“É finita la pace” di Marracash è un disco vero. Forse uno dei pochi autori in grado di fotografare con realismo e cinismo la realtà di oggi. Riesce ad analizzare al microscopio una società di venditori di emozioni sui social, di personaggi costruiti ad arte, della perdita di originalitá e di creatività, svenute sull’altare dei quattro spiccioli di visibilità e qualche like in più. Il tutto costruito con un sound che da una parte riscopre il vero hip hop e dall’altro reinventa sonorità con il gusto dell’oggi, nella sua amarezza a struggente realismo. Compimenti a Marracash e un consiglio agli “artisti” da social: prendete spunto e riprendetevi.
Non avevo ancora visto Joker. Una storia che usa la metafora della diversità in modo impeccabile. Un uomo che soffre di disturbi mentali viene deriso, discriminato, trattato con sufficienza. Gli eventi lo porteranno a compiere atti sempre più violenti e “spettacolari”, fino a portarlo a realizzare il suo più grande sogno, eseguire uno sketch comico in televisione. Ma gli atti di quest’uomo ispireranno un esercito di persone, che inizieranno a vederlo come un esempio. Ed è così che la città e il mondo inizieranno, forse per la prima volta, a vederlo davvero. Un viaggio in quello che va oltre la semplice metafora, che accende i riflettori su quelle che sono le fobie, gli isterismi, le follie di una società che sempre più spesso non riesce a vedere i propri difetti, legittimando la violenza come un qualsiasi altro modo di comunicare. Un elogio alla solitudine mai voluta. Un inneggiamento, però, alla ricerca di se stessi, alla propria felicità, che è appunto, un viaggio soggettivo e relativo.
“Storia di due anime” è un romanzo particolare, che sembra viaggiare nel tempo, così come tra i generi letterari, dal fantasy al thriller, passando per la narrativa classica con atmosfere di una Parigi decadente. Il fulcro di questa narrazione è “lo scambio” che si ottiene grazie a una grande preparazione e guardandosi negli occhi. In questo modo nei tre racconti proposti si interfacciano diversi personaggi assolutamente affascinanti, come Madeleine, Madame Édmonde, ma soprattutto di Alula e Koahu, le cui anime si muoveranno nel tempo e nello spazio in una rincorsa tra senso di colpa per aver tradito la legge e l’impossibilita di tornare indietro dopo uno scambio. Il romanzo è leggibile anche seguendo un percorso narrativo diverso, che salta tra le tre storie, personalmente ho preferito una lettura complessiva, definita come la narrazione della Baronessa. La sensazione dopo aver letto questo libro è strana. Sicuramente è scritto molto bene e la trama è avvincente, le atmosfere sono affascinati e i personaggi ricercati, compresa la linea che tiene unita i tre romanzi, che, oltre allo scambio, vede protagonista il personaggio di Charles Baudelaire e della società che porta il suo nome. Una storia misteriosa e affascinate che mi sentirei di consigliare agli amanti del genere fantasy e di narrativa più classica, ma con diverse licenze poetiche. Meno per chi ama i thriller. Nel complesso è una buona lettura, interessante per quanto riguarda da costruzione della linea narrativa e la complementarietà dei tre racconti, interlacciati dall’alone del mistero dell’anima.
Le canzoni di Marco Masini sono stati per me una colonna sonora, nei momenti difficili e in quelli più belli. La gente parlava, parla e parlerà ancora, ma la verità è che la bella musica, quella che sa emozionare passa sempre. Le chiacchiere restano lì, nel rancore di chi non ha altro da offrire. È vero con alcune di quelle canzoni abbiamo sfiorato la rabbia, che però celava la voglia di rialzarsi e ricominciare ogni volta, di continuare a sognare, anche quando ti dicevano di stare zitto, di non pensare. Quelle canzoni insegnavano ad andare avanti nonostante tutto, a far diventare le lacrime nuove parole, nuove melodie, nuovi testi. Quelle canzoni hanno contribuito a farci diventare ciò che siamo, sicuramente non perfetti, ma fieri di dare ogni volta tutto ciò che abbiamo per giocare ogni partita, a prescindere dal risultato. Ci sono stati momenti in cui i teatri erano diventati improvvisamente vuoti, li abbiamo visti tornare a riempirsi e a cantare quelle stesse canzoni. A urlare vaffanculo a chi ci aveva ferito, ma anche che si può tornare a scrivere nuove storie d’amore. Per questo e per tanto altro, Marco, non posso che farti i miei migliori di buon sessantesimo compleanno. E che dire, se non dirti grazie. #10amori
Il successore” di Mikkel Birkegaard, edito da Longanesi, è davvero un bel thriller. E di questi tempi non è così semplice trovarne. Un mistero incastrato in un meccanismo narrativo ben costruito. Una storia che parte dal suicidio di William Falk, il Re del romanzo giallo danese, il cui cadavere viene ritrovato sulla poltrona di casa di Laust Troelsen, con accanto la scritta “SCUSA”. Anche Laust è uno scrittore, ma che non ha mai pubblicato niente e per vivere svolge stancamente la professione di insegnante. Falk, però, ha nominato una serie di scrittori conosciuti tempo prima per portare avanti il suo ultimo lavoro, tra i quali proprio Laust, il quale dovrà, per essere scelto per il difficile compito, vivere nei ritmi e nelle consuetudini di William. I personaggi del romanzo sono affascinanti, a partire da Laust e William, per arrivare a Paul, Versal e Flemmingway. Il ricorso ai flashback ben si incastra con la narrazione degli eventi in corso. Si tratta di una caccia al tesoro, rappresentato proprio dal testo del romanzo postumo di William Falk, sullo sfondo, però, c’è un mistero ancora più grande e complesso. Un meccanismo a orologeria che mette in scena una storia accattivante e coinvolgente. Ottimo romanzo. #IlSuccessore
“Un animale selvaggio” di Joel Dicker è un bel thriller, la cui trama è decisamente complessa, resa fluida da una narrazione attenta e puntuale, con qualche criticità nella lettura rappresentata dai numerosi e inevitabili flashback. Nel complesso si tratta di una storia dal forte impatto psicologico, che mette a nudo le caratteristiche oscure dei personaggi, i punti d’ombra, ma soprattutto le loro fragilità. I personaggi principali sono Sophie, bella e attraente, che fa girare la testa a tutti, compreso il suo nuovo vicino Greg, poliziotto e invaghito della donna. Arpad, marito di Sophie, anche lui bello e di successo, ma che nasconde un segreto nel suo passato. Greg e sua moglie Karine ammirano e invidiano la coppia, che appare perfetta. Tuttavia il passato e i segreti stanno per tornare a galla, compresa una vecchia rapina e una conoscenza che sembrava essersi persa nel passato di Arpad. Un thriller ricco di colpi di scena e spunti sui quali riflettere. Consigliato.
Trudy di Massimo Carlotto è un romanzo crudo, la cui trama racconta in realtà più storie, un intreccio di personaggi che a vari livelli compongono un mosaico di relazioni, intrighi e misteri. Politici, ex agenti, agenzie private di sicurezza, sullo sfondo di un mondo torbido, grigio, in cui tutto è il contrario di tutto. In cui nessuno è poi davvero innocente, ma nemmeno colpevole. I personaggi principali sono Alex Federaro e, appunto, Trudy, la donna il cui soprannome è anche il nome dell’indagine che la riguarda per la sparizione improvvisa del marito e poi “il Grigio”, un personaggio oscuro e tratti inquietante. Trudy è un noir elegante, attuale, che fa riflettere. Consigliato. #Trudy #Carlotto
La “Compagnia degli enigmisti” di Samuel Burr ha il sapore particolare del romanzo famigliare, misto con la suspance classica della caccia al tesoro. I personaggi sono affascinanti e misteriosi, ben costruti, come ben congegnata è la trama. Il personaggio di Pippa è il fulcro della storia e la protagonista assoluta, con le sue caratteristiche e segreti a mettere pepe alla storia. Clayton, altro personaggio principale, fa vivere quello che è un conflitto interiore e un viaggio alla ricerca delle sue origini. Una storia originale, che attraverso un cruciverba, svela il percorso di cambiamento di Clayton e la storia di Pippa e degli altri componenti della compagnia degli enigmisti. Si tratta di un bel libro, scritto bene, che, a volerne trovare una lacuna, purtroppo non è riuscito del tutto a emozionarmi, forse per il finale che, vista la costruzione dell’intera trama, appare forse troppo sbrigativo. Nel complesso è assolutamente consigliabile.
Un romanzo che non riesco a non definire come insignificante. Giudizio che molto probabilmente nasce dal pregiudizio dato dalla grande passione con la quale ho “divorato” la saga Harry Hole e dalle delusioni provate leggendo opere di tipologia di diversa scritte dal medesimo autore, per esempio citerei Macbeth. La casa delle tenebre non sembra un horror, non sembra un thrille e tanto meno un romanzo psicologico, anche se molto probabilmente ambiva a questo. Il risultato e scarso, a tratti imbarazzante per la fragilità della trama, per la totale mancanza di prospettiva e per la debolezza dei personaggi, in cui l’unico “guizzo” è rappresentato dal personaggio di Karen. La storia è abbastanza prevedibile, fin troppo, oserei dire. Tutto parte con un compagno di scuola del personaggio che viene sbranato dalla cornetta di un telefono e con l’accusa del protagonista a seguito della sparizione del ragazzo. Seguono altre scene surreali come quella descritta e dei giochini narrativi per trasformare la storia in un horror, tentativo vano. Se fosse stato il romanzo di un esordiente probabilmente ne avrei parlato meglio, perché comunque si tratta di un libro che si legge con facilità, ma qui parliamo di Jo Nesbo e un prodotto del genere non mi sembra onestamente accettabile. Sconsigliato.
L’altalena di Marco Masini racconta la storia del cantautore nei dettagli e retroscena che ne hanno delineato successi e insuccessi di una carriera caratterizzata da luci e ombre. Avevo già letto una biografia del cantautore, ma in questa si entra nel vivo di un punto cruciale, ovvero della forma di malessere che ha caratterizzago la vita artistica del cantautore, in particolare in relazione alla diceria che lo definiva tra gli adetti ai lavori un “porta sfortuna”. Situazione che man mano lo aveva isolato e tenuto lontano dai palchi più importanti per molto tempi, fino a costringerlo al ritiro dalle scene. Parla dell’affetto dei suoi fan, che lo hanno spinto a continuare. Del rapporto con gli autori, in primis Bigazzi, che con lui hanno dato vita ai più grandi successi, delle rotture, gli allontanamenti e delle crisi che hanno portato ogni volta a una rinascita. Ho trovato tuttavia questo libro ingiusto nei confronti delle canzoni che l’autore ha creato nel tempo, come se fossero soltanto alcune ad aver lasciato un segno. È il caso del disco “Scimmie”, bellissimo, ma considerato di fatto un errore. Questo libro racconta l’ipocrisia della musica, di quanto sia necessario fingere per mantenere il successo. Nel leggerlo ci si sente delusi, scoprendo così di aver seguito per anni uno spettacolo finto, perché per molti che hanno seguito con lui quel viaggio ora scoprono che erano in viaggio su un pulman di cartone. È vero, il mondo della musica è stato crudele, ma lo è stato anche il mondo normale, in cui chi ascoltava quelle canzoni era considerato a sua volta un perdente. C’era musica migliore ai tempi e c’è stata anche dopo, si è scelto di percorrere quella strada, inconsapevolmente, senza sapere che dietro quelle canzoni non ci fosse molto altro che presunzione. L’altalena è un libro che, più che raccontare, vuole giustificare scelte e posizioni. Trasuda rimpianto per il successo di un tempo. Sicuramente raccontare quella storia può essere stato liberatorio, speriamo sia l’inizio di un nuovo percorso, meno legato al passato e più in ottica di futuro artistico.