Quel nodo in gola

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​Un nodo in gola. Note feroci che trovano una strada. Annientano le difese. Lo svolgimento di un tema che all’improvviso si blocca, perché qualcosa si è rotto. Il foglio ancora bianco, dopo ore di attesa. Il tempo che scorre, mentre corre l’allucinazione. E lo sai che basterebbe una canzone, perché le parole tornino a fluire. Perché la musica è quel fiume che trova il mare. E quel mare, per me, è quel nodo in gola.

Il primo passo

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​Potevo contare ogni tasto di quel pianoforte, cercare, ognuno di essi aveva una forma differente. Negli occhi di chi guardava quello strano mobile riuscivo a capirne il pensiero. Per loro erano tutti uguali. Il primo passo fu di sfiorare quei tasti. Ma non accadeva niente. Poi mi feci forza e con quella stessa forza provai a pigiare. Il suono era sgangherato, grezzo, ma a suo modo raccontava il viaggio che quella forza aveva fatto per raggiungere il martelletto e poi la corda, che aveva iniziato a vibrare tra le pareti di legno. Provai ancora, unendo due suoni, poi tre. Nessuno riusciva a crederci. E molti non ci credono ancora. Ma é così che la musica ha origine.

Inutile difendersi

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​Inutile difendersi quando la pioggia inizia a cadere all’improvviso, molto meglio rallentare e godersela. Tanto lo sai che non potrai evitare di bagnarti. I passi sanno assestarsi su un’andatura diversa, più lenta. Da quella dimensione si vedono le cose in modo diverso. Non necessariamente più chiaro. Solo diverso. All’inizio è più difficile, ma poi tutto diventa naturale. E sembra di vederlo un bimbo che inizia a camminare, mentre pensi che gli dovrai insegnare che nella vita non si impara a camminare una volta sola.

L’attesa

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​L’attesa. Quante volte siamo costretti a rimanere fermi ad aspettare qualcosa, che ci spetta, ci piace, ci serve, o che semplicemente non vogliamo. Le lancette girano, come indemoniate. Ma il tempo sembra essersi improvvisamente fermato. E forse una vera ragione non c’è, ma soltanto il colore opaco di una parete, l’anima consumata delle piastrelle, resa chiara da una luce troppo forte.  E chissà se anche il mio riflesso indossa gli stessi volti che ho di fronte, schermati dietro una forza che tante volte non c’è. Se sa ancora ridere, piangere. Capire. Quante volte scegliamo di rimanere fermi, a osservare qualcosa che non sia noi stessi?

Quel sapore amaro

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​Certe frasi sanno di salato, di quel gusto fin troppo amaro. E mi viene da stare zitto, quanto intorno il rumore è troppo forte. E la notte bussa e a passi lenti prende possesso di un solo pensiero. Ho pulito per bene i camerini e il palco del teatro. E ora brilla. Accendo i riflettori, cosicché possa scoprire punti ancora coperti dalla polvere. Questo silenzio é impressionante. Sul palco c’è ancora il pianoforte, che darei per saperlo suonare. Spengo le luci, torno a casa. E nel farlo scelgo di percorrere la strada più lunga. Certe frasi, sanno di salato, di quel gusto amaro, che soltanto il mare possiede.

Blogger senza Rolex e regole

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​Leggo da un po’ di tempo post acidi contro il disco di J-Ax e Fedez. Ora partiamo dal presupposto che non ho alcun interesse a parlarne bene, tuttavia credo si stia parlando senza sapere. È vero, sono entrambi molto seguiti dai più giovani, ma ignoriamo che intere generazioni sono cresciute a pane e Articolo 31 e posso assicurare che non tutti sono diventati delinquenti. Inoltre posso affermare, tenuto conto che scrivo da dieci anni e più recensioni musicali, che i testi scritti fino a ora dai due artisti non sono affatto merda come leggo sui social, Assenzio per esempio è un brano molto intenso e introspettivo, Vorrei ma non posto è una canzone ironica e surreale, ma purtroppo fin troppo vera e costruita musicalmente con uno stile moderno e accattivante. Questo per dire che prima di sentenziare bisognerebbe imparare ad ascoltare e non a giudicare per partito preso. Ma proprio perché voglio darvi ascolto sono andato ad analizzare Fedez, che ammetto di conoscere meno. Bene, nulla che somigli a un linguaggio da gangster come dichiara tizio dal suo blog, ma anzi brani come Tutto il contrario mettono in luce un punto di vista dissacrante, forse politicamente scorretto, ma che dichiara, come lo stesso titolo evidenzia, esattamente il contrario delle cose negative elencate. L’unico vero dissing é Veleno per topic, ma ho ascoltato di peggio. Insomma, non mi sembra che Jax e Fedez rovinino proprio nessun ragazzino, forse lo fa il pressapochismo e la necessità di fare like sparando a zero su tutto.

Vorrei tornare

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​Vorrei tornare a dire tutto quello che mi pare, proprio come una volta. Con l’incoscienza e la spavalderia di chi sa di non poter sbagliare. Quando c’era l’illusione che cambiare fosse impossibile, che le parole potessero davvero bastare e che i sogni non potessero diventare prigionieri dell’illusione stessa. Quando si credeva anche alla lealtà e alla capacità di fare una rovesciata e mandare il pallone all’incrocio dei pali. Allora tutto sembrava possibile e un vaffanculo era la cosa più naturale del mondo.

Come un pianista

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Come un pianista, disegnerei traiettorie in bilico tra cielo e terra, tra il senso e la guerra. Ma le mie dita non riescono a sfiorare i tasti, su questi tempi imperfetti. Un proiettile, non è una parola. E una parola, non è sempre la storia. Il sangue non può avere colore diverso, quando il sipario si chiude. Restano gli applausi, o un assordante silenzio.

L’iceberg

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​New York mi colpì per la miscela di volti e culture tanto diverse che vivevano gomito a gomito ogni giorno, ma non potevo ignorare che agli angoli delle strade e nelle zone più periferiche ci fosse un mondo in cui le luci della metropoli non arrivavano. Emarginazione, povertà, paura. Queste pagine per molti anni sono rimaste nascoste, mostrando un paese moderno e libero. Forse Trump rappresenta solo la punta dell’iceberg di un malessere di un paese che non è mai cambiato davvero dai tempi delle discriminazioni razziali e dei soprusi.