La Macchina del Silenzio: il racconto di un mondo che è stato alterato

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La #MacchinadelSilenzio è un romanzo che racconta un mondo che sembra alterato, come è nata l’idea?

Come molti sanno, questo romanzo nasce dalla necessità di completare la storia nata con L’Equazione. Il mondo alterato non è niente più di quello in cui viviamo. Le paure, le guerre. I compromessi. I personaggi sono spesso complessi e contorti come lo siamo tutti noi nelle diverse fasi della vita. La scienza, la storia e soprattutto la religione sono stati per secoli veicoli utilizzati dall’uomo per strumentalizzati a seconda delle necessità di quel particolare momento. E quindi, chi può dirci che osservando la vita del nostro pianeta non esista un disegno all’interno del quale noi non siamo altro che un qualcosa di necessario, solo in questo momento della vita del nostro pianeta? L’uomo ha imparato molto, tuttavia conosce solo una parte infinitesimale della realtà che lo circonda. E questo è un dato. La cosiddetta verità é un luogo ancora molto lontano da noi. É questo il tema.

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Gelido

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É un vento gelido,
quello che mi fa perdere l’equilibrio.
La dinamica dell’istante perfetto.
Il passo più lento,
per ritrovare il ritmo dei propri pensieri.
Guardare da lontano la scena.
Osservare gli sguardi degli attori.
Sentire il tessuto delle sedie in platea.
Vedo un mondo sanguinario,
chiuso tra quelle pareti.
Mentre io amo il vento.
Anche quando è gelido.

Chiesa di San Girolamo e Vitale a Reggio Emilia 

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A Reggio Emilia esiste una chiesa che viene aperta al pubblico una sola volta l’anno. Si chiama Chiesa di San Girolamo e Vitale. Ho scelto questa ambientazione per #LaMacchinadelSilenzio per una sua importante caratteristica: La Scala Santa. Una riproduzione della Scala del Tempio di Salomone. Ecco alcuni suoi particolari.

La giusta distanza

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Dalla giusta distanza,
la dimensione del mondo.
L’essenza e l’odore.
In fondo, alla stanza.
L’eco di una voce,
la necessità di urlare.
L’assenza e il sapore.
Demoni, vestiti di bianco.
Angeli, svestiti di anima.
Non esiste distanza,
né tempo.
Il mondo è relativo.
Come noi stessi.

Due domande su romanzi, editoria e distribuzione 

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Hai pubblicato due romanzi. Quali sono le tue impressioni maturate dopo queste esperienze?

Innanzitutto, credo sia davvero dura sopravvivere come autore emergente in un panorama, parlo del mondo della piccola editoria, senza limiti. C’è di tutto. Dall’autore bravo e intellettualmente preparato, allo sprovveduto che pretende di vendere i libri che porta nella sua sacca. Magari sbagliando congiuntivi qua e là. Tante proposte e pochissime possibilità di farsi leggere davvero. Il problema forse più grande è lo scetticismo dei circuiti accreditati alla letteratura: le librerie, in primo luogo. Tranne per alcuni casi, tendono a non dar spazio ad autori di cui sa poco niente. Per carità, visti i soggetti che circolano in questo ambiente, posso capirli. In realtà mi vien da dire che fanno di tutta l’erba, un fascio. Ci sono molti piccoli editori che lavorano bene, ma che vengono di fatto tagliati fuori dal mercato. Così, un autore è costretto a far leva sui conoscenti per “spingere il prodotto”. Ma quasi sempre tutto finisce lì.

Quindi, i limiti ci sono?

I limiti sono dettati dai grandi distributori che spesso prendono percentuali da usura. E che, per fare un esempio, escludono dai circuiti Feltrinelli e Mondadori, ovvero la gran parte delle librerie. È un sistema in cui possono sopravvivere solo i colossi dell’editoria. Un piccolo editore non può reggere quella concorrenza. In giro vedo sempre i soliti personaggi girare per tutte le librerie d’Italia, le stesse, molte anche indipendenti, che a un autore sconosciuto dicono di avere il calendario pieno, o che semplicemente  che rimandano un incontro anche per anni. Quando rispondono, ovviamente.

Esiste una soluzione possibile, secondo te?

Non lo so. Mi chiedo solo se abbia senso che vengano pubblicati così tanti libri a cui nessuno può garantire visibilità, quindi di esistere. Lo sapete, ho seguito per molti anni la musica indipendente e so quanto possa essere frustrante trovare davanti al palco ad ascoltare solo qualche amico, magari pure un po’ annoiato. Dopo aver magari provato la nuova canzone per mesi. Beh, la stessa sensazione vale per un libro. Tornando a noi, ormai sono un po’ di anni che frequento questo ambiente e mi sono fatto le mie idee. E credo sia giusto e doveroso parlarne, anche se molti sono convinti che si debba sempre raccontare un mondo positivo. A me piace parlare della verità. Bella o brutta che sia.

Mi ero perso

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Mi ero perso.
Perché scrivere ti porta altrove.
E, alla fine, ci credi.
Che quel ruolo ti spetti.
Resti solo.
Con le mani strette sul volante.
E davanti, un teatro buio. Senza riflettori.
E la puoi toccare, la solitudine.
Ma è un vuoto apparente.
Apparire, ti può far sparire.
La pioggia sul parabrezza.
Fermo a un lato della strada.
Il mio sguardo nello specchietto.
Un dolore nel petto.
E l’ho capito allora.
Che mi ero perso.

La beata ignoranza di un menestrello 

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La mia non è poesia, né narrativa. Non è racconto, prosa, beata ignoranza di un menestrello. Non è alibi perfetto per chi spaccia rabbia. Anima astuta e veleno. Non è  parola, né mestiere. Storia lasciata a macerare, perché l’emozione sopravviva. Non l’inganno che ti fa voltare pagina. L’incanto di una donna, che muore per sentirsi viva. Lo svelare l’arcano, il piano oscuro, dietro le quinte di un tradimento. Non è il rimpianto. Il mio è un travestimento, che mi arma da carnefice, con la favola candida di un bambino. La mia non è poesia, né la mia natura schiva. Ma sono io, immerso nelle mie sfumature d’avanspettacolo. 

Deserto Luna Park

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Guarda.

C’è un tempo in cui tutto si ferma.
Come una giostra che all’improvviso smette di giocare.
Senti.
C’è odore di bruciato.
E ci hanno dimenticati.
Il mondo gira sempre più veloce.
E i sogni sono gettoni.
Le luci del luna park, risplendono ancora.
Ma, ascolta.
Tutto è silenzioso.
E se fai attenzione, puoi sentirlo.
Il rumore di chi conta quei gettoni.