Quando si parla di bullismo

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Quando si parla di bullismo, bisognerebbe farlo con tatto e discrezione, per un motivo molto semplice: quasi tutti, in un modo o in un altro, lo abbiamo subito. I tempi sono cambiati, diventando violenti e sempre più imprevedibili. Diventa sempre più difficile dire ai ragazzini cosa fare, come farlo e soprattutto perché. Ed é così perché una volta gli equilibri erano diversi, ci si limitava alla scazzottata, agli insulti. Tutto ciò rimaneva confinato in un luogo lontano dalla propria famiglia, perché era una forma intima di autodeterminazione. Però, tra vittime ci si aiutava. Oggi il mondo sembra più subdolo, anche solo per l’avvento della tecnologia che ci annienta ogni giorno di più. Imparare o insegnare come convivere con la cattiveria, con le serpi, con l’impossibilità di reagire rappresenta un’impresa titanica per i genitori di oggi. Tutto cambia troppo velocemente, ma una cosa è certa: non sembra più il tempo di lasciare che un ragazzino rimanga isolato nella sua autodeterminazione, perché potrebbe non avere la forza necessaria per reagire. Quando si parla di bullismo, bisognerebbe farlo con tatto e discrezione. Per un semplice motivo: quasi tutti, anche inconsapevolmente, siamo stati il bullo di qualcuno. O potremmo diventarlo.

Le tracce lasciate da un nome

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Tra le corsie di un ospedale ci passano intere vite, disegnate sulle rughe del viso, negli occhi, sulle pareti disinfettate di fresco. I passi che non fanno rumore. E i silenzi che ne fanno molto di più. Le tracce lasciate da un nome, dallo stridere dei pensieri, di fronte a una finestra che si affaccia sul fiume. La gioia, l’attesa, la paura. Tra le corsie di un ospedale ci passano anche queste, che scrivono versi sul viso, cambiano gli occhi. E disegnano le emozioni su un dipinto che ci somiglia.

C’è bisogno di voi

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Dall’uscita de #lequazione in questa nuova veste sono successe tante cose e tante ne dovranno ancora accadere. E per quel che riguarda gli aspetti letterari è e sarà necessario l’appoggio e il sostegno di tutti voi. In una realtà difficile in cui si cerca di conquistare libreria per libreria non si può sempre e solo contare su se stessi. Gli editori scommettono su di te se funzioni, altrimenti è sempre pronta una proposta nuova. É il mercato. Ma non posso negare che in questi mesi io abbia scelto di rinunciare a gruppi social con capi e capetti, se non capó, con il solo scopo non di promuovere cultura, ma se stessi. Posso solo dire che credo nel progetto #lequazione e in tutti quelli che ci collaborano. Spero possa avere un seguito e questo dipende da me, dall’editore, ma sicuramente e fondamentalmente da voi, i lettori. Personalmente non credo alla pubblicazione a ogni costo, credo ai lettori e alla fiducia che affidano a un libro. Per questo non posso che ringraziare chi mi ha ha letto il romanzo e mi ha seguito fino a qui e chi sceglierà di farlo nei prossimi mesi che saranno decisivi per proseguire questa avventura.

#lequazione non é non sarà mai un progetto individuale. 

L’equazione

Ricostruire

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Con i Lego potevi costruirci un sogno, distruggerlo e ricostruirlo da zero. E tutto questo non lasciava alcuna traccia. Poi i tempi cambiano e le schegge iniziano a lasciare segni tangibili sulla pelle. Tutto diventa più veloce. E tante cose si allontanano. Anche le parole perdono il loro significato. Guardarsi allo specchio, mentre cercano di trasformarci. Si smette di giocare con i Lego. Io ora ho in mano una penna. Con lei, nonostante tutte le mie ferite e i miei errori, sento di poter ancora costruire un sogno, distruggerlo. E ricostruirlo da zero.

Risultati

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Io credo che di fronte a un risultato negativo si debba partire in primo luogo dall’autocritica, dall’analizzare le cose che hanno funzionato e quelle che non hanno funzionato. È un processo necessario per migliorare il sistema, individuando le criticità e provando a intervenire dove possibile. I principi ingegneristici però possono poco di fronte all’empatia e alle diverse componenti artistiche che sono parte integrante di un progetto, soprattutto quando l’obbiettivo è creare un filo diretto con i lettori e non con dei semplici clienti. Quando questo non accade, l’errore diventa imperdonabile. Senza se e senza ma. E in particolar modo chi propone il progetto è anche il principale responsabile del risultato negativo.

Dolcemente, malinconica

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Ho immaginato una luna così piena dal mostrare le sue vene, i pensieri e i battiti di un cuore di inchiostro, l’altro lato di un mostro dalle ali spezzate. Le note sbagliate, ai margini di una melodia primordiale. Avrei rubato il senso di ogni discorso per non cambiare la tonalità dei miei silenzi, ma avrei continuato a immaginarla così, la luna. Dolcemente malinconica, come solo lei sa essere.

Se avessi un figlio

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Se avessi un figlio, mi piacerebbe insegnargli che uomini e donne sono diversi. E che ognuno di loro, ogni uomo e ogni donna, é diverso. Tutto nasce da qui. E che si deve difendere questa diversità, perché è ciò che rende liberi. Perché la violenza può nascere anche dal niente, da una parola, uno sguardo, un divieto. Dalla discriminazione che si nasconde in modo subdolo nei muri artificiosi creati tra il presunto bene e il presunto male. Dal giudizio negativo di ciò che non conosciamo o che semplicemente non ci appartiene. Se avessi un figlio, mi piacerebbe insegnargli il rispetto.

Trovarmi

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Cercavo le parole come conchiglie sulla spiaggia, mentre il mare faceva troppo rumore. I passi sono sempre più difficili sulla sabbia, quando il vento sembra volerti fermare. Ma i pensieri sono più forti, ti spingono oltre. Il sole stava affondando nel rosso sangue. Più in lontananza la notte si faceva strada. Le navi salpavano verso chissà dove. E io continuavo a cercare le parole, ma furono loro a trovarmi.