Scrivevo per legittima difesa

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Scrivevo per difendermi.
Come una spada, da difendere dalla ruggine.
Il tempo scandiva le sue frecce. E sentivo il freddo aprirsi un varco, tra la nebbia leggera di una stazione deserta. E tra le locandine sbiadite sui muri, cercavo il tuo nome.
Quante volte ho scelto di smettere di difendermi, ma le parole non volevano. E lo facevano al mio posto.
Quante volte ho sognato un mondo migliore, mentre mi sporcava. Lacerava i pensieri. Mi diceva che tutti prima o poi si arrendono.
Ho scritto sui muri, pagine sporche d’olio, il mondo che desideravo. E forse una piccola parte di me è rimasta. Nascosta proprio nei mondi che raccontavo.
Perché parlando del buio, si racconta quello che non riesci a vedere. E spesso sono proprio i sogni che difendiamo.
Quante volte sono rimasto in silenzio, con la paura che sarei riuscito più a costruire parole.
Che mi fossi arreso.
Ed era in quel momento che sentivo dissolversi la ruggine.

Lacrima, guardati

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Guardati.
Il vento muove i capelli,
mentre il sole, annega.
Non saranno i colori,
a salvare quella lacrima,
silenziosa e inaspettata.
Che brucia sulla pelle.
Che segna e fa rumore.
Che insegna e dimentica.
No, non sei più la stessa.
Ogni tua immagine è svanita,
ogni istante, scivolato via.
Scandito da un tempo feroce.
Guardati,
Il suono del vento,
rompe il silenzio.
Ma alcune parole,
restano lì.
Appese a quel cielo,
distratto,
indifferente.
Che riflettono uno sguardo,
di un tempo,
che nessuna musica racconta più.
Lacrima, guardati.
Se anche ti perdessi in quel mare,
un giorno ti ritroveresti.
Ora, vai.
E abbi cura di te.

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Settembre

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Fuori piove e sembra già inverno. Non posso dire che faccia freddo, ma l’estate sembra ormai già lontana. All’orizzonte ci sono tante novità e tante cose da fare. A volte sembra che settembre sia il luogo dei bilanci molto più che Capodanno. Sarà perché lo si associa sempre al ritorno a scuola dopo le vacanze. Quel momento in bilico tra passato e presente. Un limbo di sensazioni che non riescono ancora a esprimersi, ma che lo faranno presto. Nel frattempo inizio a leggere un nuovo libro. E poi, vedremo.

Ventuno mesi

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Ventuno mesi di noi, di momenti, di rincorse perché di ascoltare sembra tu non ne abbia minimamente intenzione. Di bagnetti al mare, di nanne tutti insieme. Di pianti in macchina perché nessuno riesce a recuperare il tuo ciuccio che hai violentemente sputato in luoghi dell’auto di cui non conoscevo l’esistenza e nell’unico tratto di autostrada in cui non ti puoi fermare nemmeno per sbaglio. Di camminate sotto il sole rovente perché ti sei addormentata in spiaggia e toglierti dal passeggino per salire su un qualsiasi mezzo di locomozione vorrebbe dire scatenare l’inferno. Siamo anche questo, momenti. È bello anche raccontare il backstage delle fotografie. Perché si sa, dietro ogni bella foto ci sono decine di scatti che nessuno vedrà mai.

#ventunomesi

Last day

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L’estate è da sempre la stagione degli arrivi e delle partenze. Dei desideri, del sale sulla pelle, delle corse a perdifiato sulla spiaggia. Degli amori lasciati a metà. Di una valigia sempre troppo piccola, per contenere i ricordi. Che, si sá, prima o poi svaniranno comunque. L’estate è da sempre un porto, dal quale partono e tornano navi. Seguendo rotte sempre diverse. L’estate è un gioco, ma è anche qualcosa di maledettamente serio. Questa estate è stara diversa, saranno state le mascherine da indossare, ma è come se fosse mancato qualcosa. Forse la paura per ciò che abbiamo vissuto, o per quello che potremmo ancora vivere, ma così è. Anche quest’anno salutiamo il mare, sperando di rivederlo presto, magari con più serenità e con meno stanchezza addosso, o dentro, forse.

Chi sei

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Chi sei,
quando scivoli nel sonno.
E i sogni iniziano a svelarsi.
Quando scrivi sui muri.
Quando vorresti abbatterli,
quei muri.
Chi sei,
quando finisci un libro,
senza riuscire a uscirne.
Quando lo sai,
che eri un illuso.
Che il mondo è solo quello che vedi.
Chi sei,
quando ti svegli.
E non ricordi più cosa avevi sognato.
C’è un muro scrostato,
in fondo alla via.
Nascoste dall’intonaco,
frasi impresse con l’inchiostro.
Quello che vedi,
era il mondo che volevi cambiare,
il nostro.

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E tu mi hai scelto

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Mi hai scelto,
con le mie ferite.
Sporco dei miei naufragi.
Con le tasche piene,
di sogni infranti.
Con gli occhi induriti,
senza più lacrime.
Con le mie parole,
timide e sussurrate.
Le mie grida,
gettate in pasto alle note.
E alle pagine bianche,
imbrattate di speranza.
Con i miei riflessi stanchi,
rialzandomi ogni volta.
Le mie rughe,
scavate dai fiumi delle delusioni.
Tu mi hai scelto,
nonostante tutto questo.
E mi hai regalato un mondo,
che credevo perso.

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