Autore: Daniele Mosca
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La ricetta segreta per un sogno
Sospetti sul lago a Torre Pellice
Le parole
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Piacere, Amelia
Disarmato
A te, che credi di conoscermi. Per le parole, o i resti di sogni lasciati su un qualche vagone di un treno. Per tutte le volte che mi hai sorpreso a fissare la luna. Avrai pensato che le stessi parlando. Per le note dimenticate, per la voce lasciata un passo dietro le quinte. Per la passione urlata al tavolo di una birreria, ubriaco di disincanto. Per il rimpianto. A te, che credi conoscermi, sappilo. Che io, a quella luna disarmata, parlavo davvero.
Recensione del romanzo “Tre sassi bianchi” di Lisa Genova – Love Anthony
Il romanzo “Love Anthony” e’ appassionante, intenso e carico di emozioni. I personaggi esplodono di una propria identità mettendo in mostra le fragilità, i desideri, i sogni, così da risultare affascinanti e soprattutto veri. Beth è una donna tradita, amareggiata, ma che non ha smesso di amare suo marito Jimmy. Beth cerca di ritrovarsi giorno dopo giorno e torna a scrivere dopo tanto tempo. Un libro il cui protagonista è’ un bambino autistico. Olivia e’ una donna che ha perso qualcosa di importante, non solo se stessa. Non solo il suo dio. Ha perso la sua ragione di vita. Vive sola, tra le spiagge tempestose di Nantucket, persa nella sua solitudine, nella mancanza di Anthony e del suo ormai ex marito David. Love Anthony e’ una viaggio che fa conoscere il piccolo Anthony, il suo mondo, attraverso gli occhi dei personaggi di questo romanzo. Un’atmosfera rarefatta, triste a volte, ma che riemerge nella forza dell’estate, come la rinascita della terra, della speranza. Di un’anima. Lisa Genova scrive una storia complessa e magica. Dura. Forte. Appassionata. Crea l’amore anche nel tradimento. Racconta cos’è l’autismo, come funziona. Sia dal punto di vista di chi ne è vittima, sia dei familiari che devono capire e convivere con questa realtà. Racconta del dramma dei genitori, della guerra con i loro sentimenti contrastanti. E di come l’amore sia l’unica strada. Che è l’unica cosa che non muore mai davvero.
Sveliamo il mondo di Chiara Dello Iacovo e il suo primo album “Appena Sveglia”
“Introverso” è brano il che, dopo l’avventura di “The Voice”, ha svelato al grande pubblico di San Remo la bravura della giovane artista Chiara Dello Iacovo. Ho ascoltato il suo primo album “Appena Sveglia” e ora ve ne parlerò. Il primo brano si chiama “Vento”, un po’ come l’origine della malinconia, la necessità di dover prendere coscienza del tempo che si allontana e, nell’incedere dei ricordi , fare i conti con se stessi. “La mia città” racconta di un luogo, che è poi parte di noi stessi. Un luogo il cui confine è qualcosa che resta dentro, in fondo. Nei giochi d’apparenza, nei sogni di cui non puoi fare a meno. Narrare una storia, la propria, scritta sull’asfalto che racconta, proprio come l’inchiostro. “Donna” è un brano che scava nell’anima di una donna, nei suoi riflessi nascosti, negli istanti rubati. Nel cercarsi, nell’attimo in cui la sera incontra la notte e ci si guarda dentro. “Scatole di sole” è un pezzo introspettivo che racconta l’illusione di capirsi, di cercare una strada nuova che porta a ritrovarsi. E aggrapparsi a se stessi, e all’immagine di sè. “Soldatino” è la metafora della vita, delle delusioni che si presentano nel rincorrersi dei giorni, quando questo vuol dire crescere. Immagini che scandiscono la trasformazione delle speranze che diventano certezza. La vita non è come la immaginavi tu. Comprendere che il gioco è, spesso, truccato. “1° maggio” narra l’amarezza della ribellione, la storia di un sogno. La genesi del diritto, della lotta per ottenerlo. La storia tramandata sui muri di una città che appare spoglia anche quando è più facile tacere. “Genova” è una ballata elegante e intensa, un’istantanea che parla di un mondo intero. Una città che si specchia dai finestrini di un treno. L’attesa del mare. Genova è quel mondo. Genova e le sue ferite. I suoi ricordi. Il tempo che le toglie i colori, la rende sfumata. Genova è sentirsi un po’ lei. Nella sua musica, nelle sue melodie. Nella sua anima calda in cui si può anche affogare. “Il signor buio” è la notte porta pensieri, tesse ragnatele di ricordi e incanti. Nei momenti in cui si perde, e in cui ci si perde. Un sabato sera, in cui però credere ancora. Una melodia accogliente e avvolgente. “La rivolta dei numeri” è la nostalgia, fatta di numeri, di istanti. Anche questo in brano Chiara cerca se stessa e, forse, la trova. “Appena Sveglia” è un album riflessivo, orecchiabile ma profondo, svela un’artista giovane e di talento, che sa giocare con se stessa senza mai perdere di vista le sue radici. Che incanta con un’aria apparentemente stralunata, ma che svela maturità sia artistica che personale. Un personaggio e una persona. Due facce che regalano una sola identità, un po’ come la luna. Un bel disco.
Chiara Dello Iacovo è stata nostra ospite e le abbiamo posto alcune domande, ecco cosa ci ha risposto:
“Introverso” è brano il che, dopo l’avventura di “The Voice”, ha svelato al grande pubblico di San Remo la bravura della giovane artista Chiara Dello Iacovo. Ho ascoltato il suo primo album “Appena Sveglia” e ora ve ne parlerò. Il primo brano si chiama “Vento”, un po’ come l’origine della malinconia, la necessità di dover prendere coscienza del tempo che si allontana e, nell’incedere dei ricordi , fare i conti con se stessi. “La mia città” racconta di un luogo, che è poi parte di noi stessi. Un luogo il cui confine è qualcosa che resta dentro, in fondo. Nei giochi d’apparenza, nei sogni di cui non puoi fare a meno. Narrare una storia, la propria, scritta sull’asfalto che racconta, proprio come l’inchiostro. “Donna” è un brano che scava nell’anima di una donna, nei suoi riflessi nascosti, negli istanti rubati. Nel cercarsi, nell’attimo in cui la sera incontra la notte e ci si guarda dentro. “Scatole di sole” è un pezzo introspettivo che racconta l’illusione di capirsi, di cercare una strada nuova che porta a ritrovarsi. E aggrapparsi a se stessi, e all’immagine di sè. “Soldatino” è la metafora della vita, delle delusioni che si presentano nel rincorrersi dei giorni, quando questo vuol dire crescere. Immagini che scandiscono la trasformazione delle speranze che diventano certezza. La vita non è come la immaginavi tu. Comprendere che il gioco è, spesso, truccato. “1° maggio” narra l’amarezza della ribellione, la storia di un sogno. La genesi del diritto, della lotta per ottenerlo. La storia tramandata sui muri di una città che appare spoglia anche quando è più facile tacere. “Genova” è una ballata elegante e intensa, un’istantanea che parla di un mondo intero. Una città che si specchia dai finestrini di un treno. L’attesa del mare. Genova è quel mondo. Genova e le sue ferite. I suoi ricordi. Il tempo che le toglie i colori, la rende sfumata. Genova è sentirsi un po’ lei. Nella sua musica, nelle sue melodie. Nella sua anima calda in cui si può anche affogare. “Il signor buio” è la notte porta pensieri, tesse ragnatele di ricordi e incanti. Nei momenti in cui si perde, e in cui ci si perde. Un sabato sera, in cui però credere ancora. Una melodia accogliente e avvolgente. “La rivolta dei numeri” è la nostalgia, fatta di numeri, di istanti. Anche questo in brano Chiara cerca se stessa e, forse, la trova. “Appena Sveglia” è un album riflessivo, orecchiabile ma profondo, svela un’artista giovane e di talento, che sa giocare con se stessa senza mai perdere di vista le sue radici. Che incanta con un’aria apparentemente stralunata, ma che svela maturità sia artistica che personale. Un personaggio e una persona. Due facce che regalano una sola identità, un po’ come la luna. Un bel disco. Chiara Dello Iacovo è stata nostra ospite e le abbiamo posto alcune domande, ecco cosa ci ha risposto:
L’album “Appena sveglia” è un disco particolare musicalmente e decisamente impegnato. Quando é nata questa maturità artistica?
Io non lo definirei un album impegnato. Più che altro è un album sincero con se stesso, consapevole di sé, ma senza alcuna pretesa di imporre la sua visione delle cose
In quasi ogni brano si percepiscono le radici del territorio in cui hai lasciato un po’ di te stessa. Cosa ti ha lasciato una città strana come Torino?
In realtà la mia città natale è Asti, con la quale ho sempre avuto un rapporto un po’ contrastante. Torino la sto vivendo da poco, anche perché a causa del mio mestiere non ho troppo tempo da dedicare alla staticità. Di sicuro abbiamo molti lati comuni, tra cui quel modo discreto di lasciarsi solo…intravedere.
Il tuo è un disco che parla di speranze tradite e di sogni che restano ad aspettare. Consiglieresti a un bambino di sognare o di essere razionale?
Ma con che coraggio una ragazza che ha scelto di provare a vivere di arte potrebbe dire ad un bambino di non sognare? La razionalità è necessaria per non andare alla deriva ma è un salvagente che si sviluppa col tempo, grazie agli incidenti di percorso, alle sconfitte e ai conseguenti aggiustamenti di rotta che sei costretto a compiere, ma al timone della nave c’è sempre un sognatore, se no manco si esce dal porto.
Cosa ti aspetti da questo disco e dalla musica in generale?
Col XX secolo abbiamo imparato che attraverso la musica si possono creare delle vere e proprie rivoluzioni sociali e generazionali. Purtroppo credo che questa sia ormai rimasta un’utopia. Il nostro presente gioca in una modalità “onnipresente” dove è difficile catalizzare l’attenzione su una cosa in particolare che possa quindi funzionare da traino o da miccia per un cambiamento di grandi proporzioni. Siamo nell’epoca della condivisione e quindi credo che anche per quanto riguarda la musica l’unica cosa che abbia ancora un senso sia usarla come tramite per condividere, per metterci in contatto, per tenerci stretti gli uni agli altri. Insomma, l’unica cosa che per me sembra ancora avere un senso è l’amore, e la musica è il modo più efficace per disseminarlo.
Uno dei fili conduttori di questo disco sembra essere il rapporto con i numeri e il rapporto come un numero. Si possono codificare le emozioni?
Suggerisco di prendere uno studente di Lettere ed uno di Neuroscienze e porre ad entrambi contemporaneamente questa domanda. Dopodiché studiare gli effetti dell’esperimento ed imbastire una teoria su come la scelta di una determinata facoltà influenzi le tue scelte di vita a livello esistenziale.
Sei tu che cerchi la musica o é la musica che trova te?
Come in ogni relazione basata sullo scambio reciproco, di solito ci si incontra a metà strada.
Non ho potuto non notare che in questo album parli poco d’amore o comunque lo fai in modo indiretto, é una scelta?
L’amore in senso lato in realtà è la spinta primordiale che sottende tutti i miei testi, in modo più o meno evidente. Parlare d’amore in modo diretto non è mai facile, soprattutto a vent’anni quando di esperienza in merito ne hai davvero troppo poca e perciò rischi inevitabilmente di cadere nel banale.
6. Tu che ci sei riuscita, ci racconti come si sopravvive a un talent riuscendo a conservare l’originalità e l’intensità della propria identità?
Dipende sempre da cosa si è disposti a perdere: prima di entrare in un meccanismo del genere bisogna avere ben chiare le proprie priorità. Per me l’esperienza del talent non è stata semplice perché ho sempre cercato di viverla “in prospettiva”, senza lasciarmi traviare dallo scintillio illusorio del momento presente, di quell’apparente e provvisoria notorietà che avrebbe potuto indurmi in tentazione. Avevo ben chiaro che tutto quello sarebbe presto sfumato e che l’unica cosa che mi sarebbe rimasta in termini concreti, sarebbe stata me stessa: e quella me stessa quindi, ho cercato sempre di proteggere davanti a tutto.
Ringrazio Chiara per la disponibilità e Francesca Zizzari per gentilezza, professionalità e supporto.