Un vero amico
I riflettori sono spenti,
le sedie, in platea,
vuote.
Ogni sera salgo su questo palco,
lo scricchiolio del legno
mi fa sentire a casa.
Ma questa non è casa mia,
me lo dicono sempre.
Tu non sai recitare,
mi ripetono,
dai loro pomposi costumi di scena.
Io ci provo, a capire lo scherzo.
Ma non ci riesco,
il mio, è un compito difficile.
Non farli scivolare,
fare in modo che il legno sia lucente,
ma non troppo da abbagliarli.
Togliere la polvere,
perché non starnutiscano mentre recitano.
C’è stato un tempo,
in cui ero un attore.
Una giovane promessa,
uno, la cui parlantina incantava.
Ma le vie della vita,
spesso ingannano.
Ho perso quel dono,
ma quella malinconia,
che mi si avvolge al cuore,
quella no.
Tutte le volte che salgo su questo palco,
solo,
al buio,
senza riflettori puntati addosso,
io smetto di recitare.
Finalmente posso essere me stesso,
tornare a parlare.
Recitare il mondo che vorrei,
in cui non ci sono attori,
protagonisti o comparse,
maschere o inservienti.
Registi o spettatori.
E in cui io,
possa far riecheggiare il mio nome,
tra le pareti spoglie di questo teatro.
Senza sentirmi fuori posto,
mentre ogni sera salgo su questo palco.
E, come fossi a casa, lo saluto.
E lui mi risponde, da vero amico,
con lo scricchiolio del suo legno.
Photo by Brian Kraus on Unsplash
Text by Daniele Mosca