Proprio accanto alla regina

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D’improvviso, è il sapore del silenzio.
Inaspettato.
Sospeso.
Incasellato sulla scacchiera.
Proprio accanto alla regina.
È ora di alzarsi,
di smettere di raccontarsi storie.
La luna stanotte non c’è.
E io ho bisogno di un bicchiere di vino,
che mi aiuti a mandar giù il mondo.
Le sue contraddizioni.
Tutto questo non è un gioco,
un film di pessima qualità.
È la nostra verità,
marchiata a fuoco sulla pelle.
Impressa sulle retine.
Incatenata dagli occhi.
D’improvviso, è il sapore del silenzio.
E della voglia di rinascere dagli specchi.

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Text by Daniele Mosca

Il mio rifugio

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Mi sveglio alle quattro, guardo fuori dalla finestra. Piove. Mi sembra di aver dimenticato qualcosa, o di averla persa per sempre. Forse è una parte di me, probabilmente quella migliore. Avrei voglia di un caffè, ma è davvero troppo presto. Ma la troppa stanchezza non mi fa comunque dormire. Il mio rifugio sono i pensieri, foto sbiadite che raccontano un mondo che già inizia a perdere colore. È il gioco della vita, dicono. È il gioco di chi vuole sempre l’ultima parola, penso. La vita sa far male, ma ci si abitua anche a questo. Le ferite fanno sempre male, ma le cicatrici ricordano gli errori già fatti. Sono ormai le cinque, fuori piove ancora.

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Text by Daniele Mosca

A volte non mi riconosco

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Il treno è in ritardo. A quest’ora è più facile fermarsi e pensare. Al tempo che passa, alle scelte, al passato e al futuro. Tutto si muove velocemente, come immagini che sfilano dal finestrino del treno. Una sorta di vortice che ti confonde. Viviamo tempi difficili e se non posso governare nemmeno la mia gastrite, figuriamoci il destino. A volte penso a quante parole ho sprecato, a quante idee o speranze ho dovuto sopprimere. Mi chiedo sempre se ne sia valsa la pena. Io credo di si. Stare in silenzio serve sempre a poco. Credere in qualcosa paga comunque, almeno quando ci si guarda allo specchio. Ma ho mal di testa, mi bruciano gli occhi, sento di essere stanco. Il treno è arrivato, ora vedo il mio riflesso nel finestrino. E a volte non mi riconosco.

Soltanto il mare

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Soffia forte il vento.
Le onde aggrediscono.
Il loro ruggito è potente,
sfiora la mia anima.
Il mare sa fare paura.
Per questo gli parlo,
gli chiedo come io possa difendermi,
quando sono alle corde.
Il sapore del sale arriva fin qui.
E sento il bisogno di respirare.
A pieni polmoni.
Soffocare il magone,
le lacrime,
ogni forma di paura.
E tutto questo può farlo soltanto il mare.

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Text by Daniele Mosca

La fermata

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Gli sguardi persi,
sui finestrini di un treno del mattino.
La paura, la felicità.
Il tempo che passa.
Stazioni che si susseguono,
come momenti trascorsi fretta.
Gli occhi lucidi,
che affogano nei telefoni.
Come a cercare una fuga,
dalla ferocia del mondi,
dalle sue unghie insanguinate.
Qualcuno guarda fuori,
forse non vede soltanto la nebbia.
Ma qualcosa che io ho dimenticato.
Cerco le chiavi della macchina.
La prossima è la mia fermata.

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Text by Daniele Mosca

Ogni illusione ha un costo

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Ogni illusione ha un costo.
Ogni caduta, una ferita.
Ogni sogno,
uno specchio sul quale infrangersi.
Come onde nervose,
pronte a scagliarsi contro tutto.
Il vento le muove,
ma forse è qualcosa di più forte.
La luna piena è alle spalle.
Resta una pioggia battente,
un suono leggero che bussa,
sulle finestre accese.
Si cambierà strada.
Un bagaglio leggero,
e pesante, allo stesso tempo.
Ogni illusione, ha un costo.
Ogni ruga sul viso,
Ogni sorriso,
spento, che vuole rinascere.

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Text by Daniele Mosca

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Sulla banchina,
di fronte a un oceano pensieroso.
Accanto a me, un amico.
Dall’altra parte del mare,
un mondo che naufraga.
Due occhi accesi,
ricordi spesi.
Ingannati come noi.
La statua della Libertà,
in lontananza.
Una prigionia, nell’anima.
Inchiostro.
Il vento soffiava forte,
sulle vette dei grattacieli.
Il mio amico mi parlava,
io avevo smesso di ascoltare.
In quel momento ero davvero solo.
Sarebbe bastato scrivere,
per costruire una trama.
Ma il rumore dell’oceano era più forte.
Copriva ogni cosa.
Anche ciò che pensavo.
Perché liberi, non lo si è mai davvero.

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Text by Daniele Mosca

Per chi crede al “prima noi”

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Immaginate la paura. Vi siete appena svegliati e sentite fuori dei rumori. Vi affacciate alla finestra e scoprite che anche nel vostro quartiere sono iniziati i rastrellamenti. Ne avevate sentito parlare, certo. Ma avete pensato che riguardasse altri, ma poi le cose sono cambiate. Prima ce l’avevano con chi la pensava diversamente, ma poi hanno deciso di portare via anche chi era nato in quella città e che professava la vostra religione. Lo sapete che siete in torto, sapete che è arrivato il vostro turno. Sapete che vi caricheranno su quei camion, che non sapete dove vi porteranno. Alcune voci dicono che portino in dei campi da cui nessuno esce vivo. Siete fiduciosi, a voi non capiterà. Ve lo ripetete mentre preparate in fretta e furia una valigia e cercate di calmare i vostri figli. Bussano alla porta, con violenza. Andate ad aprire, sperando che con la gentilezza vi tratteranno meglio, ma non va così. Vi urlano in faccia, vi portano fuori trascinando quei quattro stracci che siete riusciti a racimolare. Tenete stretti i vostri figli. Le voci dicono che separano gli adulti dai bambini, le donne dagli uomini. Fino a ieri non ci credevate, pensavate riguardasse altri. Ma ora è il vostro turno.

Questa la dedico a chi pensa che il problema sia sempre altrove. E di altri. A chi pensa che da noi la guerra non possa arrivare. A chi crede che sia giusto dire “prima noi”. A chi crede che la libertà sia qualcosa di certo e di inattaccabile. A chi pensa di essere migliore. Beh, non lo è. Nessuno di noi lo è. La libertà va difesa ogni giorno. Anche dalle nostre stesse idee dettate dalla paura di quello che non conosciamo.

Foto: fonte rete

Un anno di noi

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Oggi compi un anno. E a me sembra solo ieri. Un giorno forse mi chiederai se tutto questo mi ha cambiato. E ti risponderò che è stato inevitabile. È cambiato tutto nel momento in cui ti ho vista nascere, nell’istante in cui l’infermiera ti ha messa tra le mie braccia, mentre non sapevo come stesse la tua mamma, che in quel momento era ancora in sala parto. Credo che quei momenti mi abbiano cambiato, sì. E che abbiano messo voi due tra le priorità. Le scelte che ho preso da allora sono state fatte in quest’ottica. Sembra un concetto retorico, eppure nemmeno io sapevo quanto potesse svilupparsi in completa autonomia. Mi soffermo a guardarvi dormire, te e la mamma, e non mi sembra ancora vero. Inizi a chiamarci mamma e papà, a stare in piedi. Presto camminerai. Cambi ogni giorno e ogni giorno mi sento sempre più orgoglioso di avervi accanto e voi siate la mia famiglia. La mia vita. Non so se sono e sarò un buon papà, un buon marito, ma farò sempre di tutto per esserlo. Ma arriviamo al dunque, tanti, tanti, tanti auguri per questo tuo primo anno di vita. Il primo di una vita insieme.
#unanno #dodicimesi

Il castello di specchi

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Le fiamme ardono,cenere che copre ogni cosa.Il riflesso negli occhi.Un castello di specchi.Dentro di noi.Pagine e ancora pagine.Storie alla ricerca di se stesse.Maschere di cera,aria di plastica.L’inferno fatto di immondizie.Case fatiscenti.Ruderi fagocitati dalle ortiche.Luoghi irraggiungibili,come ciò che non siamo mai stati.Le fiamme ardono.Spegnerle, ormai,è impossibile.Photo by UnsplashText by Daniele Mosca