Non credo che tutta questa storia ci renderà migliori

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Non credo che tutta questa storia ci renderà migliori. Tanto meno più riflessivi. C’è del surreale che nemmeno un intero romanzo potrebbe chiarire. E figuriamoci se potrebbe mai farlo un post. Quello che invece penso è che ci stia portando via un po’ di noi, oltre al tempo che non possiamo spendere come vogliamo. Gli sguardi sospettosi, i gesti che non conoscevamo, questo concetto di “convivenza con il virus”. Concetto assurdo, perché nessuno vorrebbe convivere con chi ti vuole uccidere. Quello che sento è che non ho voglia di scrivere, di leggere. Vorrei poter far vedere il mondo non solo da una finestra o dal monitor di un telefonino. Non é questo che voglio. Punto. I filosofi la vadano a raccontarre ad altri “la vita del futuro”, io amo quella vera, che non mi lede la libertà di vedere il mare. Raccontino ad altri la favola del “tempo per noi”. Questo virus non convince nessuno, siamo sinceri. Questo scenario da guerra strafredda dura da troppo tempo per iniziare ora a credere alle coincidenze. E non voglio fare il complottista, chi mi conosce sa che se voglio posso scrivere pure di peggio, ma anche le peggiori storie hanno sempre un fondo di verità, quindi lasciatemi dire che non ci credo alle fiabe, ogni storia raccontata è stata costruita da qualcuno che voleva rubare la nostra attenzione. Ma torniano a noi, dovremmo essere stanchi di schierarci dalla parte di pupazzoni con il drink in mano e la soluzione in tasca. La gestione di questa emergenza è stata un disastro. Senza nulla togliere alla grande capacità, professionalità e dedizione di medici, infermieri, volontari, sindaci che hanno dato tutto quello che potevano dare, ma che si sono ritrovati a essere uno scoglio che non può arginare il mare, ma la propaganda e contropropaganda tra i vari enti è stata imbarazzante. Regioni contro Governo. E viceversa. Capi di fantomatiche taskforce, coordinatori, capi, capetti, politici pronti a offrire una soluzione pronta e certa. Milioni di commentatori sul social che avrebbero saputo fare sicuramente di meglio. No, ragazzi. Abbiamo dimostrato di essere divisi e divisivi. Per fronteggiare una emergenza simile si devono dimenticare i colori politici. Invece non è accaduto. Non sta accadendo. E non accadrà. Questo fa anche più paura del virus, perché il racconto di una fase due, ancora più disorganizzata della prima. Chiariamoci, in Italia c’è chi sa governare le emergenze, ma devono poter lavorare seriamente, non per finta. Altrimenti tutto diventa un’orrenda barzelletta. Che non fa ridere un cazzo di nessuno. E ti uccide, non ti rende certo migliore.

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Le vittime con il tempo imparano

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In un contesto storico decisamente nauseante e che ci riporta a un nuovo medioevo tossico, parlare di una strage di bambini sembra la normalità. Parliamo di diritti, ma siamo pronti a lederli. Siamo democratici, ma solo fino a quando fa comodo. Lasciano un senso di amarezza profonda, questi tempi. La sensazione di essere inermi. Così un dittatore è libero di distruggere vite e il senso più puro della libertà. Come quando si è costretti a convivere in una casa con una persona violenta e pericolosa, bisogna saperla prendere per evitare che si arrabbi. Le vittime con il tempo imparano a convivere con il male, alcune anche a pensare che quella sia la normalità. Questo accade però perché tutti si girano dall’altra parte, isolano le vittime, si voltano verso le apparenze colorate. Il male esiste. E va fronteggiato. Altrimenti non si è dalla parte giusta, si è solo e semplicemente ipocriti.

Anche questo scritto è di tre anni da. Attuale, fin troppo attuale.

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Parlare di attentati non va più di moda

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Parlare di attentati non va di più di moda, ci si abitua a tutto in un mondo che vuole vestirsi da reality. Lo show deve far ridere, rilassare, al massimo far acquistare qualche prodotto. Ci guardiamo negli occhi, ma stiamo pensando ad altro, anche quando parliamo di cultura. Il nulla è punto nevralgico in mezzo a una valanga di informazioni. Eppure sono tutte lì, a ricordarci che non serve aver paura, quando inizi ad averne anche di te stesso. Parlare non va più di moda, tanto meno ascoltarsi.

Lo scrivevo tre anni, alla luce dei fatti odierni assume un significato ancora più oscuro.

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Un silenzio spettrale

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Un silenzio spettrale. È ciò che riesco a sentire. Non uscivo da un po’ di giorni e quello che percepisco é inquietudine. Gente che si guarda di traverso, quasi con sospetto. Ce l’avrai tu, o forse io? Probabilmente tu. La fila davanti al supermercato è lunga. Ho le mie cuffie e la mia musica, a cui seguono le parole. Ma scrivere in questi giorni è difficile. Mi manca l’aria ed è come se mi stessero rubando il tempo. Ci bombardano di immagini di bare e terapie intensive. Di numeri. Trasmettono paura. Ed è quello che sento intorno a me. Ma siamo esseri umani, é normale provarla. Penso a quanti da un momento all’altro in uno stato di guerra. A dover scappare con poche cose, a dover spiegare a tuo figlio perché l’uomo sia capace di fare le cose peggiori. Apro i social, si stanno insultando per un video che per alcuni é il vangelo e per altri un falso. C’è chi inneggia agli scienziati, chi li insulta. Chi grida al complotto, chi scrive frasi di speranza. La verità è che sono tutti impauriti, insicuri, come è normale che sia. Ma il silenzio spettrale deve essere abbattutto, così come la paura. Alzo il volume nelle cuffie. Questa é la mia risposta. Musica e parole. Ho sempre fatto così. Così non ho mai creduto per partito preso a niente. Mi sono costruito le mie idee. E ho lottato per difenderle. Per questo sento puzza di bruciato da lontano non appena qualcuno prova a giocare sporco. Questa situazione è irreale, ma allo stesso tempo vera e tangibile. Puoi quasi toccarla. E può contagiarti. È il virus del sospetto.

Chi muore a causa del virus, muore da solo.

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Ragazzi, il problema non è il singolo che va a farsi una corsetta da solo, o che porta il cane da solo, che passeggia da solo, che va al supermercato venticinque volte da solo. È che tutta questa “solitudine” riempie le strade manco fosse Woodstock. Quindi ci si incrocia, ci si parla, ci si saluta. Esattamente come fosse un giorno normale in cui, tra l’altro, la maggior parte delle persone sono a casa da lavoro. Per contrastare un virus non funziona. È come invitarlo a nozze. Lo so. Molti si sentono immuni. E magari lo saranno pure, ma i soggetti vulnerabili sono i loro conoscenti, familiari, amici. Questo menefreghismo ci porta a dover vedere l’esercito pattugliare le strade. Ci sono poche regole, costruite, tra l’altro, per tutelarci tutti. E cazzo, rispettatele. Inutile che cantiate a squarcia gola l’inno italiano. Per una volta provate a non fare “i soliti italiani”. Questo non è un gioco. E non dimentichiamo che in questo momento chi muore a causa del virus, muore da solo.

Per chi crede al “prima noi”

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Immaginate la paura. Vi siete appena svegliati e sentite fuori dei rumori. Vi affacciate alla finestra e scoprite che anche nel vostro quartiere sono iniziati i rastrellamenti. Ne avevate sentito parlare, certo. Ma avete pensato che riguardasse altri, ma poi le cose sono cambiate. Prima ce l’avevano con chi la pensava diversamente, ma poi hanno deciso di portare via anche chi era nato in quella città e che professava la vostra religione. Lo sapete che siete in torto, sapete che è arrivato il vostro turno. Sapete che vi caricheranno su quei camion, che non sapete dove vi porteranno. Alcune voci dicono che portino in dei campi da cui nessuno esce vivo. Siete fiduciosi, a voi non capiterà. Ve lo ripetete mentre preparate in fretta e furia una valigia e cercate di calmare i vostri figli. Bussano alla porta, con violenza. Andate ad aprire, sperando che con la gentilezza vi tratteranno meglio, ma non va così. Vi urlano in faccia, vi portano fuori trascinando quei quattro stracci che siete riusciti a racimolare. Tenete stretti i vostri figli. Le voci dicono che separano gli adulti dai bambini, le donne dagli uomini. Fino a ieri non ci credevate, pensavate riguardasse altri. Ma ora è il vostro turno.

Questa la dedico a chi pensa che il problema sia sempre altrove. E di altri. A chi pensa che da noi la guerra non possa arrivare. A chi crede che sia giusto dire “prima noi”. A chi crede che la libertà sia qualcosa di certo e di inattaccabile. A chi pensa di essere migliore. Beh, non lo è. Nessuno di noi lo è. La libertà va difesa ogni giorno. Anche dalle nostre stesse idee dettate dalla paura di quello che non conosciamo.

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L’amazzonia è in fiamme, ma il problema è un altro.

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L’Amazzonia è in fiamme. Polmone verde del pianeta, in termini di equilibrio delle temperature e di gas serra. Un equilibrio precario, messo in discussione da molti anni per via del disboscamento a scopo produttivo e ora dagli incendi. Dietro questo problema esiste un, passatemi il termine, sottobosco politico. Parliamo di Bolzanaro che accusa le Ong di aver fatto azioni criminali per attirare l’attenzione sull’operato del nuovo presidente del Brasile e in particolar modo come ritorsione per aver tolto finanziamenti alle organizzazioni. La foresta amazzonica si estende per il 65% del territorio brasiliano, mentre per il resto in Colombia, Perù, Venezuela e altri paesi sudamericani. Il problema politico è comunque molto più ampio. Manca poco alla prossima conferenza sul clima che si terrà in Cile ed è stata annunciata la sospensione delle donazioni al fondo per l’Amazzonia da parte di Germania e Norvegia, proprio.come protesta alla politica ambientale del governo Bolsonaro. Altro fatto curioso è stato il licenziamento, proprio da parte di Bolsonaro, del presidente dell’agenzia spaziale brasiliana Inpe, a seguito della pubblicazione dei dati di rilevazione dall’alto proprio dei danni che la foresta ha subito. Insomma, il problema è serio. E, come già detto per il tema Groenlandia, riguarda un ambito molto più grande e un problema geopolitico importante. Le risorse più importanti del pianeta sono sempre più nel mirino dei nuovi governanti. In gioco, però, c’è il futuro dell’umanità.

Bibbiano. Quanto vale la strumentalizzazione

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Bibbiano. Il teatro macabro degli eventi legati alle perizie per l’affidamento di bambini. L’indagine è in corso e tra gli indagati risulta esserci anche il Sindaco del Comune di Bibbiano. Questo è lo scenario che invita Di Maio a definire il Pd come il Partito di Bibbiano. Ecco, io da elettore Pd sono schifato da questa associazione. Potrei chiuderla dicendo che quando non si hanno più argomenti perché l’alleato di governo ti ha sopraffatto, ma non è questo a farmi riflettere. La giustizia deve intervenire laddove ci sono illeciti e rimuovere i personaggi che ne hanno fatto parte, ma resto dell’idea che ci vogliano i fatti prima di condannare qualcuno. E al momento si tratta solo di indagini. Personalmente sono scettico sul coinvolgimento politico in casi che coinvolgono specializzazioni così marcate. La cosa che a me indispone è la strumentalizzazione di un caso simile per portare acqua al proprio mulino e riconquistare un po’ di consenso, lo stesso meccanismo viene applicato anche sul caso Lega Russia. Ci siamo abituati a giudicare fatti che spesso non ci sono. Credo che qualunque politico non riesca nemmeno a credere alle storie che stanno emergendo dall’indagine di Reggio Emilia, ma che sarà convinto a chiedere che i responsabili siano puniti. Ma al momento queste condanne ancora non ci sono. Compito di un governo dovrebbe essere quello di velocizzare la giustizia, piuttosto che instillare l’idea che per condannare qualcuno sia sufficiente la volontà di attirare consensi o peggio ancora accusare intere aree politiche e rispettivi elettori. Questa è superficialità e inadeguatezza a un ruolo così delicato, quello di Ministro. Lo scrivo spesso che ci sono cose su cui non si può scherzare e siccome la dichiarazione di Di Maio si configura come qualcosa di anche più grave penso che quelle dichiarazioni siano semplicemente intollerabili. Tema diverso e assolutamente vergognoso e quanto sta emergendo dal caso Bibbiano. A quanto pare il responsabile della struttura Hansel e Gretel di Moncalieri non è più gli arresti e l’unica accusa pendente riguarda gli affidamenti diretti fatti dall’amministrazione, tema importante, ma che nulla c’entra con le pratiche macabre descritte da chi urla alla vendetta. Questo è già un fatto, mi chiedo se Di Maio ne sia a conoscenza, per esempio. Un’altra cosa, dubitare del sistema giudiziario per avvalorare le tesi di personaggi che hanno fatto la loro fortuna izzando le folle non è mai una scelta assennata. Consiglio di seguire bene le vicende prima di entrare nel coro a urlare soluzioni drastiche.

Cosa ci aspetta?

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L’elezione del Presidente del Parlamento Europeo Von Der Leyen decreta l’ennesima grossa spaccatura tra le due forze di governo, già in continua lite tra proposte diverse, proposte di debiti, utopie e opposizioni a se stessi. In questo circo si è smesso di parlare di scrivere una seria legge elettorale che non consenta più di ricorrere alla creazione di governi pasticcio come quelli che abbiamo visto negli ultimi anni. C’è da dire che dai risultati delle ultime elezioni europee il Movimento Cinque Stelle qualcosa l’ha imparata, ma l’opposizione a un governo di cui si fa parte non sembra essere una provedura utile, per quanto anche la sinistra abbia commesso esattamente gli stessi errori. Proprio in questi ultimi errori giace il fantasma del creatore del patto del Nazareno. Renzi. Già, perché nel panorama di una vera opposizione fumosa e irrilevante Renzi sta ricostruendo la sua corrente politica, che si differenzia dalle altre per compattezza. Innegabile, poi, che la dialettica del politico toscano sia ancora tra le più efficaci. La politica dei giorni nostri sembra non avere una sua identità chiara, aldilà delle posizioni politiche legittimamente diverse. Innegabile è la crisi di identità culturale che i paesi occidentali stanno attraversando, il sovranismo, così il voler essere conservatori, mostra la paura del futuro. Un domani che non può più nascondersi che realtà come l’intelligenza artificiale, la robotica, la tecnologia per permette e permetterà cose impensabili anche fino a dieci anni fa ormai sono vere e non più oggetto dei romanzi fantascienza. Questo cambia tutto. Nei rapporti tra essere umani, innanzitutto. E non può non ricadere sui rapporti anche politici. La velocità, però, annebbia le idee, che cambiano così tante volte sino a estinguersi. Tornano alla mente i ricordi, che in questi casi non possono che portare a pensare a Orwell. Cosa ci aspetta davvero? Cosa stiamo facendo per non lasciare estinguere le nostre idee? Ha sempre senso attendere? E cosa, poi? Ci sono evoluzioni che sono inevitabili, ma causate spesso da noi stessi, dal nostro stesso egoismo. Cosa c’entra questo con L’elezione del Parlamento Europeo? Io credo che spaccatura rappresenti due strade ben chiare e diverse. Noi le siamo prendendo entrambe per paura di darci regole più chiare.

Sfidare le leggi?

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Se credessi davvero in qualcosa sfiderei delle leggi? Io credo di sì. Gli attivisti, li capisco. Ma fino a un certo punto. Non li capisco quando iniziano a giocare con le provocazioni, le strumentalizzazioni. Le regole vanno rispettate. Così come le forze dell’ordine che le rappresentano. Il tema immigrazione è serio, non può essere gestito né con la modalità Salvini, ma nemmeno con quella delle Ong. Serve un modo serio di affrontarlo. Il circo mediatico che ho visto passare sui social mi ha disgustato, così come gli insulti al capitano della SeaWatch3. Siamo un paese civile. Ricordiamolo ogni tanto. Detto questo, per la Rackete non è stato convalidato l’arresto, quindi è libera. Io ci credo che lei voglia salvare vite, ma quello che ha fatto, parlo dello speronamento e della forzatura del blocco imposto dalle forze dell’ordine, resta comunque una brutta azione. Spero lo capisca, ma gli attivisti tendono ad esasperare la loro posizione, quindi presumo tornerà a farlo. Ma mi chiedo, se la Libia non è un porto sicuro, e non credo lo sia, di chi è la competenza di risolvere il problema? Io credo dei paesi occidentali, dell’Onu. Non è tollerabile sapere che esistono campi di tortura e non fare nulla. In questo disinteresse generale, gli attivisti perlomeno provano a fare qualcosa. Discutibile il risultato? Certamente. Ma ora tocca alla politica fare qualcosa di serio. Non solo tweet, dirette sui social e comparsate nei talk. La politica è una seria, così come le leggi. Ma se ritenessi queste ultime sbagliate, ingiuste, discriminatorie, io le sfiderei. Alla politica tocca il compito di ascoltare, non di insultare.