Ero un comunista

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Ero un comunista,
l’anima svenduta, per salvarmi.
Una goccia sulla fronte.
Ero un comunista,
il mio era solo un sogno.
Un’altra goccia sulla fronte.
Ero un comunista,
ho denunciato il mio miglior amico.
Non avevo scelta.
Non posso muovere le braccia,
un’altra goccia di cade sulla fronte.
E un’altra ancora.
Io non potrò mai più scappare.
Sono qui da un’ora,
un mese,
un anno.
Non lo ricordo.
Ero un comunista,
servivo il mio paese.
Ora sono un condannato.
Sento dei rumori.
Mi interrogheranno ancora.
Vogliono dei nomi.
Sto impazzendo.
Vogliono dei nomi.
Ho paura.
Vogliono che faccia i nomi.
Dei miei figli.

Credits:
Photo by Keenan Constance on Unsplash
Text by Daniele Mosca

Ho visto uomini ridere

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Ho visto uomini ridere,
appollaiati a un balcone,
Come sulla prua di una nave,
pronta ad andare a fondo.
Ma il capitano è l’ultimo a scendere,
dicono.
Ho visto uomini crederci,
Mentre l’acqua invadeva i loro polmoni.
Chi urla più forte vince.
Chi indica una strada prega,
che qualcuno lo segua.
Qualcuno vende pezzi della carta,
convinto siano soldi.
Ho visto uomini invocare la carta per il pane e il latte.
Ma la fame non la si scopre mai,
prima che giunga davvero.
Ho visto uomini gioire,
di aver cambiato il mondo.
Poco prima di averlo ucciso.

Siamo qui

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Mentre monto la culla,
mi guardo intorno e penso.
Questa sarà la tua camera,
il tuo piccolo mondo.
Quanto era diversa la mia vita,
quanto è cambiata.
E quanto cambierà ancora,
grazie a te.
Una vite, attaccare dei pezzi di legno.
Se tutti i momenti della vita fossero così chiari.
Invece sono governati dal caso.
Che ha scelto di fare incontrare me e la mamma. E di farti comparire all’orizzonte.
Sino a diventare così vicina.
La culla è quasi finita.
Così come l’attesa di te.
Non sappiamo quando arriverai.
Ma siamo qui.

Il deserto mi separa dalla mia vita

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Il deserto mi separa dalla mia vita.
Quella vecchia, fatta di guerra.
Degli occhi di mia madre,
che non poteva darmi di più.
I segni sulla pelle,
raccontano del mio viaggio.
Del male che mi è rimasto addosso.
Vorrei una vita vera,
in cui potermi guardare allo specchio.
Oltre le cicatrici.
Non riesco a sentirla ancora,
la puzza del sangue.
Degli escrementi seccati addosso,
perché loro potessero riderne.
Ma loro volevano soldi.
E mia madre non poteva mandarne.
Così ho rigettato singhiozzi indietro,
lacrime all’inferno.
Illudendomi, forse,
che un giorno avrei solcato il mare.
Che avrei avuto un’altra possibilità.
Che sarei riuscito a salvare anche mia madre.
Sta entrando acqua nel gommone.
Tutti gridano.
Alcuni di noi si stanno buttando nell’acqua gelida.
Una mamma stringe un neonato in braccio.
É buio, ma riesco a vederlo bene.
Nessuna delle due ha la forza di piangere.
Il deserto mi separa dalla mia vita,
il mare anche.

Sotto ai riflettori

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Quando sei sotto ai riflettori,
non riesci a guardare nessun altro negli occhi.
Ma ti fa sentire bene.
La solitudine bussa piano.
Quando le luci si spengono,
le paure tornano.
E sanno essere spietate.
Perché dal palco quel senso di vuoto non riesci a sentirlo.
Io l’ho capito per caso,
che con una biro e una piccola luce,
si può continuare a scrivere.
E scoprire che senza quelle luci,
riesci a guardarti negli occhi.
A scoprirti diverso,
senza il peso di doverti difendere.
Essere solo,
anche senza sentirti solo.
L’unico granello di sabbia che ti fa sentire vivo.
E a scoprire che in altri occhi puoi ritrovare te stesso.

Io il fascismo non lo rivoglio

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Io il fascismo non lo rivoglio.
Non voglio le discriminazioni.
I governi della caccia al diverso.
Io il fascismo non lo rivoglio.
I treni che partono verso posti migliori.
Corpi divenuti cenere.
Per difendere un popolo vergine,
ma sporco di sangue.
Io il fascismo non lo rivoglio,
con i roghi dei libri.
Delle idee.
Di chi vuole essere libero di pensare.
Io ho paura, lo ammetto.
Di chi si schiera a difesa della violenza.
Di chi minimizza.
Di chi sdrammatizza.
Io il fascismo non lo rivoglio.
L’ipocrisia di una marcia democratica su Roma.
L’annientamento di chi si oppone.
La distruzione della libertà.
Pezzo per pezzo, un po’ alla volta.
L’Italia è stata fascista.
Gli italiani lo sono stati.
Io sono italiano, il fascismo l’ho vissuto, però.
Attraverso le parole di chi lo ha vissuto.
Io sono italiano e continuerò a urlarlo.
Io il fascismo non lo rivoglio.

Intervista ad Amelia Tipaldi, autrice del libro “Come si fa il latte della mamma”

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Vi ho parlato del nuovo libro “Come si fa il latte della mamma” di Amelia Tipaldi e Carlotta Passarini. Ecco una breve intervista all’autrice del testo Amelia
Mamma, raccontami una storia

Come è nata l’idea di questo libro?

L’idea è nata già dieci anni fa con la nascita del mio primo bambino,
cercavo libri per bambini che parlassero di allattamento, ce n’erano
pochissimi.
Si vedevano soprattutto neonati con ciucci e biberon. Ho pensato che mi
sarebbe piaciuto scrivere un libro per bambini che mostrasse la mamma
allattare.
Nel frattempo ho avuto altri due bambini e sono diventata consulente alla
pari per l’allattamento al seno.
Una notte di un anno fa circa ho scritto una poesia che rispondeva alle
domande che fanno i bambini e le mamme sull’allattamento.
La poesia ha avuto un grande successo su Facebook ed è arrivata al Leone
Verde che ha deciso di pubblicarla.

A chi è rivolta la tua opera?

Il libro è per i bambini che si pongono domande tipo da dove viene il latte
della mamma? Domande che si pongono ad esempio quando nasce il fratellino.
Ma è un libro adatto anche alle mamme che allattano e alle mamme in attesa
per augurargli un buon allattamento.

Affronti il tema del senso di colpa della mamma, sia quando ha paura che non
potrà allattare, sia quando non sa quando sia il momento giusto per
smettere, esiste un momento giusto per ogni cosa?

Ogni allattamento è una storia a sè, io stessa ho allattato i miei tre
bambini e con ognuno è stato diverso, durata, approccio ecc.. ogni mamma sa
cosa è meglio per sè e per il suo bambino.
Spesso invece molti interferiscono dettando tempi e modalità e questo crea
ansie e sensi di colpa.

Ci racconti perché hai scelto un formato che unisce parole e immagini
(splendide, tra l’altro)?

E’ stata una scelta naturale, la poesia è una forma di comunicazione molto
versatile e se affiancata da illustrazioni viene arricchita ancor di più di
emozioni che restano indelebili.
Le illustrazioni per i bambini più piccoli può offrire ulteriori spunti di
riflessione e per le mamme può essere una fonte di ispirazione.

Qual è il consiglio che senti di dare a una neo mamme che si appresta ad
allattare?

Di avere fiducia in se stesse e nel proprio bambino e nel caso si avesse
qualche difficoltà iniziale non aver paura a chiedere il supporto di
esperti.

Ti vedremo in giro prossimamente per parlare del tuo libro?

Il 19 ottobre sarò all’ospedale di Settimo Torinese durante il convegno
“Gocce di Latte”
Alcune associazioni di sostegno alle mamme mi hanno chiesto di presentare il
libro nelle loro sedi, stiamo definendo le date.
Vi terrò aggiornati di sicuro.

Ringrazio Amelia per la gentile collaborazione.

Inspiegabile

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Inspiegabile.
Il tuo viso che appare e scompare.
Un suono ritmico,
dicono sia il tuo cuore.
Sei così piccola,
e così forte da cambiare tutto.
Il mondo si ferma un attimo,
perché spiegarmelo è impossibile.
L’ultimo viaggio nel tuo silenzio ovattato,
Immerso in un mare di suoni lontani.
Presto sarai qui,
e non vediamo l’ora.
Una manina, una gamba.
Tutto ora è più tangibile,
ché sembra di poterti toccare.
Ti muovi, nuoti.
Ed è come se già ci volessi parlare.
E tutto è così inspiegabile,
proprio perché sta accadendo davvero.

Il tempo di un sospiro

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Il tempo di un sospiro,
le persiane ancora chiuse.
Quel giorno pioveva a dirotto.
E ora tutto sembra fermo.
Impresso in un tempo sospeso.
Solo un attimo più tardi,
e ora non sarei qui.
Fermo a osservare
Quella che è stata la mia casa,
da sempre.
Solo un attimo più tardi,
e sarei stato prigioniero,
anch’io della polvere.
Il tempo di un sospiro,
e ora sarei la mia malinconia.
Quel brivido in bilico,
tra una domanda,
sospesa anche lei,
come quel mostro.
Dio, perché?
Perché proprio adesso.
Anche secondo te è colpa nostra?
É quasi pronto il pranzo,
in tenda si mangia presto.
Faccio finta di non sentirlo,
il freddo che arriva.
Così due mesi,
mi sembrano una vita fa.
Il tempo di un sospiro,
quello spiraglio tra l’essere e lo sparire.
Chiudo il giubbotto.
Ora sono qui,
non voglio perdere più alcun istante.