Recensione album “All you can eat” dei Rimozione Koatta

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La musica ha tante sfumature, dimensioni e punti di vista. In questo viaggio entreremo nel mondo Ska e lo faremo parlando del disco “All you can eat” dei Rimozione Koatta. L’album inizia con il brano “Radio libera”, un inno alla libertà di programmazione delle radio, e alla musica senza più confini né limiti. Questa canzone racconta la voglia di libertà di trasmettere emozioni e sogni di libertà reale. “Italian Ska” è un pezzo dal un suono esplosivo e una melodia che trascina. Un testo con forte vocazione sociale, ricco di spunti interessanti. Un punto di vista duro, ma necessario. “Guardi e ladri” è coinvolgente, scandita da parole amare, nel gioco di fuggire e rincorrere, del crescere e capire. Richiami a fatti di cronaca, alle proteste dei manifestanti e alle cariche delle forze dell’ordine. “Old Rudeboy” è un brano che tratta un tema più semplice, con un ritmo ballato che strizza l’occhio al rock. “Fine settimana” e “La scossa” hanno suoni che impattano, con ritornelli che entrano nella testa e fanno venire voglia di ballare. “La mia stella” è una canzone, una città, una passione. “La tua identità” è un urlo contro chi dimentica se stesso per somigliare ad artisti già noti. Una musica a specchio che finisce per uccidere l’anima di chi suona. Il brano “More sax” corre sui fili delle note con un’evoluzione di suoni e fiati. “Mi riprendo tutto” racconta la vita di un musicista, l’attesa di vivere il palco. “All you can eat” è un bel disco, pieno di energia, di determinazione e contenuti sociali importanti, doti importanti molto importanti per trasmettere messaggi forti agli ascoltatori.

Recensione “Troppo rumore” di Steby

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L’album “Troppo rumore” di Steby è orecchiabile e ricco di contaminazioni musicali molto curate, miscelate con una componente pop molto forte. Il brano “Sabato sera qui” possiede un’anima rock e un suono pop, regalando una miscela avvolgente e molto orecchiabile. “Briciole di noi” è una canzone melodica, in equilibrio tra pop e funk, arricchita dalla voce intensa di Steby. In “Troppo rumore” i sentimenti cercano il loro completamento, tra amarezza e durezza, su una musicalità intrigante. “Due soldi di te” è una ballata dolce ed elegante, dove i brividi e le note si cercano, come amanti. “Quello che non ho” ha un’anima soul persa in una ballata che parla di poesia e d’amore. “Anche la luna” è un brano che parte lento, con contaminazioni jazz, e viaggia tra passione e sogni, in modalità introspezione. Una bella canzone d’amore. “Inequivocabilmente” è ricca di giochi di parole, specchi d’amore, e poi di ritmo e di una dura presa di posizione. Un ritornello che colpisce. “Per amarti” è una canzone dove i sentimenti sono lame, con un sound pop, ritmico ed esplosivo. “Aria di te” è una ballata avvolgente, soul, che sembra fluttuare sui pensieri, con un ritornello che incanta. “Se fosse amore” è un brano leggero e orecchiabile, mentre in “Re dei girasoli” sembra di vedere il sole che si affaccia, con suono caldo, con la voce che cambia di tono, come il cambiare di stagione. Con semplicità e naturalezza. Con “Mille bolle” il disco chiude come si è aperto, con venature rock immerse in una intelaiatura pop e orecchiabile.

“Troppo rumore” è un disco che sa farsi ascoltare, grazie alla  voce suadente, dolce e melodiosa di Steby, si percepisce una grande cultura musicale, messa al servizio di canzoni sia da fischiettare, che da urlare. Un disco da scoprire.

Recensione “Five” di Anonimo Italiano

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Il nuovo disco di Anonimo Italiano si chiama “Five” ed è, appunto, il quinto disco di questo cantautore che ha raggiunto il successo con il singolo “Anche questa è vita”, uscito nel 1995 e che raggiunto la testa delle classifiche di vendita. L’esordio fu un caso mediatico importante, legato alla maschera che l’artista indossava e alla sua voce, che a molti ricordò quella di Claudio Baglioni. Si sono susseguiti diversi album, e le canzoni d’amore di Anonimo Italiano hanno conquistato un pubblico affezionato e fedele. Questo nuovo disco sembra ripercorrere la storia e guardare oltre l’orizzonte. Il primo brano è “Oggi è lunedì” racconta di un amore finito, delle scorie che ha lasciato dentro, ma anche della voglia di rinascere, di superare il senso d’amarezza e di vuoto. Una nuova luce, che emerge dalle note di una bella canzone. In “L’odio diventa amore” ci sono sentimenti contrastanti, sogni specchiati in pensieri non celano il retrogusto amaro di un addio. Sogni naufraghi, stelle che si perdono. “Per te farei di tutto” è un pezzo lento e crudo, come cercare una donna persa e smarrirsi nei labirinti dei ricordi. Cancellare quel senso di vuoto, provarci, almeno. Una rappresentazione teatrale di un amore negato. “Tu mira al cuore” è un colpo secco, un dolore improvviso. Necessario. Imprevedibile. E’ un sogno lasciato a metà, tra alibi e realtà. Nella canzone “Non aprire quella porta” si sente l’eco di sguardi in fiamme, che si spengono. Un amore che svanisce, istante dopo istante. Una clessidra che frantuma sogni e illude certezze. E’ la fine. “Dal cuore in bilico” in luoghi misteriosi e dimenticati. Dove i passi solitari, sanno di ricordi. Perdersi, provare a ritrovarsi, nei giorni che si accavallano, lenti e inesorabili. Una melodia attraente e orecchiabile. “E tu lo chiamo amore” è il segno tagliente di un amore impossibile, gli ultimi scampoli di un sogno che si infrange. Come onde distrutte su scogli, come dolci appigli, che saprai che moriranno un attimo dopo. Il male che si cerca di consolare, sapendo che è impossibile farlo. Le ferite resteranno. Il pezzo più struggente dell’album è certamente “L’abito di scena” , come una lama che taglia la pelle, e arriva fino all’anima. E’ un urlo. Uno sfogo, ma anche una richiesta d’aiuto, una denuncia, una risposta. Bella e coinvolgente. Parla del passato, cerca di lasciarlo alle spalle. Ma i ricordi sono sbarre, il pubblico un guardiano. Attento e pronto a non farti sfuggire. E’ un segnale forte, che l’artista racconta con sincerità, in un ritratto e un autoritratto emozionante e graffiante, un pezzo che fa riflettere sulla ferocia del mercato discografico, che calpesta e travolge, quando non si è più utili. “Io vivo” è un soffio di luce, un’immagine che racconta un amore, vero, sincero. La ricerca di un volto, di due pensieri che si fondono per diventare una cosa sola. Il brano “L’aquilone” è un duetto di Anonimo Italiano e Amedeo Minghi in un brano malinconico e struggente, una vena di amarezza, che diventa un volo, una ricerca di un orizzonte nuovo, perso tra le parole di una poesia. L’album “Five” è un bel disco, ricco di poesia e sentimenti, arricchita dalla voce di Roberto Scozzi, che riesce ancora a far vibrare le corde oscure dell’anima.

Recensione “You vs me” dei Kingshouters

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Un suono rock accattivante, brani intensi con un ritmo che coinvolge. Sin dal primo pezzo, “Friend”, si rimane attratti dal sound delle chitarre elettriche, un impatto quasi psichedelico. “Jane” è un’esplosione di energia, di musica che riempie l’aria. “Dance” è ritmo, suono, vibrazioni. Un vortice di passione che si espande tra note e sensazioni forti. “All i know about you” splende con un muro di suono che lascia senza fiato, melodie avvolgenti come sogni. Il brano “Not Tomorrow” è inquieto, nervoso, lascia trasparire spazi di riemersione dalle paure, oltre l’anima. “Levels” è un pezzo che racchiude un’anima rock a un suono orecchiabile che entra dentro, e si fa ascoltare senza sosta. Ottimo sound radiofonico. “You vs me” è una canzone che appare più lenta delle altre, forse per evidenziare il tono che sembra più intenso, ma come gli altri pezzi è ritmo puro ed energia. “Sometimes i can’t sleep” è intensa, quasi mistica, un sound evocativo di atmosfere lontane e intoccabili. “The last Emperor’s day” è il brano che chiude l’album, e come le altre canzoni non tradisce le aspettative. Un fluido di note colorate e ottimamente progettate per farsi ascoltare. Un suono che esplode nelle orecchie, sino in fondo all’anima. L’album “You vs me” è un disco che racchiude ottimi arrangiamenti, musica coinvolgente, pezzi orecchiabili, ma allo stesso tempo intensi e ricchi di spunti interessanti. Un disco da ascoltare e riascoltare per farsi coinvolgere in un viaggio interiore, in sogni che diventano musica, e viceversa.

Recensione “Schiavo dei sogni” di Dydo

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Il disco “Schiavo di sogni” di Dydo è ricco di sentimenti sinceri e concetti semplici e diretti. Una musica adatta a un pubblico adolescente. Il brano “Sul ciglio del precipizio” scivola tra hip hop e sentimenti, con parole che raccontano un amore. Pop orecchiabile e diretto. “Buon compleanno” ha come tema l’odio come specchio di un amore, il male che si concede a sentimenti contrastanti. “Lo confesso a te” mostra parole dedicate a un padre, contrasti e sogni mancati. Rabbia celata dietro a sentimenti dimenticati. Orecchiabile e amara. “Un sogno più grande” parla di sogni, di sacrifici per raggiungerli. La forza e la volontà da trovare per lottare ancora. “Black Coffee and solitude” si muove tra note sognanti e un’atmosfera che richiama solitudine e amarezza, parole che si rincorrono per cercare un senso alle cose. “Lettera al papa” è uno dei pezzi più duri, parla di religione, un tema difficile. Il vaticano e le sue ipocrisie, le domande e le non risposte. Il rapporto della Chiesa con il sesso e con il divorzio, i contrasti. “Darò il meglio di me” racconta la voglia di continuare a lottare, e sfidare il destino. Sogni e desideri tra note e un suono elettronico orecchiabile. “Anche se crolla il mondo” è senso di colpa, autocritica. La musica come difesa, l’anima come accusa. Le parole per cercare un senso dentro, la musica. “Figlio dell’alba” è una canzone delicata dedicata alla mamma. “Paola ora sorride” parla di uno stupro, raccontato con durezza. Senza filtri. Il tentativo di una vittima di rinascere, difficile, forse impossibile fino in fondo. Un vortice. “Tatuarti fino all’anima” è un pezzo dal suono elettronico, immagini sulla pelle, come note impresse su un pentagramma. “Senza chiederti scusa” parla di amarezza tra amore e sentimenti. “Fino ad urlare” esprime una corsa, ritrovare colori e un’anima che fugge. Emozioni. “Come le canzoni” racconta di sentimenti, parole e rime che raccontano l’amore per la musica. Il disco proposto da Dydo ha numerosi spunti positivi, alcuni brani sono diretti e spietati, altri sono più semplici e meno originali, molti sentimenti, spesso ostentati e non affrontati fino in fondo. Il suono è buono, ma spesso cade nel ripetitivo. Un miglior filtro dei brani e puntare su quelli più incisivi potrebbe rendere il risultato meno adolescenziale. Nel complesso il disco è ascoltabile, con una buona melodia e un hip hop che tende più al pop elettronico.

Recensione “Dario Antonetti e la svolta psichedelica il rigore esistenziale”

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Il disco di Dario Antonetti e la svolta psichedelica il rigore esistenziale possiede degli ottimi spunti musicali e molti richiami alla storia della musica e riesce a farsi ascoltare nonostante la cripticità dei testi,  a cui manca incisività. Il brano “Immacolata concezione” ha regala un suono rock melodico, suonato con passione e trasporto, e apre il disco con un’atmosfera epica e trascinante. “Luna di venere” ha un senso enigmatico che si sprigiona dalle note e si espande alla melodia raffinata e avvolgente. Una voce che ripete “non comprendo il senso delle tue parole”, nel girone dannato delle frasi nascoste, tra immagini sfumate e sfuggenti. “Giovanilistici musicisti” è una canzone ipnotica, criptica, nascosta in un testo quasi indecifrabile, unita a un suono che riempie l’aria di sensazioni strane e psichedeliche, un esplosione epiche di suoni che esplodono in un finale bello da ascoltare che lasciare riemergere ricordi sopiti nel tempo. “Pensiero nevrotico” è un pezzo che cela echi musicali con origine negli anni ’70, miscelati a un pop rock ricco di richiami alla storia musicale del genere. Gli intermezzi Ultrapressione risultano lunghi e poco integrati con il resto dei pezzi. “Tu ci caschi sempre” risuona con parole che si ripetono, ossessivamente, su un bel suono. Purtroppo, poco altro. “Tartarughe eccetera” mostra un testo criptico e atmosfere raffinate. Il brano “Il rigore esistenziale” è orecchiabile, ha parole apparentemente  semplici su una semplice melodia. L’atmosfera è accattivante, ma poco incisiva.

In questo disco si sente la voglia di creare qualcosa di originale, partendo da basi certe e conosciute. Si percepisce il tentativo di evoluzione dei brani presentati, ma il risultato ottenuto non è ancora pieno, manca incisività e testi più forti. L’ossessività di alcuni concetti può andar bene ma forse è necessario tararli in modo che lascino dentro qualcosa, altrimenti risultano belle melodie con qualche parola di contorno.  Da riascoltare al prossimo lavoro.

Recensione “I giorni della fionda” di Denis Guerini

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Un sound che nasce dal teatro e si evolve in una forma diversa. Canzoni che racchiudono suoni  e immagini. In “Luisa sente le voci” emerge una voce intensa e un suono incantevole di chitarra, per dar vita a un racconto enigmatico e trasparente che diventa canzone. “Le persiane del centro” inventa un’atmosfera ovattata, con suoni che scivolano tra le ombre, che si ingarbugliano tra i pensieri. “Caffè amaro” è teatrale e sognante, Jazz e melodica, questo pezzo è tratto da uno spettacolo teatro-canzone e si sente, sia dal sound che dall’arrangiamento. “Mi piace questo giorno” è un incedere di divagazioni e immagini di  un giorno qualsiasi, immerso tra le sensazioni passeggere, come di fronte al finestrino di un treno. “Questione di abitudine” è viva, con un’anima jazz e colori accesi che sembra rincorrersi tra le note e i versi, come tratti da un racconto di periferia. “La normalità” raccoglie pensieri che girano intorno al concetto che regala il nome alla canzone e alla necessità di sentirsi necessariamente diversi, non normali, chiedendosi quale sia davvero l’equilibrio giusto per vivere senza essere giudicati, appunto, “normali”. “La donna del viale” è un’istantanea che racconta di un attimo, di una donna, degli sguardi che la scrutano. Parole che cercano il senso dell’immagine, il senso dell’essenza, difficile da raccontare. In questo racconto però si riesce quasi a percepire la presenza di questa donna, e si riesce quasi a sentirne il profumo. “Il timido” è un personaggio in cui molti possono immedesimarsi, ricercare la propria anima. E’ un concetto, astratto in parte, molto reale nella sua essenza. E’ parte di noi. “La vacanza” è una bolla che è anche un luogo, fantastico e reale allo stesso tempo. Tra luogo comune e immaginario, questo pezzo si fa ascoltare col suo ritmo e la passione che traspare dalle sue parole. Nel pezzo “L’ipocondriaco” emerge un nuovo personaggio folkloristico, protagonista e fragile, incantato e impaurito.

In questo disco vengono raccontati numerosi personaggi, che parlano di se stessi, delle loro paure, delle fobie e dei sogni. Uno spettacolo tra musiche jazz e parole, versi e suoni incantati. Nel silenzio di una platea che ascolta, queste canzoni si rincorrono dal primo all’ultimo pezzo. Si sentono, in alcuni casi troppo, i richiami a De Andrè e Gaber.