Perdersi
Io li ho sempre capiti quelli che a un certo punto della loro vita si perdevano. Erano i tempi dell’alcol e delle prime droghe. Quelli che iniziavano a odiare il mondo costruito e perfetto che gli altri mostravano senza pudore. E lo capivo perché avevo assaggiato il veleno, la rabbia, il rancore. Quando non fai parte dei circoli e delle élite inizi a conoscere il mondo terreno, quello fatto di piccole rivalse, ripicche, sofferenza e soprattutto quello che provoca un male silenzioso: la rassegnazione. È in quel mondo che nasce e cresce la voglia di scappare da tutto. E le strade non sono poi molte. È un falso bivio quello che ti chiede di scegliere tra combattere o lasciarti andare. In tutti e due i casi devi scontrarti con il lato oscuro. Tutto diventa grigio, incolore e ti senti perso. C’è chi si perde nel non mangiare, chi nel bere fino a star male, chi si droga fino a perdere completamente la propria anima. Strade diverse, ma simili. Era un mondo spietato. È un mondo spietato. Un film che viaggia a velocità diverse a seconda della prospettiva, del luogo di nascita, delle possibilità. Così anche la felicità può diventare un punto di vista. O, peggio, un punto lontanissimo. Irraggiungibile. Per ribellarsi e rialzarsi ci vuole un coraggio che non sempre si ha, perché nel nostro mondo chi è diverso viene semplicemente emarginato, se non definitivamente annientato. Ed è per questo che si nascondono i lividi, le ferite, sia fuori che dentro. Perché tutto quello che fa riflettere o pensare, spaventa. Io li ho sempre capiti, quelli che si perdono. E non starò a dire che per non perdersi non basta la determinazione, la forza di volontà e tante volte nemmeno il coraggio. Ognuno di noi si porta dentro quel mondo, magari nascosto in profondità, magari è il combustibile che spinge a scrivere.