Guardare più in alto

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Guardare più in alto,
riscoprirsi silenziosi.
Impauriti, forse.
Con il coraggio di chi sogna.
Il tempo, corre.
E noi pensiamo troppo.
Ho visto una stella,
ma non voglio che cada.
Vorrei prenderla in tempo.
Darle un nome.
Guardare più in alto,
perché anche quando cadi,
devi rialzarti.

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Text by Daniele Mosca

Stanchezza

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Gridano,
nelle strade dimenticate.
Sibili, e il vento,
stringe le parole.
E non sento le ragioni.
Le motivazioni,
non mi bastano.
Ho sonno.
Mi distacco.
Ho bisogno di tempo.
Gridano,
io non ci riesco.
Sarà la stanchezza.

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Text by Daniele Mosca

Fotogrammi

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Negli occhi,
ti racconti.
È la tua storia,
e non basta.
Restano i silenzi.
Gli spazi,
lasciati liberi dal vento.
I sogni,
colorati, o in bianco e nero.
La realtà è un film.
Di fotogrammi,
che svaniscono.

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Text by Daniele Mosca

Ciao, mare. A presto.

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Ultimo giorno di mare. E qui parte la solita musichetta triste di fine vacanza. Questa è stata la prima con Beatrice. Sicuramente un’esperienza nuova e, come dire, intensa. Emozionante, però. Siamo andati in bici, sul pedalò, abbiamo iniziato a nuotare. È stato come rifare tutto per una seconda volta. Una nuova vita, appunto. Insomma, ciao mare. A presto.

Momenti

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Ci sono dei momenti in cui non credi sia possibile fare un passo in più. In cui non riesci a non vedere attorno gli ostacoli che ti impediscono di farlo. Cerchi quindi di scappare, di trovare delle scuse. Delle giustificazioni, del tipo “ho fatto il possibile”, “è colpa loro”. Ma quelle scuse non ti servono a farti sentire meglio e anche quando la via d’uscita c’è, senti che ti manca qualcosa. Che quella partita non l’hai giocata fino in fondo. Che ti sei arreso. E questo proprio non riesci ad accettarlo. Ti fa male anche solo il pensarlo. Ci sono dei momenti in cui fare quel passo in più rappresenta la vita stessa. Quel gol che riapre la partita, quando sembrava persa.

In Serbo, il nuovo libro di Milica Marinkovic

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“In Serbo” è una testimonianza. Una lente di ingrandimento puntata su un evento storico che per molti di noi è poco conosciuto. Parliamo della guerra in Serbia. L’autrice di questo libro è Milica Marinkovic e affronta questa guerra da un punto di vista per molti inedito. L’autrice, infatti, definisce aggressori le forze militari occidentali, di cui anche l’Italia faceva parte. Le storie che Milica racconta pongono l’attenzione sul popolo serbo, su quei civili che la guerra ha trascinato fuori dalle proprie case, dai propri ritmi, dai propri sogni, per vederli morire o nascondersi, cercando di riscoprirsi tra un nascondiglio e l’altro, quando crescere diventa improvvisamente difficile, se non impossibile. Così emergono prepotenti quelle forze che spingono a vivere nonostante tutto, che spingono a ballare nonostante le bombe, a scolpire, dipingere, fino a dare alla luce un bambino. Sentire la voglia di scoprirsi vicini, anche quando il mondo potrebbe scomparire da un momento all’altro. Queste storie sono dolci, ma allo stesso tempo feroci. Una doppia anima, che caratterizza chi deve resiste, che non vuole soccombere, ma ricostruire i ponti dove qualcuno cerca di distruggerli. I personaggi che Milica dipinge vanno ben oltre la guerra e la storia di un paese, riguardano l’anima stessa dell’uomo, dei suoi equilibri precari e delicati, messi in discussione da cose spesso più grandi di loro. La voce guida di questo romanzo è Mila, una ragazzina di dodici anni che improvvisamente vede svanire la sua infanzia e i suoi sogni di un futuro sereno. Mila deve reinventarsi, reimparare a trovare se stessa. A cercare spazi in cui restare sola, in un mondo che la costringe a nascondersi, anche da se stessa. Il suono delle bombe, le sirene, il suo posto segreto nel bosco. Un mondo in cui è difficile immergersi e anche solo immedesimarsi, perché è feroce, ingiusto, insopportabile. In Serbo racconta l’atrocità silenziosa di un’aggressione. Alla libertà, al futuro, all’informazione, all’idea di un mondo giusto. “In Serbo” è un viaggio da percorrere in silenzio, cercando di capire, di andare oltre quelli che sono i pregiudizi che spesso vengono forniti da una storia raccontata da fonti di parte, come spesso accade alla fine di ogni conflitto. Non c’è un vincitore e un vinto, quando a perdere è il futuro della gente, di un uomo, una donna, un bambino. Non c’è un vincitore e un vinto, quando a perdere è la storia di tutti noi. Questo libro è una testimonianza importante, da leggere e comprendere fino in fondo.

“Rivolto a Sud”, il nuovo libro di Vincenzo De Marco

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Ho scoperto la poesia di Vincenzo De Marco con il suo libro “Il Mostro”. “Rivolto a Sud”, il secondo lavoro di questo artista, prosegue il viaggio che spazia tra le atmosfere della Puglia, quelle che sanno di sapori e odori degli Ulivi, a quelle lugubri del Mostro, che per chi ancora non lo conoscesse è l’Ilva di Taranto. Molte cose sono cambiate, come il nome della famosa acciaieria, ma quasi tutto è ancora fermo. Si muore ancora e denunciare è qualcosa per cui essere minacciati. Così Vincenzo ha lasciato, a malincuore, la fabbrica, ma continua a combattere con le sue parole fuori dalle mura perché qualcosa inizi a cambiare davvero. Nei suoi versi c’è l’amore, in tutte le sue sfumature. Ma c’è anche il suo contrario, la guerra. Struggente è il pezzo dedicato ad Anna Frank, per esempio. Tra i versi ci sono richiami alle migrazioni che le guerre portano, al concetto più puro di accoglienza. C’è il racconto di un mondo che ha sbagliato strada. I versi di Vincenzo De Marco costruiscono un mondo in cui le parole mattoni. E mentre c’è chi ci costruisce case, lui ci crea ponti e case. Una forma di ribellione che non punta a dividere, ma a unire. Così, verso dopo verso, Rivolto a Sud riprende il filo del Mostro per fare un ulteriore passo verso il domani. Ed è un giorno in cui si vedono ancora nubi minacciose all’orizzonte e in cui l’unica cosa fattibile è guardarsi dentro, scoprire le proprie radici e combattere. Per le proprie idee, i propri sogni, per un mondo in cui la poesia non sia sovrastata dagli spot di una realtà di discriminazione e odio. La poesia, la parola, come ultimo baluardo di una civiltà che non sa più distinguere tra reale e virtuale, tra odio e amore, tra vita e morte. In questo precario equilibrio la poesia è una bussola, una mano che può accompagnarci a guardare il mondo con occhi diversi, anche oltre le lacrime che la vita ci porta a versare. Con lo sguardo rivolto a sud.

Ho posto alcune domande a Vincenzo per spiegarci meglio il suo libro e i suoi progetti.

La tua poesia è un’arma, quanto coraggio ci vuole per scrivere davvero?

Non posso sapere quanto coraggio occorra per scrivere davvero. Credo basti essere onesti, guardarsi intorno e raccontare la verità senza aver paura di eventuali ripercussioni negative. Bisogna semplicemente essere normali. Soltanto con la normalità o chiamiamolo coraggio si potrà scrivere davvero e del vero. Onestamente.

L’amore ha mille significati, quale tra questi è quello a cui sei più legato?

L’amore ha mille significati. A quale sono più legato? A tutti. Sono innamoratissimo dell’amore. La mia poesia è amore. Anche nei versi apparentemente può crudi o duri scorrono litri e litri di amore Daniele.

Non possiamo non parlare con te di Ilva, so non ne fai più parte. Cosa ti è rimasto di quel Mostro?

Tanto. Mi è rimasto moltissimo. Sono e mi sento ancora parte di quella classe operai che si batte per i propri sacrosanti diritti (piccola parte in realtà), anche per questo infatti, pur avendo lasciato la fabbrica continuo e continuerò sempre la mia lotta al mostro. La mia/nostra personale battaglia che sono certo ci porterà a respirare a pieni polmoni aria pulita senza più paura.

In questo nuovo libro parli di guerra, migranti, ma soprattutto bambini. Cosa stiamo lasciando alle generazioni future, ai nostri figli?

Abbiamo dato ai nostri figli un pianeta cattivo e malato. Dobbiamo ammettere i nostri sbagli e rimboccarci le maniche affinché loro possano vivere in un paese diverso. Bello. Colorato di un colore nuovo. Il pianeta appunto non deve assolutamente avere muri o confini. Il pianeta deve e dovrà essere la casa di tutti. Come giusto che sia. Abbiamo tirato la corda per troppo tempo. È ora di fare qualcosa di concreto affinché questa deriva nera e autoritaria sia spazzata via e i nostri figli possano crescere in una terra giusta

Quali sono i tuoi progetti futuri? So che stai lavorando a un locale culturale. Ti va di parlarcene? 

 I progetti futuri? Ho scritto un paio di racconti nuovi che saranno inseriti in una antologia e poi sono a lavoro su “Dopo Belsen” un romanzo (il mio primo vero romanzo) a cui tengo tantissimo. In più sono alle prese con l’apertura di una libreria caffè letterario nel cuore del centro storico della mia cittadina. Venderò libri nuovi e usati. Vinili nuovi e usati ma non solo. Chi ne avrà voglia potrà leggere o ascoltare i dischi direttamente al caffè tranquillamente. Poi oltre alle solite programmazioni di eventi culturali, presentazioni e piccoli concerti il locale ospiterà tantissimi laboratori per grandi e piccoli. Non sarà, spero, il solito bar o la solita libreria. Più una Agorà in cui chiunque, specie i più giovani possano liberamente esprimere la propria arte o conoscere l’arte di altri. Proverò a regalare ai più giovani del mio territorio un luogo nuovo dove poter imparare l’arte della resistenza bella. Quella artistica e culturale. Dico sempre che l’arte e la cultura possono e devono aiutare questo paese a diventare un posto migliore. Io ci credo e questo sarà Casa Merini

Ringrazio Vincenzo per la gentile collaborazione e per averci parlato un po’ di lui e dei suoi progetti. Attendiamo con impazienza i suoi nuovi lavori.

Bibbiano. Quanto vale la strumentalizzazione

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Bibbiano. Il teatro macabro degli eventi legati alle perizie per l’affidamento di bambini. L’indagine è in corso e tra gli indagati risulta esserci anche il Sindaco del Comune di Bibbiano. Questo è lo scenario che invita Di Maio a definire il Pd come il Partito di Bibbiano. Ecco, io da elettore Pd sono schifato da questa associazione. Potrei chiuderla dicendo che quando non si hanno più argomenti perché l’alleato di governo ti ha sopraffatto, ma non è questo a farmi riflettere. La giustizia deve intervenire laddove ci sono illeciti e rimuovere i personaggi che ne hanno fatto parte, ma resto dell’idea che ci vogliano i fatti prima di condannare qualcuno. E al momento si tratta solo di indagini. Personalmente sono scettico sul coinvolgimento politico in casi che coinvolgono specializzazioni così marcate. La cosa che a me indispone è la strumentalizzazione di un caso simile per portare acqua al proprio mulino e riconquistare un po’ di consenso, lo stesso meccanismo viene applicato anche sul caso Lega Russia. Ci siamo abituati a giudicare fatti che spesso non ci sono. Credo che qualunque politico non riesca nemmeno a credere alle storie che stanno emergendo dall’indagine di Reggio Emilia, ma che sarà convinto a chiedere che i responsabili siano puniti. Ma al momento queste condanne ancora non ci sono. Compito di un governo dovrebbe essere quello di velocizzare la giustizia, piuttosto che instillare l’idea che per condannare qualcuno sia sufficiente la volontà di attirare consensi o peggio ancora accusare intere aree politiche e rispettivi elettori. Questa è superficialità e inadeguatezza a un ruolo così delicato, quello di Ministro. Lo scrivo spesso che ci sono cose su cui non si può scherzare e siccome la dichiarazione di Di Maio si configura come qualcosa di anche più grave penso che quelle dichiarazioni siano semplicemente intollerabili. Tema diverso e assolutamente vergognoso e quanto sta emergendo dal caso Bibbiano. A quanto pare il responsabile della struttura Hansel e Gretel di Moncalieri non è più gli arresti e l’unica accusa pendente riguarda gli affidamenti diretti fatti dall’amministrazione, tema importante, ma che nulla c’entra con le pratiche macabre descritte da chi urla alla vendetta. Questo è già un fatto, mi chiedo se Di Maio ne sia a conoscenza, per esempio. Un’altra cosa, dubitare del sistema giudiziario per avvalorare le tesi di personaggi che hanno fatto la loro fortuna izzando le folle non è mai una scelta assennata. Consiglio di seguire bene le vicende prima di entrare nel coro a urlare soluzioni drastiche.