Attenderti

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Attenderti,
dove il suono diventa un nome.
Oltre il viso che cambia nello specchio.
Rughe che esprimono il passato.
Questo è il mondo in cui nascerai,
con le sue luci e le sue ombre.
E un giorno, anche tu lo capirai.
Ma ora è presto,
mentre immagino il tuo viso.
La tua pelle morbida,
come quella della mamma.
Quando sembrava impossibile.
E il rumore sbraccava le paure.
Quando per non sentirle,
Io cantavo più forte.
Quando, parlando al vento,
incontrai la mamma.
E mi riconsegnó il coraggio,
di credere,
al suono delle parole.
Perché una di esse,
un giorno,
diventasse un nome.
Il tuo.

La leggenda del ragazzo che credeva nel mare di Salvatore Basile

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“La leggenda del ragazzo che credeva nel mare” è un romanzo che appassiona e che si fa leggere piacevolmente. Il protagonista è Marco, un ragazzo che è stato abbandonato dai genitori e che scopre, complice un sentimento verso una bella nuotatrice, la passione per i tuffi. Inizia a sperimentare di nascosto quest’arte e scopre di essere decisamente portato. A pensarlo è proprio Virginia, la nuotatrice. Un giorno lei lo invita a una gita al mare con i suoi amici. Marco per fare colpo su Virginia e per gelosia nei confronti del compagno della ragazza, deciderà di tuffarsi da una altissima scogliera facendosi male e perdendo l’uso delle gambe e del braccio sinistro. In soccorso arriverà Lara, una brava e paziente fisioterapista, che durante le cure noterà una voglia a forma di stella sulla spalla di Marco, che scateneranno in lei un vortice di ricordi e sensi di colpa. Perché lei ha già conosciuto Marco. Un romanzo che attrae, che, pur proponendo una storia non del tutto originale, riesce a emozionare. Salvatore Basile mostra anche in questo caso, dopo il successo del precedente romanzo “Lo strano viaggio di un oggetto smarrito” la sua abilità narrativa.

Circondami

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Circondami,
Il vento soffia forte.
Il suono delle pareti,
sottovoce.
Parlami.
Che con i silenzi,
son bravo anch’io.
Ruba le note,
prova a scrivere.
Nessuno ha bisogno di rime,
quando manca il ritmo.
Bruciami,
magari la pelle ricrescerá.
Ma il cuore sentirà il caldo.
Inventami,
come fossi una canzone.

Ti aspetto

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Ti aspetto,
nelle notti silenziose.
Porgo l’orecchio per ascoltarti.
E sembra di sentirti parlare.
Il suono dei gorgoglii,
sembra il suono del mare.
Attraverso una conchiglia.
Come saranno i tuoi occhi,
Come saranno i miei?
Ti aspetto.
Sulla banchina della mia vita.
Stringo la mano della mamma.
Che riesce già a sentirti.
Tutto sembra lento.
Invece corre veloce.
Come i battiti,
del tuo cuore in arrivo.

L’era dei commenti

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Viviamo nell’era dei commenti. Tonnellate di pensieri non richiesti gettati con odio su tutte le piattaforme socia. Partiamo tutti dallo stesso presupposto: che a qualcuno interessino. Ma la verità è che il complesso sistema che noi chiamiamo rete fagocita anche le nostre identità, trasformandole in semplici target per promotori pubblicitari. Il meccanismo è semplice: individua le caratteristiche del potenziale acquirente e vendigli tutto quello che può servirgli. Anche qui si apre un mondo. Quello che ci serve è quello che ci viene proposto come necessità, anche quando non lo è affatto. Nascono così mode ad hoc, fenomeno da imitare, il sistema va ben oltre gli influencer. Loro non sono che pedine in un gioco troppo più grande di loro. Sembra il Grande Fratello, direte. Ma questo lo sapevamo già. E non ci preoccupa nemmeno poi molto di essere diventati solo dei clienti a cui vendere qualsiasi cosa, a patto che ci lascino la libertà di esprimere una “libera opinione”. Anche quando questa non ha alcun valore e nessuno sarà interessato ad ascoltarla. Così la conoscenza viene soppiantata da Google, i ricordi da troppe fotografie. E si finisce per perdere la cosa più importante: la nostra identità. Quella vera, non quella dei social.

Bourne Affaire di Robert Ludlum – Eric Van Lustbader

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Bourne Affaire di Eric Van Lustbader, l’autore che ha proseguito la saga ideata da Robert Ludlum, è un thriller che sfocia nel romanzo di avventura. Bourne è sempre un personaggio affascinante e in questa avventura si ritrova nel bel mezzo di un intrigo internazionale che ha per attori Nsa, Cia, mafia russa. Al centro un potente virus informatico che sta per essere messo all’asta tra le realtà più oscure del mondo. Dal Corno d’Africa agli Stati Uniti, fino alla Russia, in una corsa contro il tempo per fermare l’asta. Bourne e Mala creano una strana affinità, mentre spie e agenti seguono le loro mosse. Il progetto Bourne sta per essere attivato e solo Bourne sembra possedere la chiave che il suo amico Karpov gli ha lasciato prima di morire. Un romanzo non proprio originale, ma sicuramente avvolgente e leggibile.
#bourneaffair

Proprio come le maree

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La luna influenza il mare. Basterebbe questo per guardarla con un certo rispetto, ma in fondo non credo che sia questo che desidera. Lei è poesia, sogno, ma anche malinconia. É quel velo di mistero, perché sappiamo che nasconde qualcosa. Ma non possiamo non continuare a credere in lei, che possa ascoltarci quando abbiamo paura e tutto sembra più difficile. Che sappia capirci, come un’amica paziente, pronta a sbronzarsi con noi fino all’alba, quando tutto sembra più chiaro. Anche dentro di noi. Ma non è sempre positiva, la sua influenza. Spesso sa rivelare il nostro lato più oscuro, che, come lei, tutti abbiamo. Ma per chi ama il mare è normale, subirne il fascino. Lasciarci andare e seguirla, per poi tornare indietro. Proprio come le maree.

Perdere l’equilibrio

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Un filo che corre da lato a lato, attorno spalti pieno, dentro a un contenitore colorato. E io che metto un piede davanti all’altro, in bilico. Le risate e i sospiri mi deconcentrano. Ma devo proseguire, perché non vi è alcuna rete a difendermi dagli errori. L’equilibrio è qualcosa di relativo, quando anche solo un respiro può fartelo perdere. Perché io bisogno di aria. E i miei silenzi non dureranno abbastanza. Quando arriva il momento della tua esibizione, tutto si ferma, ma non il cuore, lui impazzisce. Sono a metà del filo, il mio peso mi spinge più in basso. E ora tocca risalire. Un altro passo. Una goccia di sudore sta per scivolare giù dalla fronte. Basta così poco per perdere l’equilibrio.

Il giorno zero

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Il giorno zero è quel momento in cui tutto ritorna al punto di partenza. Quell’attimo in cui la tua mente torna in quell’esatto punto in cui tutto è cambiato. La vita è formata da una serie di eventi, casualità, scelte, ma uno di questi fattori determina la chiave di svolta ed è quella a cui pensiamo quando vogliamo fare il punto della situazione. Ma facciamo un passo indietro. In genere si riparte da zero dopo grandi delusioni o periodi difficili, a seguito del quale si ha bisogno di resettare tutto e provare a rimettere tutto in discussione. Da quel momento in poi è come trovarsi davanti a uno scambio, lasciare per sempre i binari per intraprendere un nuovo tragitto. Eccolo, il giorno zero. Quello sarà il momento a cui tornerà la mente per ripercorrere gli ultimi avvenimenti o quando questa nuova strada porta in un vicolo cieco e abbiamo bisogno di tornare indietro per capire dove abbiamo sbagliato. Sembra un percorso difficile eppure è quello che facciamo tutti i santi giorni e su diverse cose. Il nostro è un cervello complesso, difficilmente siamo in grado di capire le sue strategie, quello che possiamo fare e cercare di capire gli eventi che in qualche modo ci cambiano e che non potremo mai davvero tornare al momento prima in cui siamo cambiati. Per quanto ci si possa sforzare quel fenomeno è inevitabile. Cambiamo ogni giorno. Ogni momento può essere ed è il giorno zero. Ogni momento può essere ed è quello giusto per ripartire.

Perdonami

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Perdonami. E lo dico a me stesso, quando mi ingozzavo di cibo fino a star male e quando smettevo di farlo per giorni, per punirmi di non essere ciò che avrei voluto. Il male di vivere spesso si nasconde nelle cose più insignificanti. Ed è sempre complesso rendersene conto, ci vorrebbe una grande osservazione di se stessi e nessuno di noi ne ha le armi, soprattutto quando si è ancora piccoli. Quando si osserva dai bordi del campo il proprio compagno di squadra essere atletico e velocissimo col pallone. Quando si sceglie di rimanere in panchina perché non ci si ritiene in grado di fare altrettanto. Quando è il campo a condannarti alla panchina. Quando sono gli altri a fartelo notare. Quello che nessuno dice mai è che fa male. Molto male. E quello che nessuno ti dirà mai è che dal non riuscire ad accettarsi se ne esce con molta fatica e tanto coraggio. E questo non tutti riescono a trovarlo. Molti rimangono ombre. Immagini riflesse e deformate, sogni che rimangono a metà. Quando ci penso non posso che dirmi una cosa: perdonami. Per quello che hai dovuto patire per reagire a tutto. Costruirti l’aggressività necessaria per non farti calpestare, crearti la rabbia come combustibile per reagire alle ingiustizie della vita, per averti costretto a fare tue le disillusioni, perché così saresti più capace di non farti travolgere. E poi per aver avuto pazienza, perché aver tenuto in tutto questo l’anima a riparo da tutto, pronta a riprendersi il suo posto, facendola allenare duramente, perché potesse abbandonare la panchina e tornare in campo più forte di prima.