Se vuoi la verità

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Io gioco con le parole,
con i silenzi.
Le note.
Ma quando resto solo,
sono una vittima,
come tutti.
Delle paure,
se non dei sogni.
Quando nella notte urlano.
Che li ho traditi.
Io gioco con le parole,
e troppe volte non basta.
Il mondo è ferocia,
sguardi che cambiano.
Se non sei in vetta.
Fermarsi è un reato,
per il quale si è considerati colpevoli.
Ai miei occhi di un tempo,
lo ricordo ogni giorno.
Mai dimenticato rabbia,
delusioni,
sogni che qualcuno ha infranto.
Mai perso la speranza,
per quanto possa averlo creduto.
Ma io gioco con le parole,
se vuoi la verità
guardami negli occhi.
Se quel coraggio non ce l’hai,
pensa a giocare.
Le parole sono una cosa seria.

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Text by Daniele Mosca

#Labirinto #Ep4

Pubblicato il Pubblicato in #Labirinto, #LMDS, L'equazione - Il thriller, La Macchina del Silenzio, Pensieri, Racconti

C’erano monitor dappertutto. E Fabio sentiva il morso della fame. Fuori dal suo involucro, costruito a sua difesa, stava gridando. E non avrebbe voluto farlo, sapeva che quando succedeva sua madre aveva paura.

Paura che suo figlio non riuscisse a superare l’ennesima crisi. Fabio riusciva a sentire la presenza degli elettrodi posizionati in ogni punto del suo corpo. Sentiva flebile il suono della voce della dottoressa che sta mostrando a sua madre un piccolo oggetto. Alcuni flash che sua memoria gli consegnava gli raccontavano che era stato portato in quel luogo trascinato da cinque persone, che lo avevano legato alla barella. Sprazzi di vista mostravano il monitor sul quale si muoveva impazzito il grafico delle sue funzioni vitali. La dottoressa aveva definito quello che stava accadendo: “la soluzione”. Fabio iniziò a percepire dei rumori provenienti da fuori, aldilà della porta della sala operatoria. Anche se nella posizione in cui si trovava riusciva a vedere poco, notò il viso della dottoressa. Era teso. Contratto. Capì che la dottoressa era allarmata. Il monitor che fino a pochi istanti prima aveva mostrato i suoi parametri vitali era saltato ed emetteva fumo nero. Anche quello accanto era ormai fuori uso.

“Cosa sta accadendo?”, pensò.

Fuori dal suo involucro Fabio aveva smesso di gridare. Sentiva il cuore accelerare, mentre vedeva la dottoressa fissare mia madre, la quale rispose con un breve cenno del viso.

Vidi la dottoressa indossare una mascherina e avvicinarsi con il piccolo oggetto in mano.

Proprio quel momento anche il terzo monitor saltò per aria. Fabio perse i sensi nel momento stesso in cui sentí penetrare l’oggetto nella mia nuca. Non vide più niente, soltanto flash che lo abbagliavano. Ovunque lui fosse in quel momento. Non riusciva più a percepire il tempo. Né a muoversi.

Quando riaprí gli occhi era sdraiato su una barella, si guardò intorno e pensó di trovarsi all’interno di un furgone che correva a folle velocità. Il lenzuolo era sporco di sangue e sentiva delle forti fitte poco sopra la nuca.

Fabio cercò di mettere a fuoco ciò che aveva intorno. Doveva mantenere la calma. Evitare che tutte quelle sollecitazioni non si sovrapponessero e che tutte le informazioni fossero condotte nei giusti corridoi. In quelli che conosceva meglio, perché aveva imparato a capire che la sua mente era come un labirinto. Bastava che informazioni finissero nel corridoio sbagliato perché tutto si confondesse e la realtà prendesse forme diverse.

“Stai bene?” sentì pronunciare da un viso che vedeva appena.

Fabio rimase in silenzio, chiedendosi se fuori dal suo involucro stesse già gridando.

“Io so che ti chiami Fabio”, proseguì.

Fabio sentiva il frastuono provenire dall’esterno del furgone. Gli penumatici stridevano, rumori metallici, colpi che spingevano il furgone da dietro, come se qualcuno o qualcosa lo stesse spingendo in avanti. I dati che vedeva sul piccolo monitor a lato indicavano che i suoi parametri vitali stavano tornando alla normalità.

“Come ti chiami?” pensò di chiederle. Chissà se la voce sarebbe uscita questa volta, pensò.

Fabio non seppe mai se la sua voce fosse davvero uscita, ma la ragazza che aveva di fronte rispose.

“Simona. Io mi chiamo Simona. E un po’ ci somigliamo”.

“E chi sei?”, immaginó di chiederle.

“Sono una ricercatrice.”

Fabio iniziava a unire le immagini che la memoria gli inviava. Quella ragazza era piombata nel laboratorio e aveva addormentato la dottoressa e sua mamma, lo aveva slegato e portato via, poco prima che degli uomini armati sfondassero la porta. Lo aveva accompagnato attraverso un’uscita secondaria e poi fatti salire sul furgone sul quale ora si trovava.

“Torneremo a prendere la mamma, sta tranquillo”, aveva detto. Mentre gli uomini armati salivano su un altro furgone e si lanciavano all’inseguimento.
#Labirinto
#Ep4

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Text by Daniele Mosca

Tempo di bilanci

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E come ogni anno, arriva il momento dei bilanci. Inutile negare che questo sia stato l’anno della nascita di Beatrice e completa il progetto che Anna e io abbiamo iniziato il 15 luglio dell’anno scorso: creare una famiglia. Un sogno che si avvera. Ancora non ci credo quando ci penso, quando le guardo dormire insieme e finalmente mi ritengo un uomo fortunato. La vita tante volte sa trovare la strada giusta, anche in mezzo alla polvere. Questo è stato anche un anno di profonde riflessioni, da un punto di vista personale, ma anche professionale e “artistico”. C’è la voglia e la necessità di guardare avanti, nonostante tutto. C’è ancora voglia di scrivere cose nuove. E di prendere le distanze dal mondo delle recensioni, dimensione al cui interno gravitano rapporti spesso torbidi e nei quali io non mi riconosco. Dopo tantissimi anni di attività credo sia davvero arrivato il momento di smettere. Per il resto, a volte mi chiedono se sia in programma un nuovo romanzo. Quello che so è che continuo e continuerò a scrivere, ma non so se ci sarà mai un nuovo libro. L’impegno e le risorse già investite per dare vita ai miei due primi romanzi sono state enormi e le difficoltà perché potessero trovare spazio, anche. Dal mondo delle recensioni ho imparato che esistono realtà e opportunità diverse a seconda dei soggetti, circoli chiusi, un mondo dentro a un altro mondo.
E io ho una faccia sola da spendere. Per questo ringrazio come sempre chi crede in me e mi supporta, ma anche chi mi ostacola, dandomi la forza per continuare a lavorare per migliorare. Come dicevo, c’è la voglia e la necessità di guardare avanti, nonostante tutto. Auguro a tutti un Buon Anno, con la speranza che possiate realizzare i vostri sogni. A volte, accade.

Labirinto #Ep1

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Fabio può restare ore a guardare fuori dalla finestra. I suoi genitori sono preoccupati, da un po’ di tempo é cambiato. Fa domande strane. I suoi amici dicono che è pazzo, i suoi medici che è autistico. Fabio però con il computer é un mago. E adora i video giochi. É curioso e ha scoperto un gioco del passato. Il primo tentativo di realtà virtuale. Si chiamava Second Life. Si è costruito un avatar, un personaggio con cui può girare indisturbato in un mondo ormai deserto. Fabio é appassionato anche di radio, un mezzo di comunicazione ormai superato. Le frequenze che un tempo portavano musica sono ormai silenziose. Soltanto in una delle frequenze riusciva a sentire un fruscio diverso dagli altri. I suoi genitori però non gli credevano. Sapeva che presto lo avrebbero riportato dai dottori e gli avrebbero somministrato quelle pillole. Proprio in quel momento dalla radio sentí una voce. Riesci a sentirmi?
#Labirinto
#Ep1

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Text by Daniele Mosca

Il giorno e la notte

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Il giorno e la notte.
Sapore di borotalco.
Quel filo sospeso,
tra le ore che ti cambiano.
E come eravamo ieri.
Gli alti e bassi,
come elementi essenziali,
di una composizione.
In cui musica è percezione.
E ogni nota è lì,
dove dovrebbe essere.
Chi mai lo l’avrebbe immaginato,
questo suono.
Questa istantanea,
rubata appena a un’espressione,
del viso.
Il giorno è la notte,
tra una lacrima,
e un sorriso.

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Text by Daniele Mosca

Rialzarsi

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Ognuno di noi gioca una partita.
Tutti i giorni.
Ogni istante della propria vita.
A volte si vince, tante volte si perde.
Quella che deve restare è la voglia di lottare.
Di non darsi per vinti,
anche quando mancano pochi minuti al termine della partita.
A un bambino che inizia a giocare a calcio, insegnano questo.
Poi il tempo trascorre.
E quel bambino cambia.
Così come gli cambia tutto attorno.
E finirà per sentirsi confuso.
Sicuramente proverà la paura,
quella di non farcela.
Di non essere abbastanza.
Lottare tutta vita, logora.
Anche quando rende più forti.
Ritrovare il coraggio, diventa sempre più difficile.
Io a quel bambino direi di non scoraggiarsi,
di credere in se stesso.
Soprattutto dopo una sconfitta.
Soprattutto dopo aver dato tutto.
E gli direi di tornare ad allenarsi già dal giorno dopo.
Perché quella è l’unica strada possibile per rialzarsi.

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Text by Daniele Mosca

Il sorriso

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Ho vagato,

amato ciò che non doveva essere amato.

Sbagliato.

Le strade portano in luoghi lontani.

Dove piove a dirotto,e lacrime si confondono.

Ci portano a dubitare,tante volte anche di noi stessi.

Stavo per chiudere il negozio,

quando sei entrata per comprare un regalo.

Io dietro a un banco ormai vuoto,

ho incartato un sorriso.

Era l’unica cosa rimasta,

e non sarebbe bastato,

a farti ritornare.

Invece stavo sbagliando,

ancora una volta.

Perché poi sei tornata.

Ora quel negozio ha più colori.

Odora di vita.

E il regalo che mi fai è il più importante,

il tuo sorriso.

Cadere

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Mi sento cadere.
Attorno a me,
il vuoto.
Attorno a me,
urla.
Non sento più la sua mano,
non percepisco me stessa.
Un salto,
l’ultimo.
Nessuna musica,
soltanto grida.
Mi sento cadere,
qualcosa ha ceduto.
Da cosa scappiamo,
mi chiedo.
Ma è tardi,
non riesco a respirare.
E non so dove sia mio figlio.

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Text by Daniele Mosca

La prima volta

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La prima volta,avevamo paura.

Ci mancava il fiato.

Dovevamo capire.

Le luci blu,

le urla.

Palazzi che si sbriciolavano,

al suono di parola che non conoscevamo.

Ora sento il silenzio.

Il sangue non fa più notizia.

Sappiamo tutto.

Tutto passa, in secondo piano.

Ci cose più importanti.

La seconda volta, 

fa quasi meno male.

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Text by Daniele Mosca

  

Gialappas vs Cicciogamer89

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Brutta pagina di televisione quella in cui la Gialappa’s Band percula e bullizza un ragazzone in quello che sembra un remake malriuscito del Mai dire Gol di un tempo. Peccato che il ragazzone non fosse il Maccio Capatonda che faceva il cretino in reti sconosciute, ma uno degli youtuber con più di tre milioni di followers. A parte il voler ignorare che i social hanno abbondantemente offuscato la televisione, mi chiedo: ma perché cercare facile ironia deridendo sull’aspetto fisico un ragazzo con tanto di sberla sulla nuca dell’ormai cariatide mediatica del Mago Forrest? A un ragazzo che tra l’altro ha subito diverse operazioni per ridurre il suo peso e che chiaramente vive non bene. Da ex obeso so cosa significa essere perculati per il proprio aspetto fisico, quindi solidarietà a CiccioGamer89 e un bel ritiratevi a quelli che consideravo dei miti. #poveracci