Recensione del romanzo “Tre sassi bianchi” di Lisa Genova – Love Anthony

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Il romanzo “Love Anthony” e’ appassionante, intenso e carico di emozioni. I personaggi esplodono di una propria identità mettendo in mostra le fragilità, i desideri, i sogni, così da risultare affascinanti e soprattutto veri. Beth è una donna tradita, amareggiata, ma che non ha smesso di amare suo marito Jimmy. Beth cerca di ritrovarsi giorno dopo giorno e torna a scrivere dopo tanto tempo. Un libro il cui protagonista è’ un bambino autistico. Olivia e’ una donna che ha perso qualcosa di importante, non solo se stessa. Non solo il suo dio. Ha perso la sua ragione di vita. Vive sola, tra le spiagge tempestose di Nantucket, persa nella sua solitudine, nella mancanza di Anthony e del suo ormai ex marito David. Love Anthony e’ una viaggio che fa conoscere il piccolo Anthony, il suo mondo, attraverso gli occhi dei personaggi di questo romanzo. Un’atmosfera rarefatta, triste a volte, ma che riemerge nella forza dell’estate, come la rinascita della terra, della speranza. Di un’anima. Lisa Genova scrive una storia complessa e magica. Dura. Forte. Appassionata. Crea l’amore anche nel tradimento. Racconta cos’è l’autismo, come funziona. Sia dal punto di vista di chi ne è vittima, sia dei familiari che devono capire e convivere con questa realtà. Racconta del dramma dei genitori, della guerra con i loro sentimenti contrastanti. E di come l’amore sia l’unica strada. Che è l’unica cosa che non muore mai davvero.

Sveliamo il mondo di Chiara Dello Iacovo e il suo primo album “Appena Sveglia”

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“Introverso” è brano il che, dopo l’avventura di “The Voice”, ha svelato al grande pubblico di San Remo la bravura della giovane artista Chiara Dello Iacovo. Ho ascoltato il suo primo album “Appena Sveglia” e ora ve ne parlerò. Il primo brano si chiama “Vento”, un po’ come l’origine della malinconia, la necessità di dover prendere coscienza del tempo che si allontana e, nell’incedere dei ricordi , fare i conti con se stessi. “La mia città” racconta di un luogo, che è poi parte di noi stessi. Un luogo il cui confine è qualcosa che resta dentro, in fondo. Nei giochi d’apparenza, nei sogni di cui non puoi fare a meno. Narrare una storia, la propria, scritta sull’asfalto che racconta, proprio come l’inchiostro. “Donna” è un brano che scava nell’anima di una donna, nei suoi riflessi nascosti, negli istanti rubati. Nel cercarsi, nell’attimo in cui la sera incontra la notte e ci si guarda dentro. “Scatole di sole” è un pezzo introspettivo che racconta l’illusione di capirsi, di cercare una strada nuova che porta a ritrovarsi. E aggrapparsi a se stessi, e all’immagine di sè. “Soldatino” è la metafora della vita, delle delusioni che si presentano nel rincorrersi dei giorni, quando questo vuol dire crescere. Immagini che scandiscono la trasformazione delle speranze che diventano certezza. La vita non è come la immaginavi tu. Comprendere che il gioco è, spesso, truccato. “1° maggio” narra l’amarezza della ribellione, la storia di un sogno. La genesi del diritto, della lotta per ottenerlo. La storia tramandata sui muri di una città che appare spoglia anche quando è più facile tacere. “Genova” è una ballata elegante e intensa, un’istantanea che parla di un mondo intero. Una città che si specchia dai finestrini di un treno. L’attesa del mare. Genova è quel mondo. Genova e le sue ferite. I suoi ricordi. Il tempo che le toglie i colori, la rende sfumata. Genova è sentirsi un po’ lei. Nella sua musica, nelle sue melodie. Nella sua anima calda in cui si può anche affogare. “Il signor buio” è la notte porta pensieri, tesse ragnatele di ricordi e incanti. Nei momenti in cui si perde, e in cui ci si perde. Un sabato sera, in cui però credere ancora. Una melodia accogliente e avvolgente. “La rivolta dei numeri” è la nostalgia, fatta di numeri, di istanti. Anche questo in brano Chiara cerca se stessa e, forse, la trova. “Appena Sveglia” è un album riflessivo, orecchiabile ma profondo, svela un’artista giovane e di talento, che sa giocare con se stessa senza mai perdere di vista le sue radici. Che incanta con un’aria apparentemente stralunata, ma che svela maturità sia artistica che personale. Un personaggio e una persona. Due facce che regalano una sola identità, un po’ come la luna. Un bel disco.
Chiara Dello Iacovo è stata nostra ospite e le abbiamo posto alcune domande, ecco cosa ci ha risposto:
“Introverso” è brano il che, dopo l’avventura di “The Voice”, ha svelato al grande pubblico di San Remo la bravura della giovane artista Chiara Dello Iacovo. Ho ascoltato il suo primo album “Appena Sveglia” e ora ve ne parlerò. Il primo brano si chiama “Vento”, un po’ come l’origine della malinconia, la necessità di dover prendere coscienza del tempo che si allontana e, nell’incedere dei ricordi , fare i conti con se stessi. “La mia città” racconta di un luogo, che è poi parte di noi stessi. Un luogo il cui confine è qualcosa che resta dentro, in fondo. Nei giochi d’apparenza, nei sogni di cui non puoi fare a meno. Narrare una storia, la propria, scritta sull’asfalto che racconta, proprio come l’inchiostro. “Donna” è un brano che scava nell’anima di una donna, nei suoi riflessi nascosti, negli istanti rubati. Nel cercarsi, nell’attimo in cui la sera incontra la notte e ci si guarda dentro. “Scatole di sole” è un pezzo introspettivo che racconta l’illusione di capirsi, di cercare una strada nuova che porta a ritrovarsi. E aggrapparsi a se stessi, e all’immagine di sè. “Soldatino” è la metafora della vita, delle delusioni che si presentano nel rincorrersi dei giorni, quando questo vuol dire crescere. Immagini che scandiscono la trasformazione delle speranze che diventano certezza. La vita non è come la immaginavi tu. Comprendere che il gioco è, spesso, truccato. “1° maggio” narra l’amarezza della ribellione, la storia di un sogno. La genesi del diritto, della lotta per ottenerlo. La storia tramandata sui muri di una città che appare spoglia anche quando è più facile tacere. “Genova” è una ballata elegante e intensa, un’istantanea che parla di un mondo intero. Una città che si specchia dai finestrini di un treno. L’attesa del mare. Genova è quel mondo. Genova e le sue ferite. I suoi ricordi. Il tempo che le toglie i colori, la rende sfumata. Genova è sentirsi un po’ lei. Nella sua musica, nelle sue melodie. Nella sua anima calda in cui si può anche affogare. “Il signor buio” è la notte porta pensieri, tesse ragnatele di ricordi e incanti. Nei momenti in cui si perde, e in cui ci si perde. Un sabato sera, in cui però credere ancora. Una melodia accogliente e avvolgente. “La rivolta dei numeri” è la nostalgia, fatta di numeri, di istanti. Anche questo in brano Chiara cerca se stessa e, forse, la trova. “Appena Sveglia” è un album riflessivo, orecchiabile ma profondo, svela un’artista giovane e di talento, che sa giocare con se stessa senza mai perdere di vista le sue radici. Che incanta con un’aria apparentemente stralunata, ma che svela maturità sia artistica che personale. Un personaggio e una persona. Due facce che regalano una sola identità, un po’ come la luna. Un bel disco. Chiara Dello Iacovo è stata nostra ospite e le abbiamo posto alcune domande, ecco cosa ci ha risposto:

L’album “Appena sveglia” è un disco particolare musicalmente e decisamente impegnato. Quando é nata questa maturità artistica?

Io non lo definirei un album impegnato. Più che altro è un album sincero con se stesso, consapevole di sé, ma senza alcuna pretesa di imporre la sua visione delle cose

In quasi ogni brano si percepiscono le radici del territorio in cui hai lasciato un po’ di te stessa. Cosa ti ha lasciato una città strana come Torino?

In realtà la mia città natale è Asti, con la quale ho sempre avuto un rapporto un po’ contrastante. Torino la sto vivendo da poco, anche perché a causa del mio mestiere non ho troppo tempo da dedicare alla staticità. Di sicuro abbiamo molti lati comuni, tra cui quel modo discreto di lasciarsi solo…intravedere.

Il tuo è un disco che parla di speranze tradite e di sogni che restano ad aspettare. Consiglieresti a un bambino di sognare o di essere razionale?

Ma con che coraggio una ragazza che ha scelto di provare a vivere di arte potrebbe dire ad un bambino di non sognare? La razionalità è necessaria per non andare alla deriva ma è un salvagente che si sviluppa col tempo, grazie agli incidenti di percorso, alle sconfitte e ai conseguenti aggiustamenti di rotta che sei costretto a compiere, ma al timone della nave c’è sempre un sognatore, se no manco si esce dal porto.

Cosa ti aspetti da questo disco e dalla musica in generale?

Col XX secolo abbiamo imparato che attraverso la musica si possono creare delle vere e proprie rivoluzioni sociali e generazionali. Purtroppo credo che questa sia ormai rimasta un’utopia. Il nostro presente gioca in una modalità “onnipresente” dove è difficile catalizzare l’attenzione su una cosa in particolare che possa quindi funzionare da traino o da miccia per un cambiamento di grandi proporzioni. Siamo nell’epoca della condivisione e quindi credo che anche per quanto riguarda la musica l’unica cosa che abbia ancora un senso sia usarla come tramite per condividere, per metterci in contatto, per tenerci stretti gli uni agli altri. Insomma, l’unica cosa che per me sembra ancora avere un senso è l’amore, e la musica è il modo più efficace per disseminarlo.

Uno dei fili conduttori di questo disco sembra essere il rapporto con i numeri e il rapporto come un numero. Si possono codificare le emozioni?

Suggerisco di prendere uno studente di Lettere ed uno di Neuroscienze e porre ad entrambi contemporaneamente questa domanda. Dopodiché studiare gli effetti dell’esperimento ed imbastire una teoria su come la scelta di una determinata facoltà influenzi le tue scelte di vita a livello esistenziale.

Sei tu che cerchi la musica o é la musica che trova te?

Come in ogni relazione basata sullo scambio reciproco, di solito ci si incontra a metà strada.

Non ho potuto non notare che in questo album parli poco d’amore o comunque lo fai in modo indiretto, é una scelta?

L’amore in senso lato in realtà è la spinta primordiale che sottende tutti i miei testi, in modo più o meno evidente. Parlare d’amore in modo diretto non è mai facile, soprattutto a vent’anni quando di esperienza in merito ne hai davvero troppo poca e perciò rischi inevitabilmente di cadere nel banale.
6. Tu che ci sei riuscita, ci racconti come si sopravvive a un talent riuscendo a conservare l’originalità e l’intensità della propria identità?
Dipende sempre da cosa si è disposti a perdere: prima di entrare in un meccanismo del genere bisogna avere ben chiare le proprie priorità. Per me l’esperienza del talent non è stata semplice perché ho sempre cercato di viverla “in prospettiva”, senza lasciarmi traviare dallo scintillio illusorio del momento presente, di quell’apparente e provvisoria notorietà che avrebbe potuto indurmi in tentazione. Avevo ben chiaro che tutto quello sarebbe presto sfumato e che l’unica cosa che mi sarebbe rimasta in termini concreti, sarebbe stata me stessa: e quella me stessa quindi, ho cercato sempre di proteggere davanti a tutto.

Ringrazio Chiara per la disponibilità e Francesca Zizzari per gentilezza, professionalità e supporto.

Parliamo de #IlMorandazzo, un libro di Massimo Pica

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“Il Morandazzo” é un libro esilarante e lo é nella sua semplicità, acutezza e qualità dei contenuti. Brevi freddure che raccontano interi film in tre righe, con ironia, sarcasmo e un po’ di cinismo. Il risultato é un libro che fa ridere, ma che allo stesso tempo evoca le trame di film più o meno conosciuti. Battute secche, dirette, che non si allontanano troppo da ciò che potrebbe essere una breve recensione. Idea brillante e dinamica, ideale per chi cerca una lettura leggera e spensierata, ma anche agli amanti del cinema che, per una volta, vogliono prendersi un po’ gioco della loro passione. Si passa da “Rambo” a “Fight Club”, da “Il Sesto Senso” a “Eyes Wide Shut”, in un viaggio che sa di risate e buon umore e che vi lascerà la voglia di guardare tanti film.

La comicità dissacrante di Massimo Pica non potrà lasciarvi indifferenti.
“Bambino vede la gente morta
Lo dice a uno psicologo morto.
Così però non ne uscirà mai.”
Massimo Pica
da “Il Morandazzo”

Recensione dell’album “Roba lieve” dei La Rosta

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Entriamo nel mondo dell’album “Roba lieve” di La Rosta. Il primo brano è “Per un momento ancora”, una ballata che racconta un viaggio, una vita. L’istinto. “Una canzone sui binari” è un pezzo che accompagna l’ascoltatore con la sua melodia e il suo testo che è poi un racconto di una fuga senza guardarsi alle spalle. “Roba lieve” viaggia con le note sulle metafore della vita, dell’amicizia e della ricerca di se stessi attraverso, appunto, il viaggio. “La solitudine” è una canzone introspettiva, anche in questo caso raccontata con la metafora del viaggio. Anime in viaggio, che cercano una strada. “Troppo tempo qui da solo” è un brano che racconta una forma moderna di solitudine, una sorta di auto-isolamento imposto dalla tecnologia dei giorni nostri. La vita che diventa asettica. Lontana. “Via Adua” è un pezzo strumentale orecchiabile e intenso. Un intervallo in musica.”Tra i tuoi sogni” un brano onirico, l’attesa, il ricorso. Al Sogno. “L’estate dell’80” parte con un il suono di una fisarmonica. Il riferimento a una serie di ricordi e icone degli anni 80. Una metafora per raccontare che il tempo trascorre, silenzioso. E che si cresce. “Le lucciole” è la poesia di un ricordo, tra le parole perse. L’attimo. “Emma” è la storia di una vita schiacciata dalle necessità, dalle scadenze del tempo che scorre. La vita e le sue rinunce e sacrifici. Sperare, tra i silenzi, di cambiare tutto. E respirare. E scappare. “Lizzy luz” è la ballata che chiude l’album con una storia sospesa, che sembra l’ultima stazione di quello che è stato un viaggio nel presente, nel passato e che attende il futuro. “Roba lieve” è un album complesso e ricco di ottime melodie. Un’anima cantautoriale e radici nel folk e nella musica popolare, quel mix che rese possibile la genesi dei brani di De Andrè. Canzoni ben costruite, intense e accattivanti.

Recensione del romanzo “I custodi delle stelle” di Luigi Bonomi – Spunto Edizioni

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Il romanzo “i custodi delle stelle” é scorrevole e possiede il giusto grado di ironia e mistero che rende la lettura decisamente gradevole. Si percepisce un grande lavoro di ricerca alla base delle creazione delle scene che riguardano la storia dell’ex manicomio di Collegno. Tra leggende e misteri l’autore Luigi Bonomi racconta la genesi del manicomio e delle storie che da sempre lo hanno accompagnato. Non mancano i riferimenti a cavalieri e reliquie, a perditempo e soprusi, il tutto in una chiave di lettura leggera solo all’apparenza. ma che lascia molti spunti di riflessione. Per esempio fa venire voglia di andare a scoprire i luoghi dell’ex manicomio, immaginare ciò che accade nel romanzo e non é cosa da poco. I personaggi sembrano strampalati eppure possiedono le caratteristiche di quelli che tanto tempo fa frequentavano quei luoghi. La ricostruzione storica anche da questo punto di vista é accurata e intensa. Don Luigi é un personaggio pungente e determinante, mentre il suo compare di sventura Balista riesce a essere esilarante e misterioso allo stesso tempo. A fare da cornice alla storia una serie di personaggi apparentemente minori ma che svolgono un ruolo fondamentale nell’architettura della storia. Nell’immagine di questa abbazia persa nella nebbia si puó sentire la presenza dei monaci certosini. Il brivido dei riti e delle ipocrisie di paese. Un viaggio nel passato che non lascia delusi. Una tecnica narrativa essenziale, priva di superflue descrizioni. Non mancano citazioni tratte dalla tradizione piemontese. I “custodi delle stelle” é un romanzo particolare, piacevole e interessante.

Due parole sul film “Steve Jobs” di Danny Boyle, con Michael Fassbender e Kate Winslet

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Parliamo del film Steve Jobs, una pellicola sicuramente particolare e molto attesa dal pubblico che maggiormente ha seguito le imprese di un personaggio importante del mondo della tecnologia moderna. Il film racconta tre momenti, gli attimi precedenti a tre delle presentazioni che con il senno di poi hanno fatto storia. Tanti dialoghi, tante discussioni concitate, pochi minuti che durano un’eternità. Un vortice di questioni che devono necessariamente concludersi in poco tempo ma che in realtà si trascinano in tutto il film. Un teatrino semi straziante tra il protagonista, la madre di sua figlia e, appunto, sua figlia. Rapporti conflittuali che non riescono a nascondere grandi forzature con la finalità di descrivere Jobs come un uomo che “tutto sommato” aveva un gran cuore. Molti sono i temi spietatamente informatici trattati un po’ maldestramente, comprensibili per chi li conosce, molto meno per chi non li tratta. Parlare di velocità di un processore si può fare, ma non in quel modo. Detto questo il film riesce a essere scorrevole, forse grazie al continuo ricorso al flashback. La trama però risulta troppo forzata e si da troppo per scontanto della vita di Jobs. Si parte dal presupposto che tutti già conoscano la sua storia, quella vera. Si tratta di un punto di vista, di una rotta che parte bene ma che poi si perde. Sicuramente il rapporto con la figlia rende la storia più gradevole, ma ci si continua a chiedere per tutto il film “ma sarà stato poi davvero così?”. E’ un film, d’accordo, ma che sembra troppo lontano dalla realtà. Il risultato è che il film non convince, pur guardandolo con l’occhi di chi l’informatica la conosce e che ha letto diverse biografie in merito. E ascoltando i pareri dei non addetti ai lavori, convince ancora meno la platea più ampia. Quindi il film sembra essere più un bell’esercizio di stile del regista Danny Boyle e dei due attori principali Michael Fassbender e Kate Winslet. Un film molto atteso, ma che si rivela deludente.

Recensione de “Il romanzo di Matilda” e intervista all’autrice Elisa Guidelli

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Il romanzo di Matilda è intenso, accurato nelle sue ricostruzioni storiche ed emozionante.Un personaggio storico come quello molto discusso di Matilda di Canossa diventa grazie alla narrazione di Elisa Guidelli una protagonista di una storia avvincente che potrebbe sembrare frutto di fantasia se non si trattasse di una storia vera. Elisa romanza la storia di Matilda ricostruendola fase dopo fase con attente ricerche storiche. Quella di Matilda é una storia controversa che vede al centro della scena lo scontro tra papato e impero, la guerra tra due personaggi carismatici: Papa Gregorio VII ed Enrico IV. Sicuramente molto noto è l’episodio dell’umiliazione dell’imperatore Enrico a Canossa di fronte a Papa Gregorio, ma il romanzo offre la possibilità di andare ben oltre e di capire la genesi di questa lunga battaglia. Elisa svela pagina dopo pagina la vita di Matilda, i suoi amori, le vicende politiche che la spingono a difendere i possedimenti della sua famiglia e la Chiesa di Roma. Matilde é una donna forte, una donna di fede, che mette la difesa della cristianità al centro della sua vita. La difesa della chiesa di Roma diventa una missione. Strano è il rapporto che nasce tra Matilde e Ildebrando di Soana e ancor più strano diventa quando quest’ultimo diventa Gregorio VII, uno dei papi più noti per essere stato uno dei più grandi riformatori della chiesa. Tra loro c’è una forte amicizia che ben presto svela qualcos’altro. Il romanzo di Matilde é avvincente e decisamente coinvolgente, una narrazione serrata e intensa, che scava nell’animo dei personaggi scena dopo scena. Un po’ come ne “i Pilastri della Terra” o “La cattedrale del mare”, in questo romanzo si sente la forza della storia che è essa stessa protagonista e che rende giustizia a una figura storica discussa. Matilda è stata molto per il papato e molto per l’Italia, la sua visione politica ha gettato le basi per le fasi storiche successive e per l’Italia di oggi. Un personaggio a cui andrebbe riconosciuto molto di più di quello che le é stato riconosciuto nei libri di storia. Elisa le rende sicuramente onore, consapevole che alcuni aspetti di questa storia possano urtare alcuni palati fini della storia matildica. Tanti sono infatti gli studiosi e gli storici che si sono cimentati nel raccontare le gesta di questa donna, a partire da Donizone, il monaco amanuense che ha raccontato la storia della Grancontessa che é arrivata fino a noi. Tante sono le storie e che spesso e volentieri si sono concentrate sugli aspetti privati e sentimentali di questa guerriera dal cuore nobile. Matilde per esigenze politiche sposa un uomo che non ama, Goffredo il Gobbo. Quest’ultimo muore in circostanze tragiche, ma già da questo episodio ne consegue una rivisitazione particolare raccontata in di questo romanzo. La storia di Matilda è una storia che fa riflettere e con la regia di Elisa Guidelli raggiunge livelli epici di narrazione, frutto di una raffinata elaborazione delle informazioni storiche, un’opera che consiglio di leggere. Non si può non amare questo romanzo, così come non si può non amare Matilda. Un romanzo avvolgente, passionale e carico di sfumature. Un viaggio nel passato e uno a sguardo nel presente. Una penna raffinata e coinvolgente. Una storia da leggere.

Ho posto alcune domande a Elisa, ecco cosa ha risposto.

Matilda è un personaggio discusso e non poteva non essere così anche per il tuo romanzo. La mia prima domanda è: quanto lavoro ci è voluto per creare questa storia?

La ricerca è durata una decina di anni, la stesura del romanzo un anno e mezzo. Sono arrivata alla scrittura con le idee abbastanza chiare, ho creato uno schema che mi aiutasse a non perdermi tra date, personaggi e intreccio e ho concentrato la narrazione in un unico blocco perché evitare che risultasse frammentaria, discontinua o confusa.

Analisi storica, elaborazione e fantasia. In che percentuali?

L’analisi storica costituisce la base, e tutto lo scheletro del romanzo è costituito da date verificate e fatti reali. Gli intrecci tra i personaggi, i rapporti tra di loro sono alle volte suggeriti dalle esigenze di narrazione e dalla mia anima di romanziera, ma rimangono comunque plausibili: la bellezza dei romanzi storici sta nell’andare a cercare dove l’autore ha “barato” lasciandosi trasportare dall’immaginazione.

Uno dei punti più complessi del tuo romanzo è sicuramente il rapporto tra Matilda e Gregorio VII, la tua versione si discosta molto da quella delle altre biografie pubblicate. Ci racconti la genesi di questa scelta?

Il rapporto tra Matilde e Gregorio è sempre stato motivo di contrasto. Chi vi vede una coppia sacra, chi due amici intimi che condividono grandi ideali, chi una figlia orfana alla ricerca di una figura paterna che la proteggesse, chi due amanti, o ancora chi un’aspirante monaca plagiata da un papa senza scrupoli. Ho resettato tutto e cercato di dare una mia personale chiave di lettura, secondo la mia sensibilità e quello che mi hanno suggerito le letture su questi due grandi personaggi, che hanno vissuto e affrontato insieme un periodo così travagliato come l’XI secolo.

Hai scritto diversi romanzi, cosa rappresenta per te “il romanzo di Matilda”?

Un punto e a capo. È stato un lavoro con cui ho misurato tutto quello che avevo letto, studiato, imparato, e con cui ho messo a frutto la scrittura e gli errori e il lavoro di dieci anni di pubblicazioni molto diverse tra loro. Ho sempre desiderato scrivere questo romanzo, l’avevo in testa dal 1999, riuscire a portare a termine il progetto è stato il coronamento di un sogno.

Nel raccontare la storia di Matilde descrivi le caratteristiche del territorio in cui la protagonista ha vissuto, un’Emilia Romagna diversa da quella di oggi. È stato importante vivere in quei luoghi per comprendere l’importanza di Matilda?

Molto importante, perché viaggiando attraverso le sue terre e i suoi castelli hai comunque la dimensione della grandezza di Matilde e vivi l’emozione di ripercorrere i suoi passi. Credo che sia fondamentale per capire un personaggio, anche se molto lontano dal tuo tempo, avere la possibilità di calarsi totalmente nel suo vissuto anche attraverso i luoghi che l’hanno vista transitare o accolta per lunghi periodi: era una viaggiatrice, non si fermava mai, ma aveva dei castelli a cui era legata e tornava sempre con affetto.

Credi che questo personaggio sia sufficientemente conosciuto e studiato in Italia a livello storico?

In Italia è conosciuto dagli “addetti ai lavori” e da chi si occupa di storia e arte e di recupero del patrimonio (turistico e non) del territorio, ma in genere non molto (o quasi nulla) dalle persone che non fanno parte di questi canali. Come potrebbero? Gli stessi libri di storia liquidano Matilde con un trafiletto. Per questo a mio avviso un romanzo può aiutare ad avvicinarsi al personaggio e poi, da lì, passare ai saggi per approfondirlo.

La tua penna ha reso ancora più epica la storia di Matilda, si sente che ami il personaggio di cui hai scritto: qual é stato il momento in cui ti sei detta “voglio raccontare la sua storia”?

Ero bambina, il mio amore per lei nasce quando ero molto piccola e per la prima volta vidi Canossa. Era un tarlo che avevo da trent’anni.

Molti momenti storici noti, altri meno noti, tanti altri appena accennati, altri ancora sconosciuti. Può aver influito il punto di vista del Vaticano? Si può parlare di censura in molti testi editi che parlano di Matilda?

Matilde di Canossa è un’idea, un’icona. Ha mille volti e mille specchi, a seconda di come è stata utilizzata e strumentalizzata da tanti per far passare un modello, un progetto, una causa. Purtroppo le fonti sono scarse, e comunque sono tutte filtrate: da lei, che teneva a far passare una certa immagine di se stessa, dagli avversari, che la demolivano, dai sostenitori, che la glorificavano. Sono comunque tutte lenti falsate, e per me è stato difficile cercare la donna sotto gli strati dei numerosi ruoli che la storia non solo sua contemporanea le ha cucito addosso.

Lo scontro tra impero e papato è uno dei temi fondamentali della storia di Matilda, poco si sa dell’importanza che ha avuto nella nascita dell’Italia per come la conosciamo oggi. È un concetto corretto?

La lotta delle investiture è un momento drammatico e cruciale che precede il momento storico in cui nascono i comuni e di fatto, l’Italia per come la conosciamo ora. Penso che abbia ragione Cantarella quando parla di “lungo Medioevo” in cui siamo immersi ancora oggi. Siamo ancora impregnati di alcune ideologie che nascono proprio nell’Alto Medioevo o, ancora, alla fine del mondo antico. È che ci sentiamo troppo originali (o studiamo troppo poco la Storia) per accorgercene.

Matilda. Una donna e i suoi amori, i suoi sacrifici per un bene superiore, secondo te sono concetti ancora attuali?

Attualissimi. È ancora difficile per una donna, oggi, dopo mille anni, conciliare carriera e vita privata. Spesso si è costrette ancora a rinunciare all’una per avere l’altra, e comunque senza risultati certi e sempre passando sotto il giudizio implacabile della società, proprio perché donne. Potrei direi, sull’onda della risposta alla domande precedente, che per certi versi non mi pare sia cambiato tantissimo dal Medioevo ad oggi.

Se non ci fosse stato Ildebrando, Matilda avrebbe difeso così tanto la Chiesa di Roma?

Questa è un’ottima domanda, la storia “fatta con i se” è un gioco che mi ha sempre affascinato. Credo, per la mia sensibilità, che no, Matilda senza Ildebrando non si sarebbe spinta così oltre. E comunque, allo stesso modo, credo che Ildebrando senza Matilda non avrebbe mai potuto fare quello che ha fatto. Sono due anime affini e ambiziose che si sono trovate per portare avanti un progetto, e così hanno fatto finché è stato loro concesso il tempo per sostenersi a vicenda.

Nel tuo romanzo affronti il tema del rapporto uomo-donna in modo raffinato e spesso evidenzi il ruolo che alla donna era stato assegnato. Come sarebbe cambiata la storia se ci fossero state più donne come Matilda al potere?

Sarebbe cambiata in meglio, per le donne di oggi. Che forse farebbero meno fatica. Una donna deve mostrare e dimostrare di essere capace il doppio per ottenere la metà dei riconoscimenti rispetto a un uomo, è un dato di fatto, lo si vede in ogni ambiente e in ogni categoria lavorativa. Mi auguro che qualcosa, in futuro, possa cambiare in meglio, ma è la mentalità a essere ancora ferma, l’evoluzione è molto lenta quando si tratta di questo argomento.

Stai lavorando a un nuovo libro? Scriverai ancora romanzi storici?

Ho iniziato le ricerche per un nuovo storico, ma sono ancora agli inizi: le fasi di lettura, ricerca bibliografica, scoperta e riscoperta sono quelle in cui mi diverto di più. Dopo arrivano le fatiche, ma ci penserò quando mi sentirò pronta per cominciare a scrivere. Nel frattempo me la godo.

Ringrazio Elisa per la gentile collaborazione.

#Parliamodi “Sospetti sul lago”. L’autrice Anna Serra ci racconta il suo romanzo

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“Sospetti sul lago” è un romanzo che racconta il viaggio di una donna tra le sfumature di un amore sfumato, tra le parole non dette, le emozioni mancate. La protagonista è Rossella, una psicologa che vive in una solitudine che tale non è, cerca l’amore in un marito assente. Cerca il suo aiuto, la presenza e si ritrova sempre sola. Irrimediabilmente sola. Ed è a margine di questo labirinto di cristallo che Rossella incontra Stefano, un uomo che risveglia le sue emozioni, la sua passione. Qualcosa dentro di lei rinasce, anche i sogni sembrano risvegliarsi come fiori di campo, ma una notte accade qualcosa. Un episodio che cambia la sua vita. Che la annienta. Lo stupro. La paura ha due occhi azzurri, occhi che Rossella inizia a vedere ovunque. Occhi che mettono in discussione anche Stefano. Tutto cambia. Un bacio che diventa inferno, un sogno che si tramuta in incubo. L’incedere di passi che rievocano l’abisso, petali di fiori taglienti come lame. L’amore diventa qualcos’altro, una indecifrabile sensazione, l’incomprensione, il mistero, la certezza che frana come un castello di carte. “Sospetti sul lago” è un romanzo che pone il lettore di fronte al proprio timore più ancestrale, quello che non concede scampo. La volontà di scoprire l’inganno, la volontà di capire ciò che nel profondo è inspiegabile. La verità e le sue diverse dimesioni. La storia è ambientata in luoghi che mostrano una innegabile bellezza e che allo stesso tempo sono misteriosi, celano inquietudine proprio nella traquillità della loro essenza. Un contrasto che sembra rivivere nell’animo di Rossella, il veleno e il suo antidoto. L’amore che nella solitudine trova la sua dimensione, un equilibrio labile, pronto a cadere quando le labbra di Rossella sfiorano quelle di Stefano. Quando l’amore diventa il suo contrario.

“Sospetti sul lago” tiene il lettore in equilibrio sul filo di una storia tormentata, esplora e divora il senso delle cose, le stravolge e le mostra nella più piena nudità delle emozioni.

Ho posto alcune domande ad Anna Serra:

Rossella è una psicologa, cerca di curare l’infelicità altrui, ignorando la propria. Da dove nasce la gabbia di cristallo che le hai creato intorno?

Effettivamente Rossella, essendo psicologa, ascolta giornalmente i tormenti dei suoi pazienti, cercando di porvi rimedio come meglio sa fare. Ma è lei per prima a vivere nell’infelicità. Apparentemente la sua è una vita perfetta, da sogno: ha un lavoro che la gratifica, un marito benestante che le garantisce una quotidianità agiata e una casa stupenda. Cosa desiderare di più? Ma di fatto si tratta, come dici tu, di una gabbia di cristallo: il matrimonio in sé diventa una gabbia nel momento in cui il marito si allontana sempre più da lei, lasciandola sola a gestire una vita costruita per due.

Il personaggio di Alberto è protagonista e allo stesso tempo non protagonista, in che momento della storia assume questa sua caratteristica?Alberto, il marito della protagonista, diventa sempre meno centrale nella storia per colpa delle sue assenze e della sua distrazione. Rossella si allontana progressivamente da lui e arriva ad un punto in cui l’amore coniugale pare spezzarsi definitivamente. Alberto c’è, è presente in tutta la storia, dall’inizio alla fine, eppure fin da subito assomiglia più a un “fantasma”: si lascia assorbire dal suo lavoro, dalle responsabilità di una mansione professionale d’alto livello e non si impegna seriamente nel rapporto con la moglie. Anche quando lei ha un disperato bisogno di lui, Alberto è sfuggente; nella classifica dei suoi pensieri più importanti Rossella pare non esserci.

Stefano è un personaggio particolare, entra nella storia come un sogno, poi le ombre lo avvolgono, quasi fino a farlo scomparire. Anche in questo caso sembra essere un protagonista che non assume un ruolo principale, qual è la genesi di questo personaggio?

Stefano effettivamente entra nella storia con le sembianze del principe azzurro: fisicamente attraente, simpatico, sensibile. Non perde occasione di regalare fiori a Rossella e a volte le parla come un poeta, come un uomo d’altri tempi. Il vuoto sentimentale scavato dal marito, viene poco a poco colmato dalle attenzioni e dalla galanteria di Stefano. Rossella resta affascinata dai suoi modi di fare, il sentimento di amicizia diventa qualcosa di più forte ed intimo, poi drasticamente tutto cambia e il personaggio di Stefano, prima cristallino, viene inghiottito dalle ombre del sospetto e si carica di mistero. Sembra nascondere una doppia personalità, una doppia vita. L’angelo potrebbe essere, in realtà, un demone. L’uomo buono sembra nascondere una faccia inquietante e pericolosa.

Volevo appunto dar vita ad un personaggio misterioso, ambiguo, che appare in un modo, ma che potrebbe anche essere l’esatto contrario di ciò che sembra.

Sospetti sul lago possiede le sfumature del thriller e le caratteristiche del romanzo di narrativa, come definiresti il tuo genere?

Non lo ingabbierei in un unico genere. E’ un romanzo introspettivo in cui prevalgono i sentimenti, pezzi di vita reale, le riflessioni di una donna alle prese con una situazione difficile; in altri momenti ci avviciniamo al thriller con passaggi in cui la tensione, la suspense e la drammaticità crescono.

Nella storia sembra esserci un filo conduttore nascosto che sembra ruotare attorno a un personaggio apparentemente secondario, come è nata la figura di Gino?

Gino è l’anziano giardiniere tuttofare, uomo instancabile che trova sempre un rimedio ai problemi casalinghi di Rossella. Nei lavori manuali è praticamente il sostituto di Alberto: interviene là dove il padrone di casa è assente e lavativo. E’ descritto come una figura paterna, quel padre che lei ha perso troppo presto. E’ uno dei punti di riferimento della protagonista. Lo vediamo fischiettare allegramente mentre è all’opera tra fiori e piante, rendendo meno cupe le giornate di Rossella.

Diciamo che per costruire la figura di Gino mi sono ispirata a mio padre: quando ho un disguido in casa, qualcosa da mettere a posto, chiamo lui! Non che sia un esperto di bricolage, ma mi ha aiutato molto quando ho messo su casa.

I luoghi hanno un ruolo importante in questa storia, sembrano raccontare l’inquietudine di Rossella, sei molto legata a questi paesaggi?

Il romanzo presenta numerose descrizioni del paesaggio e delle sue metamorfosi secondo le stagioni. I luoghi spesso riflettono lo stato d’animo della protagonista oppure le danno conforto nei momenti più bui. La storia è ambientata nella zona di Avigliana, non distante da Torino, all’imbocco della Val di Susa, con uno sguardo rivolto all’imponente e antichissima Sacra di San Michele. E’ un luogo che personalmente apprezzo molto: a due passi dalla città, nel parco naturale dei laghi di Avigliana ci si immerge nella natura e nella quiete. L’odore dell’acqua, l’ombra degli alberi, lo starnazzare degli anatroccoli, l’ondeggiare delle passerelle galleggianti, le barche ormeggiate a riva, i chioschi dove sorseggiare una bibita o gustare un gelato …. Vi consiglio una rilassante passeggiata! Non rimarrete delusi!

Nel tuo romanzo scrivi di un amore conflittuale, che nella sua essenza appare come una condanna. Quanto è importante l’amore per Rossella?

Rossella è una donna dallo spirito romantico, che in parte crede nella favola del principe azzurro. Per lei l’amore è importantissimo, oltre al suo lavoro è un valore in cui crede molto e quando ha affrontato la scelta del matrimonio, lo ha fatto credendoci fino in fondo e pensando che fosse per sempre. Ma il suo consorte non l’aiuta in tal senso, rendendo le cose più complicate. La condivisione, lo stare insieme, il dialogo, la complicità vengono meno, logorando un rapporto che avrebbe potuto essere speciale. Rossella ce la mette tutta per salvarlo, per renderlo eterno, come aveva immaginato il giorno del “sì”.

La protagonista subisce una delle peggiori violenze che una donna possa subire: lo stupro. Cosa potrebbe mai curare una tale ferita?

Purtroppo Rossella vive un momento molto drammatico: è vittima di uno stupro che le lascerà ferite nel corpo e nell’anima. Diventa diffidente, avverte minacce ovunque, le sue notti sono invase da inquietanti incubi. Proprio lei che è psicologa, abituata a gestire crisi interiori, si trova a dover risolvere e superare un grande disagio.

Come si potrebbe curare una simile ferita? Di ricette non se esistono, ovviamente. Credo che solo il tempo possa aiutare a dimenticare almeno parzialmente il trauma subito. E avere accanto persone che ti vogliono bene, amici, famigliari che con il loro calore e il loro amore ti guidino verso un senso di normalità. Anche il lavoro può aiutare: concentrarsi in ambito professionale e ricevere gratificazioni può essere molto utile per non pensare troppo a quanto accaduto.

La maternità è un tema che viene trattato nel romanzo quasi con cautela, legato al personaggio di Rossella, e che in qualche modo sembra sfuggirle. Perchè questa scelta narrativa?

Sì, è vero, si parla di maternità ma sottovoce. E viene descritto il suo lato più oscuro, meno gioioso: l’altra faccia della medaglia. Rossella scopre di essere incinta in un momento in cui la sua vita matrimoniale si incrina e inizia a domandarsi se suo marito sarà un buon padre, se troverà il tempo da dedicare alla piccola creatura che sta prendendo forma dentro di lei. Comincia a fantasticare sul figlio in arrivo, immaginando di udire la sua vocina risuonare fra le stanze, ma la dolce attesa subirà un duro colpo, lasciando profonde cicatrici nell’anima che faranno male soprattutto nei suoi incubi notturni.

Stai lavorando a un nuovo romanzo? Ci sveli il titolo?

Ebbene sì, c’è un nuovo romanzo in lavorazione, anzi, direi che è terminato. Ci lavoro da molto tempo, ancor prima della stesura di “Sospetti sul lago”, ma l’ho rimaneggiato e stravolto mille volte, finché sono arrivata alla forma definitiva!

La scelta del titolo è ancora in cantiere. Posso solo fare alcune anticipazioni sul contenuto. Innanzitutto non è una continuazione di “Sospetti sul lago” ed è narrato in prima persona. La protagonista è una signora settantenne che ricorda con nitidezza le tappe più significative della sua esistenza, passando attraverso i suoi numerosi e tormentati amori. La donna che fu e quella che è vengono messe a confronto, con le loro debolezze, rimpianti, errori, ma anche con il loro coraggio e forza. E quando si entra nella cosiddetta “terza età”, la vita è ancora capace di regalare stimoli inaspettati per il futuro.

Ringrazio Anna per la gentile collaborazione e per aver raccontato la storia di Rossella.