Giochi di luce

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Giochi di luce,
raggi che entrano nella sua stanzetta.
E ogni tanto vedo il tuo sguardo perdersi,
come se avessi paura.
E a me che non sembra sia possibile
Perché nessuna meglio di te potrebbe farlo meglio,
regalare una vita, nutrirla, difenderla.
Giochi di luce,
perché anche noi che siamo grandi abbiamo paura del buio.
E quando anche il mio sguardo,
si perde nell’ultimo raggio di sole.
Penso a quanto io sia stato fortunato,
a incontrarti,
e costruire tutto un mondo che sembrava essersi perso.
E quanto è difficile iniziare a capire che cambierà tutto.
Che noi non saremo più gli stessi,
quando lei sarà qui.
Perché forse in quel momento avremo voglia di piangere,
perché solo la gioia più inspiegabile può farlo.
E sarà come quando un raggio di sole incontra una lacrima,
e sulle pareti di questa stanzetta nasceranno da sé,
i più bei giochi di luce che la vita ci poteva regalare.

Loro non lo sanno

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Il tuo cuore in guerra,
sporco di polvere.
Violato.
Ti urlano addosso,
anche quando ti guardano.
Un inferno alle spalle,
uno di fronte.
Colori diversi,
diverse parole.
E tutte sanno farti del male.
Dicono che devi andar via.
Che il tuo posto è la polvere,
è la guerra.
Mentre tu vorresti vivere,
bagnarti gli occhi solo di lacrime di gioia.
Provare a dimenticare,
anche quando sai che non potrai mai farlo.
Loro non lo sanno,
che di notte non dormi.
Che senti sulla pelle lo sporco di quelle mani.
Loro non lo sanno,
che piangi di nascosto.
Perché ti hanno insegnato a non farlo.
E tutto questo,
loro non riusciranno mai a capirlo.

É quasi tutto pronto

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É quasi tutto pronto.
La culla in cui dormirai,
i vestitini che indosserai.
Il passeggino per portarti a casa.
La giostrina.
É un mondo che cambia,
un libro che si chiude,
per far spazio a una favola.
É quasi tutto pronto,
mentre fatico a guardarmi nello specchio.
Non sembra nemmeno vero.
La mamma forse riesce già a capirlo,
che stai per arrivare davvero.
L’aria sembra avere un sapore diverso.
C’è incredulità e paura,
stupore e felicità,
dubbio e certezza.
É quasi tutto pronto,
una borsa pronta,
con dentro le nostre vite,
che cambiano.
E la tua, che è già con noi.

C’era una volta il partito del fascio

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C’era una volta il partito del fascio, prometteva benessere e sviluppo a tutto il popolo italiano e che sarebbe stato finalmente risolto il terribile problema degli stranieri che rubavano loro la ricchezza e la prosperità. Raccontavano di quello che sarebbe stato il cambiamento imminente di tutto quello che non funzionava e che finalmente gli italiani si sarebbero ribellati e liberati del giogo degli Stati Uniti, Francia e Inghilterra. Narravano di un’alleanza con paesi amici che li avrebbero aiutato in questa avventura.
Un giorno il partito del fascio portò gli italiani in guerra, ma prima aveva distribuito loro la tessera del pane, provveduto a bruciare i loro stupidi libri e allontanato i vicini di casa stranieri. Gli italiani ripetevano gli slogan che venivano urlati da un balcone.
Poi iniziarono a cadere le bombe e gli italiani iniziarono a capire che la guerra stava volgendo al termine. E che a vincerla sarebbero stato proprio i nemici americani, francesi e inglesi e decisero di cambiare schieramento. Nel frattempo gli ex amici tedeschi avevano iniziato a stuprare donne e a mettere a ferro e fuoco i territori italiani. Alla fine di questa brutta storia gli italiani si ritrovarono indebitati con chi li aveva salvati da un nemico a cui loro stessi si erano affidati. Per anni e anni qualche italiano aveva raccontato di cose belle fatte dal partito del fascio: le bonifiche, le leggi per la previdenza sociale. Pian piano la ferocia venne dimenticata. Fino a quando, un bel giorno, il partito del fascio tornò, ma nessuno se accorse. Forse perché non aveva più gli stessi colori e si chiamava in un modo diverso. Qualcuno iniziò ad accorgersene perché prometteva benessere e sviluppo a tutto il popolo italiano e che sarebbe stato finalmente risolto il terribile problema degli stranieri che rubavano loro la ricchezza e la prosperità.

Taglia il filo rosso

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Taglia il filo rosso.
Attendi che il conto alla rovescia si fermi.
Oppure lascia che esploda.
Tutto l’impegno non basterà,
se resti ad attenderla.
Corri più forte,
lascia che ti raggiunga.
Taglia il filo blu.
Il conto alla rovescia andrà più veloce.
E non potrai scappare.
Intrappolato nel tuo fuoco.
Nei respiri incandescenti.
Nei pensieri più trasparenti.
La scelta, però.
Quella non potrai evitarla.
La vita è anche questo.

Chissà se

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Chissà se potevo immaginarlo,
quando ti guardai la prima volta.
Parlavi del tuo romanzo,
come fosse un tuo bambino.
Come me, avevi scelto di scrivere.
E per scrivere bisogna imparare a conoscersi.
Venivamo da mondi diversi.
Timide meteore che si incontravano,
come dadi lanciati su un tappeto blu,
con numeri diversi.
Binari che si incrociano.
E la vita spesso fa tutto da sé.
Così, ci siamo parlati.
Ancora, poi ancora.
Chissà se potevi immaginarlo,
che saremmo diventati una famiglia.
Perché anche chi scrive può stupirsi,
anche della propria fantasia,
che all’improvviso diventa realtà.
Chissà se potevo immaginarlo,
quando ti guardai la prima volta,
che mi sarei innamorato di te.

Scrivevo per difendermi

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Scrivevo per difendermi.
Come una spada, da difendere dalla ruggine.
Il tempo scandiva le sue frecce. E sentivo il freddo aprirsi un varco, tra la nebbia leggera di una stazione deserta. E tra le locandine sbiadite sui muri, cercavo il tuo nome.
Quante volte ho scelto di smettere di difendermi, ma le parole non volevano. E lo facevano al mio posto.
Quante volte ho sognato un mondo migliore, mentre mi sporcava. Lacerava i pensieri. Mi diceva che tutti prima o poi si arrendono.
Ho scritto sui muri, pagine sporche d’olio, il mondo che desideravo. E forse una piccola parte di me è rimasta. Nascosta proprio nei mondi che raccontavo.
Perché parlando del buio, si racconta quello che non riesci a vedere. E spesso sono proprio i sogni che difendiamo.
Quante volte sono rimasto in silenzio, con la paura che non sarei riuscito più a costruire parole.
Che mi fossi arreso.
Ed era in quel momento che sentivo dissolversi la ruggine.

Attenderti

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Attenderti,
dove il suono diventa un nome.
Oltre il viso che cambia nello specchio.
Rughe che esprimono il passato.
Questo è il mondo in cui nascerai,
con le sue luci e le sue ombre.
E un giorno, anche tu lo capirai.
Ma ora è presto,
mentre immagino il tuo viso.
La tua pelle morbida,
come quella della mamma.
Quando sembrava impossibile.
E il rumore sbraccava le paure.
Quando per non sentirle,
Io cantavo più forte.
Quando, parlando al vento,
incontrai la mamma.
E mi riconsegnó il coraggio,
di credere,
al suono delle parole.
Perché una di esse,
un giorno,
diventasse un nome.
Il tuo.

La leggenda del ragazzo che credeva nel mare di Salvatore Basile

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“La leggenda del ragazzo che credeva nel mare” è un romanzo che appassiona e che si fa leggere piacevolmente. Il protagonista è Marco, un ragazzo che è stato abbandonato dai genitori e che scopre, complice un sentimento verso una bella nuotatrice, la passione per i tuffi. Inizia a sperimentare di nascosto quest’arte e scopre di essere decisamente portato. A pensarlo è proprio Virginia, la nuotatrice. Un giorno lei lo invita a una gita al mare con i suoi amici. Marco per fare colpo su Virginia e per gelosia nei confronti del compagno della ragazza, deciderà di tuffarsi da una altissima scogliera facendosi male e perdendo l’uso delle gambe e del braccio sinistro. In soccorso arriverà Lara, una brava e paziente fisioterapista, che durante le cure noterà una voglia a forma di stella sulla spalla di Marco, che scateneranno in lei un vortice di ricordi e sensi di colpa. Perché lei ha già conosciuto Marco. Un romanzo che attrae, che, pur proponendo una storia non del tutto originale, riesce a emozionare. Salvatore Basile mostra anche in questo caso, dopo il successo del precedente romanzo “Lo strano viaggio di un oggetto smarrito” la sua abilità narrativa.

Circondami

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Circondami,
Il vento soffia forte.
Il suono delle pareti,
sottovoce.
Parlami.
Che con i silenzi,
son bravo anch’io.
Ruba le note,
prova a scrivere.
Nessuno ha bisogno di rime,
quando manca il ritmo.
Bruciami,
magari la pelle ricrescerá.
Ma il cuore sentirà il caldo.
Inventami,
come fossi una canzone.