Fumo e cemento

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Fumo e cemento,

il respiro che manca.

La rabbia, la sento.

Quello che non uccide, stanca.

C’erano degli alberi,

un sole con cui scaldarsi.

C’era un fiume,

Oggi un centro commerciale.

Fumo e cemento,

rifiuti che bruciano.

Come brutti pensieri.

Trattengo le lacrime a stento,

a mio figlio avrei voluto lasciare un mondo migliore.

E io non ho saputo fare di più.

Non riesco a perdonarla,la pioggia.

Non riesco a perdonarlo,l’uomo.

Quando mi portano via ogni cosa.

Compresa la speranza,

trascinata via da un fiume in piena.

Fumo e cemento,

tutto ciò che sappiamo respirare.

Rassegnati, disillusi,

ci trasciniamo in un corteo.

Sembrano ribelli,

sono come quelli che mi hanno illuso

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Text by Daniele Mosca

Il retrogusto del veleno

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Il retrogusto del veleno.
Sul palato.
Un giorno sbagliato.
Siamo l’essenza impura.
Dura anche tutta la vita,
quel senso di smarrimento.
Come dentro a un labirinto.
Dura, la risposta che non riusciamo a dare.
Il sale sulla ferita.
La vita che ti sfida.
Gli occhi di un bambino,
che di te si fida.
Il retrogusto del veleno,
lascia l’amaro.
Un sapore che non si dimentica.
Ma anche dagli occhi lucidi,
la voce rotta dal pianto,
la confusione,
può nascere qualcosa.
Come quei fiori dimenticati,
nati ai bordi delle strade.
Che non abbassano la testa,
nemmeno se sporchi di fuliggine.

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Text by Daniele Mosca

E forse non lo farai

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Un giorno ti fermerai a guardare il cielo.Prima o poi lo fanno tutti.

Un tempo era quello il momento giusto.

L’attimo in cui le parole nascevano.

Anche quelle dure, quelle di rabbia.

Quelle più dolci, quelle d’amore.

Anche quello che fa soffrire.

Sentirai tremare il labbro,

ti verrà voglia di piangere.

E forse non lo farai,

perché fare i duri è più semplice,

a volte.

Sarà il tempo a dettare le regole,

a scandire quello che ti sembrerà importante.

Ma sarai tu a scegliere,

anche quando ti sembrerà impossibile.

Un giorno ti fermerai a guardare il cielo,

e scoprirai di essere già diventata grande.

  

Ne avevo bisogno

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Avevo una via d’uscita,
da un mondo che mi spezzava.
Poche ore di paradiso,
per spazzare via il purgatorio.
Quello dei giorni normali,
in cui mi urlavano che non valevo niente.
Ne avevo bisogno,
per non sentire il rumore.
Metallo su metallo,
qualcosa da fumare, inghiottire o respirare.
In quegli attimi mi sembrava di volare.
Un volo leggero,
poco prima di sfracellarmi al suolo.
Con le ali piegate,
sotto il peso di un mondo cattivo.
Avevo una via d’uscita,
ma non sapevo portasse all’inferno.
Vittima e carnefice.
Inganno o promessa.
A cosa serve vivere,
se a vivere non riesci.
A cosa serve vivere,
se vuoi scappare ogni giorno.
Senza poterlo mai davvero fare.
Ne avevo bisogno,
perché tutto sembrava finto.
Perché avevo voglia di ridere.
E troppe volte non ci è concesso.
Perché i falchi sanno mentire bene.
E io non ho mai ceduto al paradiso.

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Text by Daniele Mosca

Imminente

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É imminente,

il racconto di una vita.

Delle sue pulsazioni.

I suoi luoghi incantati.

Ma imparerai il teorema del veleno.

Perché siamo serpenti,

con la pelle d’uomo.

Che vivere non è sempre una favola,

ma che è grazie alle storie che crescerai.

Che vivere non è sempre capire,

ma che è grazie alle cadute che imparerai.

Perché siamo fragili.

Siamo bicchieri di cristallo,

pronti a ricucire fratture.

Siamo le ferite che ci hanno fatto.

Per questo vorremmo curare quelle degli altri.

Ma no, quello a volte non ti riuscirà.

E forse capirai che ne sarà comunque valsa la pena.

Crederai che un dio può anche non esistere,

ma che ci puoi parlare lo stesso.

E che tante volte parlerai da sola.

Perché parlare con se stessi serve più che urlare al cielo.

É imminente,

il racconto della tua vita.

Ti regalerò una penna,

perché tu possa iniziare a scriverla.

Stringo al cuore una lettera

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C’è gente che urla fuori,

ed io ho paura.

Mi dicono: devi andare via.

Tu sei diverso.

Stringo al cuore una lettera,

chissà se la rileggeró.

Ha un sapore aspro, la vendetta.

Aspetta sulla porta, e ride.

Ci hanno tolto tutto,

presto non ci lasceranno nemmeno la vita.

Ho una stella sul braccio,

il mio cuore non ha più sangue da far girare.

Fuori fa freddo.

Nella mia valigia non c’è nulla che io possa indossare per non sentirlo.

I rumori sono sempre più forti.

Stanno arrivando.

Ero un comunista

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Ero un comunista,
l’anima svenduta, per salvarmi.
Una goccia sulla fronte.
Ero un comunista,
il mio era solo un sogno.
Un’altra goccia sulla fronte.
Ero un comunista,
ho denunciato il mio miglior amico.
Non avevo scelta.
Non posso muovere le braccia,
un’altra goccia di cade sulla fronte.
E un’altra ancora.
Io non potrò mai più scappare.
Sono qui da un’ora,
un mese,
un anno.
Non lo ricordo.
Ero un comunista,
servivo il mio paese.
Ora sono un condannato.
Sento dei rumori.
Mi interrogheranno ancora.
Vogliono dei nomi.
Sto impazzendo.
Vogliono dei nomi.
Ho paura.
Vogliono che faccia i nomi.
Dei miei figli.

Credits:
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Text by Daniele Mosca