Note
Quante note, che non diventano musica.
Quante note, che non diventano musica.
Parole, marchi a caldo di una sonorità segreta. Parlava, mentre quella strana brezza sporca le infreddoliva le guance. Tutto intorno esplodevano colori, suoni, intrecci di racconti sparsi per terra. Ma lei, parlava. E tra il rumore metallico dell’ultimo treno, delle frenate delle automobili, dei discorsi inutili, nessuno di accorse.
Che le si erano spenti gli occhi.
Via, dagli occhi. Sporchi di inchiostro. Da un cuore in secca. Avido di istinto.
L’amore in lame dorate.
Via, dal tempo vinto, dall’astuzia e la sua pecca. Dalla minuzia e dalla sua bocca. Il mostro ė circondato da orchi. In un mondo irreale.
Via. Da me.
Negli occhi,
che cerco nei riflessi
Frasi di specchi
I sogni, sempre gli stessi
A far notte,
e ogni stella che parla
Lei se ne fotte
Ma è luna, a consolarla
E il vento,
dorme, silenzioso
Un momento
In un tempo pensieroso
Abbiamo tempo
Abbiamo voglia
Eppure, scappiamo
Braccati dalle paure
Parliamo, con alibi
Che raccontano sfumature
Un giorno,
Farò pace col mare
Un giorno,
Ora ancora non riesco.
Il freddo annienta l’anima.
Lo fa scrutando ogni pagina,
bianca, come deserto.
Ricalca i bordi incerti,
scava fino in fondo, e osserva,
i passi svelti delle parole.
Stringi i denti, rifletti.
E sui vetri scivolano gocce.
E un nome sul vapore.
Le tracce si rincorrono.
A ogni istante, un tempo,
A ogni tempo, un cenno.
Il freddo ferma ogni cosa,
per ore, mesi, anni, forse.
Congela anche il vento.
Un soffio leggero e fragile,
mentre scrivo sulla condensa
dove sei.
Guardare queste pagine bianche non mi aiuterà, così illudermi che i silenzi d’un tratto possano parlare. Sognare ciò che un sogno è stato, è ingannarsi, è una ferita che sanguina pensieri. Che mi lascia senza più note da suonare, senza parole da scrivere. Senza nubi da guardare. Senza la luna alla quale ululare, ogni qualvolta che si mostra nel pieno della sua bellezza. Ogni notte è un rintocco che scandisce gli attimi che nella mia mente si rincorrono.
Ogni istante non svanisce mai davvero, resta lì, senza affondare. Senza restare a galla. Quel che volevo era lì, a un passo. Ed è ancora qui. Dentro.
La nota sbagliata,
nella melodia che annienta
La parola non capita
In ogni sogno che incanta
E poi raccontavo,
parlavo, di me, a chi, a cosa?
Se ciò che amavo
È altrove e in prosa
Disegno un’immagine
E scrivo pagine e lame
Taglienti di oscurità
E ho ancora fame
Di quegli occhi
Di quelle mani
Di quei sogni
Quando cerco qualcosa
La trovo tra le righe
Di ogni pentagramma
Come dighe a fermarmi
La trovo, e la nota
Quella sbagliata,
è che non sei qui.
È che sei svanita
Avvolto in una nube di nebbia, con occhi infranti, e sogni naufraghi. Fermo, di fronte a un mare di ghiaccio. Ed è quel che resta, degli occhi, degli sguardi. Di me.
Cadere, lentamente. Negli occhi che sussurrano, e immagini che cambiano, nei riflessi che si rincorrono. Mi hai avvolto in una nuvola, stretto ai respiri più profondi.
Un viaggio,
soltanto questo.
Nei tuoi occhi,
sfuggenti e sconosciuti,
crei e scomponi
come le note nate in fretta
Un salto,
tra deserto e irrealtà
tra confine e fantasia
Ancora un viaggio,
dove mutano le stagioni,
dove muoiono gli amori.
Le strade tacciono,
nell’apatia della sera,
nelle immagini sfocate.
Nella nudità dell’anima.
Perché c’è un senso,
tra le righe del pentagramma.
C’è una verità.
Che giace sommersa,
che piange solitaria.
Che si consola col vento.
Il mio inganno è sorridere,
il mio silenzio è il verso migliore.
Così raccolgo un po’ di me
E nuoto tra le acque di un sogno
Che hai i tuoi occhi,
il tuo sorriso.
Ed è un viaggio.
Soltanto questo.