“Non avevo capito niente” è un romanzo che rappresenta uno spaccato della vita di tutti i giorni, racconta delusioni e speranze, il tutto condito con una spruzzata di dissacrante sarcasmo. Ed è qui che nasce il bello di questo libro, dal personaggio quasi surreale dell’avvocato Vincenzo Malinconico, che combatte con la sua vita “vecchia”, con l’ex moglie Nives, che lo ha mollato per un architetto, e con i due figli, e con quella nuova, con l’avvenente avvocatessa Alessandra Persiano, che appare spietata, quanto attratta da lui. Il protagonista subisce, suo malgrado, un cambiamento, come se tutto attorno e dentro di lui stesse mutando all’improvviso. Una nomina come avvocato d’ufficio di un camorrista, detto Borsone, gli mette alle calcagna un improbabile scagnozzo, Tricarico. Da qui tutto diventa un fiume in piena e nascono tutta una serie di scene spesso esilaranti, ma che lasciano un retrogusto amaro e un altro più dolce e romantico. “Non avevo capito niente” è un punto di vista molto reale e cinico e quando si arriva alla fine del libro, ci si ritrova tutto sommato sollevati. Forse non tutto è perduto, forse c’è qualcosa per cui ha ancora senso lottare per essere se stessi e lasciarsi trascinare dall’istinto. L’amore per Nives che appassisce proprio quando tutto sembra poter andar come avrebbe voluto, è l’immagine dell’animo umano volubile, dei sogni che cambiano, come cambiano le cose intorno a noi. E’ un mondo a ritroso, che alla fine si trova a fare passi avanti. Dove un vaffanculo è forse la chiave di lettura più adeguata a un testo ironico, fantasiosamente realistico. Cattivo, a tratti. Sconveniente, politicamente scorretto, eppure così vero e verace. Un libro particolare, ricco di spunti interessanti.