Le guerre che farai

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Quando piangi,
e non hai fame.
E ti guardo,
Indifesa e incazzata.
Urli alla luna,
Scalci alle stelle.
Poi ti plachi,
Stringendoti più forte.
Perché non sei molto diversa da me.
Dietro al rancore, alla rabbia,
i sogni infranti,
c’è il bisogno di essere amata.
Avrai tempo per le tue guerre.
Per ora puoi ancora dormire.
Per adesso le faremo noi per te

I sognatori, non la meritavano

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I cassonetti dati alle fiamme.
I poliziotti allo sbando.
I sognatori, anche.
Hanno vinto gli sciacalli.
Quelli che avevano bisogno delle spranghe,
per sentirsi vivi.
Dei lacrimogeni, per sentire il sapore delle lacrime.
Ma non c’è poesia, oggi.
Sull’alfalto, sangue.
Dipinta in cielo, la sconfitta.
La rabbia.
Il rancore.
La frustrazione.
Riesco a leggerla negli occhi di chi grida.
Attorno, solo fumo.
E disillusione.
I sognatori, non la meritavano.

Se mi guardo nello specchio

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Se mi guardo nello specchio, con il tempo che è passato. Sono solo più ricco più cattivo è più invecchiato.

Questi erano i versi di una canzone che ho amato da adolescente. E che infondo amo ancora. E la amo perché la vita è una fossa di serpenti.

E nonostante queste bisogna andare avanti. Non sono più ricco, forse più cattivo e certamente più invecchiato. Quando ho iniziato a scrivere era una cosa che riguardava me. Soltanto me. Ma quando ho iniziato a farlo parlando di quello che avevo intorno è cambiato tutto. Ho iniziato a sentire il peso che le mie parole potevano avere su chi mi leggeva, nonostante il mio fosse, come alcuni simpatici esponenti della musica indipendente definirono, un piccolo blog. Nulla è cambiato quando le parole sono state impresse su dei romanzi. Poi, sì. Qualcosa è cambiato. Ho iniziato ad avere paura. Paura di sbagliare, di trovarmi davanti a una sala con le sedie vuote. Paura che chi mi seguiva smettesse di farlo. Che mi aveva dato fiducia, me la togliesse.

Mi dimetto da falso poeta, da profeta di questo fanclub. Io non voglio insegnarvi la vita, perché ognuno la impara da sé.

Già, perché quando quell’incubo è diventato realtà ho visto bloccarsi la mia mano che stringeva la penna e con essa le idee che la muovevano. All’inizio è stato difficile capire che si trattava di un blocco. Di qualcosa che mi teneva fermo sulla griglia di partenza, mentre vedevo tutti gli altri correre.

Per ritrovarmi sono dovuto tornare indietro. Al momento in cui tutto è iniziato. E forse questo è avvenuto grazie alla nascita di mia figlia.

Me ne andrò nel rumore dei fischi. Sarò io a liberarvi di me. Di quel pazzo che grida nei dischi. Il bisogno d’amore che c’è.

E anche se chi mi seguiva mi ha voltato le spalle. Se chi mi ha dati fiducia poi me l’ha tolta, ho ricominciato a scrivere. Scrivere perché è una cosa che riguarda me. Soltanto me. Poco importa se troverete le mie parole dipinte su un piccolo blog o sulle porte dei cessi degli autogrill. Ma chi vorrà, le troverà. Perché c’è una cosa che a mia figlia non vorrei mai insegnare: ad arrendersi.

Nello specchio questa sera ho scoperto un altro volto, la mia anima è più vera della maschera che porto.

Ah, la canzone citata è ovviamente “Vaffanculo” di Marco Masini

In un modo diverso

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Vi ho sentiti urlare,
gettarvi addosso fango.
Distruggere ogni brandello di identità.
Vi ho visti rubarvi l’anima.
Nutrirvi dei sensi di colpa.
Ho vomitato di fronte al mare,
fuggendo in luoghi oscuri.
Dove la mente non poteva ascoltare.
Lì ho costruito le mie parole,
reinventato la mia storia.
L’ho difesa dal veleno.
Tagliato stracci,
cuciti gli uni agli altri,
Perché per fare una mongolfiera,
ci vuole stoffa.
E alzarsi in volo, il fuoco.
Vi ho sentiti urlare,
gettarvi addosso l’odio.
E forse allora,
stupido e inconsapevole,
ho capito che anche io avrei usato le parole
Ma in un modo diverso

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Text by Daniele Mosca

La tua mano nella mia

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La tua mano nella mia,
così piccola e inconsapevole.
Gli occhi così grandi,
che mi scrutano.
Chissà se mi riconosci,
in un mondo da cui difenderti.
In un tempo sospeso,
in un’immagine confusa.
I tuoi occhi, nei miei.
Un suono leggero, il tuo nome.
Sussurrato, perché non faccia rumore.
Potresti svegliarti,
mentre io non vorrei svegliarmi più.

Il mantello

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Volevo un mantello,

per volare o nascondermi.

Per sfidare il male,

Per sentirmi il bene.

Ma è la vita, a sporcarti.

A renderti un personaggio reale.

Con le sue paure.

Così l’ho capito,

non sarei mai stato capace di volare.

Tantomeno di nascondermi.

E forse sarei stato il male,

per difendermi dal bene.

Perché tutto è relativo.

In un mondo da cui difendersi.

Me ne sono vergognato, delle lacrime

Le ho inghiottite,

rimandate indietro.

All’inferno.

Perché i supereroi non esistono.

Non qui, almeno.

E proprio quando tutto sembrava finito,

che ho scoperto che non era impossibile.

Che si poteva ancora fare.

Amare, intendo.

E vorrei un mantello,

anche se ho i piedi per terra.

E non ho alcuna intenzione di nascondermi.

Ma di difenderti.

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Text by Daniele Mosca

Il fascismo non esiste

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Il fascismo non esiste,
lo urlano.
Mani levate al cielo.
Il fascismo non esiste,
Lo gridano.
Urla che reclamano silenzio.
Mani alzate, in segno di resa.
Braccia verso il cielo.
Brucia la storia,
Bruciano i libri.
L’idea di libertà,
capovolta.
Il fascismo non esiste,
lo incitano,
tra le pieghe del silenzio.
Il fascismo non ha ucciso.
Il fascismo non ha fatto del male.
Il fascismo non ha tolto libertà.
Il fascismo ha fatto del bene.
Il fascismo non esiste.
Lo gridano,
Bandiere nere levate al cielo.

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Text by Daniele Mosca

Un orologio rotto

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Un orologio rotto,
segna l’ora di una vita fa.
Una bottiglietta d’acqua,
che non basterà a saziarmi.
La sete è una lama affilata,
quando hai paura.
Un corridoio troppo lungo.
Un cuore che batte troppo forte.
Estraneo.
Distante.
Assente.
Un orologio rotto,
segna l’ora di una vita fa.
Fermo, in bilico, sospeso.
In attesa.

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Text by Daniele Mosca

Nemmeno pioggia

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Le luci di questa notte,
disegnano traiettorie strane.
La pioggia batte sul parabrezza.
E la musica non basta.
Premo l’acceleratore,
per non sentirmi parlare.
Perché il silenzio racconta,
spesso molto meglio di me
Avrei bisogno di una birra,
di un caffè. Di un mondo nuovo.
Tutto corre troppo veloce.
E io ho bisogno di tempo,
per capire.
Per guardarmi con gli occhi migliori.
Le luci di questa notte,
disegnano traiettorie nuove.
E forse, quella che vedo,
non è nemmeno pioggia.

Qualcuno ci proverà sempre

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Ci saranno errori che farai.

Altri che qualcuno ti dirà di aver fatto.

Ma tu le chiamerai scelte.

Perché la vita è fatta di questo.

Scelte.

Come mattoncini di Lego,

da montare, smontare,

con l’intento di costruire.

Qualcuno ci proverà sempre,

a distruggere quello che avrai costruito.

Per questo dovrai guardare oltre,

provare a non arrabbiarti.

E difendere le tue scelte.

E a ricostruire, se sarà il caso.

Ci saranno parole che ti sapranno ferire.

Altre con cui vorrai ferire.

Perché la vita è fatta anche di questo.

Parole.

Soltanto parole.