Recensione album Oonar degli Oonar

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Il disco degli Oonar è carico di atmosfere che richiamano il rock anni ’80, miscelato con sonorità elettroniche. Le radici e i riferimenti ai gruppi di quegli anni ci sarebbero, ma distoglierebbero l’attenzione dal risultato ottenuto con questo disco. La musica è vera, costruita su componenti semplici e dirette. “Mission 12” è un brano un rock affascinante, con echi di sonorità anni ’80. “Running” rappresenta un pop leggero, che ricalca musicalmente le radici dei brani precedenti, con un sound di chitarre distorte che rende il brano ancora più accattivante. “I die for you” è una canzone  mistica e incalzante, che sembra viaggiare a mezz’aria tra suoni elettronici e un’atmosfera rarefatta, veloce e dinamica. Moderna, ma dal retrogusto vintage. “Asleep” è una ballata lenta, dal sapore rock melodico antico, archi a rendere il suono più ampio e riecheggiante. Una voce calda scandisce il tempo di questo pezzo d’altri tempi. “Lost” è un pezzo dal rock misterioso, con echi di sonorità particolari, che si miscelano tra elettronica e suoni più terreni e duri. Una bella canzone. La proposta degli Oonar è interessante, ripropone sonorità note nel panorama musicale internazionale, ma lo fa con abilità e puntando su un prodotto che non è mai davvero passato di moda e che soprattutto nutre ancora moltissimi estimatori. Un disco da ascoltare. Una piccola critica, varrebbe la pena riproporre questi suoni, cercando di uniformarli con le sonorità più moderne, anche dal punto di vista dell’arrangiamento vocale. Il risultato potrebbe stupire.

Recensione romanzo “Non avevo capito niente” di Diego Da Silva

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“Non avevo capito niente” è un romanzo che rappresenta uno spaccato della vita di tutti i giorni, racconta delusioni e speranze, il tutto condito con una spruzzata di dissacrante sarcasmo. Ed è qui che nasce il bello di questo libro, dal personaggio quasi surreale dell’avvocato Vincenzo Malinconico, che combatte con la sua vita “vecchia”, con l’ex moglie Nives, che lo ha mollato per un architetto, e con i due figli, e con quella nuova, con l’avvenente avvocatessa Alessandra Persiano, che appare spietata, quanto attratta da lui. Il protagonista subisce, suo malgrado, un cambiamento, come se tutto attorno e dentro di lui stesse mutando all’improvviso. Una nomina come avvocato d’ufficio di un camorrista, detto Borsone, gli mette alle calcagna un improbabile scagnozzo, Tricarico. Da qui tutto diventa un fiume in piena e nascono tutta una serie di scene spesso esilaranti, ma che lasciano un retrogusto amaro e un altro più dolce e romantico. “Non avevo capito niente” è un punto di vista molto reale e cinico e quando si arriva alla fine del libro, ci si ritrova tutto sommato sollevati. Forse non tutto è perduto, forse c’è qualcosa per cui ha ancora senso lottare per essere se stessi e lasciarsi trascinare dall’istinto. L’amore per Nives che appassisce proprio quando tutto sembra poter andar come avrebbe voluto, è l’immagine dell’animo umano volubile, dei sogni che cambiano, come cambiano le cose intorno a noi. E’ un mondo a ritroso, che alla fine si trova a fare passi avanti. Dove un vaffanculo è forse la chiave di lettura più adeguata a un testo ironico, fantasiosamente realistico. Cattivo, a tratti. Sconveniente, politicamente scorretto, eppure così vero e verace. Un libro particolare, ricco di spunti interessanti.

Recensione romanzo “La ragazza dello Sputnik” di Murakami Hakuri

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I romanzi di Murakami riescono a essere mistici e misteriosi come pochi altri. E’ anche il caso de “La ragazza dello Sputnik”, in cui un ragazzo racconta la sua storia e con i suoi occhi si può vedere e innamorarsi di Sumire, una ragazza strana, amante di Kerouac, e che a sua volta si innamora perdutamente di una donna più grande, Miù. Anche questo è un personaggio particolare, sembra slegata dal sesso, come se una parte di lei fosse svanita in un’altra dimensione. Solo in quella dimensione Sumire e Miù potranno incontrarsi. Ci sono sapori e valori che si intrecciano in una storia particolare, che nasconde molto, e che molto permette di immaginare. E’ come se parallelamente si volgesse un’altra storia che il lettore può solo percepire o sbirciare dalle piccole serrature che l’autore lascia qua e là nel testo. Un libro che ipnotizza, che fa riflettere e che lascia con uno strano retrogusto in bocca. Personaggi che si amano, si cercano, ma che non si trovano. A volte sembrano fondersi, ma no. Non si incontrano. Ed è proprio questo il bello di questo romanzo. Poi ci sono le atmosfere rarefatte, e luminose, incantevoli e misteriose. C’è una cultura intera che traspare ed emerge da ogni parola. Da ogni frase. In poche parole c’è tutto un mondo in un solo libro. Anzi. Due mondi. Gli occhi dei personaggi sono intrisi di questa cultura particolare, profonda e intensa. E’ come immergersi in un labirinto e una forza spingesse a cercare questo altro mondo nascosto da qualche parte. Ci invoglia a trovarlo. Un romanzo da leggere tutto d’un fiato.

Recensione album “Still another nightcap”

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L’album “Still another nightcap” dei The Mad Scrample è appassionato, ricco di musica vera. Senza sfronzoli, con tanta voglia di suonare e di far ascoltare ottimi brani. Si inizia con qualità, con il pezzo “If I”, che regala un jazz elegante con venature pop che non guastano. Ottime esecuzioni strumentali e una voce che colpisce sin dal primo ascolto. “The road” è un brano con un bel jazz-rock, eseguito con un fascino aggressivo, suoni coinvolgenti e fiati che colpiscono con intensità. “Every new love” sembra nascere come una ballata che si lascia scivolare tra le note, ma come un ruscello diventa torrente, poi un fiume in piena di emozioni e sensazioni parlate, sussurrate. Ispirate. “My dear” possiede una musicalità energica e contagiosa, cambi di ritmo. Sonorità convincenti e dinamiche. Il brano “Love il the best way to cheat” è un’esplosione di musica e parole. Energia. Melodie coinvolgenti. Passione che traspare da ogni nota. “Listen” è un lento, un viaggio intimo. Almeno questo sembra nel suo intro, ma si trasforma in qualcosa di diverso, esplode anche in questo pezzo un jazz-rock appassionato e curato in tutti i suoi particolari. In “It’s not all about u”, fiati a ricordare l’anima jazz, con le venature blues che accompagnano l’intero album. Un impatto positivo, con un sound che ha nella tradizione il suo punto di forza. “You and I” è un brano che trasporta in atmosfere intense, come un ballo senza fine. Un amore che non ha limiti, una passione che non conosce confini. Ottimi spunti degli strumentisti negli assoli. “Beautiful inside” è una ballata esplosiva, profonda, contagiosa. Vibrante. Parole e musica che diventano un quadro, in cui le sfumature sono l’essenziale, in cui il messaggio comunicativo è tridimensionale. Bella canzone, come d’altro canto lo sono anche le altre. Un disco che unisce alla tradizione jazz, un pop rock interessante. Brani che si lasciano ascoltare, con ottima qualità. Bella voce, bei suoni. Melodie e sound che convincono. Che dire, un bel disco.

Recensione album Cambi di stagione di Abetito Galeotta

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L’album “Cambi di stagione” di Abetito Galeotta è ricco di spunti interessanti, a partire dall’impronta “popolare” della musica. Le metafore e le storie legate alla cultura della “festa di paese”, i personaggi creati e inseriti nel contesto riescono a spiegare bene le tematiche affrontate, dall’ipocrisia, al sogno, dalla sconfitta alla vittoria. Il primo brano del disco è “Canti di nuova stagione”, una ballata spensierata, carica di immagini e riflessioni che sanno di sentimento puro. “Pantera e preda” è  una traccia dall’anima popolare, nel vai vieni di tonalità di una favola. Musicalità accattivante, in cui violini fanno d’assolo su una voce che appare a tratti struggente. Un Jazz animato da passione. “Carbonia” racconta le storie di minatori e un sapore di un mondo lontano. Suoni corposi, con i fiati e pianoforti a fare da spalla, tra cambi di ritmo e incedere da favola popolare. “Giacomino dalla bella voce” è evoluzione di suoni da festa del popolo, dove un cantastorie racconta e fa ballare la gente. Suoni bel costruiti, sapore di rum. Come uno stornello, su un suono di pianoforte. Il pezzo “Il brigante Piccioni” è battere di una storia, di un momento di una guerra. Un personaggio semplice, ma allo stesso complesso. Reincarna il perché di una scelta di vita. “L’uomo e la sirena” è una bella ballata coinvolgente e appassionata. L’odore del mare, le emozioni. Un duetto ricco di sfumature e sensazioni. Ne “L’artista consumato” ci sono ancora i suoni di festa di paese, rumore di gente che balla. Racconti di attimi di vita, sparpagliati per terra. Gusto di vino. Poesia di momento sfuggente. Un artista che si guarda dentro. La lucidità di un attimo che non vuole svanire, ma che devono farlo. Non appena l’estate tornerà e ci sarà un nuovo spettacolo. “Cartoline da Montegallo” è un brano prettamente strumentale, eseguito con passione, che ha radici nella musica classica, ma senza abbandonare la vocazione popolare dell’intero disco. Una miscela che rende il brano molto bello e affascinante. Con “Verrà la tempesta e sarà subito giorno” quasi si riescono a vedere gli occhi dei pastori, dei Re Magi. Metafore che richiamano a una storia antica, e allo stesso tempo a sensazioni sempre attuali. Una storia amara, che sembra viaggiare nella storia, prima dalle pagine dei libri, ora con la musica. Ma il sogno è ancora lì. Si vede già la terra. “Il vecchio e il nuovo” è un pezzo caratterizzato dalle immagini delle persone, dei personaggi della vita. Una canzone, che poi è la vita, che viaggia via come un treno in corsa, ingannando il tempo. Consolandosi di alibi. Un disco complesso, ma semplice nelle sue immagini, dirette e ben raccontate. Appassionato e intenso. Adatto per chi vuole sentire delle storie, per chi ama la musica cantautoriale, perché no, di una volta. Da ascoltare.

Recensione album “Un alieno in mezzo agli esseri umani” di Cicco Sanchez

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L’hip Hop proposto da Chico Sanchez nell’album “Un alieno in mezzo agli esseri umani” è interessante. Bella metrica e determinazione e lo si percepisce sin dall’intro “il Dono” e nel pezzo che regala il titolo all’album “Un alieno in mezzo agli esseri umani”. Non sempre ciò che non ti uccide poi ti rende forte, recita il pezzo che si chiama, appunto, “Forte” che racconta la voglia di andare avanti e di riuscire a realizzare un sogno, con il lavoro e la determinazione. “D’istanti” parla delle contraddizioni di vivere, e farlo con l’ambizione del palco, mentre il tempo spinge a fare luce sulle cose fatte e quelle da fare. “Come mamma mi ha fatto” è un pezzo duro, ma che rende giustizia alle rime urlate. Bella base, spinta e forte, rime che si intrecciano. Bell’arrangiamento e un ritornello che rimane in mente. “Via dal club” è un’istantanea tra sentimenti, musica e l’attesa di un nuovo giorno. “Errare Humanum est” parla delle motivazioni che spingono a scrivere, a cantare, a raccontare al mondo quelle emozioni che nascono dentro. “Terremoto” è prendere tutto, creare qualcosa. La musica gira nelle vene, e si sente. Il brano “Alla ricerca della felicità” esprime il dolore di una ricerca, di qualcosa di importante: la felicità. “Che storia” è un hip hop duro, un contrasto aperto con il mondo del rap, il brano sembra funzionare per orecchiabilità e per intreccio di parole, manca un po’ di originalità nel testo, poiché tratta di un temo abbastanza comune nelle canzoni hip hop italiane. “Mai più” ha le sembianze di una canzone d’amore, e, forse, lo è. Bella da ascoltare, evocativa. “Non basta mai” sembra una ballata intensa, piena di passione e intensità. Anche qui si parla di sentimenti, e lo si fa con la voglia di far passare le emozioni, di imprimerle nell’anima. “Frank Costello” racconta il freddo dentro, nei sentimenti. Tra i muri freddi della città. La paura di un domani, la necessità di spingere sull’acceleratore. Di vivere. L’album di Cicco Sanchez è una promessa. Ci sono racconti interessanti e tanta voglia di migliorarsi, ottima musicalità e basi che possono ancora migliorare. Non mi stupirei se presto lo sentissimo nelle radio nazionali, decisamente tecnico e rabbioso. Il cocktail giusto.

Recensione album “Shine” di Teresa Mascianà

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L’album “Shine” di Teresa Mascianà evoca un pop intenso “sporcato” da sonorità anni ’80 e ’90 che rendono le canzoni orecchiabili e con un buon trasporto. Ma l’anima richiama un rock “americano”. “ Have a good time” possiede un sound che riempie di energia l’aria. Bei suoni, divertente interpretazione di un pezzo nato per accompagnare attimi di vita. “Shine” è un pezzo che intrattiene e si lascia ascoltare. La voce dell’interprete sembra librarsi in volo sulle musiche sognanti. Toni di rock, più pop rock per la precisione, fanno parte integrante della struttura di questa canzone. “Non ci penso più” è il primo pezzo in italiano dell’album, un testo che sembra sofferto, un racconto a suon di rock. Parole non dette, emozioni taciute. Voglia di non pensare. Di rimuovere. “Crazy” è una ballata dai toni soffici, melodiosa e avvolgente. “Melissa Knows” viaggia su suoni delicati. Un racconto di una donna che conosce quello che fa male. Conosce il peso delle parole, e dei sogni che svaniscono. “Africa”.  Un’altra ballata. Un altro viaggio nei sentimenti, nella mente, nell’anima. Sussurri delicati, e forse un sogno di andar via. Per sempre. Cercare quegli occhi persi. “Gundo Senado” è una ballata che ricorda atmosfere rarefatte, immerse nel fumo di un locale lontano. Incastro di melodie e lievi incanti. Ipnotica. “Away”. E’ pop rock, energetico e vitale. Voce sussurrata che riecheggia tra le pareti del pezzo. In “Carry me on” la voce suadente si immerge in un bagno di note e melodie incantevoli ed eleganti. Con quell’aria di rock che resta lì, appeso, come a un sogno cadente. Un disco pieno di energia che si lascia ascoltare pezzo dopo pezzo, contaminazioni internazionali e una voce impattante sono le caratteristiche che emergono in questo album interessante.

Recensione romanzo “Cinquanta passi oltre l’autunno” di Marinella Barbero

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Il romanzo “Cinquanta passi oltre l’autunno” è un viaggio tra i sentimenti e l’anima oscura, esoterica, di una Torino elegante, baciata da un sole inquieto. Racconta l’amore, e lo sporco che si annida tra le strade del capoluogo piemontese. Parla di paura, di sentimenti lasciati a metà, di magia, e di scelte. Di quelle giuste, e di quelle sbagliate, ma che non si possono evitare. I personaggi sembrano interagire con la complessità emotiva del racconto: Fiodor, è un uomo che cerca di ritrovarsi, di vivere, e per farlo si lascia trasportare da Ennio in un’avventura che avrà confini sfumati ma pericolosi. Elvira, anche lei alla ricerca di qualcosa, e che in parte lo troverà. Tony, un personaggio vincente, ma che nasconde un segreto. La storia è una corsa contro il tempo, tra ipocrisie, immagini distorte e leggende che diventano realtà. La scrittrice riesce a creare un mondo gradevole ma dai contorni oscuri. Un’atmosfera piacevole ma amara allo stesso tempo. Distante dalla realtà di tutti i giorni, eppure completamente immersa nel buio della mafia, della magia più oscura. Quella che porta verso orizzonti sconosciuti. Che racconta di massoneria, mettendola tra le pagine della vita di tutti i giorni. Perché a volte l’oscurità è più vicina di quanto possiamo immaginare. A volte è dentro di noi, o semplicemente nelle piccole cose. Alla fine del romanzo viene da chiedersi se la magia, infine, esista davvero. Un libro particolare.

Recensione album “Buongiorno” dei Coocko

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L’album “Buongiorno” dei Cookoo è ricco di pezzi orecchiabili tra rock melodico e pop più semplice. Il brano “Le distanze (solo lamenti)” possiede un buon sound, un arrangiamento attraente e un testo intrigante. In “Casa” i suoni e i testi sono amalgamati a una struttura musicale solida e contemporanea. Orecchiabile. “Baby” è una ballata tra sentimenti e alternanza degli stessi. Parole gelide e intrise di ricordi e speranze. Nella canzone “La parte più eterna del mondo” c’è un sapore di poesia, uno scontro con una musicalità elettronica dura. Un rifugio cercato e trovato nella musica. “Nel bianco dei tuoi occhi” l’intro del pezzo suona un po’ compassato, quasi anni ’80, ma permette di entrare in un girone di parole a incastro lento. “La leggenda personale” regala un testo semplice, e musica orecchiabile, creando un pezzo decisamente radiofonico. In “Il mio corpo” si percepisce l’impronta di ballata intima. Intensa. Il brano “Supernova” ha una melodia non originalissima, ma con buona potenza nell’esecuzione per una canzone dal testo semplice ma con un risultato arioso ed elegante. “Kafka” è un brano con una spruzzata di letteratura e un suono leggero di pianoforte, con un testo complesso, che rincorre una melodia cadenzata che si infiltra nei pensieri. Un pop rock interessante. “Buongiorno” racconta di un risveglio, lento. Una rinascita. Il cambiamento scoperto all’improvviso. Il viso ancora sporco di speranze. Anche nel pezzo “La cometa” si percepiscono sfumature da suoni anni ’80, ma che risultano attuali e musicalmente coerenti. Ballata tra rock e pop, tra speranze e voglia di creare musica. “Lady G” è una storia, un’immagine. Un’istantanea di qualcosa che è cambiato, forse dentro la protagonista. Forse fuori. E’ un passaggio che sembra nebbia. Impercettibile. L’album “Buongiorno” dei Coocko è ben studiato e ottimamente suonato, in alcuni tratti pecca in originalità, ma si compensa con le strutture solide dei brani proposti. Un disco che si lascia ascoltare. Piacevole.

Recensione film “Il Cacciatore di donne”

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Il film “Il cacciatore di donne” è intrigante e riesce a mettere in luce particolari agghiaccianti di una storia vera, di un serial killer che in america ha ucciso decine di donne negli anni ‘80. Il protagonista è Nicholas Cage, nella veste di un detective della Polizia dell’Alaska, da cui sta per ritirarsi. L’ultimo caso che gli viene affidato è difficile, un serial killer che attira, stupra e uccide giovani donne dalle caratteristiche simili. Una di queste è riuscita a fuggire, Cindy, ottimamente interpretata da Vanessa Hudgens, che aiuterà il detective a ricollegare il suo caso e i precedenti casi di scomparsa all’assassino: Robert Hansen (intepretato da John Cusack, la cui interpretazione non è né carne, né pesce). Il film in realtà non ha molto di innovativo, ma è gradevole e ha una buona resa, soprattutto per quanto riguarda la crudezza degli eventi, La sceneggiatura è particolare e riesce a far emergere sia il protagonista, che l’antagonista. Ma il ruolo che sembra spiccare su tutti, anche come recitazione, è quello di Cindy (Vanessa Hudgens). Un equilibrio tra questi personaggi che riesce a far spiccare quello che è il tema del film: ricordare le vittime di questo assassino, così come specificato in coda al film. Non è una pellicola che resterà nella storia, ma è un ottimo prodotto da vedere, poiché oltre a intrattenere riesce a far riflettere sulla crudezza e sull’anima degli uomini. Belle anche le scene nei sobborghi, tra droga e prostituzione. Emerge un lato oscuro e di degrado sia dell’uomo, che dell’ambiente che lo circonda e lo spinge alla perdizione. Da vedere.