Categoria: #MakingNovel
La nuova rubrica di scrittura creativa
#Labirinto #Ep7
Simona aprì gli occhi lentamente. Le immagini che vedeva erano ancora offuscate.
“Dov’è Fabio?”
Nessuno le rispose.
Vide accendersi un grande monitor posizionato davanti a lei. Comparve il volto di un uomo.
“Non puoi essere tu.”
“Certo che posso. Non devi preoccuparti per il tuo giovane amico. Starà benissimo.”
“Non dovete fargli del male!” urlò Simona.
Ma il monitor si spense.
Nel laboratorio accanto uno scanner ottico e uno scanner celebrale cercava di carpire le informazioni del cervello di Fabio per crearne un fedele backup.
Fabio camminava da solo in una strada polverosa. Il gioco lo aveva sbalzato fuori dalla centrale di Dhk. Non vedeva nessun utente attivo. Nessun movimento nel gioco. Ricordava poco di quello che era accaduto, solo che Simona lo aveva spinto all’interno del gioco, prima che degli uomini disattivassero l’oggetto nero che gli consentiva di ragionare nel modo corretto. Non era abituato a ragionare in modo così fluido, i suoi pensieri erano più veloci, anche se sentiva che c’era qualcosa che gli mancava. Per un attimo ebbe paura di rimanere prigioniero in quella schermata. E nella sua mente si materializzò un altro pensiero: il desiderio, la consapevolezza che per lui sarebbe stata la cosa migliore. Infondo in quel mondo lui non aveva alcun limite, poteva esprimersi, farsi capire come tutti gli altri. Nessuno lo additava o identificava come diverso. Quel pensiero svanì in fretta, allontanato da uno che lo terrorizzava. Cosa avrebbero fatto quegli uomini a Simona? Ripensò al suo corpo sinuoso, al suo modo di muoversi. Sentì salire quella sensazione che iniziava a riconoscere: l’eccitazione. Cercò di lasciar dissolvere il pensiero di quella donna e proseguì per la sua strada. In lontananza vide comparire un fabbricato, un cubo senza alcun particolare di rilievo, un classico elemento geometrico che era abituato a vedere nelle ambientazioni dei vecchio giochi per computer e in particolar modo nel portale che un tempo era stato il preludio ai social network: Second Life.
Cercò una via di accesso e nel lato in ombra notò una piccola porticina appena disegnato. Non vide nessuna maniglia, ma era abituato a quella precisione superficiale nella programmazione dei primi giochi virtuali. Conosceva bene la definizione grafica elevata dei giochi moderni, ma in qualche modo amava quello stile unico dei primi videogiochi. Si allontanò convinto che si trattasse soltanto di un elemento abbozzato nel gioco, ma qualcosa non lo convinceva fino in fondo.
Nessun programmatore del tempo avrebbe mai inserito quella porta in una zona così poco frequentata abitualmente dagli utenti senza dargli un senso e una funzione. Avvicinò il viso alla porta cercando di individuare qualche caratteristica in più. In quell’istante sentì un rumore leggero provenire da oltre la porta e vide accendersi delle luci puntate sui suoi occhi. Di istinto li chiuse, ma un attimo prima che lo scanner ottico si attivasse e rilevasse il segnale che gli era utile perché la porta si aprisse di scatto. Fece qualche passo all’interno dell’edificio verso quella che sembrava una reception. Una scritta sulla parte bassa del bancone recitava: tempio dell’anima. Una voce metallica registrata gli chiese le credenziali. Ci pensò qualche istante e le recitò. Una linea luminosa gli indicò la strada da seguire, lui la seguì e lo condusse in una sala allestita con banchi simili a quelli di una chiesa con tanto di inginocchiatoi in velluto. Di fronte a lui vide un altare senza fiori, né decorazioni. Le luci sulle pareti riproducevano l’effetto dei rosoni di una chiesa gotica che ricordava di aver visto da qualche parte. Seduto sul primo banco vide un uomo. Fabio avanzò lentamente. L’uomo seduto era vestito di nero, l’età che riuscì a percepire era intorno ai quarantacinque anni.
“Ciao. Come ti chiami?” chiese Fabio.
L’uomo ricambiò il suo sguardo, poi lo riabbassò fissando l’inginocchiatoio.
“Ho bisogno di aiuto. Devo salvare una persona a cui voglio bene. Si chiama Simona. É una ricercatrice.”
Vide l’uomo rialzare lo sguardo e fissarlo, ma non rispose.
“Perché sei qui, in questo gioco?”
“Quale gioco?” rispose l’uomo.
“Second Life.”
“Ricordo solo di aver perso conoscenza e di essermi risvegliato in questa realtà.”
“Dov’eri quando è successo?”
“Chartres. Cattedrale di Chartres”
“Ecco dove avevo visto questi rosoni, sul libro di scuola”, disse Fabio.
“Comunque io chiamo Davide.”
Parigi
Ospedale
L’infermiere entrò nella stanza per controllare il paziente che un anno prima era stato portato in condizioni critiche e che da allora era rimasto in coma. Pochi minuti prima aveva sentito il primario dell’ospedale parlare con un noto esperto di neurologia. Il concetto che era stato chiaro, entro pochi giorni avrebbero valutato l’ipotesi di staccare la spina. Nessun parente lo aveva cercato e il quadro clinico era stabile da troppo tempo. L’uomo si chiamava Davide Porta.
#labirinto
#Ep7
Torino città magica
Torino Magica è stato un successo editoriale che ha portato alla luce molte leggende sulla capitale sabauda, ma quanti di voi hanno davvero pensato che fosse tutto vero? Torino è stata il crocevia di diverse reliquie, una delle quali è la Sindone, ma esistono al mondo migliaia di reliquie di cui non si sa più niente. Molte delle quali sono sicuramente transitate proprio da Torino. La curiosità cade proprio nel punto di collegamento in cui proprio la Sindone ha risieduto ed è Chambéry, in Francia. I proprietari della Sindone facevano parte di una delle famiglie più conosciute d’Italia: i Savoia. Ma i Savoia avevano contatti ovunque, sviluppavano traffici con diverse zone del mondo, Gerusalemme compresa. Dietro le leggende di Torino magica si nasconde una storia misteriosa, legata alle tracce disseminate a Torino e in Europa. Ma si tratta di una storia che ha dimensioni mondiali. Per questo era il caso di raccontarla. E parte da molto lontano, ovvero da un oggetto ritrovato negli interrati del Duomo di San Nicola di Bari. Si tratta di una coppa. Ma non è quella a cui state pensando.
Per chi vorrà leggere il romanzo, ecco il link.
https://www.amazon.it/Lequazione-Daniele-Mosca-ebook/dp/B06XBT6W6W/ref=sr_1_fkmrnull_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&keywords=l%27equazione+daniele+mosca&qid=1554107479&s=gateway&sr=8-1-fkmrnull
I segreti della rete internet
La rete nasconde mondi sconosciuti, il mondo costruito dagli uno e zero del codice binario è complesso. Come molti sanno la rete è nata con lo scopo di far comunicare realtà militari, alle origini si chiama Arpanet, poi aperta al mondo civile. Esistono però due reti, una, più segreta, che continua ad avere scopi militari, l’altra che è diventata quella che comunemente utilizziamo. Ma esistono anche non luoghi in cui possono avere luogo traffici di cui non rimane traccia, parliamo del Dark Web. Ma quello che non ci siamo mai chiesto è: esistono altre realtà di cui non sappiamo niente? E, inoltre, quello che sappiamo ci consente davvero di capire cos’è davvero internet? La verità è che quello che sappiamo è davvero poco. Per questo ho deciso di scrivere un romanzo che affrontasse questo tema da un punto di vista nuovo. Il protagonista di questa storia è Davide Porta, alcuni di voi lo hanno già conosciuto in un mio romanzo precedente. Io credo possa essere un bel viaggio da fare insieme, e, chissà, potremmo scoprire che internet è una parte che in realtà ci appartiene più di quanto possiamo immaginare.
Per chi vuole leggere il romanzo, ecco il link.
https://www.amazon.it/macchina-del-silenzio-Daniele-Mosca/dp/8899500789/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&keywords=la+macchina+del+silenzio&qid=1554107324&s=gateway&sr=8-1
Torna la #festadellibro a Orbassano, noi ci saremo
Dall’11 al 14 aprile torna a Orbassano la #festadellibro. Sicuramente una manifestazione a cui sono molto legato. Anche quest’anno ci sarà lo stand della casa editrice che ha pubblicato i miei due romanzi, inoltre mia moglie Anna Serra presenterà il suo nuovo romanzo #comeunarandagia, pubblicato anche per lei da Les Flâneurs Edizioni, Sabato 13 aprile alle 11.45
Nei giorni della manifestazione ci troverete allo stand per parlare dei nostri romanzi di quelli degli altri autori della CE.
È soltanto l’inizio
Davide è un ex contrabbandiere. Il mondo attorno a lui è cambiato, lui è cambiato. Durante un evento alluvionale di proporzioni gigantesche incontra una giovane ricercatrice: Simona. Lei ha collaborato alla creazione di un modello numerico per il controllo del territorio. Ben presto scopriranno che il modello nasconde molto di più. In una Torino esoterica e a magica si svolge una storia che intreccia storia, scienza e le leggendarie vicende della Torino magica. Ma è soltanto l’inizio.
#lequazione
#LaMacchinadelSilenzio
#Labirinto #Ep6
“Dobbiamo arrivare al nodo di trasmissione del segnale”
“Quale segnale?”
“Quello che inibisce parte del nostro cervello: l’amigdala”
Fabio rimase a fissare la ragazza.
“Esiste un sistema in grado di modificare il ragionamento del nostro cervello. Ma esistono alcune anomalie. E noi facciamo parte di queste.”
“Chi sono gli altri che ne sono influenzati?”.
“Tutti, Fabio. Anche se loro non se ne rendono conto. Noi, in qualche modo, ne subiamo un effetto ridotto”.
“Come hai fatto a rimuoverlo?”
“Con un vecchio modello numerico che riesce a schermare il segnale di contagio, sono riuscita a recuperarla da un vecchio laboratorio utilizzato per le ricerche a cui avevo partecipato quando tutto era ancora normale”.
“Non è permanente?”
“No, quando si accorgeranno che il modello è stato attivato proveranno in tutti i modi a eliminarlo.”
“Come pensi di arrivare al nodo?”
“Attraverso un gioco che conosci bene”.
“Second Life?”
“Esattamente. Te la senti?”
Fabio si sentiva finalmente sicuro di se stesso.
“Non vedo l’ora.
Finalmente Fabio si sentiva a casa.
Le luci, le immagini, le sagome poco definite dei fabbricati. I suoni metallici di un gioco in cui aveva trascorso buona parte della sua vita.
Si voltò e vide la sagoma della donna che ricordava di aver salvato pochi mesi prima. Ricordava di averla portata nell’ospedale di Second Life per fermare la sua emorragia. Ora sapeva che quello era l’avatar di Simona.
“Dobbiamo prendere un’auto” disse lei, mentre si accingeva a rompere il vetro di una vecchia familiare.
La vide chinarsi sotto il volante per poi metterla in moto.
“Come fai a saperlo?”
“Me lo ha insegnato un caro amico. Un giorno lo conoscerai”.
Salirono in auto e percorsero la strada sconnessa fino ai bordi della città.
“Lo vedi quell’impianto là in fondo?”
“Sì. É macchina del fumo.”
“No, è molto peggio.”
“Cosa dobbiamo fare?”
“Entrarci.”
“É impossibile. So che è pattugliata dagli uomini del controllo del gioco.”
“Proprio per questo motivo ho portato queste” replicò mentre tirava fuori dalla borsa due tute.
“Indossiamole” continuò.
Fabio la vide togliersi la maglia e i pantaloni e rimase incantato dal suo seno e dal suo corpo. Se quello non fosse stato un gioco avrebbe provato quella sensazione per la quale sua madre lo sgridava sempre. In rete aveva letto che si trattava di erezione.
Indossarono le tute. Fabio non riusciva a mettere da parte l’immagine di lei in reggiseno e slip. Abbassò lo sguardo, cercando di nascondere la vampata che lo stava per travolgere.
“Non farlo mai.”
“Io…non…”
“Abbassare lo sguardo, Fabio. Non farlo mai. Ricordatelo. Di fronte a nessuno.”
Lui sorrise. Lei gli sorrise di rimando.
Proseguirono in auto fino al limite della recinzione. Simona condusse l’auto fino al cancello principale. Era aperto. La scritta indicava il nome dell’azienda, con rappresentato il logo riprodotto anche sulle tute. Dhk.
Lo stabilimento industriale sembrava abbandonato.
“Vedi anche tu le immagini leggermente distorte?” chiese Fabio a Simona.
“Sì. Dobbiamo fare presto”.
“Perché?”
“Sono interferenze”.
Avanzarono lentamente lungo il corridoio illuminato da poche lampade di emergenza sparse.
“Sento dei rumori”, affermò Fabio.
“Anche io. Provengono dall’esterno. Abbiamo pochi secondi.”
Raggiunsero la sala dei comandi, posta al primi piano del fabbricato. Simona si bloccò davanti all’immagine visualizzata sul monitor.
Qualche istante più tardi la vide anche Fabio. Simona vide la sua testa iniziare a ciondolare violentemente da una parte all’altra.
“Fabio, resta con me. Non è vero. Cercano di destabilizzarti”.
“Mamma.”
Simona cercò invano di farlo ragionare.
Sentiva i rumori esterni e le interferenze aumentare. Ormai li avevano trovati. Entro qualche minuto li avrebbero prelevati. Fabio non sarebbe più riuscito a comunicare se loro avessero distrutto la scatola nera. E lo avrebbero fatto presto. Pensò, mentre osservava sul monitor la mamma di Fabio piangere.
All’improvviso, all’interno del gioco si aprì una porta lampeggiante.
“Andiamo.”
“Cosa, cosa…”
“È una porta secondaria della rete.”
“Non posso. Io. Ho.”, replicò Fabio, continuando a ondeggiare la testa e fissando il vuoto.
Simona spinse con forza Fabio a oltrepassare la porta. In quell’istante la porta svanì nel nulla.
Aprì gli occhi ed era fuori dal gioco. Di fronte a lei gli occhi di ghiaccio di Sergej. Accanto a lei Fabio, privo di conoscenza.
#Labirinto
#Ep6
Photo by Unsplash
Text by Daniele Mosca
La Macchina del Silenzio: un anno dopo
É già trascorso un anno dall’uscita de “La Macchina del Silenzio” e sembra solo ieri. É stato un cammino difficile, devo riconoscerlo. Farsi conoscere non è per niente semplice e quello dei libri è un mondo spietato, soprattutto se da esordiente ci si propone con un genere complesso come il thriller. La critica è feroce, nessuno fa sconti. E onestamente nemmeno ne vorrei. “La Macchina del Silenzio” per quanto mi riguarda è stato un romanzo importante, tecnica ansiogena, struttura essenziale e vortice di eventi che si susseguono senza tregua sono lo specchio della cronaca e della storia contemporanea, cronologia spietata di una geopolitica sempre in evoluzione, delle nostre stesse vite che si sviluppano contemporaneamente tra realtà e virtuale. La presenza di personaggi oscuri che minacciano le democrazie, che illudono la gente cercando di manipolarla con i mezzi più subdoli, non sono altro che realtà in cui viviamo. “La Macchina del Silenzio” racconta la realtà in bilico tra oggi e domani, raccontata con lo spietato cinismo che ci nutre. Proprio per questo credo nella forza di questo progetto. É già trascorso un anno ma la determinazione è la stessa.
L’anticamera del fallimento
A chi non è capitato di conoscere qualcuno che ha scritto un libro. Ormai è diventata la moda del momento. Un po’ perché i modi di pubblicare sono molti, un po’ perché l’esibizionismo è diventato un “must”. Mi chiedo tante volte se davvero ci siano ancora storie da raccontare. Da lettore mi capita ormai troppe volte di leggere libri che mi sembrano tutti uguali, tutti che partono con la presunzione di voler raccontare qualcosa di innovativo e poi scopri che è il solito formato trito e ritrito e già proposto in mille salse. C’è sempre una componente stilistica che può differenziare le proposte, ma resta il fatto che trovare una storia veramente originale sia quasi impossibile. La cosa forse più triste è quando riesci a identificare lo schema costruito a tavolino per emozionare, si tratta di una scelta oculata di eventi, parole e reazioni tali da portare il lettore a provare un certo tipo di emozione. Quelli bravi riescono a camuffare lo schema, altri, invece, cadono in pieno nel mostrare, oltre alla storia, il meccanismo. La verità è che non è affatto semplice risultare originali e forse non lo è nemmeno sentirsi tali, in un mondo in cui ognuno di noi vorrebbe essere qualcun altro. In cui quello che mostri, quasi sempre è diverso da ciò che sei. E chissà che non sia proprio per questo che tutti vorrebbero scrivere un libro: per raccontare ciò che si vorrebbe essere davvero. Anche se questa può essere l’anticamera di un fallimento.
Cosa serve per scrivere
É inutile negarlo, le storie d’amore finite sono una delle motrici migliori per scrivere storie. Costruiscono quella base di malinconia da cui attingere quando si deve raccontare cosa prova un protagonista. Io credo che in un racconto sia come nella realtà, sono sensazioni che apparentemente si dimenticano, ma che in realtà costituiscono quelle ferite che tante volte frenano nel lanciarsi in nuove storie. Soprattutto quando si cresce e si fa largo una forma di cinismo leggera, come quella pioggia fastidiosa che in inverno non vuole smettere per giorni interi. Ma non c’è storia in cui il protagonista non subisca una trasformazione, capita così di cambiare idea e rivalutare ogni cosa e ricominciare da zero. Di ripensare a quelle ferite e rivederle come qualcosa di più vicino, come passi necessari per arrivare a destinazione. Proprio per questo non posso rinnegare le parole più amare che ho scritto, perché fanno parte di me, come tutti gli altri momenti vissuti. Senza di essi non sarei semplicemente io. Ed è inutile negarlo, sono proprio quelle storie quelle che fanno riflettere su tutta la propria vita. Così quella malinconia diventa musica, amore, rabbia e sangue. Tutte quelle componenti senza le quali sarebbe praticamente inutile continuare a scrivere.