Recensione romanzo “Il segno dell’untore” di Franco Forte

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576, in una Milano sconvolta dalla peste bubbonica e dalla fame è l’omicidio del commissario della Santa Inquisizione Bernardino da Savona a smuovere gli animi. Un caso difficile per il protagonista, il Notaio Taverna, con l’aiuto dei suoi due fidati collaboratori Tadino e Rinaldo, si districa nella ricerca del colpevole nel bel mezzo di una guerra diplomatica tra Corona di Spagna, Chiesa e Santa Inquisizione. Conflitti e ricatti, pressioni e inganni, in una corsa contro il tempo che non risparmia nessuno. Nicolò Taverna lotta fino all’ultimo per riuscire a risolvere il caso di omicidio e del misterioso furto del Candelabro del Cellini, rischiando la sua stessa vita. La sua ricerca coinvolge anche Isabella, una giovane donna con gli occhi verdi, che riesce ad alleviare il dolore per la perdita della moglie Anita. Il romanzo “Il segno dell’Untore” di Franco Forte riesce a evocare le atmosfere di un thriller in un romanzo storico. Una miscela esplosiva. La trama colpisce e attrae, i personaggi sono originali e affascinanti. Il protagonista Nicolò Taverna è determinato e sicuro di sé, forse creato dall’immaginazione di Franco Forte, forse no, ma la cosa importante è che conquista il lettore rendendo attraente uno dei periodi storici più oscuri, in cui anche i monatti, gli uomini che si occupavano di portare via i cadaveri degli uomini morti di peste, diventano intriganti e misteriosi. La passione si scontra con la morte, in una sfida che conduce a un unico vero vincitore: il lettore.

Non perdete la presentazione de “Il segno dell’untore” il 9 maggio alle ore 18.30 alla Biblioteca Multimediale Archimede di Settimo Torinese. Oltre al romanzo, Franco Forte presenterà la raccolta “365 Storie d’amore” edita da Delos Books.

Recensione “Senza pensieri” dei Gossip Killer

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Il progetto dei Gossip Killer è aggressivo e ruggente. Hip Hop con ottima musicalità e testi taglienti garantiscono bei pezzi come “Uragano”, che ha un ritmo coinvolgente e un ottimo sound. “Me stesso, te stesso” racconta la consapevolezza della voglia di rivalsa, della rabbia, dei sogni, dell’anima e delle difficoltà da superare per arrivare alla vittoria. I temi trattati nell’album “Senza pensieri” sono tanti e diversi, si passa dall’affrontare il mondo delle banche, con la sua ipocrisia, la sua spietata mentalità, alla guerra del commercio, del mercato, paragonando la mentalità italiana che si trasforma giorno dopo giorno nel meccanismo cinese, in cui l’uomo svanisce per diventare quasi un piccolo ingranaggio di un sistema che non si può e non si vuole cambiare. In questo disco si parla di introspezione e sofferenza, di ricerca della libertà, che si nasconde tra rime e determinazione, come in “Schiaffi in faccia” in cui si raccontano le difficoltà nella vita, la consapevolezza di dover reagire. Uno dei temi più complessi che questo disco affronta è il rapporto con i Social Network, l’apatia e l’ipocrisia di rapporti che altro non sono se non finzione. La condivisione del niente, il finto contatto. Il racconto amaro di una società che si è persa tra i cavi dell’etere. Si parla anche di religione in questo disco e lo si fa nel modo più sprezzante e duro. Un quadro che descrive il meccanismo di ragionamento del Vaticano, modificando la storia e spesso imponendola. Le parole sono taglienti, forse scorrette, ma che non nascondono delle verità. I Gossip Killer attaccano la politica e raccontano le difficoltà della vita, la ricerca di una via d’uscita che per loro è la musica. Non si vergognano di parlare di sentimenti ed emozioni, con lo sprezzante cinismo che solo il rap riesce a evocare. Contestano il meccanismo dell’immagine, delle emozioni vendute a basso costo ai magazine. Si percepisce amarezza tra le loro rime, ma anche una grande forza e determinazione. Le basi sono dinamiche e aggressive, i versi sono trasparenti e spesso furenti, e raccontano il mondo in tutte le sue sfaccettature. Molta importanza viene data agli aspetti sociali e umani, mettendo a fuoco l’istinto, la rabbia e la passione per creare una musica pronta a colpire e a evocare lo spirito di rivalsa.

Recensione “Atmosfere” di Spillo

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L’album “Atmosfere” di Spillo è un disco energico e ricco di spunti interessanti. Ci sono pezzi più sentimentali e altri più aspri e duri. Il primo brano “Ancora una volta” possiede un bel beat e rime fluide. Un degno intro che prepara l’ascoltatore ad apprezzare i pezzi successivi.  “Non voltarti” racconta una storia d’amore e le emozioni amare di un addio, forse la rassegnazione, di certo un nuovo inizio. “Tic Tac” è arricchito dal featuring di Daniel Mendoza. Il testo aspro, sociale, racconta l’Italia e le sue contraddizioni tra politica e religione. “Ciò che non sarò” parla di pensieri e nostalgia, di una favola grigia, tra fumo e incanto. “Resta sveglio” contiene suoni che la strada racconta, i sogni che si celano tra le rime, respirando musica. “Più su” è evoluzione in rima, una volontà che diventa passione, una ricerca che diventa canzone. “Dirti addio” è ritmo con parole amare, il racconto dettato dalla nostalgia, da una malinconia che è ricordo, pensieri che non si possono dimenticare. Ma si deve. “Departure” è sfogo, voglia rivincita. Di arrivare. Di continuare a sognare. “Cibo per l’anima” parla della sfide, della necessità di arrivare. Di rabbia. “Non c’è più” è un pezzo, un blocco con appunti di viaggio di una città, in cui nascere e rinascere: Palermo. “Possibilità” è un flusso di pensieri e coscienza, di parole e sentimenti. Rivalsa, riscatto. Parole oltre le scritte sui muri. “Play” regala parole che si incastrano, che raccontano, che istigano a sognare. Ancora. “Atmosfere” è un pezzo ipnotico, un arrivederci, che chiude un disco amaro e duro, ma anche ricco di sentimenti ed emozioni. Il disco di Spillo contiene ottime basi con un suono molto curato, parole studiate e arrangiamenti molto convincenti. Si percepiscono sentimenti di rivalsa. Attendiamo Spillo con nuove canzoni, siamo certi che possa raggiungere livelli ancora più alti, magari approcciandosi a temi più complessi e difficili che certamente vivere nella città di Palermo può consigliare.

Recensione “Come se fossi dio” di Leon

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Leon propone un suono moderno, ma con basi melodiche, legate alla storia della musica, con contaminazioni che vanno dal rock, al pop, sino a esplorare musicalità elettroniche e internazionali. Il primo pezzo “Come se fossi dio” è ipnotico e possiede un ottimo sound con un testo coinvolgente e attraente. “Bellissima” è una bella ballata, con bei suoni e parole intense, perse in un’atmosfera incantata. “Canto notturno” è un racconto tra rime e un suono quasi cupo, ma sognante. Che parla dei luoghi oscuri della notte, dei pensieri celati in spazi senza confini. “Encore” è un brano intenso, reso ancora più affascinante dal testo in francese, con un sound internazionale. “Immagini” è una ballata che racconta sentimenti intensi e profondi, tra suoni e poesie. “Profughi” ha un suono che ammalia, che coinvolge sin dalla prima nota, un testo criptico, ma che non nasconde troppo rabbia e la voglia di fuggire. “Ego te absolvo” è una canzone particolare, che affronta un argomento difficile e spigoloso. Tra religione e anima, tra peccato e perdono, tra opere infami e omissioni. Un pezzo da ascoltare più volte. “Giorni di pioggia” regala un rock elettronico, passionale e intenso. Puro. Testo e voce che portano in luoghi sconosciuti. “Nel gin”: qualcosa non va, recita il testo. C’è dell’amarezza che la pioggia consola, che l’alcol ascolta, in una notte come tante, ma, a suo modo, diversa. “Wickerd game” è un brano in francese, con melodia e atmosfera tra rock melodico e pop passionale, una miscela che si fa ascoltare. Il disco “Come se fossi dio” di Leon è ben suonato, ricco di spunti interessanti e di un sound curato e dinamico. I testi sono spesso graffianti, altre volte più intimi, certamente profondi e passionali. Un disco che sa farsi ascoltare. Proposta interessante.

Intervista a Carlo A. Martigli, autore de “L’Eretico”

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Abbiamo recensito il romanzo L’Eretico e posto alcune domande all’autore Carlo A. Martigli.

Ecco l’interchattazione:

Nel tuo ultimo libro tratti un tema complesso, quanto ti è costato in termini di impegno e come hai gestito la fase di reperimento delle informazioni?

In tutti i miei romanzi, L’Eretico compreso, il lavoro di preparazione è lungo e procede insieme alla stesura del romanzo. Più o meno su dieci ore di lavoro almeno otto le impiego per ricerche, che significano anche viaggi nei luoghi che racconto e biblioteche universitarie alla ricerca delle fonti. Ma la ricerca più lunga è quella che faccio al mio interno, per scoprire le emozioni, i sentimenti e le passioni che cerco poi di trasferire nella storia che racconto.

Affronti con molto impeto il tema per rapporto con le tre religioni, e con Gesù. Tu che rapporto hai con lui?

Io sono un fan di Gesù e L’Eretico è come se fosse dedicato a lui. Come uomo, per le cose che ha detto, per quella carica rivoluzionaria che lo ha visto contrapporsi alla vecchia legge dei suoi padri, per l’esempio continuo e assolutamente attuale del suo vangelo, con la “v” minuscola, cioè il suo annuncio. Lui è stato un vero “eretico” ovvero uno che ha scelto di combattere la sua battaglia. Fu lui a esempio che disse per primo che è la legge che deve adeguarsi agli uomini e non viceversa, in pratica dando alla giustizia il predominio sulla legge. Più rivoluzionario di così…

Molti romanzieri ipotizzano spesso una continuità dell’Ordine dei Templari o similari, vedi qualcosa di simile in ordini come quello di Malta o negli ordini cavallereschi a cui fa capo la Regina di Inghilterra?

Sono tutte balle. Gli ordini cavallereschi sono espressione del loro tempo, come oggi possono essere, nel bene e nel male organizzazioni come il Rotary o il Lyons. Erano ordini per lo più militari, di monaci guerrieri, come appunto i Templari o i Cavalieri Teutonici, che ogni tanto qualche cialtrone vuole ripristinare. L’unica associazione che, quanto meno nei principi, può ricordare i valori etici degli antichi ordini è la Massoneria, erede spirituale e storica del templarismo. Non certo quella degli affari o della P2, ovviamente, ma quella speculativa.

Ferruccio de Mola, uno dei protagonisti più importanti della storia de “L’Eretico” è una figura enigmatica. Come hai costruito questo personaggio, e quanto c’è, se c’è, di te?

Ferruccio de Mola, come figura storica, è un mio antenato, Ferruccio de’ M’Artigli, un capitano di ventura che combatté al fianco di Robert Stuart d’Aubigny a cavallo tra il XV° e il XVI° secolo. Nel romanzo L’Eretico è un tipico uomo del Rinascimento, diviso tra il pensiero e l’azione, tra l’onore e l’amore, con tutte le debolezze e le virtù dell’animo umano. C’è molto in lui, di me, e anche delle mie idee. E’ come se mi fossi trasportato in quel tempo e mi fossi chiesto come mi sarei comportato.

L’amore svolge un ruolo importante nella storia, è una trasfigurazione dell’amore per la cultura, oppure hai volontariamente evidenziato questo aspetto come rapporto tra uomini, uomo o donna che siano?

L’amore è fondamentale, è il motore della vita, senza di esso la vita stessa non avrebbe senso. E’ l’archetipo da cui discende tutto. Per questo, nonostante l’azione e la storia, in tutti i miei romanzi svolge un ruolo da protagonista. E come dici giustamente non solo nel rapporto tra donna e uomo, ma tra tutti gli esseri umani. Ne L’Eretico, la stessa storia di Gesù, quella mai raccontata in nessun romanzo al mondo, quella degli anni che vanno dai dodici ai trenta, non è altro che un racconto d’amore.

Quanto c’è di vero nella storia che hai raccontato? Mi riferisco al documento principale su cui la storia di base.

Come accennavo prima, non esistono prove certe di quanto ho raccontato nel romanzo, ma vi sono pesanti indizi, e non soltanto storici, che rendono la mia storia molto più verosimile di quel poco, quasi niente, che ci hanno raccontato fino a ora. E che rendono la figura di Gesù e il suo annuncio molto più logico e attuale. Inoltre c’è un fatto straordinario, quasi incredibile, ma che posso dimostrare vero. Possiedo tre pietre, comprate cento anni fa da mio nonno materno nella zona della Palestina, e delle quali ho scoperto l’origine dopo aver terminato L’Eretico. Esaminate da un esperto internazionale e portate in foto per conferma della traduzione nella valle di Ladakh, nell’India settentrionale, da dove parte la mia storia. Sono state scritte in antico pali, in un periodo tra il 1200 e il 1600 e riportano il mantra del Buddah compassionevole, Om Mani Padme Um, spesso riferito al profeta Gesù. Che cosa ci facevano in Palestina più di cento anni fa? Chi le ha portate? Forse il monaco Ada Ta? E’ davvero una strana coincidenza.

Se un giorno venisse scoperto che le tre religioni si fondano sugli stessi principi, secondo te gli uomini riuscirebbero a trovare una forma di pace priva di rivendicazioni?

Che le tre religioni monoteistiche si fondino sugli stessi principi è un dato di fatto, storico e religioso. Il fatto è che gli uomini vogliono manipolare a loro uso e consumo e per i loro scopi le presunte differenze. E non solo oggi, ma da secoli. In nome di Dio, ciascuno del proprio, si sono commesse e si commettono ancora le peggiori atrocità. Andare verso l’unificazione toglierebbe da un mano il potere alle gerarchie ecclesiastiche dall’altro eliminerebbe la scusa di uccidere nel nome di Dio. Porterebbe una speranza di pace, il che sarebbe devastante per un mondo dominato dalle lobby delle armi e della finanza e dei loro intrecci.

Dopo aver letto e scritto dei rapporti tra Papato e Impero, tra Medici e Borgia, come leggi i fatti di attualità legati alle dimissioni di Papa Benedetto XVI?

Una mia amica scrittrice, Sabrina Minetti, mi ha detto, scherzando ovviamente, che è stata la lettura de L’Eretico a convincere Ratzinger a rinunciare alla tiara. Scoprire il passato, indagare su di esso, serve proprio a comprendere meglio il presente. Per cui, la rinuncia di Ratzinger, fatte le differenze superficiali con le lotte di potere che avvenivano all’interno della Chiesa dei Borgia e dei Medici, non sono che l’espressione di altre battaglie. Questo lo ha detto il papa stesso, non io.

In una precedente intervista ci hai raccontato della possibilità che questa storia potesse diventare un film, ci sono delle novità? Ci sono nuovi progetti in cantiere?

Sì, c’è un qualche interesse oltre oceano, qui in Italia il cinema è morto, si fanno per lo più commedie idiote per un pubblico idiota. Dicono che manchino i soldi, ma mancano soprattutto le idee e la cultura. I miei libri sono a Hollywood, in questo periodo, in lettura e questo mi fa molto piacere. Ma, come dicevo, tra l’apprezzamento e la realizzazione, c’è di mezzo il mare, anzi l’oceano. La differenza tra qui e gli Usa e che nei paesi anglosassoni il gusto della lettura intelligente e divertente è molto superiore al nostro. Leggere rende liberi, noi leggiamo poco, ed è per questo che ci meritiamo anche i risultati di queste elezioni, che sembra il caos che precede ogni disastro e ogni dittatura.

Ringraziamo Carlo A. Martigli per la gentile collaborazione.

Recensione “The Quite Riot” degli Ordem

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L’album “The Quite Riot” degli Ordem accompagna l’ascoltatore verso sonorità d’altri tempi sin dalla prima canzone “No Life”, al rock melodico con retrogusto malinconico portato al successo da gruppi storici come Gun’s Roses e U2. Proseguendo nell’ascolto c’è “The scent of lights”, una ballata ricca di melodia, rock semplice e puro, senza troppi fronzoli. Il brano “The quite riot” è veloce, con bellissimi virtuosismi di chitarra elettrica, costruiti sulla base melodica ben studiata. “Essential” sembra essere l’aggettivo perfetto del rock degli Ordem: essenziale. Musica che si fa ascoltare e che affascina. L’intro di “Instant’s mind” ricorda il suono dei Dream Theatre, anche nel suo quasi malinconico incedere, in cui la voce rompe il giro di accordi e ha inizio una canzone ricca di atmosfera. “Surrenders to rise” accompagna come durante un viaggio in auto, lungo strade perse in aperta campagna, mentre lontano si intravede un sapore nuovo, dimenticato. “Brand new song” è un brano che si immerge in un’atmosfera energica, con un ritmo che trascina, mentre “Shine on”, sembra rallentare il corso dell’intero album, come volesse far riflettere. Il tempo è più lento, la voce più soffice. Riflessiva. “Everything” riporta con un rif ben studiato a un pezzo grintoso e graffiante. “Mayf” e “Edges” rappresentano un rock, forse più classico, ma sempre accattivante, come d’altro canto tutti i pezzi del disco. “Us” si apre con un rif intimo, suadente ed è così che nasce una canzone quasi sussurrata, che raccoglie sentimenti, emozioni e un profumo che non smette mai un attimo di essere rock. L’album si chiude con “Waterlily”, che mantiene lo stile affascinante degli Ordem, richiami anche in questo caso al rock melodico e passionale che sembrava svanito, ma che questo gruppo ripresenta e lo fa molto bene, riuscendo a mantenere un cuore rock che pulsa, su melodie e sonorità moderne e rivisitate. Un salto nel tempo, e un ritorno alla realtà, malinconia ed energia, rabbia e passione, i punti cardine della musica. Del perdersi e, alla fine del viaggio, ritrovarsi, magari sorridendo di fronte a un tramonto, alla fine di una lunga giornata, di musica.

Recensione “L’eretico” di Carlo A. Martigli

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Pico della Mirandola è morto prima di portare a termine la missione di unificare le tre grandi religioni. Mentre Firenze è scossa dalla peste e dai sermoni duri di Savonarola, a Roma la famiglia Borgia cerca, tra lussi e perversioni, di consolidare il potere del papato, accettando l’alleanza con gli odiati Medici, a loro volta pronti a tornare a capo di Firenze. Nel mezzo di questa guerra c’è un uomo che ha ereditato la missione di Pico della Mirandola, è Ferruccio de Mola, che con compagna Leonora, lotterà per difendere un segreto, una donna e un libro misterioso, che contiene una storia capace di cambiare il destino della chiesa di Roma e di tutto il mondo. Una storia intrigante, misteriosa, che ha origini lontane e che l’anziano monaco Ada Ta e la sua discepola Gua Li sveleranno a Ferruccio. L’eretico è un romanzo che va oltre il thriller, documentato dal punto di vista storico e curato da quello narrativo. Una storia ricca di spunti e riflessioni che trascina il lettore attraverso intrighi papali, inganni e inseguimenti. Riesce a raccontare uno dei segreti e dei misteri storici più importanti, svelando un enigma e allo stesso tempo parlando all’anima e al cuore. La tecnica e la potenza della documentazione rendono questo libro un’opera importante e una scoperta narrativa. Degno seguito di “999 – L’ultimo custode”, “L’eretico” estende e approfondisce l’idea dell’unificazione delle tre grandi religioni. Carlo A. Martigli è un autore intenso e raffinato, che racconta le passioni, i tradimenti e le perversioni dei Borgia e dei Medici e l’amore incantato di Ferruccio e Leonora e ci permette di fare luce su molti aspetti poco conosciuti della storia. Insegna e intrattiene in un vortice che conduce alla scoperta di uno dei segreti più importanti dell’uomo. Un romanzo da non perdere.

Recensione “Kapytalysty Vyrtualy” di RosyByndy

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Il tema profondo su basi trip pop è senza dubbio qualcosa di originale. Sin dal primo pezzo vengono affrontati argomenti complessi. In “Chiudete bene la porta” si racconta dell’equilibrio tra le tre grandi religioni e l’ipocrisia umana. “Due sentieri” è una ballata in cui spicca il duetto con Tiziana Rivale, in un viaggio interiore e intimo. “Dogma” si muove su una base elettronica ipnotica a evidenziare le debolezze dell’uomo e le sue fragilità senza cura possibile. “Io sono la vittima” è un pezzo la cui atmosfera attrae e invade in una forma rude quanto ancestrale. “Chinacrack” è una ritmica evoluzione con uno stile particolare, tra funk ed elettro-pop. Il testo è misterioso ed ermetico. “Parole che sfuggono alla voce” unisce parole criptate su melodia lenta e inesorabile, mistica. “Non votare per me” è un’esortazione, è un’idea, un vortice di pensieri che si inabissano. “Giù dal cielo” è come una messa lanciata nell’aria, un’evocazione di un male oscuro, che uccide, che logora le anime. E’ Guerra. “Il ventre dell’anima” è un brano mistico, un sorso d’anima e incanto metafisico. “Nabouf” porta avanti l’idea principale del disco, in un quadro immerso in atmosfere misteriose e sussurrate, come un loop che si allontana per tornare, ossessivamente. “Non mi svegliate più” colpisce per il ritornello orecchiabile e intenso, come un grido antico che si erge sulle musiche elettroniche e moderne. “Mengele’s nightmare” ha un ritmo ossessivo e incalzante, suoni lontani riecheggiano tra urla infernali. Un incubo nel suono e nell’anima. “Vorrei parlarti di me” è un verso poetico, recitato con ritmo struggente. “Writing Cleopatra” è il pezzo strumentale che chiude il disco. L’album “Kapytalysty vyrtualy” è particolare, con sonorità elettroniche e ipnotiche, i testi sono mistici ed ermetici. La miscela di queste caratteristiche genera un sound ossessivo e martellante, che riempie l’aria di suoni e parole, che taglia a metà la calma e riesce a far riflettere su temi complessi. Non si può dire sia un disco commerciale, anzi, è di nicchia e di difficile comprensione, ma ha proprio in questo la sua particolarità. Atmosfere e temi che ricordano le opere di Battiato, suoni che riportano a melodia moderne, dal trip pop al drum’n’bass. Originale.

Recensione “Cerco Ossigeno” di Willie DBZ

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Willie DBZ mastica il rap da una vita. E si sente. Il sound proposto da questo artista ha radici antiche. Lo si capisce sin dallo stile raffinato dell’intro del disco che ci accompagna al primo pezzo “Cerco Ossigeno”. Lo stile hip hop sembra richiamare l’anima che ha generato il suono dei primi OTR e Sottotono. I testi hanno una forte matrice sociale su melodie orecchiabili e beat ben costruiti. “Siamo messi male” è una canzone che fa il punto sul mondo della televisione e sui relativi contenuti scialbi quanto finti. ”Cloni” è un amaro attacco a un sistema robotizzato, costruito per controllare l’uomo, la cui natura è quella di vendersi, di sporcarsi per restare a galla. Il brano “Abbassa la cresta” è ricco di tecnicismi e istinto. Sapore antico di  denuncia sociale miscelata alla voglia di emergere. Interessanti i pezzi strumentali “Relax dopo la Jam”, “Attimo di lucidità” e “Pronti per un nuovo inizio”. “Amarcord” parla di storie di vita nella musica Hip Hop. Uno sfogo amaro e duro allo stesso tempo, da cui però trasuda la voglia continuare a lottare. L’album prosegue conservando il sound che è rimasto nell’anima di chi ha amato l’esordio dell’Hip Hop in italiano. “Limiti” racconta delle leggi  e del loro contrario, della trasgressione necessaria per ribellarsi. La ricerca della vera anima, nella musica, nella vita. Nel contrasto. “Indecisi della domenica” è uno scontro con la morale comune, con l’indecisione e con il quieto vivere. La scelta sembra essere l’unico modo per eludere questa assurda forma di auto-sorveglianza. “Punto di massimo” racchiude la rabbia e l’inevitabile reazione. Dura presa di posizione sul come affrontare la vita. E’ Lotta. “14 anni dopo – Toscana Bomberz” è una raffica featuring che si intrecciano. Rapper toscani con i loro versi che si scagliano sul beat. “Trentasette” è l’immagine di una storia tra Hip Hop, rabbia e vita. Una sfida raccontata a suon di versi. L’Hip Hop di Willie DBZ è raffinato e sanguigno allo stesso tempo, è storia e innovazione. L’anima si sente. Scorre sangue Hip Hop nelle vene. C’è rabbia che resiste a tutto, alla crisi, alla rassegnazione. Alla storia. In questo disco ci sono tutti gli ingredienti necessari che chi ama l’Hip Hop vuole sentire. E’ storia del Rap e della sua nuova origine.