Un vero amico

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I riflettori sono spenti,
le sedie, in platea,
vuote.
Ogni sera salgo su questo palco,
lo scricchiolio del legno
mi fa sentire a casa.
Ma questa non è casa mia,
me lo dicono sempre.
Tu non sai recitare,
mi ripetono,
dai loro pomposi costumi di scena.
Io ci provo, a capire lo scherzo.
Ma non ci riesco,
il mio, è un compito difficile.
Non farli scivolare,
fare in modo che il legno sia lucente,
ma non troppo da abbagliarli.
Togliere la polvere,
perché non starnutiscano mentre recitano.
C’è stato un tempo,
in cui ero un attore.
Una giovane promessa,
uno, la cui parlantina incantava.
Ma le vie della vita,
spesso ingannano.
Ho perso quel dono,
ma quella malinconia,
che mi si avvolge al cuore,
quella no.
Tutte le volte che salgo su questo palco,
solo,
al buio,
senza riflettori puntati addosso,
io smetto di recitare.
Finalmente posso essere me stesso,
tornare a parlare.
Recitare il mondo che vorrei,
in cui non ci sono attori,
protagonisti o comparse,
maschere o inservienti.
Registi o spettatori.
E in cui io,
possa far riecheggiare il mio nome,
tra le pareti spoglie di questo teatro.
Senza sentirmi fuori posto,
mentre ogni sera salgo su questo palco.
E, come fossi a casa, lo saluto.
E lui mi risponde, da vero amico,
con lo scricchiolio del suo legno.

Photo by Brian Kraus on Unsplash
Text by Daniele Mosca

É il mio respiro

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Sento l’aria del mare,
quella non puoi togliermela.
È il mio respiro,
la mia rabbia.
Potrei parlarti d’amore,
immerso, nella polvere da sparo.
Mentre i palazzi crollano,
Mentre loro vendono parole.
Io sono sporco,
come le mie parole,
in rima,
schizzate sulle porte dei cessi di un autogrill.
Sono la mia vergogna,
perché certo cose non si dicono.
La mia follia,
quando ho bisogno di urlare.
Il mio inganno,
che la paura non esiste.
Il mio amore,
quando vedo dormire la donna che ho sposato,
e la figlia che mi ha regalato.
E adesso, è anche per loro,
che devo combattere.
Ma sento l’aria del mare,
fin quando arriverà fin qui,
lo saprò,
che sotto lo sporco, a difendere le mie parole,
c’è ancora la mia purezza.

Photo by Dawn Armfield on Unsplash
Text by Daniele Mosca

Un’altra partita

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Il tempo che è passato,
mi ha lasciato addosso i segni.
Per questo,
quando le cose si complicano,
Io non perdo il vizio.
Di guardami dentro.
Di cercare di andare avanti.
Ché senza le delusioni,
forse non avrei mai iniziato a scrivere.
Non avrei mai imparato
che una lacrima non versata,
spesso provoca rabbia.
Che il vento che non lasci scivolare via,
alla fine, ti ingabbia.
Il tempo che è passato,
a volte, mi ha fatto male.
Ma quando mi guardo nello specchio,
penso ne sia valsa la pena.
E, nonostante i segni addosso,
ho ancora la forza di giocare, ancora.
Un’altra partita.

Photo by Unsplash
Text by Daniele Mosca

Ora é tutto vero

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Tu e la mamma,
mentre dormire appiccicate.
Un mondo intero,
che guardo, mentre mi preparo,
un istante prima di entrare in un mondo,
feroce, cinico, spietato.
Quell’attimo di pace,
lontano dai tempi che si rincorrono.
Mi batte il cuore,
ma non posso far rumore.
Perché potresti svegliarti.
Chiudo la porta,
mi preparò un caffè.
Ripenso,
a quando tutto questo era solo un sogno,
un disegno a carboncino,
abbandonato in un cassetto.
Ora è tutto vero.
Fuori nevica,
ma non sento freddo.

Photo by Unsplash
Text by Daniele Mosca

Nonostante i graffi

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I graffi sulla pelle,
stelle abbandonate a bordo strada.
Fari nella notte,
polvere che dorme.
Fotografie ingiallite,
cosa ci faccio in questo angolo,
di mondo, di vita, d’incanto,
rubato.
Pochi soldi,
non è ciò che valgo.
Ma il corpo ha un prezzo,
quando è l’anima a essere morta.
La mia, non è.
Ma è comodo fingere,
quando nessuno ti crede.
Quando le sbarre,
sono sguardi, parole.
Verità che qualcuno mi ha cucito addosso.
Come bruciature,
che non andranno via.
Da dove vengo,
io non lo ricordo.
Chi sono stata,
nemmeno.
Ogni giorno
é un mondo a parte.
Un luogo che non mi appartiene.
La vita è un gioco relativo.
Quando salgo in auto,
lui mi guarda,
forse quello non è desiderio.
Ogni tanto li osservo,
loro i perfetti, i senza macchia,
uomini, padri, esempi,
in gabbia come me,
in un corpo che non sanno accettare.
Alla ricerca di un attimo in più.
Il loro sguardo basso,
quando vengono con me,
non mi ferisce più.
Presto avrò i miei soldi.
Ed è quello che a cui penso,
ma quando, distrattamente,
mi rivedo in uno specchio.
I miei occhi sono lontani,
un giorno torneranno.
E sapranno chi sono.
Nonostante i graffi,
che custodisco sulla pelle.
E sotto.

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Text by Daniele Mosca

Pelle bruciata

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Quel viaggio per me è la vita.
La mia pelle è bruciata,
dal sole, dal deserto.
E dalle minacce.
Ho un figlio piccolo laggiú.
Ha bisogno di mangiare, di crescere.
Di vivere.
Non ho mai visto il mare.
Non so nuotare.
Ma per lui so che potrò superarlo.
Avevo dei soldi.
Frutto del mio lavoro,
di quello dei miei genitori.
Non so per quanto potranno occuparsi di lui.
Devo fare presto.
Per questo ho accettato mi picchiassero,
Umiliassero.
Vendessero.
Su questa barca siamo in troppi.
So che molti non ce la faranno.
La nave sta imbarcando acqua.
Provo a non aver paura,
ma non ci riesco.
I trafficanti ci han detto che arriveranno a prenderci.
Loro sono andati via.
Mio figlio è l’unica stella che riesco a vedere.
In questa notte di luna, colorata di sangue,
prego. Immagino,
un mondo in cui un uomo,
possa attraversare io mare,
per salvare suo figlio.
Sogno i suoi occhi,
finalmente al sicuro.
Sogno i suoi occhi,
che si specchiano nei miei.
Sogno, ma è un incubo.
Perché io non so nuotare.

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Text by Daniele Mosca

Senza di te, io non sarei qui

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Senza di te,io non sarei qui.

Sarei, forse,

a ingannare un amore che non c’era.

A illudermi,

che qualcuno credesse in me.

Che scrivere mi potesse bastare.

Senza di te,

non penserei che abbiamo creato un mondo.

Due occhi che ci guardano,

e iniziano a conoscerci.

Senza di te,

io non sarei qui,

a cercare di rimanere in piedi,

anche quando provano a farmi cadere.

A cercare parole nuove,

quando mi dicono di stare zitto.

A guardarti negli occhi,

senza trovare quelle giuste per dirtelo.

Ho imparato a parlare con i silenzi,

talvolta con gli sguardi.

Perché dirlo, è difficile.

In mezzo a questa gente che lo urla,

perché é giusto così.

Che scrive sui muri,

perché é di moda.

Che lo ripete a se stesso,

per convincersi che sia vero.

Senza di te,

quel coraggio, io non ce l’avrei,

e non sarei qui.

A sussussare,

ti amo.
Photo by Unsplash

Text by Daniele Mosca

  

Non gli era bastato

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Le ultime monete nella macchinetta,
un biglietto del treno l’avrebbe portata via, Lontano.
O a casa, forse.
Lui l’aveva tradita.
Non gli era bastato,
mostrarle il suo corpo,
sovrastare quello di un’altra donna.
Aveva voluto dirle che l’amava.
Che era stato un gioco.
Aveva pianto, urlato,
corso a perdifiato.
Per rimanere sola.
Sola, con se stessa.
E mentre le immagini, sporche,
la tormentavano.
Aveva capito.
Che non aveva un posto in cui andare.
Suo padre le avrebbe detto di accettare.
Sua madre forse no,
ma sarebbe arrivata alla stessa conclusione.
Il suo viso nello specchio era cambiato.
Improvvisamente.
Si dice che certe cose, ti cambino.
E lei si sentiva più vecchia.
Ma più bella.
Lo specchio le restituiva altri occhi.
Avrebbe pianto ancora,
urlato.
E corso ancora a perdifiato.
Ma non sarebbe mai più stata sola.
Perché aveva imparato,
che il tuo miglior alleato.
Sei tu.
Sorrise, il treno stava per arrivare.
Così, si avviò verso il binario.
Direzione, un nuovo lavoro,
una nuova casa.
Il mondo sarebbe stato sempre lo stesso.
Feroce, cinico, traditore.
Lei, no.

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Text by Daniele Mosca

Nevica, come cenere

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Nevica,
piccoli granuli che si poggiano,
silensiosi,
sulle mie spalle.
Non ci sono nuvole,
eppure nevica.
Siamo al sicuro.
Nei nostri cappotti.
Siamo migliori.
É giusto così, mi dico.
Eppure continua a nevicare.
Ignobile fuliggine,
che sporca i miei pensieri.
Dentro di me qualcosa urla,
la mia coscienza.
Sono cattivi.
Ci rubano il lavoro.
Sono perversi.
Sono sporchi.
In fondo, se lo meritano.
Allontano la neve dalla spalla con una mano.
Neve, come cenere
É ora di rientrare,
ho anche un po’ di fame.
Forse domani smetterà di nevicare,
loro, di esistere.

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Text by Daniele Mosca

La realtà è acqua gelata

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La realtà è acqua gelata,
questo devi saperlo.
Quando sceglierei ti buttarti,
mancherà il respiro.
E saranno in pochi,
a fartelo ritrovare.
Per questo,
non mollare.
Tieni il tempo,
risparmia l’ossigeno.
Non cedere al panico.
Lo so che non è facile.
So che lascerà tracce.
Ma, nonostante l’amarezza,
ti insegnerà a guardare con i tuoi occhi.
A fidarti di pochi.
E a puntare su te stessa.
Sempre.
Anche quando ti dicono che non ce la puoi fare.
Soprattutto, quando ti diranno così.
La realta è acqua gelata.
Ma placa la sete.
É la tua vita.

Photo by Unsplash

Text by Daniele Mosca