Dove siamo rimasti?

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Dov’eravamo rimasti? Parlano di terze guerre mondiali con il Mojito in mano, di diritti mentre ridono dei loro amici, di business mentre svendono i sogni degli altri. Il mondo continua a girare e a darci l’illusione di contare davvero qualcosa, ora che le parole corrono più veloci dei proiettili, aver qualcosa da dire è un difetto. Si dicono folli e affamati, ma la fama ha un prezzo che nessuno è in grado di pagare. É perdersi. E quanto volte mi è successo, quando sapevo che il mio unico quartier generale era mio walkman. Quando le urla sovrastavano ogni pensiero di guardare oltre le mura, che mi facevano sentire sempre un po’ di meno. Quando sono tornate le parole ho sentito il vento poco prima della tempesta. Ora so che non è importante che qualcuno ti ascolti, ma che ti possa sentire davvero tu. Siamo rimasti qui, a osservare in silenzio chi urla di pace, mentre spara alla sua stessa immagine, riflessa allo specchio, come ex Miss Italia alla ricerca di un posto in un talent.

Fuori dalle iridi

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I lividi sulle braccia non le facevano male quanto l’umiliazione che si era sedimentata dentro.
Le parole le scivolavano addosso, come gocce silenziose.
E cos’è un insulto, se non un ammasso di lettere, si diceva.
Ma lei non ci credeva davvero.
Lei una felicità voleva viverla davvero.
Lei una via di fuga la pretendeva.
Così chiuse il diario, gettò la penna contro il muro con tutta la sua forza.
E ciò che le restava nell’anima, si guardò allo specchio.
I suoi occhi erano neri, anche fuori dalle iridi.
Promise a se stessa che sarebbe stata l’ultima volta.
Che non avrebbe più creduto alle scuse, alle promesse, ai sorrisi del giorno dopo.
Forse, non avrebbe amato mai più.
Probabilmente avrebbe imparato a odiare.
Ma sarebbe stato il giusto prezzo, per la libertà.

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L’idiozia della strategia del terrore

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La portavoce di Putin, Zacharova, afferma che gli europei sono affetti da idiozia.
Personalmente provo quasi un moto di orgoglio nell’essere definito come tale dalla portavoce di uno Stato che usa la strategia del terrore per vincere una guerra che nemmeno ha il coraggio di chiamare con il proprio nome.
Condivido la definizione associata alla Russia di Stato che sponsorizza il terrorismo, perché bombardare civili rappresenta la forma più vergognosa e becera di terrorismo.
Con la stessa sicurezza penso di essere dispiaciuto per il popolo russo, che non merita quella definizione per colpa di un pazzo qualche altro pupazzo al potere.
Dal medesimo punto di vista penso che gli amanti di Putin stiano rasentando il ridicolo.
Perché lo penso anche io che serva dialogo, mediazione e trovare un accordo. Non stiamo parlando di illuminati pensatori, ma di soggetti che sottovalutano un tema fondamentale: la Russia sta bombardando civili in un paese libero, che per quanto ne so potrebbe pure essere il nostro.
Dialogo, mediazione e accordo possono arrivare solo a una condizione: che la Russia torni sui suoi propri passi e abbandono questa vergognosa e becera strategia del terrore per provare a vincere la sua guerra.
Perché si chiama cosi: guerra.

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Trump è tornato

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L’account Twitter di Trump è tornato attivo, grazie alla nuova linea editoriale di Elon Musk, ora a capo del social.
È giusto che ognuno possa esprimere il proprio pensiero?
Sì, certo.
È giusto anche quando questo può provocare disordini mondiali e attacchi violenti a una sede di governo?
Dipende.

Dipende, perché in un sistema libero dovrebbe essere concesso mettere in discussione l’equilibrio del mondo “democratico”, quello costruito da un sistema e che in un thriller chiamerei Nuovo Ordine Mondiale.

Una cosa è certa, il sistema del mondo “democratico” ha già mostrato diverse falle, che si sono concretizzate in conflitti lontani, ma che poi sono diventati sempre più vicini. Fino a toccarci davvero troppo da vicino.

E ora abbiamo tutti un po’ più paura.

Il sistema costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale è in crisi.
Il futuro è sempre più a rischio.

Ma torniamo alle domande principali:
È giusto che ognuno possa esprimere il proprio pensiero?
Sì, certo.

È giusto anche quando questo può provocare disordini mondiali e attacchi violenti a una sede di governo?

Sì, in fondo è giusto.
Perché la responsabilità di creare i disordini è anche nostra.

La capacità di comprendere è anche nostra.

Nessuno di noi ha bisogno di leader che urla qualcosa da un palco.

Noi abbiamo bisogno di comprendere.

Quindi, sì, che Trump parli, che chiunque parli.

Noi saremo comunque qui a scrivere, leggere e a contestare, se servirà.

Perché la democrazia è anche questo.

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Il diritto alla vita, degli altri.

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Il diritto alla vita. Degli altri.
È il paradosso di chi vorrebbe vietare l’aborto, impedire il fine vita e tutta un’altra serie di limitazioni alla vita. Degli altri, appunto.
Gli Stati Uniti corrono più in fretta, alcuni degli Stati, almeno, e intercettano i dati delle applicazioni per la gestione del ciclo, messaggi privati sui social in cui si parla di aborto. Un mondo inquietante e oppressivo. Che impone di regolamentare la vita sessuale e le scelte personali, in nome di un estremo attaccato alla vita. Anche quella che nemmeno esiste ancora. Una platea di estremisti vorrebbe importare questo tipo di controllo anche nel nostro paese. Alcuni già lo fanno, imponendo con la propria obiezione di coscienza la non effettuazione delle interruzioni di gravidanza.
Quando la politica vuole mettere le mani sulla vita. Degli altri.

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Cosa intendete per famiglia?

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Famiglia. Famiglia.
Ok, ma cosa intendete per famiglia?
Come sempre siamo in campagna elettorale e come sempre vengono somministrate tonnellate di luoghi comuni, di cui la maggior parte di noi non ricorda nemmeno la genesi.
E allora partiamo da qui.
Storicamente il concetto di famiglia ci viene propinato come mamma, papà e tanti figli. E fin qui spiegata la sintesi generale e populista utilizzata dalla maggior parte dei candidati.
Solo che in questi secoli la dinamica della “famiglia” è cambiata. O meglio si è integrata con tutti i dogmi vietati per secoli dalla Chiesa. Ebbene sì, da una filosofia religiosa millenaria, che a sua volta ha subito mutazioni per stare dietro alla fuga dei fedeli, i quali non credono più alle cieche minacce demoniache.
Quindi oggi il concetto di famiglia è ampliabile a diverse realtà. Uomo single con figli. Donna single con figli. Uomo, uomo. Donna, donna. E via discorrendo.
Per cui è facile generalizzare che il concetto storico di famiglia prevedeva un uomo che va a cacciare (lavorare  nei tempi relativamente più recenti) e la donna annullava se stessa per acudire anche decine di figli. E parliamo di figli, allora.
Si parla spesso di denatalitá. Mai delle cause.
Una è derivata da un fattore determinante. Le donne lavorano, per cui non è più riproponibile il modello storico di cui sopra. È impossibile prendersi cura di decine di bambini, lavorando. I servizi di sostegno sono scarsi o, peggio, fruibili solo per fasce di reddito alte. Ma c’è un altro fattore importante. Nella nostra società nessuno vuole rinunciare ai propri interessi per annullarsi per crescere più figli.
Un altro fattore ancora.
Storicamente i figli venivano messi al mondo per un motivo. Creare forza lavoro. Oggi lo stesso fattore non è cambiato, perché in prospettiva mancheranno lavoratori per pagare le prossime pensioni. Risulta evidente che coniugare le due cose sia a oggi impensabile.
A colmare la lacuna può esserci l’immigrazione.
E torniamo alla campagna elettorale di cui sopra, la stessa morale che porta a idolatrare la famiglia storica, vorrebbe bloccare con tutti i mezzi l’immigrazione.
Al netto che esiste immigrazione regolare e clandestina e su cui occorrerebbe fare un discorso a parte, questo tema genera contrapposizioni che vanno a fondersi, anche in questo caso, con una storia recente che ha fatto del razzismo, una bandiera. La stessa morale che non riconoscerebbe nemmeno una famiglia formata da soggetti con etnia diversa.
Torniamo quindi al questito iniziale: cosa intendete per famiglia?

Devi scavare più a fondo

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Devi scavare più a fondo, se vuoi tornare a scrivere.
Le parole le hai.
Lo sai che sono nascoste da qualche parte.
Ma se non ci credi tu, non ci crederà nessun altro.
Prova con la musica, c’è sempre quella nota, amara, a volte, che fa scattare qualcosa. Che apre quella porta, che conduce alle parole.
Ma puoi anche scegliere di lasciarle dove sono, di difenderle da tutto e da tutti. Non ci sarà nulla di male, perché sarà come difendere te stesso.
Ma se vuoi tornare a scrivere, dovrai rischiare.
Dovrai sfidare gli sguardi di chi ti dirà di lasciar perdere.
E, talvolta, potresti trovarti a essere d’accordo con loro.
Intanto, tu scava.
Cercale.
Guardale.
Se anche se solo una di quelle parole entrerà in assonanza con quella nota, tu non potrai più farci niente.
Avrai le mani sporche di terra, gli occhi lucidi.
E avrai una sola certezza.
Saprai che tutto sarà ricominciato da capo.

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Il dovere di comprendere

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La guerra in Ucraina è una sovrapposizione degli effetti di tantissimi temi, intrecci internazionali, interessi economici, politici, storici e culturali. L’ottica della polarizzazione porta all’estrema semplificazione dei problemi, portanto una tesi contro un’altra, mentre la complessità della situazione è tale da riguardare forse centinaia di tesi contemporaneamente.
Per questo penso sia impossibile affrontare una questione simile come una banale discussione da bar.
Penso sia impensabile una semplificazione, anche perché non possediamo sufficienti informazioni e competenze per comprendere un sistema di pesi e contrappesi, in cui l’equilibrio è determinante per il futuro stesso di tutti i mondi che sono coinvolti.
Ognuno ha diritti alla sua opinione, ma penso sia necessaria l’onestà intellettuale di accettare che non tutto possa essere compreso e discusso come se fosse una partita di calcio.
Sarebbe utile discutere per capire quello che sta accadendo. Per porsi domande, per cercare risposte.
Per approfondire ciò che non sappiamo.
Questa è una fase storica delicata.
Ed è un compito di tutti noi quello di provare comprendere e allontanarci una volta tanto dalle nostre stesse convinzioni.

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Schemi ricorrenti

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C’è tanta comunicazione nel nostro mondo.

Eppure, la comunicazione stessa è spesso vuota.

Pensate alla maggior parte degli influencer.

Aprono un canale.Costruiscono una “community” (un pubblico) proponendo qualche contenuto (un contributo che dovrebbe avere una qualche utilità);

Poi, quando il numero di followers (gente che segue quel canale) è congruo, propongono un prodotto. Che sia un libro, un videocorso, una conferenza, sfruttando un classico meccanismo che all’inizio funziona, ma all’ennesimo “ciao” propinato con toni eccessivamente “confidenziali” lo schema viene irrimediabilmente a galla.

Fare comunicazione non è affatto facile.

E dubito possa farlo chiunque.

Il meccanismo del marketing presenta dei tratti “classici” che puntano sulla vulnerabilità di un target (sempre il pubblico di prima).

Ok, ok, non si può dire.

Ma tra i Content Creator (creatori di contenuto) si cela ormai di tutto.

C’è chi vuole leggere per noi e dirci il finale perché siamo troppo pigri.

Chi vuole illustrarci cosa mangiare, bere, fumare.

Come reagire ai problemi della vita.

Alcuni si inerpicano anche nel volerci dire come pensare.

Sfatiamo un mito, non solo comunicare non è facile, ma costruire contenuti è faticoso, sia in termini tecnici, sia di tempo.

Ci vogliono capacità e investimenti.

E come attività che si rispetti, servono introiti per finanziare l’attività stessa.

Ma allora, parliamo di folgorati sulla via di Damasco della divulgazione culturale o di attività commerciali sotto mentite spoglie?

Difficile dirlo.

Complice la deregolamentazione, i Social possono trarne ampi margini sfruttando gli advertising (la pubblicità), così da alimentare una catena che nasce come intrattenimento, ma è altro.I

n un confine sempre più confuso è necessario prestare attenzione a schemi e meccanismi della rete, anche in ottica delle prossime novità, che poi novità non sono, come metaverso ed Nft.

Ma ne parleremo.

Immagine tratta dalla rete.