Valeria Crescenzi. La voce, le parole.

Pubblicato il Lascia un commentoPubblicato in Articoli, Recensioni

Non molto tempo fa, alla premiazione del premio InediTO al Salone del Libro di Torino, ho scoperto un’artista davvero interessante che ancora non conoscevo. Si chiama Valeria Crescenzi. Cantautrice intensa nella voce e con brani che si lasciano ascoltare, decisamente attraenti e con uno stile affascinante. Il brano “Unghie” è un bel racconto, una strada fatta di metafore taglienti, di sogni e di pelle, cercarsi oltre le mani. Il senso più profondo, nota dopo nota. Istante dopo istante. “Natale” è una canzone carica di colori, di immagini succose e brividi che restano lì, appesi a quel momento così strano, che sembra incomprensibile. Quando attorno cambia tutto, ma si vuol restare lì. A guardarsi dentro. Sapendo che quel che cerchi, lì, non lo troverai. In “Mani giunte” sembra di risentire una giovane Carmen Consoli, intensa e comunicativa. Sfumature colorate e amare, giorni che si lacerano, tra le pieghe di un tramonto, tanto bello dal sembrare cattivo. Il pezzo “Il contrario” svela l’anima, come una certezza che incanta il dubbio stesso, come il cercarsi senza chiedere il permesso. L’attesa che diventa una visione chiara. Certa. Chi sei, nelle carte da gioco, nel gioco del trovarsi. Vivi. Ne “La donna vera” c’è un filo di voce che racconta un mondo sconosciuto, in un viaggio oscuro e pieno di senso. Un profondo incanto. Un incauto istante. Quel che nessuno può capire. L’anima di una donna. Quello che vuole. Che quello che cerca. Quello che è davvero. Il suo volto, perso nelle vibrazioni delle corde di una musica e di una verità indissolubile. Valeria Crescenzi è una cantautrice da scoprire e da seguire con grande interesse.

Recensione “Diario da Haiti” di Ignazio Schintu e Francesca Basile

Pubblicato il Lascia un commentoPubblicato in Recensioni

“Diario da Haiti” ė un flusso pensieri, immagini e momenti intensi. C’ė tutto il senso di una missione del Croce Rossa in uno dei luoghi devastati dalla natura, da un terremoto che ha colpito e distrutto speranze in una comunità già povera e con pochissimi mezzi. Ogni pagina di questo libro racconta però la voglia di vivere e rinascere dalle macerie, dalla malvivenza che imperversa nelle strade. Dalla polvere. Si riesce a sentire in ogni parola dalle proprie ceneri. Si percepisce in ogni parola la passione per una scelta di vita. Per una missione. L’impatto psicologico di calarsi in una vita nuova, dove bisogna ricostruire tutto e aiutare un popolo a rialzarsi, garantendo loro i bisogni primari. Un aiuto concreto ai vulnerabili. A uomini e donne che hanno vissuto un trauma, che hanno perso i propri cari. Il libro racconta in modo dettagliato e scorrevole cosa vuol dire la costruzione di un campo di emergenza, i meccanismi che si celano dietro il progetto di missione, gli equilibri interni, i momenti critici e i legami che si sviluppano con le persone del posto, con i workers, che supportano gli operatori della Croce Rossa Italiana nei lavori necessari per mandare avanti un campo di emergenza. “Diario da Haiti” racconta il senso più profondo dell’accoglienza e della gestione dell’emergenza. Un mondo difficile. Ricco di insidie e ostacoli da superare tutti i giorni. Molto bella l’immagine del “fare l’acqua”, la caparbietà e la volontà degli operatori di riparare il potabilizzatore, necessario per garantire acqua potabile in un luogo della terra in cui l’acqua è il bene più prezioso. Unviaggio nella psicologia dell’uomo, dell’anima, nell’anima. Dare tutto per ottenere il benessere delle vittime, dei vulnerabili. In un mondo che corre veloce, che non rispetta niente è una lezione di vita importante. Un libro che nasce dal bisogno di raccontare cos’è davvero una missione dell Croce Rossa Italiana, quali sono le difficoltà. Come lavorano gli operatori e quanta professionalità e dedizione mettono nel loro lavoro. Rendere partecipi della complessità del mestiere di operatore di Croce Rossa Italiana. L’importanza di muoversi in fretta e con efficienza, senza tralasciare la sensibilità. “Gli operatori non sono degli Indiana Jones. Sono persone, che devono saper convinvere con la sofferenza. Anche con la morte” ho sentito dire a Ignazio Schiuntu durante la presentazione di questo libro al Salone del Libro. Credo che questa frase racchiuda il senso di “Diario da Haiti”. Un testo che ben si inserisce all’interno e oltre le polemiche che riguardano l’accoglienza dei migranti. Un viaggio da leggere, comprendere e assolutamente consigliato, scritto in modo diretto, schietto e magnetico.

Recensione album “Mezzanota” di Chiara Jerì e Andrea Barsali

Pubblicato il Lascia un commentoPubblicato in Recensioni

L’album “Mezzanota” del duo Chiara Jerì e Andrea Barsali è intenso e attrae con melodie e atmosfere soffuse e taglienti. C’è tensione, brividi e incanto. Tutto quel che può dare un disco. Ma entriamo nel vivo di questo album. “Goccia a goccia” è un pezzo profondo, carico di sensazioni e parole che plasmano le emozioni. Mattone su mattone. Brividi. Sogni che si fanno guardare, appesi al soffitto. Poi, la pace. In “Amore mio, hai ragione” c’è l’amarezza che si vede oltre il buio. Quella sofferenza celata nei silenzi. Quelli che tornano, all’improvviso. Che lasciano persi. Aldilà della luna. Reinventarsi e ritrovarsi, tra le ombre del buio. L’involucro dell’anima. Il brano “Canzone II” racconta del cercarsi, tra strade sconosciute, parole da incantare. Suoni che stregano. Nobiltà di intenti, misteri di un sentimento che non si fa capire mai davvero. “Fino all’ultimo minuto” è una ballata “leggera” che viaggia nelle profondità di un pensiero. Nel senso di una lacrima. Nel vuoto di un ricordo. “Innesco e sparo” è un pezzo con un suono tra folk e ballata popolare che contiene sprazzi di immagini e scene. Ipnosi. Genesi del mondo. Il senso oscuro dell’anima. La difesa di quel senso. Fino all’ultimo. Veleno e gioco sporco, parole, ossimori che incantano in una canzone senza tempo. “Ballata della ginestra” è una lettera che nasce nella notte. Dalla notte. Dalle parole taglienti della passione di un favola. Dove un fiore nasce e un sogno cresce. Vive. Si innamora. “La donna cannone” è una canzone che certo non ha bisogno di presentazioni e in questo brano i due musicisti creano un vero omaggio, una perla che lascia senza parole. Incantevole. “Notturno dalle parole composte” è un poetico abbandono, quando la voce diventa roca. E il vento si fa insistente. L’inverno ora ha paura. Di un amore che nasce. Ed è forte. Perché sa ferire. A modo suo. “Vorrei” è come perdersi, nelle note e nel tempo che scandiscono. Inesorabili. L’assenza. Quella pausa che sembra non voler finire. L’essenza. Di scivolare lì infondo dove tutto svanisce. E torna allo stesso tempo a rinascere. Dai semi di un amore che non sa morire mai davvero. “Mezzanota” è un album che ipnotizza per le atmosfere e le immagini. Che svela l’amarezza e la veste di senso e colori. La rende viva. Quasi una persona. Tra favole crude ed emozioni nude. Che senza pietà entrano dentro. Voce incantevole e musicalità eccelsa. Un ottimo disco. Passionale, dolce e spudorato nella sua essenza. Un disco vero.

Recensione album “Libera te” di Roberta Pagani

Pubblicato il Lascia un commentoPubblicato in Recensioni

L’album “Libera te” di Roberta Pagani inizia con il brano “Nuova Luna”. Un pop che ricorda il sound anni ’80. Una melodia che non sembra tuttavia decollare. Una voce che dimostra molta tecnica, ma la base che colpisce.e la struttura melodica è carente. La canzone “Tesla” è ricca di metafore, e richiami sentimentali per una melodia che anche in questo caso non entra nel vivo, troppo nebuloso e ripetitivo. “La legge di Darwin:” è il tentativo anche in questo caso di sfruttare l’analogia per costruire un testo originale, l’idea potrebbe funzionale, tuttavia la base e la melodia peccano. I giri vocali tendono a somigliarsi troppo verso dopo verso. Brano troppo gridato. “Gocce di inconscio” è un brano che si discosta in alcune parti dalle canzoni precedenti, c’è una miglior dinamica e flessiosità dell’incastro voce e melodia. Come già evidenziato nei pezzi precedeni la metrica apparre molto appesantita sulla melodia ripetitiva. “Libera te” è un pezzo che convince poco, con un ritornello che non funziona. Si percepisce la volontà di richiamare atmosfere anni ’80 o comunque del pop di quel periodo, ma il risultato è di non individuare l’obbiettivo. Ricorda alcuni brani di Antonella Ruggiero, con metafore ed evoluzioni vocali. Si percepiscono però le criticità già citate.“Naturale” è un brano che suona con una vaga tentenza dance, ma con una musica e un sound completamente non attuali. Il testo è vittima di una metrica che anche in questo caso non convince. L’album “Libera te” è un album che tenta di richiamare atmosfere conosciute, ma non affonda le radici. Ci sono metefore complesse che appesantiscono i testi e non danno lustro alla vocalità che potrebbe dare di più con melodie più studiate. Le basi non suonano bene e poco si adattatano alla voce dell’artista. C’è ancora molto da lavorare.

Recensione dell’album “No Chains” di Idhea

Pubblicato il Lascia un commentoPubblicato in Recensioni

Il disco dell’artista Idhea inizia con “Allora stai con me” che è un brano orecchiabile, tra rock e pop in alcuni casi troppo prevedibile. “Attimi” è una canzone che ha radici nel pop, e presenta concetti semplici. Evocazione di immagini di vita. “Gli alibi del cuore” è una ballata ad alto contenuto sentimentale. Voce piena, tecnica. perde in naturalezza. “Inno alla terra” è un pezzo con un bel sound con un testo che tenta di essere sociale con un ritornello orecchiabile. Si parla di natura, ma senza troppa convinzione. “Love or friends” è un brano in lingua inglese con un tema anche in questo caso non originalissimo. Tutto sommato la canzone suona bene. “Nel mistero della notte” è un’altra ballata con testo troppo pop. “No chains” è un brano ritmato con sfumature rock and roll. Suoni che richiamano più gli anni ottanta cotonati che un futuro immediato. “Non è possibile” ha una base che ricorda quelle di alcuni brani degli Evanescence ma con un testo che appare leggero e con poco coinvolgente. “Un’amicizia così” ha bei suoni di chitarra con tema amicizia e ipocrisia. Melodia che sembra non partire e amalgamarsi con la musicalità che invece attrae. “Wanted love in a while” anche in questo caso il chitarrista fa il suo dovere e regala un’anima molto rock a un pezzo che nel complesso non colpisce. Il disco ha indubbie potenzialità, oltre a una bella voce ci sono anche ottimi musicisti, a colpire meno le melodie già ascoltate e i testi risultano poco sviluppati che risultano troppo semplici. La critica è necessaria perchè osando un po’ di più e sfidando il pop più classico l’artista potrebbero trovare una linea davvero potente, magari scegliendo tra il canto in italiano o inglese.

Recensione album “Lost in Time” di Regina

Pubblicato il Lascia un commentoPubblicato in Recensioni

L’album “Lost in time” di Regina contiene un brano inedito che regala il nome all’album e sei reinterpretazioni delle famosissime canzoni dei Queen. Il primo brano è proprio l’inedito “Lost in time”, una canzone in pieno stile Queen, carica di intensità e suonata da ottimi strumentisti e una voce che non fa rimpiangere Mercury. “I want you” è una delle canzoni dello storico gruppo dei Queen. L’interpretazione è carica di determinazione e voglia di suonare. Versione molto colorata con un ottimo impatto sonoro. “Keep yourself” è una versione live eseguito molto bene, con un’energica interpretazione e ottimi suoni. “Love of my life” rappresenta una reinterpretazione del classico dei Queen, le emozioni passano e attraversano l’aria,oltre la musica. La reinterpretazione non modifica affatto il senso originale del pezzo. La versione di “Bohemiam rhapsody” è anche in questo caso molto interesssante. Regina fa riviviere il brano con maestria ed esperienza che si percepisce nota dopo nota. Per la gloriosa “we are the champions” non c’è bisogno di presentazioni. Questa interpretazione non ne altera la bellezza e l’intensità dell’originale. Suona bene, anche grazie all’ottima voce del cantante. Molto trasporto. Il disco presenta molto bene la band che sicuramente renderà anche meglio nei vari live in giro per l’Italia. Sicuramente un gruppo e un cantante da ascoltare. La passione per i Queen si sente e si fa ascoltare.

Recensione album “Me stesso” di Lazy Haze

Pubblicato il Lascia un commentoPubblicato in Recensioni

L’album “Me stesso” di “Lazy Haze” racchiude brani che denotano una forte decisione e determinazione dell’autore e ogni traccia presenta spunti interessanti. Entrano nel merito, il pezzo che apre il disco si chiama “Bisogno di nessuno” e regala un hip hop semplice ed è molto orecchiabile, tuttavia non posso non segnalare un erroraccio grammaticale. Il congiuntivo esiste. usiamolo. Altra pecca di questo brano è che in alcuni passaggi ricorda troppo lo stile di Mondo Marcio. Il brano “Madame” possiede un flow affascinante e un testo particolarmente sensuale. L’impatto della canzone è positivo, anche grazie alla base semplice e orecchiabile. “Pazzi per Mary” affronta un tema sociale, la criticità del mondo dei giovani di oggi in un mondo di apparenza e di sogni infranti nel sesso facile. “Musica” parla delle emozioni. Una realtà parallela in cui la musica è la cosa più importante. Cercare la strada, sulla strada. Oltre, la strada. Immaginare un mondo diverso. Lasciarsi trasportare dalla musica. “Se un dio c’è” é quasi una preghiera, invocare qualcosa. Qualcuno. Evocare lo spettro della speranza che si è persa. “Solo” mette a nudo l’amarezza che scivola tra i versi, la necessità di dover andare avanti. Necessario lottare fino all’ultima rima. La canzone “Me stesso” viaggia su un rap che presenta una certa durezza pur restando orecchiabile e consentendo di lasciarsi trasportare dalla musica. Anche in questo caso segnalo lo strafalcione verbale. E’ un punto importante questo, che può determinare la validità o meno di un disco, poiché dalla musica ci si aspetta di veicolare cultura soprattutto ai più giovani ed errori riscontrati nel disco non sono per nulla tollerati. Aldilà di questo aspetto il disco scorre bene e rivela molti aspetti positivi su cui lavorare. I testi si dimostrano ancora acerbi ed è necessario puntare su argomenti più originali per distinguersi dagli altri rapper. Da evidenziare l’assenza di dissing diretti, che in questi casi appesantiscono i brani senza aggiungere nulla. L’inizio promette bene, correggendo alcune cose si può raggiungere un buon rap. Da riascoltare nelle prossime produzioni.

Recensione album “McMao” dei Management del Dolore Post-Operatorio

Pubblicato il Lascia un commentoPubblicato in Recensioni

L’album “McMao” del gruppoManagement del Dolore Post-Operatorio è sicuramente originale è ricco di spunti interessanti. Un modo particolare di affrontare temi anche complessi, con sfumature a volte cupe ma cariche di significati. Il brano che apre il disco è “La scuola cimiteriale”, un pop ipnotico creato da metafore con parole taglienti. Un sound che sembra affondare le radici nella musica italiana geniale di Rino Gaetano e del rock del primo Celentano. “Hanno ucciso un drogato” è un pezzo con un sound tekno-pop con venature rock e testo profondi e coinvolgenti. Chiudendo gli occhi ricorda il primo Vasco. Quello rimasto nel mito per spregiudicatezza e coraggio di osare con una musica diversa. “Coccodè” racconta il tempo dell’ipocrisia, del rischio perfetto. Calcolato. Delle parole a metà tra inganno e verità. Il posto più pericoloso è proprio a un passo. “Oggi chi sono” è un brano in cui è il volto che racconta. Che nasconde. Che si vende nel mondo dell’immagine di carne e anime perse. Lo specchio del nulla. “Il cantico delle fotografie” è una ballata amara, dura. Un velo di rassegnata speranza. Di spietato realismo. Il brano “La pasticca blu” parla d’amore. Un gioco di cartone, di ruolo. Una verità svelata che altro non è che ciò che non siamo. Un amore retorico. Chimico. Cinico.  “James Douglas Morrison” è una canzone particolare. Rinnegare il demone, l’inizio, l’incipit di un ritorno di un maledetto sconto. Di una fiamma che brucia troppo in fretta. Fama. Fame. In “Requiem per una madre” è come dormire all’infinito. Sfuggire a un incubo fin troppo reale. Un bagliore di buio. Scontrarsi con una realtà meschina. Infame. Reale. “Il cinematografo” è una canzone in cui sono protagoniste le analogie cinematografiche, sogni troppo uguali. Banalità da ciak senza sorprese. Un quadro fin troppo vero. “Fragole buone buone” è un gioco di metafore e immagini più forti. Bel sound. “La rapina collettiva” è un gioco incantevole di specchi, intrecci di parole e concetti. Un ipnotico racconto. Duro e metaforicamente amaro. Un disco che ha come caratteristiche l’originalità unita a una ricerca musicale raffinata e a radici forti nella musica italiana e internazionale. Un mix di stili e un’elegante esecuzione e reinterpretazione della realtà creano un sound e un impatto musicale forte e convincente. Un bel disco.

Recensione album “L’invasione dei Tordoputti” dei Tuamadre

Pubblicato il Lascia un commentoPubblicato in Recensioni

L’album “l’invasione dei Tordoputti” dei “Tuamadre” racchiude ironia e una musicalità attraente. Un disco ben suonato e che non manca di testi interessanti. Una delle sue particolarità è il racconto snocciolato dalla voce narrante durante l’intero disco. Si parte proprio con l’incipit di questa storia ironica e divertente. Il primo pezzo é “She don’t know” e si presenta con uno ska dinamico e colorato con un bel testo affascinante. “Swingin’fits” é un brano con giochi di metafore, sarcasmo e ricordi di serate alcoliche. Come non parlare di una donna. Che ammalia.”Nel villaggio” é la seconda puntata del racconto che narra della ricerca dei famigerati Tordoputti. Punto staccherò divertente tra un brano e il successivo. “Please don’t make me blue” é una ballata in levare con sfumature blues e pop. Un brano decisamente avvolgente. “Up & down” vola sui fiati a rincorrere il calore di un’estate. Si tratta di un pezzo rovente. Come un raegge in cui la musica che traspira da ogni poro. “Castaway” regala un ritmo travolgente in un pezzo che è un vortice di sensazioni. un drink di note,gusti e sapori diversi. “Amici noi” è una canzone che racconta le amicizie sbagliate. L’egoismo. il tutto con leggerezza e ironia in levare. Parlare. Parlarsi. “Risotto di peli” rappresenta la terza puntata dell’esilerante racconto dei Tordoputti. Schifosamente divertente. “Amon transsexualle” racconta di un personaggio particolare e quantomai attuale. Una strana normalità. Ossimoro perfetto in un tagliente sarcasmo e in un gioco di ruoli e immagini. “Banana nana” é una favola surreale. Una metafora a incastro di sensi e ambiguo rincorrersi di parole in rima. “Batterista sulla luna” é un rock il cui sound è una miscela di ska, raeggae e pop rock. “Amy gorilla” regala suoni vivi e vitali con ironia e sentimenti nei luoghi e immagini in un pop ska affascinante. L’album termina con la fine del racconto che accompagna l’ascolto dell’album. Un disco che fa ballare e divertire, un suono colorato e ricco di sfumature. Un volo tra musica e immagini che lascia trascorrere momenti spensierati e allo stesso tempo intensi.

Recensione album “Carenza di logica” di Konrad

Pubblicato il Lascia un commentoPubblicato in Recensioni

L’album “Carenza di logica” parte con un intro che richiama un brano successivo “La donna del mare”, per poi passare al brano “Coincidenze” in cui si percepisce la rinuncia a un amore, parole dette con la voglia di fermare il tempo. Anche quando è chiaro che sia un’impresa impossibile. Sound e melodia semplice e una “r” forse troppo calcata. La canzone “La donna del mare” richiama le atmosfere “alla De Andrè”, racconta una storia in modo fluido con un testo che funziona. La melodia non appare però molto originale. “Zaiana” racconta una strana atmosfera, a tratti anni ottanta. Anche in questo pezzo la melodia non colpisce per originalità. Il testo è criptico, la mancata chiarezza non aiuta a percepire il contenuto del pezzo. Ansia, ma che nasce per il motivo sbagliato. “L’eretico statico” è un brano con un sound che nasce dalla musica popolare. Il brano è dinamico, con richiami a una musicalità che ricorda lo Ska con aperture a un jazz affascinante. “Il bene e il male” è un pezzo un po’ monotono a causa del testo che non colpisce. C’è una buona base musicale e un sound che si fa ascoltare. “Lost and happy” rappresenta una ballata intensa e ipnotica che si lascia ascoltare. “Dalla polvere” è invece una ballata con una musicalità profonda che attrae. Un testo anche in questo caso semplice, che prova a essere criptico. Pop che sfocia in un rock particolare. Nel complesso il brano di lascia ascoltare piacevolmente. “Vivere a metà” è un ipnotico esperimento musicale. Un vortice di musica e parole avvolgenti, un suono che trascina verso una dimensione nuova e inesplorata. Bella. “Il sonno e il mare” è un brano che parte con un sound tra elettronica e suoni più popolari. E’ una favola criptica su un tappeto musicale particolare. “Carenza di logica”, il pezzo che regala il titolo all’intero album, è una ballata intensa, che evoca atmosfere e pensieri lontani, ma che sembrano provenire da molto vicino. Da dentro. Una logica che scivola nell’effimero, nel gioco di sguardi in un’ottica diversa. La ricerca di se attraverso altri occhi, altri amori. Altri ricordi. “La stella pomeridiana” possiede un suono elettronico che richiama gli anni ottanta, non troppo originale. Il testo gioca sul tempo, e sui richiami stilistici e campi di atmosfere su generi diversi. La ballata “Timido fare” chiude il disco in un modo teatrale, con richiami alla musica cantautoriale italiana. L’album “Carenza di logica” è certamente strano, con tanti passaggi e cambiamenti che rendono difficile l’ascolto. Il senso pare di voler richiamare atmosfere più teatrali che riferite al pop tradizionale, ed è un’idea intrigante, tuttavia l’ascolto lascia emergere una certa complessità nella musica, che tutto sommato può piacere. I testi sono in alcuni casi troppo semplici per poter ambire a un impatto criptico e teatrale. La mia idea molto personale è che una miglior dizione, magari calcando meno sulla “r” potrebbe rendere più gradevole l’ascolto di alcuni passaggi dei difficili nei testi. Ma questo è solo un consiglio personale. Alcuni brani colpiscono in modo maggiore per la miscela tra melodia semplice e suono elettronico, con un impatto forse più strumentale, ma che rimangono ben impressi. Vale la pena di lavorare in questa direzione. Nel complesso il disco è da ascoltare più volte, ma rifletta una complessità che di sicuro non rende il disco prevedibile. Particolare.