove tra note sognanti e un’atmosfera che richiama solitudine e amarezza, parole che si rincorrono per cercare un senso alle cose. “Lettera al papa” è uno dei pezzi più duri, parla di religione, un tema difficile. Il vaticano e le sue ipocrisie, le domande e le non risposte. Il rapporto della Chiesa con il sesso e con il divorzio, i contrasti. “Darò il meglio di me” racconta la voglia di continuare a lottare, e sfidare il destino. Sogni e desideri tra note e un suono elettronico orecchiabile. “Anche se crolla il mondo” è senso di colpa, autocritica. La musica come difesa, l’anima come accusa. Le parole per cercare un senso dentro, la musica. “Figlio dell’alba” è una canzone delicata dedicata alla mamma. “Paola ora sorride” parla di uno stupro, raccontato con durezza. Senza filtri. Il tentativo di una vittima di rinascere, difficile, forse impossibile fino in fondo. Un vortice. “Tatuarti fino all’anima” è un pezzo dal suono elettronico, immagini sulla pelle, come note impresse su un pentagramma. “Senza chiederti scusa” parla di amarezza tra amore e sentimenti. “Fino ad urlare” esprime una corsa, ritrovare colori e un’anima che fugge. Emozioni. “Come le canzoni” racconta di sentimenti, parole e rime che raccontano l’amore per la musica. Il disco proposto da Dydo ha numerosi spunti positivi, alcuni brani sono diretti e spietati, altri sono più semplici e meno originali, molti sentimenti, spesso ostentati e non affrontati fino in fondo. Il suono è buono, ma spesso cade nel ripetitivo. Un miglior filtro dei brani e puntare su quelli più incisivi potrebbe rendere il risultato meno adolescenziale. Nel complesso il disco è ascoltabile, con una buona melodia e un hip hop che tende più al pop elettronico.

Recensione “Dario Antonetti e la svolta psichedelica il rigore esistenziale”

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Il disco di Dario Antonetti e la svolta psichedelica il rigore esistenziale possiede degli ottimi spunti musicali e molti richiami alla storia della musica e riesce a farsi ascoltare nonostante la cripticità dei testi,  a cui manca incisività. Il brano “Immacolata concezione” ha regala un suono rock melodico, suonato con passione e trasporto, e apre il disco con un’atmosfera epica e trascinante. “Luna di venere” ha un senso enigmatico che si sprigiona dalle note e si espande alla melodia raffinata e avvolgente. Una voce che ripete “non comprendo il senso delle tue parole”, nel girone dannato delle frasi nascoste, tra immagini sfumate e sfuggenti. “Giovanilistici musicisti” è una canzone ipnotica, criptica, nascosta in un testo quasi indecifrabile, unita a un suono che riempie l’aria di sensazioni strane e psichedeliche, un esplosione epiche di suoni che esplodono in un finale bello da ascoltare che lasciare riemergere ricordi sopiti nel tempo. “Pensiero nevrotico” è un pezzo che cela echi musicali con origine negli anni ’70, miscelati a un pop rock ricco di richiami alla storia musicale del genere. Gli intermezzi Ultrapressione risultano lunghi e poco integrati con il resto dei pezzi. “Tu ci caschi sempre” risuona con parole che si ripetono, ossessivamente, su un bel suono. Purtroppo, poco altro. “Tartarughe eccetera” mostra un testo criptico e atmosfere raffinate. Il brano “Il rigore esistenziale” è orecchiabile, ha parole apparentemente  semplici su una semplice melodia. L’atmosfera è accattivante, ma poco incisiva.

In questo disco si sente la voglia di creare qualcosa di originale, partendo da basi certe e conosciute. Si percepisce il tentativo di evoluzione dei brani presentati, ma il risultato ottenuto non è ancora pieno, manca incisività e testi più forti. L’ossessività di alcuni concetti può andar bene ma forse è necessario tararli in modo che lascino dentro qualcosa, altrimenti risultano belle melodie con qualche parola di contorno.  Da riascoltare al prossimo lavoro.

Recensione “I giorni della fionda” di Denis Guerini

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Un sound che nasce dal teatro e si evolve in una forma diversa. Canzoni che racchiudono suoni  e immagini. In “Luisa sente le voci” emerge una voce intensa e un suono incantevole di chitarra, per dar vita a un racconto enigmatico e trasparente che diventa canzone. “Le persiane del centro” inventa un’atmosfera ovattata, con suoni che scivolano tra le ombre, che si ingarbugliano tra i pensieri. “Caffè amaro” è teatrale e sognante, Jazz e melodica, questo pezzo è tratto da uno spettacolo teatro-canzone e si sente, sia dal sound che dall’arrangiamento. “Mi piace questo giorno” è un incedere di divagazioni e immagini di  un giorno qualsiasi, immerso tra le sensazioni passeggere, come di fronte al finestrino di un treno. “Questione di abitudine” è viva, con un’anima jazz e colori accesi che sembra rincorrersi tra le note e i versi, come tratti da un racconto di periferia. “La normalità” raccoglie pensieri che girano intorno al concetto che regala il nome alla canzone e alla necessità di sentirsi necessariamente diversi, non normali, chiedendosi quale sia davvero l’equilibrio giusto per vivere senza essere giudicati, appunto, “normali”. “La donna del viale” è un’istantanea che racconta di un attimo, di una donna, degli sguardi che la scrutano. Parole che cercano il senso dell’immagine, il senso dell’essenza, difficile da raccontare. In questo racconto però si riesce quasi a percepire la presenza di questa donna, e si riesce quasi a sentirne il profumo. “Il timido” è un personaggio in cui molti possono immedesimarsi, ricercare la propria anima. E’ un concetto, astratto in parte, molto reale nella sua essenza. E’ parte di noi. “La vacanza” è una bolla che è anche un luogo, fantastico e reale allo stesso tempo. Tra luogo comune e immaginario, questo pezzo si fa ascoltare col suo ritmo e la passione che traspare dalle sue parole. Nel pezzo “L’ipocondriaco” emerge un nuovo personaggio folkloristico, protagonista e fragile, incantato e impaurito.

In questo disco vengono raccontati numerosi personaggi, che parlano di se stessi, delle loro paure, delle fobie e dei sogni. Uno spettacolo tra musiche jazz e parole, versi e suoni incantati. Nel silenzio di una platea che ascolta, queste canzoni si rincorrono dal primo all’ultimo pezzo. Si sentono, in alcuni casi troppo, i richiami a De Andrè e Gaber.

Recensione romanzo “Il segno dell’untore” di Franco Forte

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576, in una Milano sconvolta dalla peste bubbonica e dalla fame è l’omicidio del commissario della Santa Inquisizione Bernardino da Savona a smuovere gli animi. Un caso difficile per il protagonista, il Notaio Taverna, con l’aiuto dei suoi due fidati collaboratori Tadino e Rinaldo, si districa nella ricerca del colpevole nel bel mezzo di una guerra diplomatica tra Corona di Spagna, Chiesa e Santa Inquisizione. Conflitti e ricatti, pressioni e inganni, in una corsa contro il tempo che non risparmia nessuno. Nicolò Taverna lotta fino all’ultimo per riuscire a risolvere il caso di omicidio e del misterioso furto del Candelabro del Cellini, rischiando la sua stessa vita. La sua ricerca coinvolge anche Isabella, una giovane donna con gli occhi verdi, che riesce ad alleviare il dolore per la perdita della moglie Anita. Il romanzo “Il segno dell’Untore” di Franco Forte riesce a evocare le atmosfere di un thriller in un romanzo storico. Una miscela esplosiva. La trama colpisce e attrae, i personaggi sono originali e affascinanti. Il protagonista Nicolò Taverna è determinato e sicuro di sé, forse creato dall’immaginazione di Franco Forte, forse no, ma la cosa importante è che conquista il lettore rendendo attraente uno dei periodi storici più oscuri, in cui anche i monatti, gli uomini che si occupavano di portare via i cadaveri degli uomini morti di peste, diventano intriganti e misteriosi. La passione si scontra con la morte, in una sfida che conduce a un unico vero vincitore: il lettore.

Non perdete la presentazione de “Il segno dell’untore” il 9 maggio alle ore 18.30 alla Biblioteca Multimediale Archimede di Settimo Torinese. Oltre al romanzo, Franco Forte presenterà la raccolta “365 Storie d’amore” edita da Delos Books.

Recensione “Senza pensieri” dei Gossip Killer

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Il progetto dei Gossip Killer è aggressivo e ruggente. Hip Hop con ottima musicalità e testi taglienti garantiscono bei pezzi come “Uragano”, che ha un ritmo coinvolgente e un ottimo sound. “Me stesso, te stesso” racconta la consapevolezza della voglia di rivalsa, della rabbia, dei sogni, dell’anima e delle difficoltà da superare per arrivare alla vittoria. I temi trattati nell’album “Senza pensieri” sono tanti e diversi, si passa dall’affrontare il mondo delle banche, con la sua ipocrisia, la sua spietata mentalità, alla guerra del commercio, del mercato, paragonando la mentalità italiana che si trasforma giorno dopo giorno nel meccanismo cinese, in cui l’uomo svanisce per diventare quasi un piccolo ingranaggio di un sistema che non si può e non si vuole cambiare. In questo disco si parla di introspezione e sofferenza, di ricerca della libertà, che si nasconde tra rime e determinazione, come in “Schiaffi in faccia” in cui si raccontano le difficoltà nella vita, la consapevolezza di dover reagire. Uno dei temi più complessi che questo disco affronta è il rapporto con i Social Network, l’apatia e l’ipocrisia di rapporti che altro non sono se non finzione. La condivisione del niente, il finto contatto. Il racconto amaro di una società che si è persa tra i cavi dell’etere. Si parla anche di religione in questo disco e lo si fa nel modo più sprezzante e duro. Un quadro che descrive il meccanismo di ragionamento del Vaticano, modificando la storia e spesso imponendola. Le parole sono taglienti, forse scorrette, ma che non nascondono delle verità. I Gossip Killer attaccano la politica e raccontano le difficoltà della vita, la ricerca di una via d’uscita che per loro è la musica. Non si vergognano di parlare di sentimenti ed emozioni, con lo sprezzante cinismo che solo il rap riesce a evocare. Contestano il meccanismo dell’immagine, delle emozioni vendute a basso costo ai magazine. Si percepisce amarezza tra le loro rime, ma anche una grande forza e determinazione. Le basi sono dinamiche e aggressive, i versi sono trasparenti e spesso furenti, e raccontano il mondo in tutte le sue sfaccettature. Molta importanza viene data agli aspetti sociali e umani, mettendo a fuoco l’istinto, la rabbia e la passione per creare una musica pronta a colpire e a evocare lo spirito di rivalsa.

Recensione “Atmosfere” di Spillo

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L’album “Atmosfere” di Spillo è un disco energico e ricco di spunti interessanti. Ci sono pezzi più sentimentali e altri più aspri e duri. Il primo brano “Ancora una volta” possiede un bel beat e rime fluide. Un degno intro che prepara l’ascoltatore ad apprezzare i pezzi successivi.  “Non voltarti” racconta una storia d’amore e le emozioni amare di un addio, forse la rassegnazione, di certo un nuovo inizio. “Tic Tac” è arricchito dal featuring di Daniel Mendoza. Il testo aspro, sociale, racconta l’Italia e le sue contraddizioni tra politica e religione. “Ciò che non sarò” parla di pensieri e nostalgia, di una favola grigia, tra fumo e incanto. “Resta sveglio” contiene suoni che la strada racconta, i sogni che si celano tra le rime, respirando musica. “Più su” è evoluzione in rima, una volontà che diventa passione, una ricerca che diventa canzone. “Dirti addio” è ritmo con parole amare, il racconto dettato dalla nostalgia, da una malinconia che è ricordo, pensieri che non si possono dimenticare. Ma si deve. “Departure” è sfogo, voglia rivincita. Di arrivare. Di continuare a sognare. “Cibo per l’anima” parla della sfide, della necessità di arrivare. Di rabbia. “Non c’è più” è un pezzo, un blocco con appunti di viaggio di una città, in cui nascere e rinascere: Palermo. “Possibilità” è un flusso di pensieri e coscienza, di parole e sentimenti. Rivalsa, riscatto. Parole oltre le scritte sui muri. “Play” regala parole che si incastrano, che raccontano, che istigano a sognare. Ancora. “Atmosfere” è un pezzo ipnotico, un arrivederci, che chiude un disco amaro e duro, ma anche ricco di sentimenti ed emozioni. Il disco di Spillo contiene ottime basi con un suono molto curato, parole studiate e arrangiamenti molto convincenti. Si percepiscono sentimenti di rivalsa. Attendiamo Spillo con nuove canzoni, siamo certi che possa raggiungere livelli ancora più alti, magari approcciandosi a temi più complessi e difficili che certamente vivere nella città di Palermo può consigliare.

Recensione “Come se fossi dio” di Leon

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Leon propone un suono moderno, ma con basi melodiche, legate alla storia della musica, con contaminazioni che vanno dal rock, al pop, sino a esplorare musicalità elettroniche e internazionali. Il primo pezzo “Come se fossi dio” è ipnotico e possiede un ottimo sound con un testo coinvolgente e attraente. “Bellissima” è una bella ballata, con bei suoni e parole intense, perse in un’atmosfera incantata. “Canto notturno” è un racconto tra rime e un suono quasi cupo, ma sognante. Che parla dei luoghi oscuri della notte, dei pensieri celati in spazi senza confini. “Encore” è un brano intenso, reso ancora più affascinante dal testo in francese, con un sound internazionale. “Immagini” è una ballata che racconta sentimenti intensi e profondi, tra suoni e poesie. “Profughi” ha un suono che ammalia, che coinvolge sin dalla prima nota, un testo criptico, ma che non nasconde troppo rabbia e la voglia di fuggire. “Ego te absolvo” è una canzone particolare, che affronta un argomento difficile e spigoloso. Tra religione e anima, tra peccato e perdono, tra opere infami e omissioni. Un pezzo da ascoltare più volte. “Giorni di pioggia” regala un rock elettronico, passionale e intenso. Puro. Testo e voce che portano in luoghi sconosciuti. “Nel gin”: qualcosa non va, recita il testo. C’è dell’amarezza che la pioggia consola, che l’alcol ascolta, in una notte come tante, ma, a suo modo, diversa. “Wickerd game” è un brano in francese, con melodia e atmosfera tra rock melodico e pop passionale, una miscela che si fa ascoltare. Il disco “Come se fossi dio” di Leon è ben suonato, ricco di spunti interessanti e di un sound curato e dinamico. I testi sono spesso graffianti, altre volte più intimi, certamente profondi e passionali. Un disco che sa farsi ascoltare. Proposta interessante.