Rigopiano, un anno dopo

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A un anno dalla tragedia di #Rigopiano ci si interroga ancora se molte cose siano cambiate o meno. La cultura della difesa idrogeologica e la consapevolezza del rischio sta lentamente crescendo, ma il lavoro da fare è ancora molto. Il primo passo è fare tesoro delle cosee accadute e, oltre a lasciare un pensiero per le vittime, iniziare seriamente a riflettere e sviluppare una crescita nell’approccio al problema. Molto è stato fatto, ma la strada da percorrere è ancora tanta.

Niger

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L’approvazione a camere sciolte sul tema invio di un contingente in #Niger passa con una maggioranza formata da Pd, Forza Italia e Alleanza Nazionale. Di questa potenziale coalizione per fantomatico post elezioni abbiamo già parlato. Le voci polemiche parlano di guerra e proprio di questo continuerei a parlare. E inizierei ad associate il nome di questo luogo della terra a un altro concetto: Daesh. E in particolare la necessità di intervenire sugli innumerevoli fronti potenziali legati al terrorismo, che in questo luogo ha un nome molto conosciuto: #BokoHaram. Proprio questa frangia particolarmente violenta radicata proprio in questo territorio, strategico anche per questioni economiche e commerciali, potrebbe attrarre militanti in fuga dal territori che erano sotto il dominio dello Stato Islamico. L’aiuto militare al Niger si configura pertanto come strategia di contenimento a monte dei fenomeni migratori, oltre che economici e funzionali ai traffici commerciali.

Acume politico

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Caos politico per la proposta del candidato Di Maio di abbattere il rapporto tra deficit e Pil. A far notare la sua preoccupazione per i possibili risultati delle elezioni italiane é Moscovici, Commissario Affari Economici, in particolar modo per quanto concerne la legge elettorale attualmente in essere in Italia. Di Maio ha fatto un passo indietro chiedendo un chiarimento. Senza entrare nel merito delle dichiarazioni del candidato, forse occorre ricordare che per i paesi che fanno parte dell’Unione Europea ci sono delle regole, come quelle di un qualsiasi condominio, in cui gli interessi diventano in qualche modo comuni. Il tema della preoccupazione di Moscovici potrebbe essere però letto in un modo diverso, ovvero per una legge elettorale che fa intravedere solo un risultato: ingovernabilitá. Ovvero un altro governo “allargato”. E forse il problema sta proprio qui, all’UE è sempre stato bene l’assemblamento di centro destra  e centro sinistra degli ultimi governi italiani. Sono davvero sicuro che la situazione italiana lo preoccupi. Ma non tanto per le sparate elettorali, quanto per i numeri e soprattutto la volontà dei cinque stelle di non volere alleanze. Ecco, se Di Maio avesse un po’ di acume politico nemmeno prenderebbe in considerazione questo caos, che poi è la politica stessa.

Le parole sono importanti

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Qualcuno diceva che le parole sono importanti. E io credo sia così. Se per suscitare il consenso si rende necessario utilizzate concetti come “razza bianca” (poi ricondotta a lapsus, il che è pure peggio) o “invasione” si entra in un fenoneno preoccupante. E lo è ancora di più se l’utilizzo porta a crescite importanti nei risultati dei sondaggi. Si tratta di un sintomo grave, che andrebbe curato con una cultura seria. E invece si assiste quotidianamente ad aggressioni verbali nei confronti di chi il mestiere dell’accoglienza lo ha fatto suo. Vedi Boldrini. La cosa più curiosa è che se si va a leggere bene i messaggi lanciati ogni parte politica, questi parlano di regolamentazione.  Aldilà dei termini credo che quella che stiamo vivendo sia una fase storica difficile, pericolosa e senza ombra di dubbio di cambiamento. A dimostrarlo è forse anche la paura di questa classe politica. E la confusione dei contenuti. Tutti vorrebbero dire tutto. Agli elettori non resta che muovere la testa da una parte all’altra, come spettatori di una improbabile partita di tennis. Fino a continuare scuoterla anche a partita finita. Perché le parole saranno anche importanti, ma spesso lo sono più i fatti. Basta davvero qualche parola evocativa per riportare la storia nei suoi momenti più bui?

Avete mai pensato di scrivere un romanzo? Ecco alcuni consigli. #makingnovel

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Avete mai pensato di scrivere un romanzo? Io ho iniziato a pensarci sin da quando ero ancora sui banchi di scuola. La prima volta ho pubblicato con un editore che mi ha lanciato sul mercato con un libro pieno di refusi. Ai tempi ero completamente inesperto. Ora so quanto sia importante un editing attento e professionale. Il mio nuovo romanzo si chiama La macchina del silenzio ed è stato pubblicato da Les Flâneurs Edizioni con un editing perfetto. Con lo stesso editore ho ripubblicato il mio primo romanzo (sì, quello dei refusi) con una nuova struttura, grafica ed editing. Se avete risposto sí alla domanda che vi avevo fatto all’inizio, allora posso dirvi che si tratta di un viaggio lungo e spesso pieno di insidie. Ma la prima cosa che mi sento di consigliarvi è fare molta attenzione al testo, alla scelta dell’editore a cui mandare la vostra bozza e soprattutto umiltà e capacità di autocritica. Senza queste ultime due cose difficilmente si potrà arrivare a risultati convincenti. Per quanto mi riguarda ho scelto di scrivere thriller e in particolar modo di sviluppare uno schema narrativo più veloce di quello utilizzato dalla maggior parte degli autori e con diversi cambi di ambientazione, costruendo così una macchina narrativa che integra la dinamica cinematografica alla lettura. Una storia a più dimensioni. Alla base di ogni romanzo deve esserci un grande lavoro di studio e approfondimento dei temi trattati e della tecnica narrativa. E parliamo dei personaggi? Questo magari nella prossima puntata.

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É tutto un fiorire di motivatori improvvisati

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É tutto un fiorire di personaggi con grande attitudine al video selfie che propongono seminari su come fare successo grazie ai social network. Davvero, è un fenomeno dilagante. Ora, esistono personaggi  da cui è possibile imparare qualcosa, ma la maggior parte sono illustri sconosciuti che decantano quanto siano stati bravi ad arrivare. Si, ma dove?! Ragazzi, fate attenzione, in rete nessuno regala niente ed eventuali “risultati” possono essere solo frutto di studio, tecniche e strategie pubblicitarie. É come tutte le campagne serie necessitano di competenze che non si inventano dall’oggi al domani, così come in qualsiasi altro settore. Quando leggo gli importi delle quote di iscrizione a questi seminari capisco quanto possa essere vulnerabile buona parte del pubblico presente sui social e quanto possa essere sensibile a bombardamenti mediatici da parte di questi ragazzotti sbarbatelli che come mantra ripetono “tutti possono farcela a diventare come me, anche tu”. Ecco, ascoltate un cretino e non vi affidate a questi esemplari. E soprattutto: non diventate come loro, che tanto la differenza da un comunicatore bravo, si vede.

Dal finestrino

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Un treno viaggia solitario sul pendio desolato di un desiderio. A bordo, una ragazza. Con gli occhi ancora sporchi di lacrime e fissi sulla copertina di un libro, abbandonato sul sedile della sala d’aspetto di una stazione. Fuori dal finestrino, soltanto neve. E qualche goccia che scivola lungo il vetro. Un giorno le avrebbero chiesto il biglietto, perché la vita, prima o poi, lo fa. La ragazza solleva la mano, la porta sul vetro. Inizia a togliere la condensa. Dentro di lei, qualcosa si muove. Da quanto aveva dimenticato di averlo ancora, un cuore. Oltre la vallata vede comparire qualcosa, ben oltre la neve. Una macchia che si allarga, così come i battiti. Sulla copertina di quel libro c’era un viso, forse il suo. Ma quel libro era volato via per sempre e davanti a lei c’era il mare.

Dimmelo ancora

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Lasciami qui a dormire. Il sogno passerà. Lo stomaco smetterá di bruciare. E lo so che non serve, sognare. Me lo dici sempre. E io guardavo le stesse nuvole dipinte sul cielo, perché era lì che sentivo arrivare le parole. Strette al cuore, come demoni pronti a sbranare. Lasciami sedurre un istante rubato, perché prenda fuoco la voglia di cambiare un finale. Con la malinconia, ci parlavo. E sapeva sempre tutto di me. Chissà se qualcuno può capirlo, che era un’amica. Trattenevo le lacrime, perché piangere non serve. E vorrei me lo dicessi ancora. C’è un tempo per tutto, anche per tornare a sognare. Perché non è vero che non serve a niente. Altrimenti a che servirebbe dormire, se non a perdersi in un buio senza vie d’uscita. Quindi, dimmelo ancora.  

Se non fa male, non serve

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Un racconto è un racconto. Con le sfumature ed emozioni sanguinarie. Se non fa male, non serve. Lo fanno anche le favole, da tempi immemorabili. Nell’era della cultura da aperitivo e Open Bar sfugge sempre qualcosa. Parole come “aggiungimi” o “ti taggo” hanno presto il posto di un “ti aspetto” o di un numero scritto da anime senza nome sulle porte del cesso di un Autogrill. Bruciamo le emozioni a bordo strada, per quell’attimo di consenso. E cosa resta di noi, in tutto questo, se non quel senso di vuoto. Ci portiamo al limite, ci tiriamo a lustro, ci incantiamo, ci incateniamo, per non sentire che tutto scorre troppo in fretta. Che le parole vengono inghiottite da bacheche fameliche. Stamattina fa troppo freddo. E a scrivere mi si gelano le dita. Ma un racconto è un racconto. E deve far male, per me scrivere è questo. Sia davanti a me ci sia gente pronta ad ascoltarmi, o che solo al bordo di una banchina della stazione. Mentre scrivo sulla neve fresca “ti aspetto”. La scritta svanirá presto, ma io sono tutto questo. Sono quelle parole scritte su una panchina, su un muro di periferia, sulle porte del cesso di un Autogrill.