Categoria: Pensieri
La mia non idea.
Quanti sociologi, giornalisti, pensatori che analizzano e scrivono sul tema terrorismo. Ognuno a modo suo ha ragione. Vorrei farmi un’idea mia, ma proprio non ci riesco. Ed è strano, perché in genere alla fine ci riesco sempre. Semmai mi pongo una domanda: perché dei giovani trovano la loro vocazione in una violenza sconsiderata? Forse è quella che chiamiamo cultura ad aver fallito. Spesso parliamo di storie che evocano più Arancia Meccanica che non temi religiosi. Ragazzi feroci, incazzati, cattivi e che pur di trovare uno scopo nella vita scelgono quello di un fantomatico governo ombra che li fa sentire un qualcosa in una società che annienta idee, sogni, speranze e futuro. Io non sono un sociologo, né un giornalista e tanto meno un pensatore. Sono uno che ha paura della deriva sociale e culturale che si sta sviluppando in un mondo che non riesco a comprendere.
Gli ideali. E cosa ne resta
Se in uno dei paesi più democratici del mondo aleggia ancora il retaggio culturale della supremazia bianca, vuol semplicemente dire che qualcosa non funziona ancora. O forse non ha mai davvero funzionato. A dimostrarlo c’è l’odio, quella assurda voglia di nazionalismo sociale che trasuda dalle menti più insospettabili. Forse dietro quest’odio c’è anche la paura per il futuro, ma non è sufficiente per spiegare la volontà di annullare anni e anni di battaglie per l’uguaglianza, i diritti e la libertà. Sono ideali troppo grandi per rimanerein silenzio di fronte a questa rinascita di sentimenti, se così vogliamo chiamarli, che pensavamo ormai morti e sepolti.
Sbarre
Teniamo il tempo, e lo temiamo. Perché la musica ha le sue regole, come sbarre che inevitabilmente spaventano.
Anche quando
Il mare mette malinconia, anche quando non c’è.
Nebbia lieve
Cambiano le rotte. Le lenti tese a mettere a fuoco il tempo. Ma la sabbia corre, sulla superficie liscia della pelle. La luna si nasconde. E stanotte fa troppo freddo. Vedo una luce nel buio, ma sono i miei incubi. Una nebbia lieve colora l’orizzonte di stelle. E resta il suono del vento, a disegnare una trama chd non posso leggere. Léggere sono le vele che cercano un sospiro, un respiro, una parola. Ed è lì che me ne accorgo. E, finalmente, viro.
Onde
Si rompono i muri di vetro, le torri di argento. Le nuvole di pianto, costruite sul cemento. L’aria si tinge di inferno, quando ogni raggio di sole, si veste di inverno. Ma siamo a largo, in un mare in tempesta. E i muri di vetro non si infrangono, poiché fatti di silenzio. E io non so parlare.
Quella gran voglia
Avevo bevuto troppo. Guardavo il mondo che correva troppo veloce, da un finestrino anonimo, di un’auto che nemmeno conoscevo. I pensieri volavano da un lato all’altro della mia testa, che mi faceva sempre più male. La notte era giovane, o forse ormai troppo vecchia. Una giostra, una notte, una terra, una luna. Una sola stella, in bella mostra ai bordi della statale. Quanto era lontana la storia che volevo riscrivere. Sentivo la nausea salire, fino ad arrivare all’anima. Volti che si sovrappongono, nella frazione di un solo istante, sui fotogrammi di una pellicola che non ricordi. Avevo bevuto troppo. I miei occhi incollati agli occhi riflessi sul finestrino. Senza perderne le tracce. Tutto era fermo. Le mie mani ancora strette sul volante. E poi, quella gran voglia di vomitare.
#testi
A volte
A volte posso sembrare burbero, soprattutto quando di parlo di temi seri. Io credo che una partita duri sempre novanta minuti, anche quando si è svantaggio. Ma credo anche che la nostra sia una società spietata. Crudele. Che, come dice Liga, non permette di arrivare nemmeno al primo ritornello. Credo anche che si debba fare tutto il possibile per ottenere quello in cui si crede. Con tutto l’impegno possibile. E anche a costo di perderla, la partita. Con serietà, dedizione, sudore. Tanto sudore. Con queste cose tutto si può fare, o quanto meno ci si può provare. Posso sembrare burbero perché queste cose vanno dette così, come farebbe un allenatore con i suoi giocatori.
La camera oscura
Ogni gesto, parola, sorriso è un linguaggio. Ma le ferite restano, anche di fronte a una frase scritta nel modo migliore. Restano tra le righe di una canzone, le pagine di un romanzo. Le scritte sui muri. La camera oscura, in cui sviluppare i ricordi. Un mondo, le sue sfumature. Ogni gesto, parola, silenzio, raccontano qualcosa. Ma dimenticare le proprie ferite sarebbe come perdersi. E cancellare la propria, di storia.