Recensione “Pensieri raccolti” di Aliceland

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L’album “Pensieri raccolti” di Aliceland è melodioso, dolce e emozionante. I brani sono intensi e soffici. “Chiamerai” è una ballata semplice e appassionata. Un amore. E le ferite che lascia. La canzone “Immagina” possiede un bel suono di chitarre. E’ un pezzo leggero e melodioso con una voce dolce e sognante. “Pianeti” è una ballata struggente con passaggi lenti e con una profondità di immagine. Lati che si nascondono ed esplodono in un ritornello che vibra. Una storia. “Oltre il vetro” racconta una storia d’amore.  Una prigione di sentimenti, dove la noia uccide senza far rumore.  “Tramonto d’estate regala un suono di pianoforte che si sente in lontananza. Come l’eco dei ricordi. Dei sogni. Tutti dormono. Lei raccoglie pensieri e li racconta. Ascolta. In “Segreti notturni si può ascoltare un bel ritmo e una voce soffusa e melodiosa.  “Let me know” incanta con un bel ritmo, un pop rock attraente e affascinante con un ritornello energetico. “Sacred mountain” è una ballata carica di immagini con atmosfere intense e sognanti. “Com’era” parla di un amore d’autunno che va via. Di un freddo che arriva, col peso dei ricordi. Le ferite. I cambiamenti forzati. Le nuove abitudini. “Il gioco” racconta gli sguardi. I sogni e i discorsi che tornano. Pensieri che restano sospesi tra anima e passato. In “Ovunque” c’è l’istantanea di una nuova vita, di un racconto. Ritrovarsi forti. Dopo la turbolenza, dopo il vento e le tempeste. Ritrovarsi. “Sand and silence” ci si lascia trasportare dal suono melodioso e profondo e dalle sfumature e brividi. Ritagli di istanti.  “Spengo” è come chiudere gli occhi. E dimenticare. Perdersi. Restare incantati mentre si scopre che il cuore non sa dormire. Come non sa farlo la vita. “Crying” è una ballata profonda e intensa. Alice ci regala un disco che si lascia ascoltare, c’è passione, c’è musica ben suonata e canzoni semplici ma molto intense. Fa sognare e pensare. Un bel disco.

Recensione album “I-taliani” dei Sine Frontera

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Il disco “I-taliani” dei Sine-Frontera raccoglie sonorità rock e folk e crea un’atmosfera ricca di energia. Il brano che regala il titolo all’intero album “I-taliani” trascina tra ironia e folklore con una musicalità tra ska e musica popolare. Tra storia e dissacrante un’analisi dell’attualità. E’ un pezzo dinamico e carico di contenuti. “Hombres” è una ballata che ricorda le radici della musica italiana impegnata che hanno fatto la storia, con un ritmo che unisce modernità alla classicità della musica popolare. Quella che sa far ballare e allo stesso tempo riflettere. Non è una cosa semplice, ma i Sine Frontera ci riescono molto bene. Il brano “No soy borracho” racconta un viaggio e una storia d’amore d’altri tempi. Guerre lontane e con quel desiderio di rivoluzione che nasce e vive nei sentimenti più semplici. Eppur quelli che spingono a combattere. La canzone “La ruota” è una metafora dove i luoghi più comuni si fondono con i più comuni pensieri. Le amarezze, i sogni, come una corsa in bici. In salita. Metro dopo metro, ma continuare a vivere. A sperare che tutto cambi, e proprio come una ruota, tornino i tempi migliori. “Il villano” possiede un testo sporco, ma vero. Un racconto che parla di un personaggio scomodo, forse inadatto al tempo di oggi, eppure così attuale. Un controsenso? Un po’ come lo è la realtà. “Jessi e il bandito” è un brano con una musicalità da vecchio west e personaggi che sembrano usciti dalla letteratura. E l’epica storia di un bandito. “Dietro il portone” è una ballata in dialetto mantovano che racconta una storia senza tempo, quella dei deportati di un campo di concentramento. Racconta la perdita dell’identità. Dietro il portone è la metafora della morte della memoria. La citazione in questa canzone è doverosa: “Se questo è un uomo”. Il brano “Camillo e Peppone” nasce dalla filmografia più classica, dove i sentimenti sono in bianco e nero, dove la lotta è passione. Politica e religione, interessi contrastanti, che uniscono due personaggi, due cuori, che continuano a battersi. “Io son di” è un pezzo rock con suoni distorti che raccontano un mondo da un punto di vista ben preciso: “io son io e voi non siete un cazzo”. Una dissacrante parodia della politica, che poi non si discosta affatto da quello che la realtà ha dimostrato. “Fiocco di neve” è una ballata che racconta il Natale e un’attesa di un fiocco di speranza. Di vita. “Peace and freadom” è un saluto. Parole senza tempo, che riassumono il pensiero di questo gruppo e lasciano un sapore di speranza, necessaria alla fine di un disco e di ogni racconto che si rispetti. Questo disco racconta la continuità di un genere musicale senza tempo, che dalle pianure mantovane raggiunge il mondo, e dalle stesse pianure raccoglie la storia di popolo. Di un paese. Per farne musica. La musica.

Recensione romanzo “Sulla sedia sbagliata” di Sara Rattaro

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Quattro storie difficili, in cui i sentimenti sono la trama stessa. Storie che sembrano lontane, ma che sono unite da un unico filo conduttore. Gli occhi di una madre. Gli occhi di un figlio. La ricerca di se stessi, delle pieghe della vita che allontanano da quello che davvero che si vorrebbe. Da quello che sei. Quattro immagini diverse. Andrea che sotto effetto di stupefacenti uccide la fidanzata Barbara. La narrazione a effetto consente al lettore di capire il punto di vista dell’omicida, analizzando la struttura del perché di quell’atto, e della madre, la cui immagine perfetta viene infangata e sbattuta in prima pagina. Sono due anime le cui storie si scontrano, e, in fondo, si incontrano. Un viaggio a ritroso nel senso più completo della vita e della morte. Questo romanzo racchiude infatti anche la storia della mamma di Barbara, che vede uscire la propria figlia da casa, per non vederla tornare mai. E’ il suo dramma, la perdita della realtà, della propria coscienza. E’ la sua follia. Un’altra istantanea è la storia di Valeria che scopre l’amore, ma solo per un attimo. Fino a quando scoprirà dal telegiornale che il ragazzo che ama ha ucciso la madre. E’ la storia di Zoe, che attende un trapianto, una vita normale. Un amore. Questo romanzo è un viaggio in queste quattro storie e in tanti punti di vista molto differenti tra loro. L’attenzione si sofferma sul rapporto madre figlio (o figlia), sull’accettazione di un dolore a cui non si può più porre rimedio, e su tutto ciò che, in qualche modo, ha portato a quella situazione. Ai sensi di colpa, le paure inespresse, la voglia di scappare lontano semplicemente per non vedere e non capire ciò che sta accadendo. E’ lo scontro con il senso di abbandono e con la necessità di ritrovare la vita, se non più quella di prima, una vita. Si parla di rabbia, di sogni, di dolore. Di perdono. Un vortice che trascina il lettore nell’alternarsi della narrazione delle storie, in cui si percepisce la medesima genesi del dolore e dell’amore stesso. Un treno, tanti viaggiatori e stazioni. Un punto di arrivo. Diverso per tutti.

Recensione libro “I segreti del linguaggio del corpo” e intervista all’autore Marco Pacori a cura di Amelia Tipaldi e Daniele Mosca

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“I segreti del linguaggio del corpo” di Marco Pacori è un libro che con una assoluta semplicità svela principi complessi del comportamento degli uomini. Il testo è suddiviso per aree che man mano accompagnano il lettore alla scoperta dei segreti del linguaggio del corpo. Si inizia con una panoramica per scoprire le ragioni scientifiche, i principi di funzionamento del cervello e in particolar modo della parte che da origine ai segnali: l’amigdala. Nel libro vengono spiegati concetti importanti come lo spazio prossemico, quello spazio che nel dialogo tra due persone varia in funzione della tipologia di rapporto ed è minore quanto più il rapporto è stretto e come imparare a osservare i comportamenti per capire il significato dei segnali non verbali. Ci sono numerosi esempi visivi che descrivono come cogliere i segnali dal primo incontro, dal modo di camminare allo sguardo, dalla stretta di mano alla postura dell’interlocutore, poiché ognuna di queste gestualità può determinare e specificare le intenzioni, come quelle di voler delimitare il proprio territorio, analizzando le similitudini con il comportamento degli animali. Man mano che la descrizione di questi segnali prosegue, si entra sempre di più nei meccanismi cerebrali che hanno luogo durante il dialogo, raccontato con semplicità come individuare principi di ansia, paura o fastidio, fino a quelli di piacere, attenzione e interesse. Ma la cosa più importante è la correlazione sulle modalità di utilizzo come regolatori della conversazione stessa per renderla più piacevole e per rendersi maggiormente attraenti. Viene evidenziata l’importanza delle sfumature dei segnali inviati durante il dialogo, poiché dietro queste si nascondono i pensieri e le opinioni dell’interlocutore. L’analisi di tutte queste informazioni porta il terrore a cercare di capire qualcosa che a suo modo appare affascinante: la menzogna. E’ un po’ il fulcro del libro, quello in cui si spiega come mettere in pratica gli insegnamenti per svelarle, semplicemente con l’osservazione. Questo libro è un viaggio nella psicologia dell’uomo, nelle sue reazioni più elementari, eppure fondamentali per i rapporti sociali in cui ci si deve relazionare. Esempi concreti, come l’utilizzo di queste tecniche a scopo terapeutico, come da parte di uno psicologo o medico, agenti di polizia, maestri, fino ai semplici discorsi tra persone comuni. Ogni movimento del corpo racconta dei segreti, anche a se stessi. Questo libro racconta con disarmante semplicità la tecnica e la possibilità di utilizzo dei segnali non verbali ed entra nel merito delle varie tematiche con dovizia di particolari e con esempi concreti. C’è un mondo in ogni aspetto descritto in questo testo, l’insieme permette di vedere il prossimo come una miniera di gesti che normalmente non riusciremmo a notare e ad ampliare la comprensione dei messaggi che gli altri inviano, pur senza esserne coscienti. Un testo intrigante e interessante, adatto a tutte le tipologie di lettori. Scritto in modo comprensibile e scorrevole, con le illustrazioni che aiutano nella spiegazione. Assolutamente da leggere.

Abbiamo posto alcune domande a Marco. Ecco l’intervista.

Capire in anticipo quello che pensa il proprio interlocutore sicuramente porta notevoli vantaggi ma a volte non sarebbe meglio non saperlo?

C’è un’unica relazione in cui é consigliabile tenere alcune informazioni per sé:  il rapporto di coppia. In questo contesto venire a sapere dei sentimenti o di dettagli sessuali di un legame precedente potrebbe ferire. Così, in questa situazione potrebbe rivelarsi svantaggioso leggere nel comportamento dell’altro, specie se la lettura avviene in modo superficiale o riduttiva.

L’interpretazione dei segnali del corpo va fatta, infatti, all’interno di un contesto: se ad esempio, riferendoci all’esempio sopra, notiamo che il nostro partner si passa la lingua sulle labbra (un segno di piacere) quando vede la foto di un ex, potremmo provare gelosia ritenendo che provi ancora dei sentimenti. Tuttavia, potrebbe averlo fatto solo perché questa persona le ha risvegliato un ricordo piacevole e non perché attualmente ne sia ancora innamorata.

Negli altri rapporti interpersonali é invece auspicabile capire cosa passa nella mente dell’altro e se quello che dice coincide con ciò che pensa.

Dopo avere riconosciuto le proprie emozioni e’ possibile mascherarle?

Se proviamo un’emozione questa innesca una reazione immediata e istintiva; questa reazione provoca una determinata espressione del volto e dei  movimenti del corpo (come un sollevamento delle spalle nella paura o una contrazione delle mascelle nella rabbia). Possiamo cercare di inibire queste manifestazioni, ma qualcosa trapela comunque: in questo caso, assisteremo ad una microespressione (un atteggiamento che compare sul volto per circa 1/25 di secondo) o ad un’espressione soffocata (che dura più a lungo, ma l’espressione é solo parziale).

I neonati hanno da subito la capacità di riconoscere le espressioni sul volto della madre? Quando perdiamo questa capacità?

La ricerca e le osservazioni sullo sviluppo e sull’acquisizione delle abilità sociali hanno dimostrato che queste insorgono molto precocemente; La ricerca scientifica lo dimostra chiaramente. Ad esempio, Tiffany Field assieme ad altri colleghi ha notato come i neonati prestino una maggiore attenzione visiva quando un volto cambia espressione, suggerendo così implicitamente che questi ultimi sono in grado di discriminare la mimica facciale poco dopo la nascita. Inoltre, Charles Nelson con precise misurazioni ha appurato che i neonati sono in grado di distinguere una faccia arrabbiata da un volto felice. Mikko PeltolaJukka Leppänen e altri studiosi, dal canto loro, hanno appurato, registrando l’attività cerebrale, che i bambini di sette mese sono in grado di cogliere la mimica facciale della paura.

Queste capacità aumentano con l’esperienza; decrescono però con l’invecchiamento in linea con la perdita di altre abilità cognitive e questo ha inizio attorno ai 50 anni. Il declino é attribuito al fatto che una struttura essenziale nel riconoscimento delle emozioni (la corteccia prefrontale) si deteriora con l’età molto più rapidamente di altre regioni cerebrali.

Questa perdita di “acume” non riguarda solo le espressioni facciali, ma anche gesti, posture, movimenti del corpo e caratteristiche vocali delle emozioni e sembra riguardi più le emozioni negative (come rabbia, tristezza, paura e disgusto) che quelle positive (felicità, entusiasmo, ecc.).

Probabilmente conosce il telefilm Lie To Me, in cui il protagonista è capace di usare le tecniche descritte sul libro fin quasi all’esasperazione. Fino a che punto queste tecniche sono utilizzabili dal punto di vista scientifico, o nel merito di una indagine? Qual è la massima attendibilità che si può raggiungere?

Lie to me ha come consulente scientifico Paul Ekman, la massima autorità nello studio delle espressioni facciali; tuttavia é fiction e come tale deve innanzitutto destare l’attenzione e la curiosità dello spettatore. Ne é derivato così un compromesso in cui alcune conclusioni di Cal Lightman  (protagonista principale del telefilm) sono verosimili; altre sono molto enfatizzate. Nel riconoscimento della menzogna tutti gli studiosi sono d’accordo su un punto: i segnali, per lo più non verbali, su cui ci si basa, sono indizi, non segni inequivocabili di bugia. In alcune puntate sembra che invece sia possibile, non solo di dare un’interpretazione certa, a partire da un solo comportamento o espressione facciale, ma che da questa si possano trarre tutta una serie di conclusioni all’apparenza logiche e coerenti: questa però non é scienza, ma intuizione.

In ogni caso, tecniche di questo tipo (il riconoscimento delle micro-espressioni facciali, alcuni segnali del corpo e degli indizi linguistici) vengono utilizzati dall’FBI o dall’Interpool per distinguere la verità dalla menzogna e con un buon grado di attendibilità. Naturalmente, non basta: é necessario che questi indizi vengano suffragati da prove concrete.

Un esempio di come il linguaggio del corpo possa rivelarsi utile nelle indagini criminali ci viene da una ricerca degli  psicologi Stephen Porter e Leanne ten Brinke.

Questi studiosi, analizzando il comportamento non verbale dei familiari di persone scomparse in 78 appelli diffusi in TV hanno scoperto che chi parlando del proprio congiunto esprimeva, anche per qualche istante, un’espressione di disprezzo e un ghigno molto probabilmente era responsabile della sparizione. Prendendo come spunto questa scoperta ho esaminato numerose interviste di Sabrina Misseri e Salvatore Parolisi in relazione alla morte di Sarah Scazzi e di Melania Rea. In entrambi i casi, riportando la mia analisi e le conclusioni nel mio libro “Il Linguaggio della Menzogna” ho rilevato nella prima micro-espressioni di disprezzo e rabbia parlando della cugina e disprezzo e un sorriso mal celato nel secondo quando raccontava della sparizione di sua moglie Melania.

Secondo lei in politica è possibile che il segnale non verbale possa essere utilizzato per ampliare il consenso mediatico tramite le televisioni?

Si vocifera che Obama,  il presidente americano, abbia usato in modo intenzionale particolari  gesti e comportamenti per indurre l’elettorato a scegliere lui. In ogni caso, é ormai risaputo che politici e manager “vanno a scuola” di linguaggio del corpo per migliorare la propria immagine, saper comunicare in maniera più efficace e soprattutto persuasiva.

E’ quindi difficile vedere un politico durante un dibattito o un confronto in TV fare segnali negativi, come chiudere le braccia, incassare la testa fra le spalle o assumere posture raccolte: tendono infatti a parlare esponendo i palmi delle mani verso l’alto in segno di onestà e franchezza, a sorridere spesso, a stare con le braccia distese e aperte, a toccare e stringere le mani di chi li va ad ascoltare ai comizi (un comportamento molto accattivante).

La credibilità e la sincerità sono valori giudicati molto importanti dall’elettorato.

Al riguardo, vale la pena di citare l’esito di una recente indagine condotta dagli psicologi

Eryn Newman  Maryanne Garry, Daniel Bernstein assieme ad altri colleghi.

Questi studiosi hanno dimostrato che basta la presenza di un’immagine (anche non pertinente) a fianco di un politico mentre fa i suoi proclami per aumentare la supposta veridicità di quello che dice: un “trucco” tanto semplice quanto efficace!

In che modo i supporti tecnologici possono diventare delle barriere? Sono in grado a lungo termine di modificare la comunicazione non verbale tra le persone?

Telefonini, chat, social network limitano molto il contatto diretto: é inevitabile quindi che anche la comunicazione cambi: ad esempio, si é stimato che é più facile mentire con un sms, tanto che c’é una tendenza piuttosto diffusa a “raccontare” frottole (anche parziali) con questa tecnologia.

Il fatto che l’interazione non sia immediata non significa però che manchino dei messaggi non verbali.; solo che sono di tipo diverso. In uno studio Joseph Walther e Lisa Tidwell hanno rilevato che un email suscita un effetto diverso in rapporto a quando viene mandata. Se riguarda il lavoro e viene spedita la sera o di notte da l’impressione che chi la invia sia una persona sicura di sé; per contro, se é un messaggio amichevole il mittente appare più dominante se la spedisce di giorno.

Anche il tempo di risposta ha il suo peso: una comunicazione di lavoro viene percepita in modo più positivo in orario d’ufficio se é breve; mentre, infastidisce se lo stesso accade di notte. Le cose si ribaltano nei messaggi fra amici: se uno risponde la notte da l’idea di essere cordiale e empatico.

a cura di Amelia Tipaldi e Daniele Mosca

Recensione album Oonar degli Oonar

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Il disco degli Oonar è carico di atmosfere che richiamano il rock anni ’80, miscelato con sonorità elettroniche. Le radici e i riferimenti ai gruppi di quegli anni ci sarebbero, ma distoglierebbero l’attenzione dal risultato ottenuto con questo disco. La musica è vera, costruita su componenti semplici e dirette. “Mission 12” è un brano un rock affascinante, con echi di sonorità anni ’80. “Running” rappresenta un pop leggero, che ricalca musicalmente le radici dei brani precedenti, con un sound di chitarre distorte che rende il brano ancora più accattivante. “I die for you” è una canzone  mistica e incalzante, che sembra viaggiare a mezz’aria tra suoni elettronici e un’atmosfera rarefatta, veloce e dinamica. Moderna, ma dal retrogusto vintage. “Asleep” è una ballata lenta, dal sapore rock melodico antico, archi a rendere il suono più ampio e riecheggiante. Una voce calda scandisce il tempo di questo pezzo d’altri tempi. “Lost” è un pezzo dal rock misterioso, con echi di sonorità particolari, che si miscelano tra elettronica e suoni più terreni e duri. Una bella canzone. La proposta degli Oonar è interessante, ripropone sonorità note nel panorama musicale internazionale, ma lo fa con abilità e puntando su un prodotto che non è mai davvero passato di moda e che soprattutto nutre ancora moltissimi estimatori. Un disco da ascoltare. Una piccola critica, varrebbe la pena riproporre questi suoni, cercando di uniformarli con le sonorità più moderne, anche dal punto di vista dell’arrangiamento vocale. Il risultato potrebbe stupire.

Recensione romanzo “Non avevo capito niente” di Diego Da Silva

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“Non avevo capito niente” è un romanzo che rappresenta uno spaccato della vita di tutti i giorni, racconta delusioni e speranze, il tutto condito con una spruzzata di dissacrante sarcasmo. Ed è qui che nasce il bello di questo libro, dal personaggio quasi surreale dell’avvocato Vincenzo Malinconico, che combatte con la sua vita “vecchia”, con l’ex moglie Nives, che lo ha mollato per un architetto, e con i due figli, e con quella nuova, con l’avvenente avvocatessa Alessandra Persiano, che appare spietata, quanto attratta da lui. Il protagonista subisce, suo malgrado, un cambiamento, come se tutto attorno e dentro di lui stesse mutando all’improvviso. Una nomina come avvocato d’ufficio di un camorrista, detto Borsone, gli mette alle calcagna un improbabile scagnozzo, Tricarico. Da qui tutto diventa un fiume in piena e nascono tutta una serie di scene spesso esilaranti, ma che lasciano un retrogusto amaro e un altro più dolce e romantico. “Non avevo capito niente” è un punto di vista molto reale e cinico e quando si arriva alla fine del libro, ci si ritrova tutto sommato sollevati. Forse non tutto è perduto, forse c’è qualcosa per cui ha ancora senso lottare per essere se stessi e lasciarsi trascinare dall’istinto. L’amore per Nives che appassisce proprio quando tutto sembra poter andar come avrebbe voluto, è l’immagine dell’animo umano volubile, dei sogni che cambiano, come cambiano le cose intorno a noi. E’ un mondo a ritroso, che alla fine si trova a fare passi avanti. Dove un vaffanculo è forse la chiave di lettura più adeguata a un testo ironico, fantasiosamente realistico. Cattivo, a tratti. Sconveniente, politicamente scorretto, eppure così vero e verace. Un libro particolare, ricco di spunti interessanti.

Recensione romanzo “La ragazza dello Sputnik” di Murakami Hakuri

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I romanzi di Murakami riescono a essere mistici e misteriosi come pochi altri. E’ anche il caso de “La ragazza dello Sputnik”, in cui un ragazzo racconta la sua storia e con i suoi occhi si può vedere e innamorarsi di Sumire, una ragazza strana, amante di Kerouac, e che a sua volta si innamora perdutamente di una donna più grande, Miù. Anche questo è un personaggio particolare, sembra slegata dal sesso, come se una parte di lei fosse svanita in un’altra dimensione. Solo in quella dimensione Sumire e Miù potranno incontrarsi. Ci sono sapori e valori che si intrecciano in una storia particolare, che nasconde molto, e che molto permette di immaginare. E’ come se parallelamente si volgesse un’altra storia che il lettore può solo percepire o sbirciare dalle piccole serrature che l’autore lascia qua e là nel testo. Un libro che ipnotizza, che fa riflettere e che lascia con uno strano retrogusto in bocca. Personaggi che si amano, si cercano, ma che non si trovano. A volte sembrano fondersi, ma no. Non si incontrano. Ed è proprio questo il bello di questo romanzo. Poi ci sono le atmosfere rarefatte, e luminose, incantevoli e misteriose. C’è una cultura intera che traspare ed emerge da ogni parola. Da ogni frase. In poche parole c’è tutto un mondo in un solo libro. Anzi. Due mondi. Gli occhi dei personaggi sono intrisi di questa cultura particolare, profonda e intensa. E’ come immergersi in un labirinto e una forza spingesse a cercare questo altro mondo nascosto da qualche parte. Ci invoglia a trovarlo. Un romanzo da leggere tutto d’un fiato.

Recensione album “Still another nightcap”

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L’album “Still another nightcap” dei The Mad Scrample è appassionato, ricco di musica vera. Senza sfronzoli, con tanta voglia di suonare e di far ascoltare ottimi brani. Si inizia con qualità, con il pezzo “If I”, che regala un jazz elegante con venature pop che non guastano. Ottime esecuzioni strumentali e una voce che colpisce sin dal primo ascolto. “The road” è un brano con un bel jazz-rock, eseguito con un fascino aggressivo, suoni coinvolgenti e fiati che colpiscono con intensità. “Every new love” sembra nascere come una ballata che si lascia scivolare tra le note, ma come un ruscello diventa torrente, poi un fiume in piena di emozioni e sensazioni parlate, sussurrate. Ispirate. “My dear” possiede una musicalità energica e contagiosa, cambi di ritmo. Sonorità convincenti e dinamiche. Il brano “Love il the best way to cheat” è un’esplosione di musica e parole. Energia. Melodie coinvolgenti. Passione che traspare da ogni nota. “Listen” è un lento, un viaggio intimo. Almeno questo sembra nel suo intro, ma si trasforma in qualcosa di diverso, esplode anche in questo pezzo un jazz-rock appassionato e curato in tutti i suoi particolari. In “It’s not all about u”, fiati a ricordare l’anima jazz, con le venature blues che accompagnano l’intero album. Un impatto positivo, con un sound che ha nella tradizione il suo punto di forza. “You and I” è un brano che trasporta in atmosfere intense, come un ballo senza fine. Un amore che non ha limiti, una passione che non conosce confini. Ottimi spunti degli strumentisti negli assoli. “Beautiful inside” è una ballata esplosiva, profonda, contagiosa. Vibrante. Parole e musica che diventano un quadro, in cui le sfumature sono l’essenziale, in cui il messaggio comunicativo è tridimensionale. Bella canzone, come d’altro canto lo sono anche le altre. Un disco che unisce alla tradizione jazz, un pop rock interessante. Brani che si lasciano ascoltare, con ottima qualità. Bella voce, bei suoni. Melodie e sound che convincono. Che dire, un bel disco.

Recensione album Cambi di stagione di Abetito Galeotta

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L’album “Cambi di stagione” di Abetito Galeotta è ricco di spunti interessanti, a partire dall’impronta “popolare” della musica. Le metafore e le storie legate alla cultura della “festa di paese”, i personaggi creati e inseriti nel contesto riescono a spiegare bene le tematiche affrontate, dall’ipocrisia, al sogno, dalla sconfitta alla vittoria. Il primo brano del disco è “Canti di nuova stagione”, una ballata spensierata, carica di immagini e riflessioni che sanno di sentimento puro. “Pantera e preda” è  una traccia dall’anima popolare, nel vai vieni di tonalità di una favola. Musicalità accattivante, in cui violini fanno d’assolo su una voce che appare a tratti struggente. Un Jazz animato da passione. “Carbonia” racconta le storie di minatori e un sapore di un mondo lontano. Suoni corposi, con i fiati e pianoforti a fare da spalla, tra cambi di ritmo e incedere da favola popolare. “Giacomino dalla bella voce” è evoluzione di suoni da festa del popolo, dove un cantastorie racconta e fa ballare la gente. Suoni bel costruiti, sapore di rum. Come uno stornello, su un suono di pianoforte. Il pezzo “Il brigante Piccioni” è battere di una storia, di un momento di una guerra. Un personaggio semplice, ma allo stesso complesso. Reincarna il perché di una scelta di vita. “L’uomo e la sirena” è una bella ballata coinvolgente e appassionata. L’odore del mare, le emozioni. Un duetto ricco di sfumature e sensazioni. Ne “L’artista consumato” ci sono ancora i suoni di festa di paese, rumore di gente che balla. Racconti di attimi di vita, sparpagliati per terra. Gusto di vino. Poesia di momento sfuggente. Un artista che si guarda dentro. La lucidità di un attimo che non vuole svanire, ma che devono farlo. Non appena l’estate tornerà e ci sarà un nuovo spettacolo. “Cartoline da Montegallo” è un brano prettamente strumentale, eseguito con passione, che ha radici nella musica classica, ma senza abbandonare la vocazione popolare dell’intero disco. Una miscela che rende il brano molto bello e affascinante. Con “Verrà la tempesta e sarà subito giorno” quasi si riescono a vedere gli occhi dei pastori, dei Re Magi. Metafore che richiamano a una storia antica, e allo stesso tempo a sensazioni sempre attuali. Una storia amara, che sembra viaggiare nella storia, prima dalle pagine dei libri, ora con la musica. Ma il sogno è ancora lì. Si vede già la terra. “Il vecchio e il nuovo” è un pezzo caratterizzato dalle immagini delle persone, dei personaggi della vita. Una canzone, che poi è la vita, che viaggia via come un treno in corsa, ingannando il tempo. Consolandosi di alibi. Un disco complesso, ma semplice nelle sue immagini, dirette e ben raccontate. Appassionato e intenso. Adatto per chi vuole sentire delle storie, per chi ama la musica cantautoriale, perché no, di una volta. Da ascoltare.

Recensione album “Un alieno in mezzo agli esseri umani” di Cicco Sanchez

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L’hip Hop proposto da Chico Sanchez nell’album “Un alieno in mezzo agli esseri umani” è interessante. Bella metrica e determinazione e lo si percepisce sin dall’intro “il Dono” e nel pezzo che regala il titolo all’album “Un alieno in mezzo agli esseri umani”. Non sempre ciò che non ti uccide poi ti rende forte, recita il pezzo che si chiama, appunto, “Forte” che racconta la voglia di andare avanti e di riuscire a realizzare un sogno, con il lavoro e la determinazione. “D’istanti” parla delle contraddizioni di vivere, e farlo con l’ambizione del palco, mentre il tempo spinge a fare luce sulle cose fatte e quelle da fare. “Come mamma mi ha fatto” è un pezzo duro, ma che rende giustizia alle rime urlate. Bella base, spinta e forte, rime che si intrecciano. Bell’arrangiamento e un ritornello che rimane in mente. “Via dal club” è un’istantanea tra sentimenti, musica e l’attesa di un nuovo giorno. “Errare Humanum est” parla delle motivazioni che spingono a scrivere, a cantare, a raccontare al mondo quelle emozioni che nascono dentro. “Terremoto” è prendere tutto, creare qualcosa. La musica gira nelle vene, e si sente. Il brano “Alla ricerca della felicità” esprime il dolore di una ricerca, di qualcosa di importante: la felicità. “Che storia” è un hip hop duro, un contrasto aperto con il mondo del rap, il brano sembra funzionare per orecchiabilità e per intreccio di parole, manca un po’ di originalità nel testo, poiché tratta di un temo abbastanza comune nelle canzoni hip hop italiane. “Mai più” ha le sembianze di una canzone d’amore, e, forse, lo è. Bella da ascoltare, evocativa. “Non basta mai” sembra una ballata intensa, piena di passione e intensità. Anche qui si parla di sentimenti, e lo si fa con la voglia di far passare le emozioni, di imprimerle nell’anima. “Frank Costello” racconta il freddo dentro, nei sentimenti. Tra i muri freddi della città. La paura di un domani, la necessità di spingere sull’acceleratore. Di vivere. L’album di Cicco Sanchez è una promessa. Ci sono racconti interessanti e tanta voglia di migliorarsi, ottima musicalità e basi che possono ancora migliorare. Non mi stupirei se presto lo sentissimo nelle radio nazionali, decisamente tecnico e rabbioso. Il cocktail giusto.