Recensione “Ciò che non posso avere” di Barbara Gobbi
Il disco “Ciò che non posso avere” di Barbara Gobbi è ricco di spunti interessanti. I pezzi suonano come un rock melodico, aggressivo e suadente. Sin dalla prima canzone “Abban(dono)” si sente una decisione in uno stile dolcemente duro. In “Di passi neanche l’ombra” emerge una forte malinconia che si presta a un’accusa amaramente urlata.”Certezze e cemento” è una ballata con un ritmo intenso, un testo riflessivo e coinvolgente, mentre “Afa circonda” esprime un’ottima musicalità ben miscelata a un testo introspettivo e particolare. Un’istantanea sul ruolo di una donna di successo è ben dipinta in “Donna manager”, anche in questo caso su sonorità rock. “Intrigante” è il titolo che descrive la metrica di questa canzone nel suono delle chitarre e nel ritmo che esplode con un’amarezza a tratti contorta ma sempre forte e decisa. Come un inno contro l’ipocrisia si erge “Le tue maschere” sempre semplice nella tua complessità e senza cadere mai nel banale. “Il mio bell’attimo” possiede una bella melodia che si sposa con un ritornello accattivante. E’ acqua che si adegua “In sostanza”, potente e scatenata come l’onda travolgente. In “La lieta notizia” si sente una piccola influenza di Carmen Consoli (ma si sente anche in altri pezzi) in un’interpretazione anche in questo caso duramente insolente. Questo disco rappresenta un buon lavoro, testi semplici e melodie attraenti sono gli ingredienti della ricetta musicale di Barbara Gobbi, sperando di poter sentire ancora parlare di lei in un prossimo futuro. Un bel disco.