Val Susa. Un disastro.

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Sapete quanto io tenga al territorio. Proprio per questo motivo seguo con apprensione quanto sta accadendo in Val Susa. Un incendio che sembra non volersi fermare, bruciando ettari e ettari di bosco. Questo per molti è un problema di aria irrespirabile, domani potrebbe diventare un problema di stabilità di interi versanti. L’aria che si respira sa di legna bruciata, l’atmosfera è ormai costantemente soffusa a causa del fumo che ha raggiunto zone anche molto distanti dai luoghi dell’incendio. Un disastro, alimentato sicuramente dalla siccità, ma anche dall’indifferenza. La Val Susa è nota per la Tav, o forse solo per i suoi manifestanti, ma la storia ne racconta l’importanza come punto di riferimento per i collegamenti tra Francia e Italia, sin dalla notte dei tempi. Un luogo da salvaguardare. E che invece sta bruciando, silenziosamente.

foto: 3bMeteo

Il caso

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Pedine, mosse a caso. Sul tavolo verde, dei giorni che ruotano. Immagini messe al muro, nella stanza che si rispecchia nel cemento.
La fedina letale, di un sorso di vita. Le dita, puntate.
Il gioco è strafatto, di note deviate.
Ai bordi di una periferia, che racconta storie, imbevute di caffè bollente.
Vincere, perdere, nel brodo primordiale della di muovere le dita.
Spostare la pedina.
E fare la seconda mossa.

La magia

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Smascherate, le incertezze. Quando si sale sul palco, si è nudi. Il peso dei ricordi. E degli errori. Guardarsi allo specchio, nell’occhio critico di chi non ti guarda. Cercare un volto, in mezzo al buio di una platea. Quella strana forma di solitudine, che si mostra quando il primo riflettore si accende. E la maschera cade. La magia di sentirsi un attore, poco prima di essere se stessi.

Il primo capitolo de #LaMacchinadelSilenzio 

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New York

Convegno internazionale sul cambiamento climatico

Il dottor Kywata era in piedi sul palco e osservava compiaciuto la sala gremita di personalità nei campi della geologia, dell’idrologia e dell’informatica. Sapeva che erano tutti lì per lui, per ascoltarlo disquisire sul suo progetto presentato da tutti i media come “geniale”. Era riuscito a mantenere il segreto ed era stato coscienzioso nel lasciar trapelare solo lo stretto necessario affinché si percepisse l’importanza della sua intuizione: una scoperta in grado di modificare in maniera definitiva la storia del cambiamento climatico. Si voltò un attimo per guardare lo schermo dietro di lui, fermo sulla prima slide della presentazione; la più semplice, quella che indicava il nome del progetto e dei suoi autori. Lui e il dottor Haikidu. Sentì salire dallo stomaco un moto di fastidio. Aveva notato un errore. E lui odiava gli errori. La dimensione del carattere era chiaramente un trentadue, quando lui aveva scelto il trenta. Una volta sceso dal palco avrebbe licenziato quel miserabile che aveva rovinato la presentazione più importante della sua vita. Del resto la colpa era sua, non avrebbe dovuto fidarsi di un dottorando. Cercò di reprimere l’ira e iniziò il suo discorso. Cliccò su invio per far apparire la seconda slide: era completamente bianca. Strinse il pugno fino a farsi male. Era veramente troppo. “Maledetto incompetente” pensò. Cercò di mantenere la calma, cliccò ancora. Un’altra pagina bianca. Provò a parlare ma si accorse che gli mancava la voce. I pensieri non riuscivano a tramutarsi in parole, tutto sembrava bloccato. Si portò le mani alla bocca con un moto spontaneo, ma in pochi secondi si rese conto che stava perdendo il controllo delle mani, poi delle braccia. Le gambe cedettero all’improvviso e si ritrovò con gli occhi spalancati, vigile ma completamente incapace di comunicare. Sentì le urla e poi delle sirene in lontananza. Vide gli uomini in divisa blu che lo caricavano su una lettiga. Poi smise di capire.

 

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