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Ce n’è o non ce n’è “Coviddi”?

Quando leggo le polemiche che riguardano l’uso delle mascherine, non posso che sentirmi sconfortato. Ma partiamo dal principio. La mascherina è un D.P.I., Dispositivo di Protezione Individuale, serve a mitigare i rischi di contagio in una fase delicata come quella che stiamo vivendo. Risolve il problema al cento per cento? Certo che no. Ma il suo utilizzo fa parte di un piano che prevede il distanziamento sociale come prima precauzione. Problema risolto? Ovviamente no, e non può che essere così quando si parla di mitigazione del rischio. Il tema delle polemiche va ben oltre, si nega l’esistenza del virus. In realtà il tormentone ormai noto “Non ce n’é Coviddi” nasce da una battuta di un cittadino fatta durante un’intervisita , utilizzata poi per colpevolizzare i più giovani, colpevoli, secondo i media, di far riprendere i contagi.
La gestione di un’emergenza come questa passa attraverso azioni reali volte a mantenere funzionale il sistema sanitario, nonostante la crisi. Ed è per questo che è necessario continuare ad attuare meccanismi di mitigazione del rischio di contagio. Con buona pace dei santoni, virologi super star in astinenza da telecamere, tuttologi.

Personalmente mi affascina poco il tema di apertura o chiusura delle discoteche, è un’attività che nasce come centro di aggregazione, trovo un controsenso il concetto di distanziamento in un luogo così. E capisco che ballare con la mascherina sia impensabile. Forse quel tipo di attività non doveva essere riaperta, per analogia con quanto fatto per i concerti.

Personalmente non penso che centinaia di persone che si svegliano e si alleano sui social per auto convincersi di qualcosa possano essere definiti “la vera informazione”. Penso che si debba ragionare con la propria testa, penso che molto giovani siano percettamente capaci di farlo, così come credo che faccia comodo pensare che non lo facciano.

Il tema importante in tutto questo marasma di problematiche resta l’apertura delle scuole, anche come indicazione sicura nei confronti dei più giovani. Per dare un segnale che la scuola è il pilastro sul quale si fonda la nostra società, non può e non deve essere percepita come qualcosa di meno importante del turismo, del commercio e addirittura del divertimento. Questo sarebbe l’errore più imperdonabile. Ed è già stato fatto. Da tutte le parti politiche.

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