Oceania 2, il ritorno di Vaiana e Maui

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Mi stupisce la quantità di esperti di favole che si sono palesati per esprimere altissimi concetti su Biancaneve, per cui oggi parlerò di un altro film Disney: Oceania 2.
La protagonista è Vaiana, una ragazza coraggiosa, con un forte legame con la propria famiglia e con la propria comunità, pronta a scoprire la storia dei propri antenati.
Altro protagonista è il semidio Maui, un colosso dalla capacità di raccontare anche le sue fragilità. Forte, caparbio, spesso in contrasto con Vaiana, ma disposto a dare tutto per aiutarla nella nuova missione: riunire i popoli dell’oceano e ritrovare la misteriosa isola di Motufetu.
Al netto di una colonna sonora meno incisiva rispetto al primo capitolo, la trama riesce a essere coinvolgente, anche grazie all’ingresso di nuovi personaggi: Moni, un cantastorie, Loto, un’inventrice, e Kele, un anziano contadino, oltre alla sorellina di Vaiana, Simea.
Vaiana è pronta ad affrontare il suo passato e a riscoprire il suo futuro. Un’immagine forte e decisa, lontanissima dalla figura remissiva delle favole Disney. Chissà se anche qui ci sarà da fare retorica e sbracciarsi per la nostalgia della parola “nano” nel titolo.

E parliamo di Biancaneve, il nuovo film Disney

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Gli algoritmi sono spietati. Lo sanno che ho visto Biancaneve e da due giorni mi mostrano commenti impietosi e recensioni estremamente negative di questo film Disney. Per curiosità ne ho lette un po’ e la maggior parte delle critiche si concentra su un fattore: Biancaneve non sarebbe del tutto bianca e l’attrice che interpreta la Strega, Gal Gadot, sarebbe molto più bella di quella che interpreta la protagonista, Rachel Zegler, e questo comporterebbe problemi nella valutazione dello specchio magico. E dopo aver pensato che si tratta di pietoso sessismo, mi è sembrato necessario esprimere un pensiero. Il film ha una trama che ho trovato decisamente convincente e che ridisegna la storia in una modalità assolutamente più moderna e scevra del pregiudizio, ma soprattutto delle ipocrisie, delle versioni precedenti. Penso a quello che nella storia originale era un principe e qui è un rivoltoso che osteggia il regno. Ma la cosa più interessante è proprio aver messo al centro il concetto di bellezza, che viene descritta come completa, sia esteriore, sia interiore, riferita a un’integrità morale, all’importanza dei valori di rispetto, declinati come gentilezza. Gli attori interpretano bene le proprie parti, nani compresi. E qui ci sta che non vengano più chiamati in questo modo, con buona pace di chi pensa il contrario. È molto bello lo scontro verbale tra la protagonista e l’antagonista nella scena della riconquista del regno e decisamente convincente inserire un concetto chiave: una principessa non ha bisogno del principe azzurro per essere regina. Un concetto semplice e chiaro per raccontare ai bambini che ognuno può essere ciò che desidera essere, che la bellezza non è solo quello che vedono gli altri, ma quello che tu vedi nello specchio. Un messaggio importante per i piccoli, ma a questo punto anche per molti grandi, che qualche problema cognitivo dimostrano di averlo anche in questo caso e qui non è certo colpa degli algoritmi. #Biancaneve

Cuoricini

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Il tema difesa europea è delicato, ma parlarne è necessario. L’opposizione e parte rilevante della maggioranza ha scelto di giocarsela con pace a tutti i costi e personalmente non sono per nulla d’accordo. Allo stato attuale, senza la garanzia Nato, costruire un sistema di difesa è necessario, perché occorre ripristinare presto il sistema di deterrenza che fino a oggi ha funzionato, anche grazie alla leva nucleare. Ergo, serve un sistema di difesa per garantire la pace. Ha funzionato così dal post seconda guerra a oggi, non vedo perché restare inermi possa rappresentare una soluzione valida. Non sono invece d’accordo sull’invio di eserciti europei in Ucraina, perché questo è sempre stato un punto fermo sin dall’inizio dell’attacco russo all’Ucraina (e lo ripeto, è stato un attacco russo a un paese libero.)
Per quanto ritenga la politica trumpiana come miserabile e infame, può essere vista come un’occasione perché l’Europa sviluppi una sua identità, a prescindere dalle minacce russe o americane. Situazione surreale, ma questa è. Un pensiero sulla politica in generale, bisogna farlo. Non può continuare a essere solo un esercizio di recupero voti e applausi. La politica ha la funzione di costruire prospettive e visioni di futuro. La politica deve smettere di pensarsi come un covo di influencer alla ricerca di like o cuoricini, che va più di moda. Questo scenario è il frutto di questo approccio che va cambiato. Perché in fondo lo sapevamo tutti che una via di fuga a Putin andava prima o poi offerta, per quanto questo scenario possa risultare eccessivo e scorretto, va gestito. Urlare alla pace a ogni costo non è utile a nessuno. Servono fatti, non un continuo chiacchiericcio, a favore dei cuoricini.

Fonte foto: web

La politica dell’infamia

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Il faccia a faccia tra Zelenky e Trump e il vice Vance è stato da una parte vergognosa, dall’altra preoccupante. La deriva del populismo ci ha condotti a un mondo di sbruffoni e prepotenti che pretendono di imporre la loro veritá, quale essa sia. Preoccupante è parlare di Terza Guerra Mondiale con la semplicità con cui si parlerebbe della sagra della verza.
Zelensky rappresenta il popolo di un paese aggredito e che difende la propria libertà. E questo non bisogna mai dimenticarlo. Va rispettato. Il paradosso per il quale sarebbe stata l’Ucraina ad attaccare la Russia è surreale, anche considendo gli eventi del 2014. Per non parlare della Crimea. Intollerabile provare a rimettere Putin tra i buoni. È troppo tardi per un Capo di Stato che ha fatto bombardare interi palazzi abitati da civili. La politica di Trump è chiara, rompere con l’Unione Europea, metterla in mezzo a due delinquenti per sottometterla. Esattamente la scena vista ieri. Dopo aver lacerato la storia russa, stiamo vedendo sgretolarsi anche quella americana, con il chiaro intento di distruggere anche la nostra.
Questa volontà di riscrivere la storia è in corso da tempo e in tutti i paesi del mondo, anche nel nostro paese. Il coro di tifosi di Putin sbraita da parecchio e lo abbiamo visto pronto a sottomettersi. Per quanto riguarda il rapporto di sudditanza con gli Stati Uniti è cosa nota, anche economicamente per gli eventi della Seconda Guerra Mondiale. Per l’Unione Europea è arrivato il momento di diventare grande e di emanciparsi e non è una questione di destra o sinistra. È una necessità. Per farlo serve partire dalla democrazia e dalla difesa della libertà. Senza se e senza ma.
Alla destra, così come alla sinistra serve liberarsi dalle bandiere di un passato che non racconta bellezze, ma sangue. Serve guardare al futuro. Senza questo concetto queste formazioni politiche non hanno più senso di esistere, se non per fomentare orde di tifosi incoscienti. Serve difendere la nostra storia. E un paese come il nostro non può accettare che due gradassi umilino il capo di un paese aggredito. Non può. Anche se questi due gradassi sono americani. È una situazione assurda ed è fuori da ogni dubbio che si debba sempre cercare di raggiungere la pace, ma la resa di un paese aggredito, la svendita della sua libertà, sotto ricatto è davvero troppo.
E lo ribadisco, anche alle anime belle che vorrebbero usare parole piú dolci e accondiscendente nei confronti dei potenti di turno, questo é un comportamento da infami.
Ripeto. Infami.

Perché mi piace il programma #Oraomaipiú

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Perché mi piace così tanto un programma come #oraomaipiú? La risposta è molto semplice. Tanti anni fa grazie al programma #Musicfarm scoprii niente meno che Franco Califano, un maestro, ma prima di allora non avevo mai capito davvero. Seguii uno dei programmi che rilanció Marco Masini, I migliori anni, in cui Masini tornò alla ribalta interpretando pezzi di altri autori e sfornando poi il nuovo singolo “Io Ti volevo”. Ora o mai più ha riproposto Lisa, il cui album comprendeva la splendida Sempre e Paolo Vallesi. Tutti artisti che ho ascoltato fino a consumarne le audiocassette. Oggi lì ci sono Masini tra i coach e Anonimo Italiano tra i concorrenti. Insomma, in questo programma è come veder scorrere la propria vita, ma anche riscoprirne il futuro. Perché ci sono momenti in cui tutto diventa più oscuro, momenti in cui nessuno si ricorda più chi sei e in cui ti ritrovi improvvisamente solo. Quei momenti in cui devi guardarti allo specchio e convincere prima di tutto te stesso che esisti ancora. Tra i tanti talent in giro, questo ha un sapore diverso e sono convinto che dovrebbe davvero dare la possibilità a questi artisti di tornare a essere ascoltati, cosa che purtroppo non sempre è accaduto, penso proprio a Lisa e Vallesi, che mi piacerebbe riascoltare più spesso, anche se penso che avesse ragione Masini quando cantava e canta “ma la musica è cattiva, è una fossa di serpenti”. Mi piace pensare che la musica sia però più forte di tutto.

Il concetto fuorviante

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Avete ragione, mettere in evidenza questa foto è fuorviante. Le dichiarazioni emerse dal discorso di insediamento di Trump sono elementari, comprensibilissime e dirette, così profondamente coerenti con quanto dichiarato durante la campagna elettorale dal sembrare finzione. Solo che tali non sono. C’è chi gioisce perché Meloni era l’unico referente dell’Unione Europea, nulla da dire dal punto di vista politico, molto più da dire sul contesto generale. Uno scenario in cui viene appoggiato proprio da Elon Musk una potenziale leader tedesca di un partito chiaramente di estrema destra, la quale dichiara che Hitler era comunista è sorprendente. Ma avete ragione, la foto è fuorviante, poi, direte, Hitler era nazionalsocialista, quindi un po’ comunista lo era. Il problema risiede forse in queste semplificazioni, volte a derubricare e depotenziare gli eventi di un passato costruito sulla propaganda e magari a riproporlo quasi come fosse una provocazione. E avete ancora una volta ragione, perché, direte, la prova della provocazione è anche quello che io stesso sto scrivendo. Trump è nuovamente il Presidente degli Stati Uniti, rinvigorito e rinforzato dagli attacchi dei suoi oppositori e osannato dal suo pubblico. Elon Musk, Zuckerberg, Besos, Tim Cook, sono tutti ai suoi piedi. Un esercito di ricchi manager che giocano a riportarci agli anni ’20. Ma scusate ancora, anche questo è un concetto fuorviante.

La detenzione di Cecilia Sala è una ferita aperta

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La mia stima e ammirazione per la giornalista Cecilia Sala non nasce in questi giorni, così complessi. Ho iniziato per caso ad ascoltare il podcast #Stories di Chora Media e da subito ho apprezzato, oltre alla competenza e alla capacità di raccontare storie complesse, soprattutto dal punto di vista geopolitico, il coraggio di raccontare quelle storie proprio nei luoghi in queste avevano luogo, in particolare nei territori di guerra, riportando sensazioni e suoni che soltanto lì potevano essere recepiti. L’ho ascoltata raccontare il suo lavoro al Salone Internazionale del Libro con la decisione che solo chi è appassionato può mettere in campo. Per questo la sua detenzione per me è una ferita aperta. Ed è per questo che faccio davvero fatica a comprendere la faciloneria e la superficialità dei commentatori da salotto. Perché in questi casi non è questione di essere di sinistra o di destra, ma di essere più o meno ottusi di fronte al concetto di prevaricazione e di giustizia. Cecilia Sala rappresenta ciò che i regimi come quello iraniano mai potrebbero accettare e rispettare. Una donna giornalista, reporter di guerra, coraggiosa e capace di raccontare un mondo che sembra così lontano da noi, di descrivere le traiettorie degli equilibri geopolitici, dei nodi che li contraddistiguono. Oggi Cecilia Sala rappresenta uno di quei nodi. Oggi chi crede nell’informazione libera, nella cultura, nella storia, ha il dovere di raccontare chi è Cecilia Sala e perché è così importante che torni presto a fare il suo lavoro.

Quando la censura é l’ipocrisia.

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Le polemiche sul concerto di Capodanno di Roma puntano nuovamente il dito sulla musica di Tony Effe. Come sapete sul tema della violenza sulle donne sono da sempre schierato. E come sapete seguo il mondo della musica da molti anni, con specifico interesse per l’hip hop. Il concetto del dissing e delle immagini forti fa parte integrante di uno show del rap, si parla di soldi, di sesso, spesso di violenza. È tutto vero? Chiaramente no. È giusto utilizzare questi temi? Giusto o sbagliato è relativo, pure Dante a suo modo faceva dissing sui “competitor”. Questa presunta purezza nemmeno può essere considerata censura, ma è ipocrita. Quando guardate un film in cui il protagonista è un assassino, o peggio, se ne scrivete il testo, potreste essere considerati assassini pure voi? Se scriviamo di un assassino siamo spingendo potenziali cittadini al crimine? Non credo. E allora cerchiamo di essere più presenti a noi stessi. Possiamo discutere sul livello della musica di oggi, ma siate sinceri, questa estate avete anche voi canticchiato il motivetto “Sesso e samba”? Ecco, il rap è anche quello, il contrasto, soprattutto quello orientato al perbenismo, appunto, ipocrita.

Ps: per parlarne ne ho approfittato per ascoltare l’album ICON di Tony Effe, non è male e nel tempo ho ascoltato concetti ben peggiori.

“É finita la pace”, il nuovo disco di Marracash

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“É finita la pace” di Marracash è un disco vero. Forse uno dei pochi autori in grado di fotografare con realismo e cinismo la realtà di oggi. Riesce ad analizzare al microscopio una società di venditori di emozioni sui social, di personaggi costruiti ad arte, della perdita di originalitá e di creatività, svenute sull’altare dei quattro spiccioli di visibilità e qualche like in più. Il tutto costruito con un sound che da una parte riscopre il vero hip hop e dall’altro reinventa sonorità con il gusto dell’oggi, nella sua amarezza a struggente realismo.
Compimenti a Marracash e un consiglio agli “artisti” da social: prendete spunto e riprendetevi.

Colpevoli

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Quando abbiamo saputo della tragica fine di Giulia Cecchettin la maggior parte di noi uomini si è sentita colpevole. E molti di noi si sentono ancora tali, anche a valle della condanna all’ergastolo dell’autore di quel brutale assassinio, Filippo Turetta. Siamo colpevoli perché sentiamo sempre troppo spesso concetti maschilisti ondeggiare pericolosamente nei comuni discorsi. Il concetto maschilista è ancora vivo ed è sempre accanto a noi. Vive quando viene espresso nella considerazione che una donna non è adatta a fare un determinato mestiere, quando si accusa velatamente una donna di abusare della maternità, quando si giudica per l’abbigliamento, sorridendo sornioni con approccio morboso. Maschilismo. Sarebbe opportuno che questa condanna facesse riflettere sulla qualità terreno nel quale cresce la pianta del controllo, della prevaricazione. Della violenza. E cresce fondamentale perché ció che spesso manca è il rispetto, che a sua volta vive solo attraverso il dare un vero valore ai sentimenti. Perché se ami una persona, se hai amato una persona, l’ultima cosa che vorresti fare è farle del male, fosse anche con le parole. Questa condanna deve avere un peso, perché se a cambiare non saranno gli uomini sarà perfettamente inutile ogni concetto espresso con slogan appesi ai muri o con oggetti rossi posizionati in ogni dove. La consapevolezza risiede nell’accettare questa condanna come monito a guardarci tutti dentro e a chiedere scusa per tutte le volte che di fronte a parole e concetti maschilisti non abbiamo mosso un dito, né detto alcuna parola di difesa del concetto di rispetto.