C’è una forma di teatralità anche nella reiterazione degli errori, una distorsione degli eventi. Come se in questi tempi di pensieri così veloci da diventare inafferrabili, ci fosse una lente invisibile, incapace di mettere a ferro e fuoco le vere ragioni di una tale fragilità culturale. Questa é un’epoca di eccessi, di paure esorcizzate da paure ancora più grandi, in cui non sembra esserci più nulla da difendere, se non un confine che esiste solo e soltanto nella nostra mente. Ci han cresciuti dicendo che siamo tutti uguali, ma che é meglio avere paura di chi é diverso. E sembrano così labili i castelli creati per rinnegarlo. Sui nostri libri di storia il male é stato colorato con sfumature tenui, così dal renderlo meno spaventoso. Così non riusciamo ad ammetterlo che l’estremizzazione della cultura del diverso sia davvero spaventosa, perché impone nuovi paletti e non consente di capire fino in fondo che la differenza può diventare un valore aggiunto. E questo, una cinquantina di anni fa, lo sapevano i tedeschi e gli italiani, così hanno sfruttato le abilità e le capacità di un popolo, fino a quando hanno deciso che non serviva più, che doveva essere annientato per una ragione più grande. Per una cultura superiore. C’è una forma di teatralità nella reiterazione degli errori. La distorsione degli eventi fa sentire tutti così, culturalmente superiori.
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