Perdersi

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Io li ho sempre capiti quelli che a un certo punto della loro vita si perdevano. Erano i tempi dell’alcol e delle prime droghe. Quelli che iniziavano a odiare il mondo costruito e perfetto che gli altri mostravano senza pudore. E lo capivo perché avevo assaggiato il veleno, la rabbia, il rancore. Quando non fai parte dei circoli e delle élite inizi a conoscere il mondo terreno, quello fatto di piccole rivalse, ripicche, sofferenza e soprattutto quello che provoca un male silenzioso: la rassegnazione. È in quel mondo che nasce e cresce la voglia di scappare da tutto. E le strade non sono poi molte. È un falso bivio quello che ti chiede di scegliere tra combattere o lasciarti andare. In tutti e due i casi devi scontrarti con il lato oscuro. Tutto diventa grigio, incolore e ti senti perso. C’è chi si perde nel non mangiare, chi nel bere fino a star male, chi si droga fino a perdere completamente la propria anima. Strade diverse, ma simili. Era un mondo spietato. È un mondo spietato. Un film che viaggia a velocità diverse a seconda della prospettiva, del luogo di nascita, delle possibilità. Così anche la felicità può diventare un punto di vista. O, peggio, un punto lontanissimo. Irraggiungibile. Per ribellarsi e rialzarsi ci vuole un coraggio che non sempre si ha, perché nel nostro mondo chi è diverso viene semplicemente emarginato, se non definitivamente annientato. Ed è per questo che si nascondono i lividi, le ferite, sia fuori che dentro. Perché tutto quello che fa riflettere o pensare, spaventa. Io li ho sempre capiti, quelli che si perdono. E non starò a dire che per non perdersi non basta la determinazione, la forza di volontà e tante volte nemmeno il coraggio. Ognuno di noi si porta dentro quel mondo, magari nascosto in profondità, magari è il combustibile che spinge a scrivere.

Bulli si diventa

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Bulli si diventa. L’avvento dei social ha svelato l’indole oscura delle persone, convinte che lo schermo sia uno scudo capace di nascondere anche le intenzioni più subdole. Non è sempre così, ovviamente. Si tratta di un’esagerazione, ma è proprio questo il fenomeno che noto sempre più spesso, l’incapacità, in rete, di contestualizzare. L’estrapolazione di un concetto utile per avvalorare una tesi da un discorso spesso più ampio e articolato. Il rischio di questo fenomeno è la completa perdita del senso dei discorsi, fino ad arrivare alla strumentalizzazione di ogni singolo stralcio di un discorso come arma per diffamare, deviare, distruggere la credibilità di un potenziale avversario. Il problema forse più occulto è che tante volte anche involontariamente si entra in un circuito nel quale si perde il controllo della situazione. Questo può succedere a tutti noi, spinti dalla rabbia, dal rancore, dalla frustrazione per le proprie personali delusioni. Il linciaggio mediatico parte da un singolo commento, unito poi ad altri diventa uno tzunami devastante e spesso impossibile da fermare. Il bullismo virtuale nasce da queste piccole cose. Bulli si diventa, quando si smette di essere se stessi e ci si lascia trascinare dal branco. Quando si delega il proprio pensiero a un comodo espediente che ci permette anche solo di sfogarci. Magari mettersi nei panni dell’oggetto dei nostri commenti può essere un primo passo.

Nella stanza tutto era silenzioso

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La sua pelle era morbida, il suo odore indefinibile. Luci soffuse, un bicchiere di vino bianco. Io le parlavo, lei restava in silenzio a guardarmi. Il suo corpo sembrava parlarmi, mentre a lei era negato. Nella stanza tutto era silenzioso. Era la prima volta e mi sentivo impacciato, imbarazzato e forse un po’ stupido. Quando il mio sguardo era caduto sulla notizia dell’apertura di un locale come quello avevo sorriso, poi però avevo iniziato a rifletterci sempre più spesso fino a quando avevo cercato il sito e trovato il numero di telefono. Ero stato tra i primi, a quanto pare la lista di attesa sarebbe diventata lunghissima in poco tempo. Un tempo era normalissimo pagare per fare sesso, oggi non lo è più. Forse per pudore, forse per paura, forse perchè è troppo più comodo essere bigotti. Mi adagiai su di lei, parlandole delicatamente nell’orecchio. Chissà se aveva un nome, non me l’ha voluto dire. Resterà quel mistero tra di noi. Un mistero di silenzio e plastica.

Amaro

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In questi giorni la politica ha davvero mostrato il peggio, da tutte le parti, in tutte le sue componenti. Si è letteralmente sbriciolata in microscopiche particelle di decenza. Non posso credere che l’Italia e gli italiani siano arrivati a questo punto. Non posso crederlo. Purtroppo il ponte crollato è una metafora amara di quello che siamo diventati. Se una possibilità esiste, è rialzarsi e tornare a costruire qualcosa con umiltà e determinazione. Sempre se ne troveremo ancora la forza, la speranza, ma soprattutto l’onestà. Quella vera.

Il gruppo Bilderberg si riunisce a Torino

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Sia ne #Lequazione che ne #LaMacchinadelsilenzio ho citato diverse organizzazioni che in qualche modo sono riconducibili al cosiddetto “Nuovo Ordine Mondiale”. Molti gridano al complottiamo, ma da sempre gruppi di personalità di rilievo si riuniscono per pianificare e strutturale strategie su temi importanti e fondamentali per l’intero mondo. Sin dai tempi delle prime ricerche per i romanzi ho potuto notare questo fenomeno ed è curioso scoprire che da domani uno dei gruppi più influenti della terra si riunirà proprio a Torino dal 7 al 10 giugno. Si chiama gruppo Bilderberg ed è stato creato Rockefeller nel 1954 e comprende i rappresentati di 23 paesi e diversi personaggi come John Elkann, sino al presidente della Banca d’Italia, Cardinali, personalità di Fincantieri, Vodafone e chi più ne ha, più ne metta. I temi trattati sono sicuramente curiosi e degni del tecno thriller più fantasioso: Populismo in Europa, Intelligenza Artificiale, Stati Uniti prima delle elezioni medio termine e in generale la situazione leadership a livello mondiale, Libero Scambio, Russia, Arabia Saudita e Iran, Mondo “post-verità” e, infine, il Computer Quantistico. Che rapporti ci sono tra tutti questi temi? Molti, se non moltissimi. E da questi concetti che sono partito per scrivere i primi due romanzi, in bilico tra fiction e cronaca e dal quale sto ripartendo per “anticipare” la storia di domani. A chi urla al complottiamo consiglio di analizzare bene la storia e la cronaca, perché contengono diverse informazioni che passano in secondo piano. E non perché personalità di spicco si incontrino, questo accade ogni santo giorno, ma perché esiste un equilibrio tra diverse forze, politiche, economiche, sociali, culturali ed è inevitabile che queste si parlino. Proprio per evitare scenari che gli scrittori possono solo immaginare. Ma è poi davvero immaginazione?
#bildergerg
#NuovoOrdineMondiale
#Massoneria

Gustav Klimt e La secessione viennese

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Gustav Klimt é stato un grande artista, innovativo e geniale. Pochi sanno che è stato presidente della Secessione Viennese, un organismo culturale e politico che si era separato dall’Accademia delle Arti per costruire una nuova filosofia artistica, culturale e comunicativa. Di questo movimento faceva parte, tra i tanti, Sigmund Freud. Questo é in tema che mi ha affascinato a tal punto da diventare fondamentale per #LaMacchinadelSilenzio
#gustavklimt #lasecessione

Salone del Libro di Torino – primo giorno

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Andare al Salone del Libro per me é sempre stato emozionante. E non solo per i libri che ho scritto, ma perché l’ho visto nascere. Era il tempo dei grandi saloni, quello dell’Automobile, della Musica. Il Salone del Libro è sopravvissuto alle crisi economiche e culturali. É ancora qui. E questa resilienza non può che emozionare. Nonostante tutto.

Caso “Cambridge Analytica”.

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Caso “Cambridge Analytica”.
Leggo commenti indignati contro una fantomatica “Bigdata” e complottisti a difesa della fantomatica privacy. Ragazzi, quello che è accaduto, maldestramente, è ciò che fa Facebook quotidianamente a pagamento. Vi faccio un esempio semplice, se volessi far arrivare un post proprio davanti ai vostri occhi dovrei semplicemente impostare il vostro target di riferimento per la promozione. Cosa vuol dire? La vostra età, sesso, interessi, passioni, paure. E ci riuscirei non perché io sia particolarmente bravo, ma perché Facebook questi dati li ha! E, udite, udite, quei dati glieli avete dati proprio voi. Quindi, tranquilli, continuate a pensare che Facebook sia solo un gioco. E magari, prima di parlare e commentare, consiglio sempre utile, leggete gli articoli fino alla fine.

Disertore

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La comunicazione sui social network non mi piace. Personalmente provengo da una realtà diversa: quella dei primi blog. Un contesto in cui prima di scrivere ci si documenta, si studia e si analizza. Quello che vedo sui social è la mancanza totale dei tempi tecnici necessari per riflettere. É difficile risultare credibili quando si alternano nella propria linea comunicativa tagliatelle alla bolognese, video con le orecchie e geopolitica internazionale. Non è un segreto che gli algoritmi dei social premino alcune forme comunicative rispetto ad altre. Ma il tema è un altro, i testi stanno lentamente sparendo, sostituiti da slogan insignificanti. Questo non è il futuro che immaginavo. Non mi stupisce la spirale di violenza verbale su temi come razzismo e terrorismo e la lascivia dei social nei confronti di questo fenoneno. Per loro è traffico. E tanto basta. Cavalcare un mare con onde così alte diventa sempre più difficile. Ognuno di noi gradualmente viene ridotto a un silenzio calcolato. Viene ridicolizzato, anzi, costretto ad auto ridicolizzarsi per sembrare più simpatico. Molti si chiederanno perché, se proprio non mi piace la comunicazione sui social, io sia qui. La risposta è semplice. Le mie parole nascono sulla carta, ogni concetto viene studiato ed elaborato prima di diventare un articolo. Così come si faceva una volta. Le mie parole hanno superato l’era dei diari segreti, di splinder, di myspace e ora sopravvivono nella realtà virtuale. Farle sopravvivere è un combattimento quotidiano. Soprattutto con me stesso. Forse un giorno verranno inghiottite dal vortice. Ma in mezzo a questo rigurgito nazifascista, tra soldati rabbiosi con la bava alla bocca, io preferisco disertare. Sentirmi un partigiano, un bandito, continuando a credere di poter difendete la libertà, anche soltanto con le mie parole.