Tutti chini su un monitor colorato. Sono le cinque del mattino. E non riesco che a sentirmi solo. Le briciole di umanità sparsi per terra, alla ricerca di qualcosa che ho dimenticato. Spettri, abbandonati alla routine.
Specchi, che non riflettono che ombre.
Vagano, inconsapevoli.
Allungo lo sguardo su uno di quegli schermi colorati di bianco e blu. Vedo un’immagine e mi ricorda qualcosa, improvvisamente. Era questa stazione, tanti, tanti anni fa. Quando i muri non erano scrostati, le facce pallide. Quando tutto non era così silenzioso, coperto da un motivetto creato da un computer. Sento il bisogno di uscire da qui, tanto da qui non partirà alcun treno. Chiedo a un tizio di indicarmi l’uscita. A fatica tira su lo sguardo. Sento mancarmi il respiro quando mi accordo che è spento, vuoto. Lontano. Mi muovo velocemente, ma una via d’uscita non c’è.
Mi guardo intorno, sono tutti chini su un monitor colorato che racconta un mondo che non sono più in grado di vedere. Né di creare.