La Macchina del Silenzio: un anno dopo

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É già trascorso un anno dall’uscita de “La Macchina del Silenzio” e sembra solo ieri. É stato un cammino difficile, devo riconoscerlo. Farsi conoscere non è per niente semplice e quello dei libri è un mondo spietato, soprattutto se da esordiente ci si propone con un genere complesso come il thriller. La critica è feroce, nessuno fa sconti. E onestamente nemmeno ne vorrei. “La Macchina del Silenzio” per quanto mi riguarda è stato un romanzo importante, tecnica ansiogena, struttura essenziale e vortice di eventi che si susseguono senza tregua sono lo specchio della cronaca e della storia contemporanea, cronologia spietata di una geopolitica sempre in evoluzione, delle nostre stesse vite che si sviluppano contemporaneamente tra realtà e virtuale. La presenza di personaggi oscuri che minacciano le democrazie, che illudono la gente cercando di manipolarla con i mezzi più subdoli, non sono altro che realtà in cui viviamo. “La Macchina del Silenzio” racconta la realtà in bilico tra oggi e domani, raccontata con lo spietato cinismo che ci nutre. Proprio per questo credo nella forza di questo progetto. É già trascorso un anno ma la determinazione è la stessa.

Loro non lo sanno

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Il tuo cuore in guerra,
sporco di polvere.
Violato.
Ti urlano addosso,
anche quando ti guardano.
Un inferno alle spalle,
uno di fronte.
Colori diversi,
diverse parole.
E tutte sanno farti del male.
Dicono che devi andar via.
Che il tuo posto è la polvere,
è la guerra.
Mentre tu vorresti vivere,
bagnarti gli occhi solo di lacrime di gioia.
Provare a dimenticare,
anche quando sai che non potrai mai farlo.
Loro non lo sanno,
che di notte non dormi.
Che senti sulla pelle lo sporco di quelle mani.
Loro non lo sanno,
che piangi di nascosto.
Perché ti hanno insegnato a non farlo.
E tutto questo,
loro non riusciranno mai a capirlo.

É quasi tutto pronto

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É quasi tutto pronto.
La culla in cui dormirai,
i vestitini che indosserai.
Il passeggino per portarti a casa.
La giostrina.
É un mondo che cambia,
un libro che si chiude,
per far spazio a una favola.
É quasi tutto pronto,
mentre fatico a guardarmi nello specchio.
Non sembra nemmeno vero.
La mamma forse riesce già a capirlo,
che stai per arrivare davvero.
L’aria sembra avere un sapore diverso.
C’è incredulità e paura,
stupore e felicità,
dubbio e certezza.
É quasi tutto pronto,
una borsa pronta,
con dentro le nostre vite,
che cambiano.
E la tua, che è già con noi.

Taglia il filo rosso

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Taglia il filo rosso.
Attendi che il conto alla rovescia si fermi.
Oppure lascia che esploda.
Tutto l’impegno non basterà,
se resti ad attenderla.
Corri più forte,
lascia che ti raggiunga.
Taglia il filo blu.
Il conto alla rovescia andrà più veloce.
E non potrai scappare.
Intrappolato nel tuo fuoco.
Nei respiri incandescenti.
Nei pensieri più trasparenti.
La scelta, però.
Quella non potrai evitarla.
La vita è anche questo.

Chissà se

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Chissà se potevo immaginarlo,
quando ti guardai la prima volta.
Parlavi del tuo romanzo,
come fosse un tuo bambino.
Come me, avevi scelto di scrivere.
E per scrivere bisogna imparare a conoscersi.
Venivamo da mondi diversi.
Timide meteore che si incontravano,
come dadi lanciati su un tappeto blu,
con numeri diversi.
Binari che si incrociano.
E la vita spesso fa tutto da sé.
Così, ci siamo parlati.
Ancora, poi ancora.
Chissà se potevi immaginarlo,
che saremmo diventati una famiglia.
Perché anche chi scrive può stupirsi,
anche della propria fantasia,
che all’improvviso diventa realtà.
Chissà se potevo immaginarlo,
quando ti guardai la prima volta,
che mi sarei innamorato di te.

Scrivevo per difendermi

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Scrivevo per difendermi.
Come una spada, da difendere dalla ruggine.
Il tempo scandiva le sue frecce. E sentivo il freddo aprirsi un varco, tra la nebbia leggera di una stazione deserta. E tra le locandine sbiadite sui muri, cercavo il tuo nome.
Quante volte ho scelto di smettere di difendermi, ma le parole non volevano. E lo facevano al mio posto.
Quante volte ho sognato un mondo migliore, mentre mi sporcava. Lacerava i pensieri. Mi diceva che tutti prima o poi si arrendono.
Ho scritto sui muri, pagine sporche d’olio, il mondo che desideravo. E forse una piccola parte di me è rimasta. Nascosta proprio nei mondi che raccontavo.
Perché parlando del buio, si racconta quello che non riesci a vedere. E spesso sono proprio i sogni che difendiamo.
Quante volte sono rimasto in silenzio, con la paura che non sarei riuscito più a costruire parole.
Che mi fossi arreso.
Ed era in quel momento che sentivo dissolversi la ruggine.

Attenderti

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Attenderti,
dove il suono diventa un nome.
Oltre il viso che cambia nello specchio.
Rughe che esprimono il passato.
Questo è il mondo in cui nascerai,
con le sue luci e le sue ombre.
E un giorno, anche tu lo capirai.
Ma ora è presto,
mentre immagino il tuo viso.
La tua pelle morbida,
come quella della mamma.
Quando sembrava impossibile.
E il rumore sbraccava le paure.
Quando per non sentirle,
Io cantavo più forte.
Quando, parlando al vento,
incontrai la mamma.
E mi riconsegnó il coraggio,
di credere,
al suono delle parole.
Perché una di esse,
un giorno,
diventasse un nome.
Il tuo.

Circondami

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Circondami,
Il vento soffia forte.
Il suono delle pareti,
sottovoce.
Parlami.
Che con i silenzi,
son bravo anch’io.
Ruba le note,
prova a scrivere.
Nessuno ha bisogno di rime,
quando manca il ritmo.
Bruciami,
magari la pelle ricrescerá.
Ma il cuore sentirà il caldo.
Inventami,
come fossi una canzone.

Ti aspetto

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Ti aspetto,
nelle notti silenziose.
Porgo l’orecchio per ascoltarti.
E sembra di sentirti parlare.
Il suono dei gorgoglii,
sembra il suono del mare.
Attraverso una conchiglia.
Come saranno i tuoi occhi,
Come saranno i miei?
Ti aspetto.
Sulla banchina della mia vita.
Stringo la mano della mamma.
Che riesce già a sentirti.
Tutto sembra lento.
Invece corre veloce.
Come i battiti,
del tuo cuore in arrivo.

L’era dei commenti

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Viviamo nell’era dei commenti. Tonnellate di pensieri non richiesti gettati con odio su tutte le piattaforme socia. Partiamo tutti dallo stesso presupposto: che a qualcuno interessino. Ma la verità è che il complesso sistema che noi chiamiamo rete fagocita anche le nostre identità, trasformandole in semplici target per promotori pubblicitari. Il meccanismo è semplice: individua le caratteristiche del potenziale acquirente e vendigli tutto quello che può servirgli. Anche qui si apre un mondo. Quello che ci serve è quello che ci viene proposto come necessità, anche quando non lo è affatto. Nascono così mode ad hoc, fenomeno da imitare, il sistema va ben oltre gli influencer. Loro non sono che pedine in un gioco troppo più grande di loro. Sembra il Grande Fratello, direte. Ma questo lo sapevamo già. E non ci preoccupa nemmeno poi molto di essere diventati solo dei clienti a cui vendere qualsiasi cosa, a patto che ci lascino la libertà di esprimere una “libera opinione”. Anche quando questa non ha alcun valore e nessuno sarà interessato ad ascoltarla. Così la conoscenza viene soppiantata da Google, i ricordi da troppe fotografie. E si finisce per perdere la cosa più importante: la nostra identità. Quella vera, non quella dei social.