Cosa ci aspetta?

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L’elezione del Presidente del Parlamento Europeo Von Der Leyen decreta l’ennesima grossa spaccatura tra le due forze di governo, già in continua lite tra proposte diverse, proposte di debiti, utopie e opposizioni a se stessi. In questo circo si è smesso di parlare di scrivere una seria legge elettorale che non consenta più di ricorrere alla creazione di governi pasticcio come quelli che abbiamo visto negli ultimi anni. C’è da dire che dai risultati delle ultime elezioni europee il Movimento Cinque Stelle qualcosa l’ha imparata, ma l’opposizione a un governo di cui si fa parte non sembra essere una provedura utile, per quanto anche la sinistra abbia commesso esattamente gli stessi errori. Proprio in questi ultimi errori giace il fantasma del creatore del patto del Nazareno. Renzi. Già, perché nel panorama di una vera opposizione fumosa e irrilevante Renzi sta ricostruendo la sua corrente politica, che si differenzia dalle altre per compattezza. Innegabile, poi, che la dialettica del politico toscano sia ancora tra le più efficaci. La politica dei giorni nostri sembra non avere una sua identità chiara, aldilà delle posizioni politiche legittimamente diverse. Innegabile è la crisi di identità culturale che i paesi occidentali stanno attraversando, il sovranismo, così il voler essere conservatori, mostra la paura del futuro. Un domani che non può più nascondersi che realtà come l’intelligenza artificiale, la robotica, la tecnologia per permette e permetterà cose impensabili anche fino a dieci anni fa ormai sono vere e non più oggetto dei romanzi fantascienza. Questo cambia tutto. Nei rapporti tra essere umani, innanzitutto. E non può non ricadere sui rapporti anche politici. La velocità, però, annebbia le idee, che cambiano così tante volte sino a estinguersi. Tornano alla mente i ricordi, che in questi casi non possono che portare a pensare a Orwell. Cosa ci aspetta davvero? Cosa stiamo facendo per non lasciare estinguere le nostre idee? Ha sempre senso attendere? E cosa, poi? Ci sono evoluzioni che sono inevitabili, ma causate spesso da noi stessi, dal nostro stesso egoismo. Cosa c’entra questo con L’elezione del Parlamento Europeo? Io credo che spaccatura rappresenti due strade ben chiare e diverse. Noi le siamo prendendo entrambe per paura di darci regole più chiare.

Sfidare le leggi?

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Se credessi davvero in qualcosa sfiderei delle leggi? Io credo di sì. Gli attivisti, li capisco. Ma fino a un certo punto. Non li capisco quando iniziano a giocare con le provocazioni, le strumentalizzazioni. Le regole vanno rispettate. Così come le forze dell’ordine che le rappresentano. Il tema immigrazione è serio, non può essere gestito né con la modalità Salvini, ma nemmeno con quella delle Ong. Serve un modo serio di affrontarlo. Il circo mediatico che ho visto passare sui social mi ha disgustato, così come gli insulti al capitano della SeaWatch3. Siamo un paese civile. Ricordiamolo ogni tanto. Detto questo, per la Rackete non è stato convalidato l’arresto, quindi è libera. Io ci credo che lei voglia salvare vite, ma quello che ha fatto, parlo dello speronamento e della forzatura del blocco imposto dalle forze dell’ordine, resta comunque una brutta azione. Spero lo capisca, ma gli attivisti tendono ad esasperare la loro posizione, quindi presumo tornerà a farlo. Ma mi chiedo, se la Libia non è un porto sicuro, e non credo lo sia, di chi è la competenza di risolvere il problema? Io credo dei paesi occidentali, dell’Onu. Non è tollerabile sapere che esistono campi di tortura e non fare nulla. In questo disinteresse generale, gli attivisti perlomeno provano a fare qualcosa. Discutibile il risultato? Certamente. Ma ora tocca alla politica fare qualcosa di serio. Non solo tweet, dirette sui social e comparsate nei talk. La politica è una seria, così come le leggi. Ma se ritenessi queste ultime sbagliate, ingiuste, discriminatorie, io le sfiderei. Alla politica tocca il compito di ascoltare, non di insultare.

Cosa non dicono le promesse

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Io non me la prenderei con chi ha votato Lega. E lo dico perché questo voto nasconde il fallimento degli ideali con i quali siamo cresciuti. Abbiamo assistito a mesi e mesi di presunte diatribe tra fascisti e antifascisti e quasi sempre senza che entrambe le compagini conoscessero a fondo il problema.
Quello che si è perso è il senso della politica post seconda guerra mondiale, ovvero quella che doveva portare alla stabilità del paese, alla difesa della libertà e alla creazione di un organismo unitario che rendesse l’Europa qualcosa diverso rispetto all’accozzaglia di realtà che la storia le aveva attribuito e con lo scopo di potenziarla nella funzione di “cuscinetto” tra USA e URSS. Ma oggi il mondo è cambiato. Ci sono nuovi “competitor”, come Cina, India, tutto il mondo arabo, l’Africa che chiede di potersi sviluppare. In tutto questo scenario non possiamo dimenticare i conflitti “religiosi”. Il voto a Salvini è una conseguenza del mondo che ci circonda, della paura che non può essere ignorata da una politica spesso sorda. Ed è qui che nascono i “sovranisti”, dal bisogno delle persone di difendersi da un cambiamento che però è inevitabile. La cosiddetta sinistra non ricorda più il suo contesto. Si limita a confezionare concetti che non suonano più praticabili e convincenti. E lo sa perfettamente, ma ammettere la realtà sarebbe la loro fine. Ma la fine c’è già stata, quando hanno tolto tutele e forza al lavoro, rendendo i lavoratori terrorizzati dal futuro. Quindi preda delle promesse di difenderli. Ma le promesse sono state tante anche per i non lavoratori. Una illusione collettiva che nulla può avere a che fare con la realtà. Purtroppo. La si butta nelle risse da stadio perché nessuno riesce più a parlare, perché farlo vuol dire ammettere un fallimento. Chi ha votato la Lega rivuole quel mondo che lo faceva stare al sicuro, dimenticando che quella sicurezza non c’è mai davvero stata. Ogni momento storico, sia vissuto da noi, sia da chi c’è stato prima, aveva i suoi rischi. Allo stesso tempo non me la prenderei con chi esalta la figura dell’integrazione a tutti i costi, perché quando avverrà creerà un mondo diverso, al quale forse noi non saremo preparati. E che forse passerà attraverso altre guerre. Perché questa è la vera mia paura ed era la paura che ha vissuto chi quella guerra l’ha vissuta e per evitare che a viverla fossero i loro figli aveva scelto di unire l’Europa, di darle forza. Io me la prenderei, quindi, con chi vuole distruggerla con la convinzione di difendere qualcosa o qualcuno. Non è così. Non sarà così. Le promesse passeranno, ma se vogliamo davvero difenderci, impariamo a capire cosa nascondono e non dicono.

Oltre ogni modo

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Colpevole oltre ogni modo, le mani insanguinate. Le sirene suonano in lontananza, ma sono sempre più vicine. Il suo corpo giace in terra. È successo tutto troppo in fretta. E io non volevo ucciderlo. La mia vita sta per spezzarsi, distrutta dall’alcool che inghiottiva ogni notte. Mi gira tutto intorno, ho voglia di piangere, ma nessuna lacrima potrà mai scendere per quello che doveva essere mio padre. Vorrei poter scappare, ma nessuno può mai farlo davvero. A condannarmi, sono stata io stessa. Quando ho deciso di difendermi.

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Text by Daniele Mosca

La Stampa contro i bookblogger

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Lo sapete, quando c’è una polemica io difficilmente mi tiro indietro. La Stampa pubblica un articolo post Salone che accusa in qualche modo i bookblogger di essere la rovina degli editori e soprattutto dei librai, perché sarebbero in grado di decretare successo o insuccesso di un romanzo. Io sono ormai un blogger di vecchia data, dalla musica ai romanzi credo di aver parlato di un po’ di tutto. Certo, rispetto a questa orda di nuove leve così fotogeniche e preparate sulla comunicazione video io sono una cariatide, ma credo che questa categoria così maltrattata sia uno degli ultimi baluardi della promozione dei libri. I librai chiudono non a causa dei blogger, ma di Amazon, Feltrinelli, Mondadori, del pauroso giro che si cela nella distribuzione dei libri. La Stampa questa volta non sa di cosa parla, non conosce il fenomeno e tanto meno lo ha studiato. Da scrittore che prova a emergere però qualcosa avrei dire. Alcuni blogger possono decretare i numeri di un romanzo. Nel bene e nel male. Personalmente mi è capitato di subire il tentativo di oscurarmi o la classica recensione negativa, piuttosto che il blogger che piuttosto che recensire me (nonostante avesse ricevuto copia gratuita a spese dell’editore) preferisse incensare altre CE, tra l’altro incensate dalla maggior parte dei bookblogger. Quale sia il motivo non voglio saperlo, ma posso immaginarlo. Per non parlare dei tam tam riguardati presunti dati di vendite astronomiche. A ogni modo, diversi blog possono fare cartello e determinare successo o insuccesso di un romanzo, questo è vero. Detto questo, nulla c’entra con i librai, ne ho conosciuti diversi molto appassionati, competenti, li ho ascoltati e posso assicurare che ciò che li manda in crisi è ben altro. D’altro canto i bookblogger, aldilà del parere surreale de La Stampa, non stampano e non vendono libri. Quindi quell’articolo non sta in piedi. Lo scopo di vendite copie è una prerogativa dei giornali, non del blogger, moderno o antico che sia, che deve pagarsi un dominio, spesso senza entrate, pagarsi le spese di gestione, quasi sempre comprarsi i libri. E perché? Solo per passione.

Io al Salone ci andrò

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Fascismo e antifascismo sono due facce di una stessa medaglia. I riflettori si riaccendono su fatti che qualcuno vorrebbe legittimare o contestualizzare. Alcuni parlano di una “vera storia” mai raccontata. I revisionisti, che poi così nuovi a questo genere di attività non sono. Da qui nasce la polemica sulla presenza al Salone del Libro di una casa editrice legata a Casapound. Secondo molti rappresenterebbe una legittimazione della cultura neofascista. Il tema però è un altro. Queste formazioni hanno rappresentanze politiche, quindi hanno una loro propaganda politica, sicuramente amplificata dalla stessa linea politica del governo attuale. A chi vede il tutto come una forma di democrazia ricordo che partiti come partito del fascio e il corrispettivo nazionalsocialismo in Germania sono nati da movimenti assolutamente legati e legittimi. Ma credo che rispetto a quel periodo oggi esiste una variabile importante. Social, la rete in generale. I flussi di informazione sono veloci e possono essere gestiti. Questo rende la propaganda più capillare ed efficace. Per gli studi relativi ai miei romanzi mi sono imbattuto spesso in testi che raccontavano punti di vista differenti rispetto a quelli comuni e ne ho letti alcuni. Mi è servito per capire cosa pensa chi crede in quelle idee. Senza entrare nel merito del giusto o dello sbagliato, credo che invece serva una letteratura che copra e racconti anche questi aspetti. Negarla sarebbe censura e la censura aiuta a fomentare pensieri che si muoverebbero comunque fuori dai riflettori. Il rischio della nostra società così “globalizzata” è quello di rimanere vittime di pensieri che ci vengono forniti e imposti depurati e ripuliti. Farsi un’idea propria è l’unica soluzione e per farsela bisogna leggere. Pur non avendo minimamente il peso del collettivo Wu Ming, io al Salone ci andrò anche in difesa della libertà di opinione, sempre con occhio critico e tenendo d’occhio chiunque attenti a questa basilare forma di libertà.

I Navigli di Leonardo

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Leonardo Da Vinci è conosciuto per tantissimi temi, anatomia, ingegneria, arte. Pochi ricordano che è stato l’ideatore del sistema di canali che alimentavano i famosi Navigli di Milano. Il suo progetto rese navigabili le canalizzazioni permettendo di collegare il lago Maggiore con il lago di Como. Le canalizzazioni avevano permesso di far giungere a destinazione i materiali per la costruzione del Duomo di Milano. Con l’avvento delle automobili le canalizzazioni persero la loro utilità e man mano vennero intubate. I temi idrogeologici dei giorni nostri hanno riportato in auge l’importanza dei canali per funzionalità idrogeologiche. Cinquecento anni più tardi il genio di Leonardo esprime ancora tutto il suo splendore.
#LeonardoDaVinci

Quanto dura la campagna elettorale?

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Quanto dura la campagna elettorale? Ce lo chiediamo ormai da diversi anni. Un bombardamento mediatico di faccioni che promettono, promettono, fino allo sfinimento. Punti di vista spesso diametralmente opposti che cercano di convincere sulla bontà delle tesi proposte. Dai vaccini al revisionismo storico, ogni tema sembra avere più chiavi di lettura, pochi la capacità di trarne davvero delle valutazioni oggettive. Ma cos’è la politica? Un modo per accordarsi e darsi delle leggi con la più ampia condivisione possibile. Nella storia non mancano le derivazioni, esistono ancora oggi in diverse zone del mondo. Ma la nostra realtà è sempre stata strana. Esiste solo quello che viene raccontato e nella versione che viene proposta. Esistono quindi più verità? Probabile. Ogni punto di vista ne ha. Anche i più oscuri. Il rischio del nostro tempo, l’ho scritto già molte volte, è la velocità con cui le varie tesi viaggiano, senza lasciare il tempo di far sedimentare le informazioni. Così a prevalere sono i sentimenti più atavici, come la paura, la paura, il sesso. Quest’ultimo è difficile da individuare nel teatro politico, molto di più in quello sociale e social, in generale. La televisione ne ha modificato l’approccio, rendendo pruriginoso ogni cosa, legami compresi. Un modo come un altro per distogliere l’attenzione. Anche questa è una tattica politica, lo è da sempre. Ma torniamo alla domanda iniziale: quanto dura la campagna elettorale? La fine non esiste, poiché la vita è di per se una forma di politica e in tutti gli ambienti abbiamo bisogno di una rappresentanza, un accordo. Una soluzione. Inevitabile che si cerchi il consenso sempre e comunque. La difficoltà sta nel filtrare le informazioni, in un momento storico in cui gli ideali sono in crisi e non c’è più nulla in cui riconoscersi. Questo spiega perché molti preferiscono votare per gli idoli della tv o per se stessi, ma siamo sicuri di essere una garanzia per gli altri?

Photo by Corriere

Text by Daniele Mosca

Paura di non capire

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I titoli dei giornali esasperano o ignorano, ma la serie di attentati che hanno avuto luogo in Sri Lanka riguarda un attacco di matrice islamica contro i cristiani, avvenuto durante una celebrazione religiosa. Nel nostro paese è in corso una propaganda volta indoviare un nemico, da ricercarsi tra gli immigrati, tra i quali è evidente la maggioranza di individuali di religione islamica. Questo spiega il timore o la necessità di strumentalizzare l’accaduto. La sensazione è quella si vivere in un continuo clima da partita di calcio. Sono tornati in auge temi come fascismo, razzismo, deriva autoritaria, comunisti e tanti altri. In tutto questo si sta perdendo un concetto che è naufragato già a seguito degli attentati dell’Isis in Europa, ovvero l’integrazione. Attentati effettuati da personaggi nati e cresciuti nei paesi che hanno attaccato. Qualcosa è andato storto, tirando fuori concetti che si credevano dimenticati, come la guerra tra religioni. A fare da sfondo una politica falsa che si autoalimenta con il dissenso e una volontà di non leggere una storia che è stata scritta in troppi modi diversi e che si presta troppo facilmente al revisionismo storico. Insomma, nella confusione ognuno può dire quel che gli pare. Un periodo storico difficile. A differenza degli altri precedenti, qui c’è la rete che fagocita e smonta, senza poi lasciare traccia. Milioni di trame diverse. Fermiamoci a pensare a cosa sappiamo davvero di quello che accade e invece quanto siamo in grado di assimilare pensieri di altri. É questo il rischio, come in tutti i periodi storici, diventare strumento, perdere la capacità di riflettere. Questo a prescindere dal grado di conoscenza. In questo momento storico anche chi legge può essere influenzato, anche senza esserne consapevole. Anche chi scrive. Ed è questo non sapere a fare paura.

Photo AdnKronos
Text by Daniele Mosca

Udienze e cambiamento climatico

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Greta Thumberg a udienza dal Papa, Salvini no. Questo è il semplicistico ritratto che emerge dai giornali di questi giorni. Il tema è però più complesso, parliamo di una ragazzina che, anche grazie a uno staff di adulti che la segue, sta portando il giro un messaggio assolutamente condivisibile: non c’è più tempo. Parliamo ovviamente di cambiamento climatico. Aldilà delle polemiche sul titolo che Greta avrebbe per pronunciarsi, ci sono migliaia di studi che evidenziano il trend di questi anni e per gli anni avvenire. C’è il tema di realtà economiche come Cina e India che rivendicano il “diritto a inquinare” che ha permesso ai paesi occidentali di svilupparsi durante l’era industriale. C’è il tema dell’aumento delle temperature dell’atmosfera a causa dei gas serra e di uno sviluppo sostenibile che tarda a diventare efficace. Non si possono negare alcune posizioni negative come quella americana nei confronti degli accordi internazionali per ridurre l’emissione di Gas serra. Il tema è complesso, in questo senso è doveroso anche solo continuare a porre il tema alla politica, anche con delle manifestazioni. Senza entrare nel merito di quali siano gli interessi che spingono il fenomeno innescato da Greta credo si debba dare più fiducia ai ragazzi e appoggiare lo spirito critico e magari spingerli a guardare il mondo in un modo diverso, magari proponendo punti di vista alternativi a quelli che hanno portato a questa situazione. Inutile attaccarli, semmai bisognerebbe ascoltarli. Il tema c’è ed è importante, sicuramente più del perché il Papa preferisca dare voce a una ragazza ambientalista e non a un politico che rispolvera ideali nazionalisti e assolutamente allineato alle idee di Trump. Quello che forse dovremmo imparare a fare è a non cadere nelle strumentalizzazioni e nelle polemiche montate ad arte, difficile, ma lo spirito critico può aiutare. Ed è quello che maggiormente spicca nei più giovani. Aiutiamoli a dare loro più voce e se è il caso facciamo un passo indietro e lavoriamo per loro come uno staff che ci crede.Photo by Adn Kronos
Text by Daniele Mosca