Oggi compi 14 mesi

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Oggi la piccola compie 14 mesi. Il tempo è volato. Quando la guardiamo e scopriamo che diventa sempre più grande e consapevole di ciò che vuole ci guardiamo e in quello stesso attimo sospeso c’è tutto un mondo. Tutto quello che chi cresce un bambino raramente racconta. Quegli istanti in cui sembra tutto difficile, in cui la stanchezza affiora, in cui ci guarda allo specchio e ci si vede diversi, anche solo da pochi anni fa. Ma in quel momento sospeso c’è anche la felicità, la soddisfazione, il sentimento che si plasma su una forma che non comprende più solo due persone, ma tre. Come una coperta che si adatta perfettamente a tutti gli spigoli. Che difende dal vento, dal freddo che a volte riemerge da dentro. Crescere un figlio non è facile, perché mette di fronte alle nostre fragilità, alle paure. A ciò che non conosciamo, e tante volte riguarda proprio noi stessi. Ma quando lei ci guarda con quegli occhi sinceri e puliti vorremmo che conservasse per sempre quello sguardo, anche se sappiamo che non sarebbe la cosa migliore per lei, perché vivere non è un gioco. In quell’attimo sospeso ci sono tutte le parole che non si ha il coraggio di dire. Quell’amore che si nasconde nelle canzoni, nelle frasi scritte di nascosto su un muro. Quell’amore che lo sguardo di una creatura indifesa racconta meglio di ogni parola.

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Text by Daniele Mosca

Come nasce uno sguardo

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Ripensavo a quanto ho scritto ieri, al fatto che alcuni lo abbiano trovato triste. Io credo che anche l’amarezza vada raccontata, anche quando lo sguardo nasconde occhi che trattengono le lacrime. E lo si fa per un motivo. Raccontarla a se stessi. Ma a chi mi legge vorrei arrivasse un messaggio che cerco sempre di inserire tra le righe dei miei testi. Una partita si può perdere. Fa male. Fanno male gli slogan urlati dalla curva avversaria. Fa male uscire dal campo a testa bassa. Ma l’unica cosa da fare è tornare ad allenarsi. A migliorare il gioco della propria squadra. Continuare a provare le punizioni finché non spengono i riflettori del campo. I veri tifosi questo lo sentono. Tristezza, amarezza, paura, rabbia, sono sentimenti importanti che possono diventare una sola cosa: determinazione. Questo vale per tutto, un romanzo, un progetto, o qualsiasi altra partita ci sarà da giocare in futuro. Da bambino mio padre mi portava a vedere le partite del Bari. Ricordo ancora un partita giocata contro la Juventus, squadra per cui ai tempi tifavo, ricordo la determinazione di quella piccola squadra, i pochi tifosi del Bari che riuscivano a coprire con i loro cori quelli svogliati degli avversari più blasonati. Il Bari vinse. Ma il risultato conta poco. Quello che voglio dire è una partita si inizia a giocare molto prima di quando si entra in campo. Durante gli allenamenti, negli spogliatoi. Lo sguardo che indosserai nella prossima partita si costruisce anche attraverso i momenti di tristezza, amarezza, paura e rabbia.

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Text by Daniele Mosca

Buon #2020

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Questo è stato un anno complicato. Tanti cambiamenti, cose avrei voluto fare meglio. Cose vorrei saper fare meglio. Ma non siamo esseri perfetti. Chi come me è romantico, ama la luna, parlare tra sé e sé dei sogni, ma anche dei rimpianti. Non si può mai sfuggire dal fare i conti con se stessi, non in giorni come questo, almeno. Ripartire da se stessi vuol dire anche fare chiarezza, dentro. Per il prossimo anno vorrei tornare a rivedere il me stesso più determinato e sicuro, non preda dei venti. Mi rendo conto che anche questo post non suoni come vorrei. Sento tra le mie parole come una nota stonata che rovina l’intera sinfonia. Forse in questi casi sarebbe più saggio un sano silenzio. C’è del fuoco che probilmente ancora arde sotto la cenere. E io proprio non posso farci niente. Ma d’altro canto, chi è romantico lo sa che la luna gioca brutti scherzi. Per tanto, basta con i convenevoli. Tanti auguri e che sia un buon nuovo anno per tutti. #2020

Ghiaccio

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La statua e il ghiaccio,
lacrime che scivolano.
La notte e il suo contrario.
Favole che passano.
Volti che cambiano.
Ed è così, che senti freddo.
Perché nulla è come sembra.
In fondo a ciò che sento.
La statua è di ghiaccio.
Lo sguardo assorto.
Corre oltre le montagne.
E il freddo non basta.
Ogni goccia, è un mare.
Un fiume solitario,
che racconta di sé.
Ai silenzi che ha rubato.

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Text by Daniele Mosca

Tempo di bilanci

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È tempo di bilanci. Questo è stato un anno complesso. Soprattutto per quanto riguarda il tema lavorativo, ma di cui ho già abbondantemente parlato. Un anno che mi ha coinvolto nel ruolo di papà e che ancora mi trova impreparato nel rendermi conto di quanto Beatrice stia crescendo in fretta e di quanto ci si scontri con le proprie, di paure. Dal lavoro, alla salute, ai sogni che inevitabilmente devono essere messi da parte per dare spazio alle priorità. Questo concetto porta dritti verso il tema della scrittura. Quest’anno non sarò al Salone del Libro. Era prevista l’uscita di un nuovo romanzo, uscita che non ci sarà. Questa è stata una scelta sofferta, ma inevitabile. Sia perché il tempo è sempre meno, visti i cambiamenti in atto, ma ovviamente il tempo non è la sola motivazione. Non è un segreto che avrei desiderato che soprattutto l’ultimo romanzo ottenesse risultati migliori, da qui è nata un’analisi a trecento sessanta gradi per capire cosa non funzionasse. E ho capito che per molte cose devo ripartire da me. E questo discorso vale in generale su tutte le cose importanti. Proprio per questo ringrazio chi nella mia scrittura ci crede, che mi segue nonostante tutto, chi mi ha aiutato a migliorare nei punti che mi erano meno chiari e a tirare fuori una parte di me in grado di raccontare una storia nuova, in un modo diverso. Non credo che la mia voglia di scrivere si concluda con il mio Salone che non ci sarà, ma che bensì ripartirà proprio da lì. Credo che per migliorare serva lavorare, in silenzio, lontano da tutto e tutti. Superare le delusioni mettendoci l’anima nelle cose, studiando, approfondendo. I momenti di crisi spesso servono più dei riflettori. Per questa volta non farò programmi per il prossimo futuro. Ma il mio obbiettivo era, è e sarà costruire.

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Text by Daniele Mosca

Quando ho imparato a scrivere

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Quando ho imparato a scrivere, non sapevo che avrebbe fatto così male. Che i miei stessi pensieri potessero rimanerne vittime inconsapevoli. Perché con le parole possiamo dire davvero tutto, nel bene, nel male, nell’inutilità. Mi bruciano gli occhi, fuori c’è troppa luce. E dentro spesso ho freddo, perché chi ama la luna è così, proprio non sa dimenticare la propria solitudine. Anche in mezzo alla festa più affollata. Perché si possono amare le piccole cose, ma le briciole mai. Sorseggio un bicchiere di vino, nel camino ardono i fogli con sopra scritte le mie parole. Quando ho imparato a scrivere, non sapevo che sarei stato capace di farne a meno.

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Il suono di un nome

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Il tempo conta i passi,
leggeri e ovattati.
La luna è appena nata,
disegna le sue ombre.
Sotto il manto silenzioso della prima neve,
il suono di un nome.
Una bugia innocente,
che si scioglierà in primavera.
Un amore che si è perso,
tra i sentieri disegnati tra i sassi.
Tutto sembra fermo,
come in posa per una fotografia.
Il freddo quasi non si sente.
É Natale, con tutte le sue luci.
Come la neve,
non sa nascondere tutto.
Soprattutto quel velo di malinconia.Photo by Unsplash
Text by Daniele Mosca

Proprio accanto alla regina

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D’improvviso, è il sapore del silenzio.
Inaspettato.
Sospeso.
Incasellato sulla scacchiera.
Proprio accanto alla regina.
È ora di alzarsi,
di smettere di raccontarsi storie.
La luna stanotte non c’è.
E io ho bisogno di un bicchiere di vino,
che mi aiuti a mandar giù il mondo.
Le sue contraddizioni.
Tutto questo non è un gioco,
un film di pessima qualità.
È la nostra verità,
marchiata a fuoco sulla pelle.
Impressa sulle retine.
Incatenata dagli occhi.
D’improvviso, è il sapore del silenzio.
E della voglia di rinascere dagli specchi.

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Text by Daniele Mosca

Il mio rifugio

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Mi sveglio alle quattro, guardo fuori dalla finestra. Piove. Mi sembra di aver dimenticato qualcosa, o di averla persa per sempre. Forse è una parte di me, probabilmente quella migliore. Avrei voglia di un caffè, ma è davvero troppo presto. Ma la troppa stanchezza non mi fa comunque dormire. Il mio rifugio sono i pensieri, foto sbiadite che raccontano un mondo che già inizia a perdere colore. È il gioco della vita, dicono. È il gioco di chi vuole sempre l’ultima parola, penso. La vita sa far male, ma ci si abitua anche a questo. Le ferite fanno sempre male, ma le cicatrici ricordano gli errori già fatti. Sono ormai le cinque, fuori piove ancora.

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Text by Daniele Mosca

A volte non mi riconosco

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Il treno è in ritardo. A quest’ora è più facile fermarsi e pensare. Al tempo che passa, alle scelte, al passato e al futuro. Tutto si muove velocemente, come immagini che sfilano dal finestrino del treno. Una sorta di vortice che ti confonde. Viviamo tempi difficili e se non posso governare nemmeno la mia gastrite, figuriamoci il destino. A volte penso a quante parole ho sprecato, a quante idee o speranze ho dovuto sopprimere. Mi chiedo sempre se ne sia valsa la pena. Io credo di si. Stare in silenzio serve sempre a poco. Credere in qualcosa paga comunque, almeno quando ci si guarda allo specchio. Ma ho mal di testa, mi bruciano gli occhi, sento di essere stanco. Il treno è arrivato, ora vedo il mio riflesso nel finestrino. E a volte non mi riconosco.