Colpire

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Colpire. Una parola strana, vuol dire tante cose. Puó parlare d’amore, ma anche di violenza. L’unica cosa che non può fare e parlare di entrambe le cose contemporaneamente.

Masini su Radio Deejay. Perfetto, ma…

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Marco Masini su Radio Deejay. Perfetto, vien da dire. Poi vado ad ascoltare l’intervista di Linus e mi cadono le braccia. Sento Masini quasi chiedere scusa per gli errori fatti nel passato e Linus incalzare chiedendo come mai sia rimasto così tanto lontano dalla musica. Rincara la dose Savino parlando di un cantante ormai degli anni novanta. Ora, l’ignoranza la capirei, ma non questa forma di subdola ipocrisia. Mai fatto segreto di aver supportato Masini nei momenti più bui della carriera, dove solo Radio Italia passava le sue canzoni, ma in quella fase a farlo fuori sono stati proprio personaggi che facevano capo alle principali radio italiane, DeeJay compresa. So per certo che ogni singolo veniva oscurato, senza se e senza ma. Quindi, caro Linus, mettiamola nel verso giusto, cosa che tu non puoi fare, questo improvviso interesse dipende mica dall’etichetta discografica che ti ha obbligato a fare cento passi indietro? Più che parlare di errori ci vorrebbe un po’ di rispetto anche per la musica italiana e non solo per le tante porcherie pseudo internazionali (o i vari successi dei figli di) che nel tempo sono andate in radio. Fine del comunicato.

#deejaychiamaetichetta o marchetta

Una nuova storia

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Le mani strette sul volante, mentre le ultime luci del giorno si addormentano. Ogni cosa cambia il suo aspetto, quando a bussare é la notte. Accelerare un po’, come a lasciare indietro i pensieri. C’è vento stasera. E sembra volermi raccontare una nuova storia.

Velato

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Di un cielo velato, mi soffermo spesso a osservarne le venature. Sembrano piccole ferite che attraversano ciò che appare perfetto. E quante ne ha passate, il cielo. Con i suoi tramonti abbandonati nei casolari, le sue albe improvvise, colte di passaggio da un viaggiatore distratto. E le sue notti, con il suo riflesso trascurato sul mare. Se solo fossimo capaci di guardarci negli occhi, se solo non ci lasciassimo trasportare via dalle nubi, dai temporali, forse riusciremmo a vederla più spesso, quella sfumatura creata da una pennellata di sole. E potremmo davvero perdonare le nostre rughe.

A un passo

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Aspettavo qualcosa, a un passo dal binario sbagliato. Nei silenzi di una sala di aspetto, dove ogni passo é un ritmo sconosciuto. Nelle strade colorate di mare, dove anche il vento riconosce il tuo nome. Il mio viso si rifletteva sui vetri delle vetrine, i miei occhi però non vedevano il ritratto, che la vita scolpisce sul volto. Aspettavo qualcosa, che era a un passo.

Proprio adesso.

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Mi trema la voce. É così semplice rompere una melodia. Tra una nota sbagliata e un tempo imperfetto ci passa un solo attimo, o il senso della vita stessa. Un verso, poi un altro. Non può arrivare proprio adesso, poco prima del ritornello. Ma la voce torna a salire, le note vanno al posto giusto. L’emozione, quando arriva, sa sempre dove andare.

Fino ad allora

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Mi è sempre piaciuto pensare alle cose che scrivo come a un piccolo negozio di cose artigianali. Dalle recensioni, ai testi e le canzoni, fino ai romanzi. Forse un giorno questi grandi discount della parola ci faranno chiudere, ma fino ad allora qui ci troverete qui, ad allestire vetrine di storie. E di sogni.

​L’uomo che si fa chiamare uomo.

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L’uomo che si fa chiamare uomo.

Costruisce prigioni, senza sbarre.

Toglie la vita dagli occhi,

confinandoli nei lividi.

Coglie nel segno, sin sotto la pelle.

Perché la ferita è il gioco sottile.

L’uomo che si fa chiamare uomo.

È l’abile attore,  che sa fingersi vittima.

È il vile carnefice dalla lacrima facile.

La sinfonia venuta male.

La mano pesante, su una scusa leggera.

Ma tu non spegnerli i tuoi occhi.

L’uomo che si fa chiamare uomo

Dentro di loro leggerà di non esserlo.