Velato

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Di un cielo velato, mi soffermo spesso a osservarne le venature. Sembrano piccole ferite che attraversano ciò che appare perfetto. E quante ne ha passate, il cielo. Con i suoi tramonti abbandonati nei casolari, le sue albe improvvise, colte di passaggio da un viaggiatore distratto. E le sue notti, con il suo riflesso trascurato sul mare. Se solo fossimo capaci di guardarci negli occhi, se solo non ci lasciassimo trasportare via dalle nubi, dai temporali, forse riusciremmo a vederla più spesso, quella sfumatura creata da una pennellata di sole. E potremmo davvero perdonare le nostre rughe.

A un passo

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Aspettavo qualcosa, a un passo dal binario sbagliato. Nei silenzi di una sala di aspetto, dove ogni passo é un ritmo sconosciuto. Nelle strade colorate di mare, dove anche il vento riconosce il tuo nome. Il mio viso si rifletteva sui vetri delle vetrine, i miei occhi però non vedevano il ritratto, che la vita scolpisce sul volto. Aspettavo qualcosa, che era a un passo.

Proprio adesso.

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Mi trema la voce. É così semplice rompere una melodia. Tra una nota sbagliata e un tempo imperfetto ci passa un solo attimo, o il senso della vita stessa. Un verso, poi un altro. Non può arrivare proprio adesso, poco prima del ritornello. Ma la voce torna a salire, le note vanno al posto giusto. L’emozione, quando arriva, sa sempre dove andare.

Fino ad allora

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Mi è sempre piaciuto pensare alle cose che scrivo come a un piccolo negozio di cose artigianali. Dalle recensioni, ai testi e le canzoni, fino ai romanzi. Forse un giorno questi grandi discount della parola ci faranno chiudere, ma fino ad allora qui ci troverete qui, ad allestire vetrine di storie. E di sogni.

​L’uomo che si fa chiamare uomo.

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L’uomo che si fa chiamare uomo.

Costruisce prigioni, senza sbarre.

Toglie la vita dagli occhi,

confinandoli nei lividi.

Coglie nel segno, sin sotto la pelle.

Perché la ferita è il gioco sottile.

L’uomo che si fa chiamare uomo.

È l’abile attore,  che sa fingersi vittima.

È il vile carnefice dalla lacrima facile.

La sinfonia venuta male.

La mano pesante, su una scusa leggera.

Ma tu non spegnerli i tuoi occhi.

L’uomo che si fa chiamare uomo

Dentro di loro leggerà di non esserlo.

Nei tramonti disillusi

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Ci trovo la forza nei tramonti disillusi, nelle sbavature dei sorrisi, le sceneggiature di un’onda che si infrange. Negli occhi persi di chi non si vergogna e piange. Perché siamo tutti così diversi, immersi nelle vite di cristallo, nelle note in stallo tra cielo e terra, tra anima e guerra. Ci trovo la forza nei colori, per sfidarmi tra i solchi delle notti.

Le stesse scelte

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Il progetto #lequazione ebbe inizio ormai molto tempo fa. Tante collaborazioni, tanti sogni. Nel frattempo molte cose sono cambiate e i piedi ora sono forse più piantati per terra. Forse troppo. Ma in questi anni ho capito che coesistere in un sistema complesso come quello dell’editoria logora anche i più appassionati. Quando le cose cambiano spesso dentro lasciano ferite insanabili, si tira avanti, si lotta ancora, certo, ma nel frattempo cambia anche una parte di noi. Capisci che i sorrisi nascondono parole non dette. Chi era con te volta le spalle. E continui a crederci nonostante tutto. Ma poi all’improvviso tutto diventa più chiaro e trasparente. Si inizia a sentire la stanchezza. E perché no, anche l’amarezza. La passione é solo una piccola parte del gioco, quello che resta é tutt’altro. Quando però vedo quella copertina, lí dov’é adesso, e penso alle tante cose fatte, alle persone che sono rimaste, mi viene da pensare che, per quel che mi riguarda, rifarei le stesse scelte e sono sicuro che presto la passione tornerà e chissà che non si riesca a far nascere presto un nuovo progetto.

La mappa del mondo

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Quanti amori abbiamo perso, lasciato per la strada. Tra i colori accesi, di giorni marginali. Leali, con le nostre stesse ali. Ogni giorno è diverso, quando si guarda il mondo dalla punta di una stilografica. L’inchiostro è amaro come il sangue, quando scivola sul foglio, dove ogni sbaglio é un bivio. Quanti amori ho perso, prima di incontrare te.