Recensione dell’album “No Chains” di Idhea

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Il disco dell’artista Idhea inizia con “Allora stai con me” che è un brano orecchiabile, tra rock e pop in alcuni casi troppo prevedibile. “Attimi” è una canzone che ha radici nel pop, e presenta concetti semplici. Evocazione di immagini di vita. “Gli alibi del cuore” è una ballata ad alto contenuto sentimentale. Voce piena, tecnica. perde in naturalezza. “Inno alla terra” è un pezzo con un bel sound con un testo che tenta di essere sociale con un ritornello orecchiabile. Si parla di natura, ma senza troppa convinzione. “Love or friends” è un brano in lingua inglese con un tema anche in questo caso non originalissimo. Tutto sommato la canzone suona bene. “Nel mistero della notte” è un’altra ballata con testo troppo pop. “No chains” è un brano ritmato con sfumature rock and roll. Suoni che richiamano più gli anni ottanta cotonati che un futuro immediato. “Non è possibile” ha una base che ricorda quelle di alcuni brani degli Evanescence ma con un testo che appare leggero e con poco coinvolgente. “Un’amicizia così” ha bei suoni di chitarra con tema amicizia e ipocrisia. Melodia che sembra non partire e amalgamarsi con la musicalità che invece attrae. “Wanted love in a while” anche in questo caso il chitarrista fa il suo dovere e regala un’anima molto rock a un pezzo che nel complesso non colpisce. Il disco ha indubbie potenzialità, oltre a una bella voce ci sono anche ottimi musicisti, a colpire meno le melodie già ascoltate e i testi risultano poco sviluppati che risultano troppo semplici. La critica è necessaria perchè osando un po’ di più e sfidando il pop più classico l’artista potrebbero trovare una linea davvero potente, magari scegliendo tra il canto in italiano o inglese.

Recensione album “Lost in Time” di Regina

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L’album “Lost in time” di Regina contiene un brano inedito che regala il nome all’album e sei reinterpretazioni delle famosissime canzoni dei Queen. Il primo brano è proprio l’inedito “Lost in time”, una canzone in pieno stile Queen, carica di intensità e suonata da ottimi strumentisti e una voce che non fa rimpiangere Mercury. “I want you” è una delle canzoni dello storico gruppo dei Queen. L’interpretazione è carica di determinazione e voglia di suonare. Versione molto colorata con un ottimo impatto sonoro. “Keep yourself” è una versione live eseguito molto bene, con un’energica interpretazione e ottimi suoni. “Love of my life” rappresenta una reinterpretazione del classico dei Queen, le emozioni passano e attraversano l’aria,oltre la musica. La reinterpretazione non modifica affatto il senso originale del pezzo. La versione di “Bohemiam rhapsody” è anche in questo caso molto interesssante. Regina fa riviviere il brano con maestria ed esperienza che si percepisce nota dopo nota. Per la gloriosa “we are the champions” non c’è bisogno di presentazioni. Questa interpretazione non ne altera la bellezza e l’intensità dell’originale. Suona bene, anche grazie all’ottima voce del cantante. Molto trasporto. Il disco presenta molto bene la band che sicuramente renderà anche meglio nei vari live in giro per l’Italia. Sicuramente un gruppo e un cantante da ascoltare. La passione per i Queen si sente e si fa ascoltare.

Recensione album “Me stesso” di Lazy Haze

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L’album “Me stesso” di “Lazy Haze” racchiude brani che denotano una forte decisione e determinazione dell’autore e ogni traccia presenta spunti interessanti. Entrano nel merito, il pezzo che apre il disco si chiama “Bisogno di nessuno” e regala un hip hop semplice ed è molto orecchiabile, tuttavia non posso non segnalare un erroraccio grammaticale. Il congiuntivo esiste. usiamolo. Altra pecca di questo brano è che in alcuni passaggi ricorda troppo lo stile di Mondo Marcio. Il brano “Madame” possiede un flow affascinante e un testo particolarmente sensuale. L’impatto della canzone è positivo, anche grazie alla base semplice e orecchiabile. “Pazzi per Mary” affronta un tema sociale, la criticità del mondo dei giovani di oggi in un mondo di apparenza e di sogni infranti nel sesso facile. “Musica” parla delle emozioni. Una realtà parallela in cui la musica è la cosa più importante. Cercare la strada, sulla strada. Oltre, la strada. Immaginare un mondo diverso. Lasciarsi trasportare dalla musica. “Se un dio c’è” é quasi una preghiera, invocare qualcosa. Qualcuno. Evocare lo spettro della speranza che si è persa. “Solo” mette a nudo l’amarezza che scivola tra i versi, la necessità di dover andare avanti. Necessario lottare fino all’ultima rima. La canzone “Me stesso” viaggia su un rap che presenta una certa durezza pur restando orecchiabile e consentendo di lasciarsi trasportare dalla musica. Anche in questo caso segnalo lo strafalcione verbale. E’ un punto importante questo, che può determinare la validità o meno di un disco, poiché dalla musica ci si aspetta di veicolare cultura soprattutto ai più giovani ed errori riscontrati nel disco non sono per nulla tollerati. Aldilà di questo aspetto il disco scorre bene e rivela molti aspetti positivi su cui lavorare. I testi si dimostrano ancora acerbi ed è necessario puntare su argomenti più originali per distinguersi dagli altri rapper. Da evidenziare l’assenza di dissing diretti, che in questi casi appesantiscono i brani senza aggiungere nulla. L’inizio promette bene, correggendo alcune cose si può raggiungere un buon rap. Da riascoltare nelle prossime produzioni.

Recensione album “McMao” dei Management del Dolore Post-Operatorio

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L’album “McMao” del gruppoManagement del Dolore Post-Operatorio è sicuramente originale è ricco di spunti interessanti. Un modo particolare di affrontare temi anche complessi, con sfumature a volte cupe ma cariche di significati. Il brano che apre il disco è “La scuola cimiteriale”, un pop ipnotico creato da metafore con parole taglienti. Un sound che sembra affondare le radici nella musica italiana geniale di Rino Gaetano e del rock del primo Celentano. “Hanno ucciso un drogato” è un pezzo con un sound tekno-pop con venature rock e testo profondi e coinvolgenti. Chiudendo gli occhi ricorda il primo Vasco. Quello rimasto nel mito per spregiudicatezza e coraggio di osare con una musica diversa. “Coccodè” racconta il tempo dell’ipocrisia, del rischio perfetto. Calcolato. Delle parole a metà tra inganno e verità. Il posto più pericoloso è proprio a un passo. “Oggi chi sono” è un brano in cui è il volto che racconta. Che nasconde. Che si vende nel mondo dell’immagine di carne e anime perse. Lo specchio del nulla. “Il cantico delle fotografie” è una ballata amara, dura. Un velo di rassegnata speranza. Di spietato realismo. Il brano “La pasticca blu” parla d’amore. Un gioco di cartone, di ruolo. Una verità svelata che altro non è che ciò che non siamo. Un amore retorico. Chimico. Cinico.  “James Douglas Morrison” è una canzone particolare. Rinnegare il demone, l’inizio, l’incipit di un ritorno di un maledetto sconto. Di una fiamma che brucia troppo in fretta. Fama. Fame. In “Requiem per una madre” è come dormire all’infinito. Sfuggire a un incubo fin troppo reale. Un bagliore di buio. Scontrarsi con una realtà meschina. Infame. Reale. “Il cinematografo” è una canzone in cui sono protagoniste le analogie cinematografiche, sogni troppo uguali. Banalità da ciak senza sorprese. Un quadro fin troppo vero. “Fragole buone buone” è un gioco di metafore e immagini più forti. Bel sound. “La rapina collettiva” è un gioco incantevole di specchi, intrecci di parole e concetti. Un ipnotico racconto. Duro e metaforicamente amaro. Un disco che ha come caratteristiche l’originalità unita a una ricerca musicale raffinata e a radici forti nella musica italiana e internazionale. Un mix di stili e un’elegante esecuzione e reinterpretazione della realtà creano un sound e un impatto musicale forte e convincente. Un bel disco.

Recensione album “L’invasione dei Tordoputti” dei Tuamadre

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L’album “l’invasione dei Tordoputti” dei “Tuamadre” racchiude ironia e una musicalità attraente. Un disco ben suonato e che non manca di testi interessanti. Una delle sue particolarità è il racconto snocciolato dalla voce narrante durante l’intero disco. Si parte proprio con l’incipit di questa storia ironica e divertente. Il primo pezzo é “She don’t know” e si presenta con uno ska dinamico e colorato con un bel testo affascinante. “Swingin’fits” é un brano con giochi di metafore, sarcasmo e ricordi di serate alcoliche. Come non parlare di una donna. Che ammalia.”Nel villaggio” é la seconda puntata del racconto che narra della ricerca dei famigerati Tordoputti. Punto staccherò divertente tra un brano e il successivo. “Please don’t make me blue” é una ballata in levare con sfumature blues e pop. Un brano decisamente avvolgente. “Up & down” vola sui fiati a rincorrere il calore di un’estate. Si tratta di un pezzo rovente. Come un raegge in cui la musica che traspira da ogni poro. “Castaway” regala un ritmo travolgente in un pezzo che è un vortice di sensazioni. un drink di note,gusti e sapori diversi. “Amici noi” è una canzone che racconta le amicizie sbagliate. L’egoismo. il tutto con leggerezza e ironia in levare. Parlare. Parlarsi. “Risotto di peli” rappresenta la terza puntata dell’esilerante racconto dei Tordoputti. Schifosamente divertente. “Amon transsexualle” racconta di un personaggio particolare e quantomai attuale. Una strana normalità. Ossimoro perfetto in un tagliente sarcasmo e in un gioco di ruoli e immagini. “Banana nana” é una favola surreale. Una metafora a incastro di sensi e ambiguo rincorrersi di parole in rima. “Batterista sulla luna” é un rock il cui sound è una miscela di ska, raeggae e pop rock. “Amy gorilla” regala suoni vivi e vitali con ironia e sentimenti nei luoghi e immagini in un pop ska affascinante. L’album termina con la fine del racconto che accompagna l’ascolto dell’album. Un disco che fa ballare e divertire, un suono colorato e ricco di sfumature. Un volo tra musica e immagini che lascia trascorrere momenti spensierati e allo stesso tempo intensi.

Recensione album “Carenza di logica” di Konrad

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L’album “Carenza di logica” parte con un intro che richiama un brano successivo “La donna del mare”, per poi passare al brano “Coincidenze” in cui si percepisce la rinuncia a un amore, parole dette con la voglia di fermare il tempo. Anche quando è chiaro che sia un’impresa impossibile. Sound e melodia semplice e una “r” forse troppo calcata. La canzone “La donna del mare” richiama le atmosfere “alla De Andrè”, racconta una storia in modo fluido con un testo che funziona. La melodia non appare però molto originale. “Zaiana” racconta una strana atmosfera, a tratti anni ottanta. Anche in questo pezzo la melodia non colpisce per originalità. Il testo è criptico, la mancata chiarezza non aiuta a percepire il contenuto del pezzo. Ansia, ma che nasce per il motivo sbagliato. “L’eretico statico” è un brano con un sound che nasce dalla musica popolare. Il brano è dinamico, con richiami a una musicalità che ricorda lo Ska con aperture a un jazz affascinante. “Il bene e il male” è un pezzo un po’ monotono a causa del testo che non colpisce. C’è una buona base musicale e un sound che si fa ascoltare. “Lost and happy” rappresenta una ballata intensa e ipnotica che si lascia ascoltare. “Dalla polvere” è invece una ballata con una musicalità profonda che attrae. Un testo anche in questo caso semplice, che prova a essere criptico. Pop che sfocia in un rock particolare. Nel complesso il brano di lascia ascoltare piacevolmente. “Vivere a metà” è un ipnotico esperimento musicale. Un vortice di musica e parole avvolgenti, un suono che trascina verso una dimensione nuova e inesplorata. Bella. “Il sonno e il mare” è un brano che parte con un sound tra elettronica e suoni più popolari. E’ una favola criptica su un tappeto musicale particolare. “Carenza di logica”, il pezzo che regala il titolo all’intero album, è una ballata intensa, che evoca atmosfere e pensieri lontani, ma che sembrano provenire da molto vicino. Da dentro. Una logica che scivola nell’effimero, nel gioco di sguardi in un’ottica diversa. La ricerca di se attraverso altri occhi, altri amori. Altri ricordi. “La stella pomeridiana” possiede un suono elettronico che richiama gli anni ottanta, non troppo originale. Il testo gioca sul tempo, e sui richiami stilistici e campi di atmosfere su generi diversi. La ballata “Timido fare” chiude il disco in un modo teatrale, con richiami alla musica cantautoriale italiana. L’album “Carenza di logica” è certamente strano, con tanti passaggi e cambiamenti che rendono difficile l’ascolto. Il senso pare di voler richiamare atmosfere più teatrali che riferite al pop tradizionale, ed è un’idea intrigante, tuttavia l’ascolto lascia emergere una certa complessità nella musica, che tutto sommato può piacere. I testi sono in alcuni casi troppo semplici per poter ambire a un impatto criptico e teatrale. La mia idea molto personale è che una miglior dizione, magari calcando meno sulla “r” potrebbe rendere più gradevole l’ascolto di alcuni passaggi dei difficili nei testi. Ma questo è solo un consiglio personale. Alcuni brani colpiscono in modo maggiore per la miscela tra melodia semplice e suono elettronico, con un impatto forse più strumentale, ma che rimangono ben impressi. Vale la pena di lavorare in questa direzione. Nel complesso il disco è da ascoltare più volte, ma rifletta una complessità che di sicuro non rende il disco prevedibile. Particolare.

Recensione album “Naufragati nel deserto” di Rebis

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Un intro strumentale dai suoni ipnotici apre il disco “Naufragati nel deserto” e prosegue con un brano dai suoni in bilico tra etnico e musica popolare “Pir meu cori”. Un dialetto. Una lingua. La passione sei suoni e delle note. Atmosfere. “L’attesa” è il fiorire dei sogni. E’ aspettare il meglio, il verde. Il futuro. “Un mare” è un’istantanea di sapori e colori. Emozioni al suono di una natura possente. Una voce che trasmette amore amaro e sfumature di fuochi e immagini. “Domani” racconta il suono di paese. Del paese. Lasciare al domani il peso degli istanti. Dei pensieri. Una solitudine voluta. Un addio con dentro la voglia di tornare. “Naufragata nel deserto” è una storia melodiosa che sembra viaggiare nel tempo. Librarsi nei cambi di tono. La musica come un dono mistico. “La neve e le rose” parla col simbolismo della natura. I petali. Le spine. Perdersi tra lacrime e parole. Estemporanee di ricordi. L’attesa dei giorni a venire. Emozioni. “Ya Yasmina attunsiy” è un pezzo avvolgente tra musiche ancestrali, poesia e melodia, incanto e malinconia. Parole esplose nella notte. Corpi lacerati. Anime depredate della loro essenza. Resistenza. Pazienza. Sbarre. La sofferenza. La sopportazione. La voglia di libertà. “La notte di San Giovanni” è come un ballo, un brano dinamico. Un vortice di parole. Un ballo senza fiato. “Tra le nuvole” è una ballata incantevole. Sogno ed estasi. Le età del domani. Degli istanti che si librano in volo. Appassionante viaggio tra le note e attraverso le parole. “Alla luce” è una tagliente melodia. Ipnotica e coinvolgente. Amabile rincorrersi di immagini in musica. “Riflessi di tegole” è una canzone evocativa nella potenza delle immagini. “Qualcuno nessuno” sussurra nel soave intreccio di parole, avvolgente incanto di suoni e sensazioni. L’album è appassionante e ricco di contaminazioni del mediterraneo, gioca sui suoni etnici e su quelli popolari. Porta il sapore del mare, l’odore dei sogni fino a un passo da casa. Racconta storie e le disfa. Per poi ricrearle ancora sotto una luce nuova. Un disco particolare e intenso.

Recensione album “Mondo Matrioska” di Gae Campana

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L’album “Mondo Matrioska” di Gae Campana è incantevolmente jazz. Appassionato e accattivante. Lo si percepisce già dall’incipit “Vorrei conquistare il mondo”. Il brano “Quintino ha perso il treno” è ricco di energia, immagini positive e uno swing attraente. Il pezzo che regala il titolo all’album “Un mondo matrioska” è intriso di un bel jazz con contaminazione folk. Una musicalità che ha le sue origine nel sound popolare. Una buona soluzione che coinvolge. Suoni e strumenti che riportano al passato in uno straordinario presente.“Un mondo nuovo” è una ballata dal sapore ipnotico con ampie venature di poesia. Un risveglio e genesi di un sentimento. Che nasce e muore. Quando tutto cambia. Per poi cambiare ancora. “Un po’” è una canzone con una melodia semplice e concetti diretti. Immagini e prospettive. Vive. Storie coperte di polvere, da ascoltare e riascoltare. Spogliarsi di se stessi. Ritrovarsi. Musicalità delicata. Una favola. “Quanta strada” è un amabile jazz, un canto. Un viaggio. Onde e note leggere. Gioco di sguardi. Cercare, e perdersi nell’irraggiungibile. “Non dimenticare” è un bel jazz, vocalità intensa. Parole a rincorrere foto cariche di colori e sensazioni. Sussurrate note di pianoforte e discorsi di sax per un brano che volteggia su flessuose pagine di musica. “Non cadrai” è un tuffo nelle intense sensazioni e nelle emozioni di un momento. Nel cerchio leggero, disegnato sulla sabbia e perso negli occhi. Cadere su un soffice cuscino di melodia. Su una nuvola. “Solo adesso” è un pensiero incantato. Un sound dinamico, una ballata particolare nel suono amaro di un addio. Nella passione del perdersi. Nel concedersi a un ricordo. “Trivella più che puoi” è come un’estemporanea jazz con immagini sfumate. Genesi delle sensazioni. “Non dimenticare – reprise” chiude il disco con un gioco e una trasformazione del pezzo “Non dimenticare”. L’album “Mondo matrioska” è un ottimo disco, raffinato ed elegante, carico di sensazioni da cui lasciarsi cullare. Evocativo e affascinante. Da ascoltare.

Novel review: “Love Anthony” by Lisa Genova

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“Love Anthony” is such a passionate novel. Every page of this books is pure emotion. Through desires, dreams and weaknesses, every character appears autentic and charming. Beth is a betrayed woman, but she still loves her husband Jimmy. She’s trying to find herself: she starts writing again after years with a new novel whose protagonist is an autistic child. Olivia is a woman who has lost something really important, as her will to live. She lives alone on a island, on the stormy beaches of Nantucket. She looking for some answers about Anthony’s life and about her ex-husband David. “Love Anthony” is a trip into the Anthony’s mind. Into his amazing world. A strong novel, sad at times, that brings hope, as summer always does every year, There you can find love in everything, even in a betrayal. The author writes about autism in a new way, explaining how it works, how to “fight” it. She recounts Anthony’s point of view and every emotion of the family members that need to understand his mind. Lisa Genova tells a story about parent’s drama, about a war between feelings. And she propose a solution: love is everywhere and is the only thing that never dies.

Thank’s to Rossella Rasulo for her collaboration.

Recensione concerto Zibba @Hiroshima a Torino e intervista

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Il tour post-San Remo di Zibba e gli Almalibre parte dall’Hiroshima Mon Amour di Torino. La scaletta unisce pezzi che hanno fatto la storia artistica di Zibba come “Margherita”, “La notte che verrà” e “Anche se oggi piove” ai pezzi più recenti brani come “Bon Vojage” e “Come il suono dei passi sulla neve” oltre alla ormai famosissima “Senza di te” presentata a Sanremo. Nuovi arrangiamenti e uno stile più maturo sono la caratteristiche di questo spettacolo. Nuove sonorità e pezzi risuonati con una nuova luce e che rispecchiano in pieno lo stile del nuovo disco “Senza aspettare l’estate”.  Arrangiamenti scandiscono il tempo di un’evoluzione artistica che negli anni hanno condotto Zibba sino al prestigioso palco dell’Ariston, passando per prestigioso Premio Tenco. E’ una serata di pioggia, ma non sufficiente per fermare il numeroso pubblico accorso all’Hiroshima. Canzoni come “Nancy”, in una nuova versione, e “Prima di partire” fanno cantare il pubblico. Momenti di assoluta poesia con le incantevole “O Mae Mà” e “Dove i sognatori son librai” e “Una parola illumina”. Un breve medley ricorda brani storici e bellissimi ed evocativi per chi ha seguito Zibba per tanti anni “Un’altra canzone” e “In una notte con solo sue stelle”. Le bellissime canzoni di Zibba si susseguono, comprese le cover divenute famose come “Ciao, ti dirò”, “La vita e la felicità” (la canzone vincitrice di X-Factor, cantata da Michele Bravi e scritta in collaborazione con Tiziano Ferro) e “Il mio esser buono”, portata al successo da Cristiano De Andrè. Stupenda e coinvolgente anche la canzone che regala il titolo al nuovo album “Senza pensare all’estate”. I nuovi arrangiamenti dei brani più e meno recenti del cantautore ligure raccontano una crescita professionale e denotano una maturazione artistica. I brani saporiti e popolari fanno posto a una vena che diventa sempre più profonda e intimista. Temi che toccano tanti aspetti della vita, dal fumo del bar a parlare di donne, alla birra dopo il concerto, all’amore in tutte le sue sfumature. Per una donna. Per un figlio. Luoghi e odori conosciuti lungo la strada e cari a Zibba e un continuo riferimento al mare. Uno dei punti di forza della musica di Zibba e gli Almalibre. Emozioni e incanto che dal concerto rimangono nella memoria e nelle sensazioni. Così come dal primo concerto. Un successo sicuramente meritato, frutto di tanto lavoro e passione per la musica e per il palco. Tutte caratteristiche che non smettono di coinvolgere. Un bel concerto, espressione piena anche del nuovo disco “Senza pensare all’estate”. Assolutamente da ascoltare.

Abbiamo posto alcune domande a Zibba:

Gli arrangiamenti del nuovo disco e del tour sono frutto di una naturale evoluzione artistica o di una precisa scelta stilistica?

Frutto di una serie di incastri, di energie. Sicuramente c’è un’evoluzione artistica che sta prendendo forma e che vedrà nei prossimi album andare in una nuova direzione, ancora una volta, il nostro suono generale. L’inserimento delle percussioni e dei synth sta caratterizzando anche il mio modo di scrivere e pensare gli arrangiamenti.

“Senza aspettare l’estate” è una canzone particolare e racconta un modo di pensare, un tentativo di godersi il momento. Temi a volte davvero di svegliarti e non essere poeta?

Si, capita spesso. Quando come tutti cado nel tranello di far comandare solo la mente. Siamo spesso in attesa che qualcosa, le stagioni, dio, gli altri, portino luce nelle nostre giornate. Meglio muovere il culo e provare a cambiare le cose per come vorremmo fossero. Mettersi nella condizione di essere felici sempre è un lavoro duro ma paga. Ci vuole coraggio e passione anche qui.

La tua è una carriera lunga, che parte da lontano. Quanto conta la classica “gavetta” per raggiungere la qualità dei tuoi dischi?

Forse conta, ma conta anche la band. Conta come si sta quando si entra in studio. Zibba e Almalibre non sono mai stati così sereni e liberi di godersi i momenti. Questo cambia le cose, nel suono e nel colore. Poi ci metti tutti gli anni di palco e tutti i dischi fatti, l’esperienza e tutte quelle cose che sappiamo aiutano a sentirsi più sicuri. Ma di fondo sei tu, la qualità di quello che fai passa per quanto avevi voglia realmente di farlo.

Negli ultimi tempi hai collaborato con numerosi artisti importanti, cosa hai imparato da loro? Quanto sono stati importanti nel raggiungimento di questo successo?

Da ognuna delle persone incontrate nel cammino provo a prendere il massimo. Conta. Tutti ci insegnano qualcosa anche indirettamente. Non sarei quello che sono, qualunque cosa io sia, senza aver incontrato chi mi ha fatto tremendamente bene o maledettamente male. Si elabora. Si cresce. La musica non è mai un fatto solo personale.

Come riesci a gestire la vita familiare con un’attività musicale intensa che ti porta a girare l’Italia e che d’ora in poi non potrà che aumentare?

Con la fortuna di avere accanto persone che capiscono, che amano quello che faccio e il come. D’altronde stare con un cantante non è mai stato semplice per nessuno. Ci si impegna al massimo quando l’obiettivo comune resta invariato nonostante gli eventi. Costruendo senza aver paura di sbagliare. Consapevoli che sbagliare serve quanto far bene.

Anche l’ultimo disco è stato prodotto da etichetta indipendente, temi che l’ingresso nel panorama delle major possa in qualche modo modificare la tua naturalezza nello scrivere che abbiamo imparato ad apprezzare sin dai primi dischi?

No, semplicemente prima di cedere il nostro lavoro nelle mani di qualcuno vorrei trovare le persone giuste. La differenza tra major e indipendenti non è più così enorme, noi preferiamo restare soli fino al momento in cui riusciremo a trovare un discografico con il quale poter condividere valori e birre al bancone oltre alle prospettive lavorative. Sono fiducioso, ma per ora restiamo noi. Nulla potrà mai snaturare quello che siamo, non ce ne sarebbe motivo. Facciamo musica perchè non possiamo farne a meno, perchè amiamo tutta l’energia e la passione che sono nutrimento per le nostre giornate. Resteremmo noi comunque

Ringraziamo Zibba per la gentile collaborazione.