Il fascismo non esiste

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Io non voglio credere che il tema fascismo sia diventato un comodo dialogo da salotto tra intellettuali di destra e sinistra. Non lo accetto. E non posso farlo perché non si tratta di portare tutto sul piano politico, perché onestamente io non ritengo l’attuale governo fascista, anche se la maggior parte degli “intellettuali” di destra provano quotidianamente a sostenere questa tesi. Se aprissimo gli occhi scopriremmo che le realtà politiche fasciste e che tali si riconoscono hanno già alzato la testa da diverso tempo e puntano a sedere in parlamento e nei posti di potere. Prima lo ritenevamo un fenomeno lontano, ricordiamo Alba Dorata in Grecia, poi La Pen in Francia. Ma non era un fenomeno isolato. E seppur per ora non è andata bene alla Le Pen, è andata bene ad altri politici che governano in tutta Europa con idee e ideali che fanno paura. Qui non si parla solo di immigrazione, intendiamoci. Personalmente ritengo che le regole siano necessarie e che non possa esistere un’immigrazione incontrollata. Il pensiero fascista è un concetto che entra nel vivo della libertà delle persone, a partire dai pensieri più intimi e personali. Quando sento inneggiare a un ritorno alla famiglia con l’obbligo di portare a termine una maternità perché l’obbiettivo è procreare, io inizio ad avere paura. Paura, all’inizio. E rabbia immediatamente dopo. Quando al dose viene rincarata con il negare le coppie di fatto e discriminazione di chi è diverso da ciò che questi signori ritengono “normale”, inizio a scrivere. Questo “scrivere” viene catalogato dagli “intellettuali” di destra come una chiara manifestazione di partecipazione a quel partito o a quell’altro. Uno stupido tentativo di catalogare le persone, così che sia più facile demolirle. “Allora sei comunista”, dicono “Sei Piddiota”, allora. Questo è il livello. E no, cari miei, io sono italiano, amante della storia e della letteratura e, ascoltate bene, non ho alcuna tessera politica in tasca. Questo fa di me un libero pensatore, una persona che si pone domande e cerca le risposte. La polemica che vedo crescere negli ultimi giorni riguarda il romanzo di Michela Murgia e il suo celebre “fascistometro”. Cosa volete che dire magnifica. Magnifica operazione commerciale. Punto. La mia considerazione finisce qui. Quell’elenco per me non è null’altro se non una serie di cialtronate. Detto questo, vorrei chiedere agli “intellettuali” di destra se vedere sfilate di fascisti, nazisti e teste rasate che rivendicano posti di potere e minacciano pulizie ed epurazioni rappresentano il loro ideale di libertà di pensiero. Forza, avanti con le risposte.

Dalla parte giusta

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Abbiamo costruito un mondo,di barriere.

Le peggiori sono dentro di noi.

Parliamo di libertà,

dalle sbarre dell’ipocrisia.

Siamo perfetti,

davanti a specchi coperti.

Siamo alibi e difetti,

celati dietro ai nostri occhi.

Abbiamo creato la paura,

perché intimorire è la migliore arma di difesa.

Abbiamo costruito un mondo,

di cancelli.

Senza nomi.

Senza chiavi.

E forse non esiste,

la parte giusta di un cancello.

  

Fumo e cemento

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Fumo e cemento,

il respiro che manca.

La rabbia, la sento.

Quello che non uccide, stanca.

C’erano degli alberi,

un sole con cui scaldarsi.

C’era un fiume,

Oggi un centro commerciale.

Fumo e cemento,

rifiuti che bruciano.

Come brutti pensieri.

Trattengo le lacrime a stento,

a mio figlio avrei voluto lasciare un mondo migliore.

E io non ho saputo fare di più.

Non riesco a perdonarla,la pioggia.

Non riesco a perdonarlo,l’uomo.

Quando mi portano via ogni cosa.

Compresa la speranza,

trascinata via da un fiume in piena.

Fumo e cemento,

tutto ciò che sappiamo respirare.

Rassegnati, disillusi,

ci trasciniamo in un corteo.

Sembrano ribelli,

sono come quelli che mi hanno illuso

Photo by Unsplash

Text by Daniele Mosca

Ero un comunista

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Ero un comunista,
l’anima svenduta, per salvarmi.
Una goccia sulla fronte.
Ero un comunista,
il mio era solo un sogno.
Un’altra goccia sulla fronte.
Ero un comunista,
ho denunciato il mio miglior amico.
Non avevo scelta.
Non posso muovere le braccia,
un’altra goccia di cade sulla fronte.
E un’altra ancora.
Io non potrò mai più scappare.
Sono qui da un’ora,
un mese,
un anno.
Non lo ricordo.
Ero un comunista,
servivo il mio paese.
Ora sono un condannato.
Sento dei rumori.
Mi interrogheranno ancora.
Vogliono dei nomi.
Sto impazzendo.
Vogliono dei nomi.
Ho paura.
Vogliono che faccia i nomi.
Dei miei figli.

Credits:
Photo by Keenan Constance on Unsplash
Text by Daniele Mosca

Il deserto mi separa dalla mia vita

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Il deserto mi separa dalla mia vita.
Quella vecchia, fatta di guerra.
Degli occhi di mia madre,
che non poteva darmi di più.
I segni sulla pelle,
raccontano del mio viaggio.
Del male che mi è rimasto addosso.
Vorrei una vita vera,
in cui potermi guardare allo specchio.
Oltre le cicatrici.
Non riesco a sentirla ancora,
la puzza del sangue.
Degli escrementi seccati addosso,
perché loro potessero riderne.
Ma loro volevano soldi.
E mia madre non poteva mandarne.
Così ho rigettato singhiozzi indietro,
lacrime all’inferno.
Illudendomi, forse,
che un giorno avrei solcato il mare.
Che avrei avuto un’altra possibilità.
Che sarei riuscito a salvare anche mia madre.
Sta entrando acqua nel gommone.
Tutti gridano.
Alcuni di noi si stanno buttando nell’acqua gelida.
Una mamma stringe un neonato in braccio.
É buio, ma riesco a vederlo bene.
Nessuna delle due ha la forza di piangere.
Il deserto mi separa dalla mia vita,
il mare anche.

Io il fascismo non lo rivoglio

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Io il fascismo non lo rivoglio.
Non voglio le discriminazioni.
I governi della caccia al diverso.
Io il fascismo non lo rivoglio.
I treni che partono verso posti migliori.
Corpi divenuti cenere.
Per difendere un popolo vergine,
ma sporco di sangue.
Io il fascismo non lo rivoglio,
con i roghi dei libri.
Delle idee.
Di chi vuole essere libero di pensare.
Io ho paura, lo ammetto.
Di chi si schiera a difesa della violenza.
Di chi minimizza.
Di chi sdrammatizza.
Io il fascismo non lo rivoglio.
L’ipocrisia di una marcia democratica su Roma.
L’annientamento di chi si oppone.
La distruzione della libertà.
Pezzo per pezzo, un po’ alla volta.
L’Italia è stata fascista.
Gli italiani lo sono stati.
Io sono italiano, il fascismo l’ho vissuto, però.
Attraverso le parole di chi lo ha vissuto.
Io sono italiano e continuerò a urlarlo.
Io il fascismo non lo rivoglio.

É soltanto un occhio nero

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È soltanto un occhio nero.
Non lo ha fatto apposta.
Sono caduta.
Lo ripeto a uno specchio che ride,
di me.
Di quella me che immaginava un mondo diverso.
È soltanto un livido.
Passerà presto.
Lui non voleva.
Quando cammino per le strade,
non riesco a non guardarmi nelle vetrine.
E a sentirmi troppo sola.
Non vali niente.
Non sei capace.
Sei troppo stupida.
Impara.
Voci incessanti che urlano.
Non riesco a farle smettere.
E ho ancora male alla testa.
L’aria fredda mi ricorda che tra poco sarà Natale.
E vorrei tornasse a esserlo anche dentro di me.

Giochi di luce

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Giochi di luce,
raggi che entrano nella sua stanzetta.
E ogni tanto vedo il tuo sguardo perdersi,
come se avessi paura.
E a me che non sembra sia possibile
Perché nessuna meglio di te potrebbe farlo meglio,
regalare una vita, nutrirla, difenderla.
Giochi di luce,
perché anche noi che siamo grandi abbiamo paura del buio.
E quando anche il mio sguardo,
si perde nell’ultimo raggio di sole.
Penso a quanto io sia stato fortunato,
a incontrarti,
e costruire tutto un mondo che sembrava essersi perso.
E quanto è difficile iniziare a capire che cambierà tutto.
Che noi non saremo più gli stessi,
quando lei sarà qui.
Perché forse in quel momento avremo voglia di piangere,
perché solo la gioia più inspiegabile può farlo.
E sarà come quando un raggio di sole incontra una lacrima,
e sulle pareti di questa stanzetta nasceranno da sé,
i più bei giochi di luce che la vita ci poteva regalare.

“Come si fa il latte della mamma?” di Amelia Tipaldi e Carlotta Passarini

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“Come si fa il latte della mamma” é un albo illustrato essenziale per le neo mamme, racconta quanto sia importante l’allattamento del proprio bambino e quanto possa aiutare nella crescita del neonato. L’autrice del testo è Amelia Tipaldi, ingegnere, mamma di tre bambini e consulente alla pari per l’allattamento, mentre le splendide illustrazioni sono opera della bravissima illustratrice a Carlotta Passarini. Edito da Il Leone Verde piccoli, questo libro è già un successo. Una storia nata sul blob “mamma, raccontami una storia” e che diventa un veicolo per sensibilizzare le mamme a riscoprire la tecnica naturale dell’allattamento, anche di fronte a un mercato che propone diverse soluzioni artificiali, ma che mai potranno avere lo stesso valore del latte materno. Per questo è importante scoprire “Come si fa il latte della mamma”.

L’era dei commenti

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Viviamo nell’era dei commenti. Tonnellate di pensieri non richiesti gettati con odio su tutte le piattaforme socia. Partiamo tutti dallo stesso presupposto: che a qualcuno interessino. Ma la verità è che il complesso sistema che noi chiamiamo rete fagocita anche le nostre identità, trasformandole in semplici target per promotori pubblicitari. Il meccanismo è semplice: individua le caratteristiche del potenziale acquirente e vendigli tutto quello che può servirgli. Anche qui si apre un mondo. Quello che ci serve è quello che ci viene proposto come necessità, anche quando non lo è affatto. Nascono così mode ad hoc, fenomeno da imitare, il sistema va ben oltre gli influencer. Loro non sono che pedine in un gioco troppo più grande di loro. Sembra il Grande Fratello, direte. Ma questo lo sapevamo già. E non ci preoccupa nemmeno poi molto di essere diventati solo dei clienti a cui vendere qualsiasi cosa, a patto che ci lascino la libertà di esprimere una “libera opinione”. Anche quando questa non ha alcun valore e nessuno sarà interessato ad ascoltarla. Così la conoscenza viene soppiantata da Google, i ricordi da troppe fotografie. E si finisce per perdere la cosa più importante: la nostra identità. Quella vera, non quella dei social.